Ancora una volta il blog Fraud Auditing & Forensic Accounting torna a parlare del falso in bilancio.
Lo ha fatto nei mesi scorsi con due interventi a firma del commercialista milanese Alberto Gabriele Piva (si vedano "Il bilancio e le riformate false comunicazioni sociali" e "False comunicazioni sociali: importante intervento della cassazione") e lo fa di nuovo oggi per aggiungere un nuovo tassello alla già ricca trattazione.
L'ultima rilevante interpretazione della Cassazione in tema di false comunicazioni sociali è contenuta nella sentenza n. 890 depositata lo scorso 12 gennaio 2016. Il cuore del pronunciamento recita testualmente: "Può allora affermarsi il principio secondo cui nell'articolo 2621 c.c., il riferimento ai "fatti materiali" oggetto di falsa rappresentazione non vale ad escludere la rilevanza penale degli enunciati valutativi che sono anche essi predicabili di falsità quando violino criteri di valutazione predeterminati. Infatti, qualora intervengano in contesti che implichino accettazione di parametri di valutazione normativamente determinati o, comunque, tecnicamente indiscussi, anche gli enunciati valutativi sono idonei ad assolvere ad una funzione informativa e possono quindi dirsi veri o falsi".
Una interpretazione, quindi, di segno opposto rispetto a quella più favorevole agli imputati, pronunciata dalla medesima Quinta Sez. Pen. della Corte (in composizione diversa) con sentenza n. 33774 depositata il 30 luglio 2015 (la c.d. "sentenza Crespi"), nella quale si legge: "Insomma, non si può ignorare, in una interpretazione che faccia buona applicazione dei criteri ermeneutici propri della materia penale, il non giustificato revirement nella formulazione della fattispecie, con ritorno alla locuzione "fatti materiali" (in luogo del riferimento al più ampio ed esaustivo concetto di "informazioni"), espressamente epurati di quell'aggancio alle "valutazioni", che invece aveva voluto la riforma del 2002, anche ricorrendo all'esplicita previsione di una soglia di punibilità calibrata proprio su di esse".
Pertanto, alla luce di questo nuovo pronunciamento della Corte, in linea con quanto auspicato e argomentato nei citati interventi pubblicati su questo blog, anche le valutazioni sono da annoverare tra gli elementi che possono originare un falso in bilancio.
Questa conclusione avrà certamente positive ripercussioni sul lavoro della magistratura inquirente e sul buon esito delle indagini in corso finalizzate a perseguire i responsabili di reati tanto gravi quali quelli legati alle false comunicazioni sociali e si affianca alle altre novità introdotte dalla Legge n. 69 del 2015.
In particolare, rispetto alle vecchie norme approvate tra il 2001 e il 2005 dai vari governi Berlusconi, la nuova normativa reintroduce elementi analoghi a quelli in vigore nei Paesi occidentali più avanzati quali:
- non è più richiesta la querela del danneggiato;
- si tratta di ipotesi delittuose tutte punibili con la reclusione;
- si configurano come reati di pericolo e non di danno, per cui non assume alcun rilievo se c'è stato o meno un effettivo nocumento arrecato al socio o al creditore;
- sono state eliminate le soglie di punibilità;
- per le società quotate non ha rilevanza se il falso sia o meno rilevante (lo ha invece per le società non quotate);
- i fatti materiali non corrispondenti al vero di "lieve entità" integrano comunque un delitto: a questi si applica una riduzione della pena (da sei mesi a tre anni in luogo alla maggiore rilevanza del falso punita da uno a cinque anni).
Pertanto, il pronunciamento della Corte potrebbe implicare, in accordo con la struttura della norma, che anche una valutazione consapevolmente non veritiera, ancorché di lieve entità, possa integrare comunque il reato di false comunicazioni sociali.
Tale importante conclusione diviene dirompente se si considera, come già affermato in questo blog, che "le valutazioni sono il presupposto della redazione di qualsiasi bilancio e non una sua tecnica di redazione".
In buona sostanza ciascuna voce di bilancio è soggetta ad un processo di valutazione più o meno complesso. Se non si effettuasse questo processo in ossequio ai criteri fondamentali di veridicità, completezza, accuratezza e correttezza, i documenti contabili si ridurrebbero a delle semplici liste di dati non comparabili fra loro con il rischio concreto, in ultima istanza, di non avere alcuna attendibilità e valenza informativa.
Dottore Commercialista e Revisore Legale dei Conti