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sabato 30 aprile 2016

Tecniche d'interrogatorio: i tranelli dell'FBI

Non vorremmo entrare nel merito di alcune tecniche d'interrogatorio che sarebbe molto meglio non rivelare, ma è ormai noto come la "psicologia giuridica" o la "psicologia investigativa" siano le scienze da cui si traggono regole e protocolli d'interrogatorio basate anche sul ricorso a trappole, inganni e tranelli al solo fine di ottenere una confessione o una ricostruzione più fedele della realtà dei fatti.

I più abili investigatori appartenenti alle forze di Polizia Giudiziaria ricorrono a regole empiriche, soprattutto basate sull'esperienza, con il risultato di massimizzare il numero di informazioni ottenute. Si tratta di personale altamente specializzato che riesce a capire quale sistema d'indagine è meglio adottare in base al profilo psicologico del soggetto e al contesto ambientale.

Una regola da tener presente è che chi interroga non deve avere fretta, non deve porsi un limite temporale o avere a breve un altro impegno. 
La fretta è cattiva consigliera negli interrogatori!
E' noto che i migliori risultati si sono ottenuti dopo ore di interrogatorio, anche notturno. 

Tra le varie tecniche d'interrogatorio sono contemplate anche quelle che ricorrono a tranelli e imbrogli, finalizzati ad ottenere una dichiarazione il più fedele possibile di quanto accaduto.

A tal proposito, sono noti in letteratura i tranelli psicologici che si insegnano nelle scuole di formazione dell’FBI.


Il più noto dei tranelli si chiama "knoweledge bluff". 
E' la tecnica più rappresentata nei film polizieschi. Si basa sul finto atteggiamento di chi interroga di saperne molto di più, comunicando dettagli verosimili e facendo credere all'interrogato di avere delle notizie da altre fonti, che in realtà non si hanno. E' una tecnica che, in alcune occasioni, è adottata anche dai fraud auditor quando vogliono ottenere informazioni riguardanti un fatto di frode aziendale interna.

Un'altra tecnica più estrema, è quella del "fixed line-up". Quando cioè si fa credere all'interrogato che altri testimoni (non esistenti) lo indicano come colpevole. In questo caso il risultato sarà maggiore tanto più se i finti testimoni appartengono all'ambiente del sospettato. 
Una versione molto simile è quella definita "reverse line-up", quando cioè al sospettato si fa credere che (falsi) testimoni lo accusano di reati ben più gravi di quelli di cui è accusato. In questo caso l'interrogato potrebbe ammettere il reato meno grave.

Altre varianti alle tecniche appena illustrate sono il "bluff on a split pair", cioè quando si mostra al sospettato un falso verbale di confessione di un ipotetico complice che ammette il reato fatto in concorso.

E come non citare la tecnica del "poliziotto buono e del poliziotto cattivo"? 
Non è nemmeno il caso di descrivere questa tecnica che tutti conoscono, basata sostanzialmente su un continuo cambiamento di approccio d'interrogatorio da quello più "brutale" a quello più "accondiscendente" e viceversa.


Ed infine c'è il notissimo "dilemma del prigioniero" che si studia addirittura in alcune facoltà italiane nei corsi di economia politica. 
Se gli imputati sono due, si potrebbe tentare di metterli l'uno contro l’altro, facendo credere a ciascuno che l’altro ha confessato, accusandolo di correità, e sfruttando quindi la reciproca mancanza di fiducia.