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lunedì 6 giugno 2016

Sezioni Unite, il falso valutativo (di bilancio) è punibile. Ecco perché.

di Alberto Gabriele Piva *


Il 27 maggio i Giudici delle Sezioni Unite Penali hanno depositato le motivazioni della Sentenza emessa in data 31 marzo 2016, mettendo un primo punto fermo sulla questione del falso valutativo di bilancio chiudendo così la porta ad interpretazioni (sin troppo letterali) del riformato art. 2621 c.c..

A ben guardare le motivazioni della sentenza, sembra che i Giudici della Suprema Corte abbiano letto il blog "Fraud Auditing & Forensic Accounting".
Infatti, gli autori di questo blog sono rimasti piacevolmente sorpresi dal corpus delle motivazioni riportate nella sentenza; la quale inquadra sia il concetto di bilancio d’esercizio sia il processo che ne porta alla redazione secondo presupposti molto familiari ai nostri lettori.
Infatti, le Sezioni Unite ribadiscono che le valutazioni sono il presupposto della redazione di qualsiasi bilancio e non una sua tecnica di redazione evoluta (cfr. post “Il bilancio e le riformate false comunicazioni sociali” del 25/10/2015). 


Sul punto i Giudici affermano che «sterilizzare il bilancio con riferimento al suo contenuto valutativo significherebbe negarne la funzione e stravolgerne la natura […] per l'ottima ragione che bilancio non contiene "fatti", ma "il racconto" di tali fatti. Vale a dire: un fatto, per quanto "materiale", deve comunque, per trovare collocazione in un bilancio, essere "raccontato" in unità monetarie e, dunque, valutato (se si vuole apprezzato).» ed affermano perciò che «il redattore di tale documento non può non operare valutazioni» poiché «solo la traduzione in valuta consente una comparazione di entità eterogenee, quali possono essere, ad esempio, un immobile, un macchinario o una materia prima».

Anche sul concetto di “fatto materiale” le Sezioni Unite allineano (come più volte auspicato) le norme del art. 2621 c.c. alla prassi internazionale. 
Nello specifico, i Giudici della Cassazione affermano che il concetto di rilevanza «ha la sua origine nella normativa comunitaria […] che definisce rilevante l’informazione quando la sua omissione o errata indicazione potrebbe ragionevolmente influenzare le decisioni prese dagli utilizzatori, sulla base del bilancio dell’impresa» (cfr. concetto di materiality in IASB e FASB Meeting, Discussion Paper, luglio 2015, pag. 2 par. 5, in op. cit.). 

La "rilevanza" secondo la Cassazione «non è altro che la pericolosità conseguente alla falsificazione; il che suggella […] la natura, appunto di reato di pericolo (concreto) delle “nuove” false comunicazioni sociali».

Infine la sentenza offre una chiave di lettura del concetto di “non rispondente al vero” che, in analogia a figure esistenti in altri ambiti del diritto penale (es. falso ideologico), è ricondotto ad un principio fondamentale: l’atto valutativo comporta necessariamente un apprezzamento discrezionale del valutatore, ma si tratta di discrezionalità tecnica delimitata da parametri determinati, tecnicamente indiscussi (i.e. principi contabili).

Le implicazioni di questa sentenza sono molto importanti sia per coloro che redigono i bilanci sia per coloro che a vario titolo li controllano.
Infatti, tutti i “redattori” dei documenti contabili saranno chiamati a esplicitare rigorosamente (e non necessariamente solo in bilancio) i criteri ed i metodi di redazione, mentre i “controllori” dovranno esaminare le risultanze dei propri controlli in maniera più articolata abbandonando un approccio rigidamente e meccanicamente legato alle soglie quantitative di materialità. 
Questo implica un lavoro intenso da parte di tutti gli specialisti della contabilità e degli organi che li rappresentano a tradurre i principi in prassi operative condivise prima che la giurisprudenza sia costretta a dirimere un numero potenzialmente elevatissimo di contenziosi fondati solo sua legittima diversità di approcci metodologici.

La sentenza delle Sezioni Unite Penali della Cassazione “mette in riga” la disciplina del falso valutativo di bilancio riportandola nell'alveo della prassi condivisa dagli operatori. Questo riporta, come auspicato da tempo, l’attenzione degli operatori ad una maggiore cura nella redazione del bilancio. 
Gli autori, a chiusura di questa serie di articoli sul tema, sperano che questa sentenza contribuisca alla formazione di una cultura ampia e condivisa della trasparenza del mercato, primo vero pilastro della prosperità economica.

* Alberto Gabriele Piva 
Dottore Commercialista, Revisore Legale dei Conti e Certified Fraud Examiner