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venerdì 28 giugno 2013

AssoTAG: lettera al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano

Sono in grado di riportare nel seguito il testo finale della lettera aperta che AssoTAG, l'Associazione Italiana dei Periti e dei Consulenti Tecnici nominati dall'Autorità Giudiziaria, invierà nelle prossime ore al Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, sulla questione dei derivati finanziari sottoscritti dal Tesoro e dagli Enti Pubblici Territoriali.
Si ricorda che AssoTAG ha promosso nel mese di aprile 2013 il "Progetto Trasparenza" finalizzato ad accertare la reale esposizione finanziaria in prodotti derivati degli Enti pubblici.


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Lettera aperta al Signor Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano

Oggetto: Derivati Finanziari sottoscritti dal Tesoro ed Enti Territoriali Italiani



Signor Presidente,

AssoTAG, Associazione Italiana dei Periti e dei Consulenti Tecnici nominati dall'Autorità Giudiziaria – composta da cultori ed esperti della materia finanziaria che assolvono il ruolo di Consulenti Tecnici di Ufficio - CTU, segnala la necessità di una completa e corretta informativa pubblica sulla questione dei derivati finanziari sottoscritti dal Tesoro Italiano e dagli Enti Pubblici.

Rileviamo come su una questione tanto delicata le informazioni di stampa siano sovente contraddittorie e, da un punto di vista tecnico, talvolta fuorvianti.

Rileviamo questo grave problema di trasparenza pubblica, poichè ci occupiamo di derivati finanziari venduti ad imprese ed enti locali da oltre un decennio.

In merito alle recenti informazioni di stampa pubblicate sul Financial Times, Repubblica e da altre testate, sui derivati finanziari sottoscritti e ristrutturati dal Tesoro, riteniamo necessario e non più procrastinabile che venga fornita un'adeguata informativa pubblica ai cittadini circa le reale situazione.

Tale informativa pubblica sui derivati finanziari e sulla modalità di sottoscrizione e rimodulazione degli stessi non può prescindere da una valutazione tecnica indipendente.

Vorrà condividere che trasparenza e democrazia debbano procedere di pari passo.

Già da tempo abbiamo segnalato la questione delicata dei derivati ed opportunamente attivato una operazione di trasparenza offerta agli enti che hanno sottoscritto tali contratti.

Chiediamo, dunque, che intervenga con la Sua autorità affinché i contratti siano resi pubblici e valutabili indipendentemente rispetto ai soggetti che li hanno collocati e negoziati.

Come cittadini Italiani, riuniti in associazione di esperti tecnici, per il bene del Paese, noi desideriamo poter valutare tali contratti come nostro contributo al bene collettivo.

In fiduciosa attesa di una Sua autorevole risposta, Le porgiamo ossequiosi saluti,


per AssoTAG

Il Presidente
Ing. Alfonso Scarano


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martedì 18 giugno 2013

Cibo criminale. Il nuovo business della mafia italiana

La carne di cavallo nelle lasagne alla bolognese e nel ragù delle confezioni di pasta fresca, fino all'ipotesi più inquietante della carne di cane utilizzata per la preparazione dei cibi. 
Batteri coliformi solitamente presenti nelle feci scoperti in Cina nelle torte al cioccolato dell’Ikea, tranci di carne scaduta da otto anni trovati nei congelatori di un grossista di Milano (...)

Certamente un'inchiesta shock quella condotta dai giornalisti Mara Monti (Il Sole 24 Ore) e Luca Ponzi (RAI), basata su documenti inediti, indagini sul campo, atti giudiziari di procedimenti penali alcuni dei quali ancora alle prime battute.

247 pagine dal contenuto inquietante che mettono in luce con assoluta chiarezza il lato oscuro dell'industria alimentare italiana.
Un argomento che deve interessare tutti noi in quanto consumatori ma anche perché riguarda un settore strategico, da sempre considerato un vanto per il nostro Paese.
Si tratta del cibo "made in Italy" sul quale poggia circa il 10% del PIL nazionale con un giro d'affari di ben 154 miliardi di euro l'anno.
Una risorsa strategica da custodire e potenziare con la massima priorità soprattutto in un momento certamente non facile per l'economia italiana.




Come i lettori ricorderanno, "sulla mensola del fraud auditor" abbiamo già collocato un'altra opera di Mara Monti, L'Italia dei Crack, un resoconto puntuale dei grandi scandali economico-finanziari accaduti in Italia nell'ultimo decennio.
Ora parliamo di un nuovo business criminale e di una nuova inchiesta giornalistica.
Questa volta però ho deciso di coinvolgere nella mia recensione la stessa coautrice, ponendole alcune domande.

Lei è stata autrice del fortunato libro “L’Italia dei Crack” nel quale ha descritto in modo particolareggiato i fatti e i misfatti legati ai dissesti di alcune tra le più grandi aziende italiane. Ora un saggio riguardante il settore agro-alimentare. Come e perché le è venuta l’idea di condurre un’inchiesta su questo argomento? Ci sono analogie tra le due opere giornalistiche?
In entrambi i casi si tratta di denunce: nel primo ho cercato di descrivere come i risparmi venivano amministrati dal settore finanziario alla luce di alcuni scandali, primo fra tutti quello della Parmalat. Ed è appunto indagando su questo Gruppo e su un settore, quello agroalimentare, che ho raccolto indizi e informazioni diventati utili per questo ultimo libro.
A cominciare dalle infiltrazioni malavitose: tra il 1996 e il 2003, cioè fino alla vigilia del crack, il clan dei casalesi erano riusciti ad imporre in tutta la Campania il latte Parmalat. Eurolat la società del latte della Cirio concedeva ai casalesi che fungevano da grossisti super sconti che finivano direttamente nelle tasche del clan. In cambio ottenevano vendite garantite a un prezzo superiore rispetto a quello praticato nel resto d’Italia. L’infiltrazione della criminalità nel settore alimentare è ammessa anche dalla Direzione Antimafia che nella sua relazione annuale del dicembre 2012 scriveva: “E’ un livello molto più sofisticato che riguarda più in generale il terziario, poiché arriva a toccare la grande distribuzione al dettaglio con l’imposizione da parte delle organizzazioni mafiose dei propri prodotti nella intera catena della distribuzione”. Lo hanno segnalato anche i servizi segreti nella loro relazione annuale al Parlamento dove si legge: “è forte l’interesse straniero per il settore agroalimentare” precisando che “l’attuale scenario fluido e globalizzato è sempre più esposto agli appetiti dei circuiti anche illegali”. Quanto basta per dire che quando si parla tanto di cibo bisogna essere vigili perché c’è una parte del business che è truccato.
Mi chiede se ci siano analogie? Senza ombra di dubbio quella dei controlli laschi. Succede nella finanza come testimoniano gli scandali degli anni passati e quelli attuali, ma succede anche nel settore alimentare: controllori spesso corrotti che chiudono un occhio di fronte alle analisi dei prodotti che riportano parametri fuori dalle norme di legge.
Qui non si parla di soldi, ma di salute e forse è ancora più grave.

Nel libro si parla diffusamente dell’ “agromafia” come fenomeno in crescita con un fatturato annuo stimato in 12,5 miliardi di euro. A questo ammontare si devono aggiungere altri 60 miliardi di euro annui derivanti dalla falsificazione del marchio italiano dovuto ai prodotti “Italian sounding” che richiamano genericamente l’Italia ma che italiani proprio non sono. Un danno immenso per l’economia nazionale. Per la documentazione che ha potuto analizzare, ritiene che gli sforzi profusi dall'Autorità Giudiziaria siano sufficienti al fine di recuperare queste somme guadagnate illecitamente?
Finora è stato recuperato ben poco. Per queste fattispecie le autorità giudiziarie procedono in prevalenza per il reato di falso in commercio oppure al massimo per truffa, reati difficili da dimostrare e con una pena edittale che arriva ad un massimo di due anni e a una sanzione di 4 milioni che con le attenuanti si abbassa ulteriormente. E’ chiaro che se la sanzione è poco incisiva, perde la sua portata di deterrenza. A questo si aggiunga il fatto che difficilmente vengono effettuate indagini di natura finanziaria nei confronti dei soggetti e società. Così facendo il giro dei soldi che deriva da questi traffici illeciti rimane quasi sempre nell'ombra. Questo non vuol dire che le indagini non ci siano. Ogni anno si scoprono casi di frodi di ogni genere: dalla mozzarella di bufala prodotta con latte importato, concentrato di pomodoro spacciato come italiano e ottenuto con la materia prima cinese, prosciutti confezionati con carne danese, olio ricavato da olive spagnole, tunisine e greche. A questi si aggiungono le truffe agli aiuti comunitari e all'agricoltura nei quali si sta inserendo pesantemente la mafia: la crisi economica ha fatto si che i gruppi criminali siano sempre più attivi nei progetti europei. Le mafie che possono contare su ingente liquidità a disposizione, comprano terreni e beni per potere partecipare ai bandi comunitari.
Un’emergenze sollevata anche dal Parlamento europeo che ha costituito una commissione speciale antimafia per la lotta alla corruzione negli appalti, nella pubblica amministrazione e nei fondi europei.

Quando è in gioco l’alimentazione sono in gioco gli interessi di tutti. Come vede il contributo nel contrasto di questi fenomeni illeciti delle associazioni dei consumatori o dei produttori? Secondo lei sarebbe possibile la promozione di azioni legali collettive sulla falsa riga delle famose “class action” americane?
Le associazioni dei consumatori hanno un ruolo determinante, si tratta di vedere se hanno sufficienti informazioni per avviare un’azione legale. Lei citava lo strumento della class action, strumento introdotto in Italia per la prima volta dopo gli scandali finanziari. La genesi di questa legge è stata difficile e lunga, ci sono voluti cinque anni per trovare una formulazione legislativa condivisa. Alla fine quello che ne è uscito è stato uno strumento quasi inutile e di difficile utilizzo come più volte è stato denunciato. Negli Stati Uniti dove c’è una lunga tradizione di azioni legali collettive, recentemente si è appreso che una nota casa produttrice di birra è stata oggetto di class action perché scoperta a diluire la birra con l’acqua, non riportando sull'etichetta la reale composizione del prodotto: “Il consumatore deve ottenere informazioni affidabili sui prodotti che acquista”, recita l’atto con cui i legali dei consumatori hanno chiamato in causa il produttore di birra, avviando appunto una class action.
Il made in Italy sarebbe più tutelato se anche in Italia si diffondesse l’utilizzo di azioni legali collettive.

Le somme realizzate grazie alla contraffazione del prodotto alimentare “made in Italy” sono oggetto di riciclaggio come avviene per qualsiasi altro provento da fatto illecito. In seguito a quanto ha potuto verificare, quali sono i canali utilizzati per ripulire questo denaro illecito? 
Come ho già detto è difficile trovare in questo settore delle inchieste che vadano a scandagliare i profili finanziari di questi reati. Per quello che si è potuto constatare specialmente nelle inchieste fatte all'estero, il riciclaggio avviene come per gli altri settori, attraverso società off shore con sede in paradisi fiscali dove vengono sbiancati i proventi del reato. Cipro ad esempio era un terminale nel traffico che ha portato a scoprire lo scandalo della carne di cavallo.
Mi aspetterei che i proventi di attività illecite, ad esempio nel traffico di stupefacenti, vengano reinvestiti nel settore alimentare dal momento che alcuni prodotti seguendo gli stessi precorsi della droga.

In un mercato ormai globale, con regole e controlli non omogenei, interessi divergenti e un grado di competizione tra Paesi forse eccessivo, quale potrebbe essere una possibile via di mitigazione dei fenomeni illeciti legati al settore agro-alimentare? Potrebbe essere utile potenziare le strutture di controllo e vigilanza europee già esistenti? Oppure, visti i risultati deludenti di una certa globalizzazione senza regole, si dovrebbe tornare ad una tutela basata su forme di protezionismo dei prodotti nazionali pensate e organizzate dai singoli Paesi?
In primo luogo bisogna rendere più pesati le sanzioni per questa fattispecie di reati, le ultime proposte fatte dall'ex Ministro Severino sono rimaste sulla carta.
Del problema se ne sta discutendo anche a livello comunitario ma l’impressione è che si resti troppo in superficie.

*   *   *

Mara Monti e Luca Ponzi invitano tutti alla presentazione del libro "Cibo criminale" che si terrà il prossimo mercoledì 26 giugno alle ore 18.00 presso la Libreria Feltrinelli di Corso Buenos Aires 33 a Milano (per gli utenti fecebook cliccare qui).
L'occasione sarà propizia per conoscere personalmente gli autori e per porre loro eventuali domande.

Per chi fosse interessato all'acquisto on-line (cliccare): 
(247 p., Newton Compton - collana Controcorrente. Prezzo di copertina: € 9,90 - eBook: € 4,99).

* * *

Mara Monti è giornalista a Il Sole 24 Ore dove lavora alla redazione finanza.
E' specializzata in giudiziaria; ha scritto il libro “L’Italia dei crack” ed è coautrice di “Gialli finanziari, otto casi italiani e internazionali” (Cairo Editore).
Prima de Il Sole 24 Ore, Mara Monti ha lavorato a Radio 24 e come chief editor all'agenzia internazionale Dow Jones Telerate del gruppo editoriale che pubblica il Wall Street Journal.
Laureata in Economia all'Università di Bologna con una tesi sul commercio internazionale, Mara Monti ha un master in Relazioni Internazionali alla London School of Economics di Londra.
È membro di IRPI (Investigative Reporting Project Italy), l’associazione italiana di giornalismo investigativo.

Luca Ponzi giornalista prima alla "Gazzetta di Parma" ora alla sede RAI dell’Emilia Romagna, ha raccontato alcuni degli episodi di cronaca più importanti degli ultimi anni, dal crack Parmalat al rapimento del piccolo Tommaso Onofri. 
Nel 2012 ha pubblicato Mostri normali. Storie di morte e d’altri misteri, una raccolta di cold case avvenuti in Emilia Romagna dagli anni ’70 ad oggi.



lunedì 10 giugno 2013

AssoTAG: dibattito su obbligazioni in default e illiquide (Milano, 27 giugno 2013)


Associazione Italiana dei Periti e dei Consulenti Tecnici
nominati dall'Autorità Giudiziaria

organizza un incontro-dibattito sul tema



TITOLI OBBLIGAZIONARI IN DEFAULT ED ILLIQUIDI:
CHE FARE?


Giovedì 27 Giugno 2013
14,30 - 18,00
Sala del Giudice di Pace
Via Francesco Sforza, 23 
Milano



Programma dell'incontro

Ore 14,30 - Registrazione partecipanti

Ore 15,00 - Inizio dei lavori. 
Moderatore: Ing. Alfonso Scarano - Presidente AssoTAG



Panel dei relatori

Dott.ssa Aga Skorupinska Barberini - Analista finanziario, socio AIAF (Associazione Italiana degli Analisti Finanziari)
Il fenomeno dei titoli obbligazionari in defaul o illiquidi 

Dott. Danilo Magno - Analista finanziario - Ufficio studi Altroconsumo
Casi di obbligazioni fallite o illiquide nell'esperienza Altroconsumo 

Dott. Francesco Volino Coppola – IntesaSanpaolo
Titoli obbligazionari in default: l’esperienza del Gruppo IntesaSanpaolo 

Avv. Emilio Girino - Studio Ghidini, Girino e Associati
Valutazione del rischio illiquido fra consigli dell'Esma e scenari probabilistici in declino 

Dott. Nicola Benini – Consulente finanziario, Consigliere AssoTAG e CTU presso Procure e Tribunali
Il punto di vista del CTU 

Dott. Alessandro Rossi - Consulente finanziario, CTP
Il punto di vista del CTP 


Ore 17,30 - Domande dal pubblico e chiusura dei lavori


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La partecipazione è gratuita.

Le iscrizioni devono pervenire entro il 24 giugno 2013 utilizzando il form cliccando QUI




domenica 2 giugno 2013

Operazioni con parti correlate... occulte

Tra le competenze richieste ad un Fraud Risk Manager deve essere inclusa la capacità di condurre accertamenti su quell'ampia categoria di transazioni economico-finanziarie che si identificano con l'espressione di "operazioni con parti correlate".

In generale sono "correlate" quelle controparti verso le quali sussistono legami di natura partecipativa, quali le società controllate, controllanti, collegate o soggette ad un comune controllo o legate da accordi contrattuali di jont-venture. Inoltre si devono comprendere nei soggetti correlati anche i dirigenti operanti in azienda aventi responsabilità strategiche o loro stretti famigliari ovvero le società nelle quali essi esercitano un controllo o un'influenza notevole.

Si tratta quindi di contraenti non pienamente indipendenti perché riconducibili a soggetti, siano essi giuridici o fisici, le cui decisioni economico-finanziarie potrebbero essere influenzate da un conflitto d'interesse.

E' evidente pertanto come le transazioni economiche intercorrenti tra soggetti correlati assumino un elevato profilo di rischio identificabile con una potenziale erosione illegittima di ricchezza di una delle parti, derivante, ad esempio, dall'applicazione di condizioni economiche sfavorevoli e penalizzanti.

Almeno in prima istanza non riveste particolare importanza appurare quali siano i reali obiettivi ricercati dalle parti che applicano condizioni fuori-mercato, con il risultato, ad esempio, di spostare utili tra società appartenenti ad uno stesso gruppo o occultare perdite o per appropriarsi di beni e di liquidità a condizioni privilegiate o ancora a fini di evasione fiscale.
Ciò che è importante impedire con immediata priorità è il danno prodotto agli stakeholder del contraente danneggiato (investitori, dipendenti, finanziatori e l'intera collettività nel caso che tali operazioni implichino minori entrate tributarie).

E se le operazioni con parti correlate rappresentano un rischio aziendale, che classificherei tra i rischi operativi, allora come tale andrá trattato attraverso l'applicazione di procedure di prevenzione e mitigazione, mettendo in campo apparati e strutture di controllo appositamente preposte.

Sull'argomento la norma civilistica all'articolo 2391-bis prevede una particolare disciplina per le sole "società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio" (quindi per le aziende quotate o con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante) disponendo che l'organo amministrativo deve adottare regole che assicurino trasparenza, correttezza formale e sostanziale ed adeguata informativa al pubblico, al mercato e all'Authority competente (la CONSOB), con riferimento alle operazioni intercorse con parti correlate.

Sull'osservanza delle obbligazioni attribuite agli organi amministrativi è chiamato a vigilare l'organismo di controllo interno. In particolare, per le società quotate è previsto un "Comitato" composto da amministratori indipendenti, senza escludere, ben inteso, il dovere di vigilanza e controllo ricoperto dal collegio sindacale e dalla società di revisione entro i rispettivi ruoli e limiti di competenza.

Di per sé una transazione con una parte correlata se disposta in ossequio alle regole dettate dagli artt. 2391-bis e 2427, primo comma, numero 22-bis del Codice Civile nonché dagli artt. 113-ter, 114, 115 e 154-ter del Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (o TUF) e dai Regolamenti CONSOB n. 17221 e n. 17389 emanati nel 2010, non è materia di competenza del Fraud Risk Manager in quanto non rientrante nel campo della patologia aziendale.

O meglio, gli accertamenti che uno specialista chiamato ad assistere un ipotetico "Comitato per le operazioni con parti correlate" si limiterebbero alla verifica degli adempimenti richiesti dalla norma giuridica ovvero nel contribuire a migliorare la procedura interna di controllo prevista dai Regolamenti CONSOB.
Procedura, quest'ultima, che si fonda sull'applicazione di indicatori dimensionali patrimoniali ed economici atti a definire se una determinata transazione debba essere compresa tra quelle di "maggiore rilevanza" (e quindi da assoggettare al parere vincolante del Comitato o, in talune circostanze, alla competenza assembleare) ovvero tra quelle di "minore rilevanza" (e quindi da sottoporre al parere non vincolante del Comitato).

Sin qui si è esposto, seppur in sintesi, il perimetro giuridico e il relativo rischio aziendale caratteristico, ma come i lettori sanno il blog si occupa di patologie aziendali e quindi delle devianze consapevoli e volontarie rispetto alla norma, finalizzate ad attribuire un vantaggio immeritato e illegittimo ad una parte ai danni dell'altra.

I fenomeni fraudolenti determinati da operazioni con parti correlate che ho avuto modo di analizzare professionalmente, sono quasi tutti riconducibili a transazioni concluse a condizioni fuori-mercato con terzi soggetti dichiaratamente o presuntivamente indipendenti, con i quali, invece, sussistevano "correlazioni occulte" cioè celate agli organismi di controllo e di amministrazione.
E ciò anche con specifico riferimento ad aziende quotate e pertanto sottoposte alla disciplina stringente dettata dalle norme citate sopra.

Non è faticoso, infatti, imbattersi in articoli di cronaca giornalistica che si occupano di casi di aziende che incorrono in procedure fallimentari anche di grosse dimensioni a causa di operazioni disastrose pianificate a vantaggio di soggetti giuridici o fisici la cui correlazione non era stata dichiarata o non era emersa in seguito alle verifiche di routine disposte dagli organismi di controllo.
In questi contesti aziendali è stata accertata l'assenza di esperti anti-frode interni, indipendenti e autonomi che fungessero da vero e proprio "braccio operativo" (eventualmente in collaborazione con consulenti esterni) del Comitato previsto dai Regolamenti CONSOB o degli altri organi di controllo esterno (collegio sindacale, Authority, società di revisione, Fisco).

Senza entrare troppo nel merito dei possibili accertamenti che un competente Fraud Risk Manager saprebbe effettuare per individuare nell'anagrafica societaria le controparti la cui correlazione non è palesata, potrei citate, a solo titolo esemplificativo, le tecniche di "corporate intelligence" basate sull'acquisizione, elaborazione e analisi di informazioni di fonte esterna (banche dati indipendenti, camere di commercio, catasto, registri pubblici eccetera) e di fonte interna (business intelligence, contabilità analitica eccetera).


Altre procedure di fraud & internal audit (valutazioni delle transazioni commerciali con tecniche comparative a "valori normali" eccetera) potrebbero impedire il finalizzarsi di operazioni in assenza di utilità economica, per poi concentrarsi nell'approfondire la vera natura della parte contraente alla ricerca di elementi di correlazione.

Infine solo un veloce accenno alle transazioni con soggetti residenti nei paradisi fiscali o con entità controllate da società off-shore.
A mio avviso, questo tipo di operazioni deve essere sempre assoggettato dal Fraud Risk Manager ad accertamento.

Accertamento che non dovrà avere carattere routinario o standardizzato ma che dovrà assumere forme, metodi e caratteristiche continuativamente diversificate a seconda della rilevanza economica dell'operazione, della tipologia delle parti contraenti o della dimensione o importanza strategica dell'operazione.