Nell'ambito dell’attività professionale esercitata come fraud auditor a favore di aziende e di studi legali, non è raro essere chiamati ad assumere il ruolo di Consulente Tecnico del Pubblico Ministero al fine di condurre accertamenti mirati ad individuare eventuali irregolarità tali da configurare violazioni ai sensi del d.lgs. 231/01.
In base a recenti esperienze, i quesiti posti dal Pubblico Ministero riguardanti il modello organizzativo 231 sono stati formalizzati in corso d’indagine e più precisamente in seguito ad una prima nomina finalizzata alla ricostruzione dal punto di vista economico-finanziario di alcune operazioni irregolari.
In questi casi il PM, grazie al lavoro preliminare svolto dal suo CT, è stato in grado di valutare:
- la reale fondatezza degli elementi di prova acquisiti,
- che i delitti commessi potevano configurarsi come reati presupposto,
- la potenziale sussistenza di un interesse (e dell'eventuale vantaggio) in capo all'ente
Il quesito posto dal PM può prevedere lo svolgimento di accertamenti tecnici volti ad analizzare i seguenti aspetti:
- l'esistenza, il funzionamento e l'idoneità del modello organizzativo;
- l'esistenza, la composizione, l'adeguatezza e l'effettivo funzionamento dell’Organismo di Vigilanza;
- gli accertamenti su eventuali elusioni fraudolente del modello;
- la qualificazione dell’interesse (beneficio specifico) in capo all'ente;
- la quantificazione dell'eventuale vantaggio (profitto o prodotto del reato);
- la definizione del ruolo di "apicale" del soggetto indagato.
In particolare nel seguito è riportato, in estrema sintesi, un possibile approccio metodologico che il Consulente Tecnico potrebbe seguire al fine di rispondere al quesito posto dal PM.
Verifiche condotte sul modello 231
Le analisi condotte sul modello sono finalizzate ad accertare:
- la data di entrata in vigore del modello e delle sue versioni successive;
- il/i soggetto/i che si sono occupati della sua introduzione, sviluppo e aggiornamento;
- la corretta mappatura delle attività sensibili soggette a rischio d’illecito;
- l’adozione di specifici protocolli operativi di prevenzione;
- lo stanziamento di risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;
- l’esistenza di strutture interne/esterne preposte alla gestione e aggiornamento del modello;
- le evidenze di attività di formazione del personale;
- l’esistenza di codici di deterrenza e di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto del modello.
Verifiche sull'Organismo di Vigilanza (art. 6, c. 1, lettera b)
Con riferimento all’O.d.V. potrebbero essere svolte le seguenti attività di verifica:
- accertamento sulla composizione dell’O.d.V. (collegiale o monocratico; membri interni/esterni);
- verifica dei requisiti posseduti dai membri dell’O.d.V. (autonomia, indipendenza, professionalità, onorabilità, assenza di conflitti d’interesse);
- analisi sulle attività svolte dall’O.d.V. sulla base della documentazione disponibile.
Verifiche su eventuali elusioni fraudolente del modello (art. 6, c. 1, lett. c)
L’analisi condotta dal CT del PM dovrebbe sempre prevedere approfondimenti sulle eventuali azioni elusive finalizzate ad aggirare il modello; in presenza di condotte fraudolentemente elusive, infatti, l’ente non risponde.
Andrebbe pertanto appurato se la condotta elusiva è stata (Sentenza 4677/13, Corte Cassazione):
- ingannevole;
- falsificatrice;
- obliqua;
- subdola.
In quest’ultimo caso, a parere di chi scrive, il modello non è idoneo per definizione proprio perché in primis esso è chiamato a contrastare proprio tali comportamenti abusivi del management.
Identificazione dell’interesse e vantaggio dell’ente (art. 5, c. 2)
L’identificazione dell’interesse (ex-ante) e dell'eventuale vantaggio (ex-post) dell’ente andrebbe dimostrata grazie a specifiche analisi e verifiche svolte dal CT finalizzare a comprendere quali siano stati gli “obiettivi” del reato (interesse dell’ente o esclusivo interesse proprio?) nonché la natura del vantaggio perseguito (meramente economica, beneficio di posizione sul mercato, concorrenza sleale eccetera).
E' solo in caso di ricordare infatti che l’ente non risponde se i responsabili del reato hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.
Definizione del ruolo di "apicale" (art. 5 c. 1, lettera a)
- l'inquadramento contrattuale e la sua collocazione gerarchica;
- il ruolo e la mansione rivestita all'interno dell'organizzazione aziendale;
- gli eventuali poteri/deleghe/procure attribuitegli dagli organi assembleari e amministrativi;
- le eventuali responsabilità sostanziali (o di fatto) assunte nell'esercizio del proprio ruolo.
L'obiettivo del CT dovrebbe essere mirato a verificare che tali soggetti rivestano funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione.
Inoltre, nei casi più complessi e controversi, è opportuno procedere a specifici accertamenti mirati a verificare l'effettiva autonomia finanziaria e funzionale dell'unità organizzativa nel cui ambito il citato soggetto abbia operato come amministratore, gestore, direttore o controllore.
Da ultimo è importante sottolineare come tutte le attività del CT del PM possano essere portate a termine solo grazie al coordinamento e alla partecipazione attiva alle operazioni di Polizia Giudiziaria condotte, generalmente, dai nuclei investigativi della Guardia di Finanza delegati dall'Autorità Giudiziaria.
Da ultimo è importante sottolineare come tutte le attività del CT del PM possano essere portate a termine solo grazie al coordinamento e alla partecipazione attiva alle operazioni di Polizia Giudiziaria condotte, generalmente, dai nuclei investigativi della Guardia di Finanza delegati dall'Autorità Giudiziaria.
s.m.