di Lorenzo Peluso
Si dice che i primi contabili siano stati gli scribi dell’antico Egitto, che si occupavano di tenere i libri dei faraoni.
Ma non è la storia la sola cosa che ci accomuna agli antichi egiziani, anche la semantica rimanda a miti passati.
(Senior Manager in Fraud Investigation and Dispute Services department - Ernst & Young)
Si dice che i primi contabili siano stati gli scribi dell’antico Egitto, che si occupavano di tenere i libri dei faraoni.
Il loro compito era quello d’inventariare grano, oro e tutti gli altri beni. Sfortunatamente, alcuni di loro caddero vittime della tentazione e rubarono al loro datore di lavoro, così come facevano altri impiegati del re; il sovrano, allora, dovette escogitare una soluzione: avere due scrivani indipendenti per ogni operazione.
Finché i totali riportati dagli scrivani coincidevano precisamente, non c'era nessun problema, ma se fossero risultati diversi, entrambi sarebbero stati messi a morte. Una sorta di antenato del controllo interno che fu un grande incentivo a controllare attentamente tutti i conteggi, assicurandosi che nessuno stesse rubando.
Infatti, la scoperta e la prevenzione delle frodi divennero il dovere principale dei contabili reali.
Ma non è la storia la sola cosa che ci accomuna agli antichi egiziani, anche la semantica rimanda a miti passati.
Dice nulla la parola piramide? Da anni è di uso comune nel mondo finanziario, ma da dove ne trae significato e come mai si è utilizzato proprio questo termine?
La piramide finanziaria è un sistema di strozzinaggio al contrario.
La piramide finanziaria è un sistema di strozzinaggio al contrario.
Funziona così: si prendono in prestito dei soldi, promettendo di restituirli in pochissimo tempo maggiorati di un forte interesse. I soci che recedono vengono liquidati da soci nuovi espandendo continuamente le basi della piramide. Il trucco sta nel trovare una fantasiosa giustificazione (senza neanche sforzarsi troppo) su come si riescano ad ottenere profitti così alti.
Ma chi ha inventato questo semplice ma efficace sistema? Chi fu il padre dei frodatori?
All'inizio del secolo scorso, un signore chiamato Carlo Ponzi emigrò da Parma verso l’America con una ferma intenzione: diventare ricco in brevissimo tempo.
All'inizio del secolo scorso, un signore chiamato Carlo Ponzi emigrò da Parma verso l’America con una ferma intenzione: diventare ricco in brevissimo tempo.
Ci provò inizialmente con svariate truffe in tutto il nord del continente, passando senza fortuna dal contrabbando alla contraffazione di banconote.
Il vero capolavoro lo realizzò nel 1920 quando, in brevissimo tempo, fu capace di raccogliere quasi 10 milioni di dollari americani da diecimila persone, inclusa buona parte della Polizia di Boston, garantendo profitti fino al 50% in soli 45 giorni.
Come? Grazie alle sue conoscenze da immigrato.
Il vero capolavoro lo realizzò nel 1920 quando, in brevissimo tempo, fu capace di raccogliere quasi 10 milioni di dollari americani da diecimila persone, inclusa buona parte della Polizia di Boston, garantendo profitti fino al 50% in soli 45 giorni.
Come? Grazie alle sue conoscenze da immigrato.
Mi spiego meglio: con l’alto livello di immigrazione, a inizio ‘900 esplose il business dei francobolli, necessari agli immigrati per tenersi in contatto con i parenti e gli amici rimasti dall'altra parte dell’oceano. Uno dei prodotti maggiormente usati erano gli “International Reply Coupon” (IRC) venduti dalla Universal Postal Union, l’Ente internazionale che ancora oggi coordina le operazioni tra servizi postali nazionali. Tali coupon, inclusi nelle lettere per l’Europa, potevano essere scambiati in ogni Paese con francobolli dell’ufficio postale locale del ricevente, abilitando la lettera di ritorno ad essere spedita a spese del mittente originale.
Proprio in questi coupon, Ponzi vide un’opportunità di arbitrato e fu subito sicuro di avere trovato la via della ricchezza. In quegli anni i tassi di cambio delle valute fluttuavano violentemente mentre il valore dei postali risultava essere, a confronto, sensibilmente stabile.
L’idea di Ponzi era semplice: inviare un dollaro a un suo partner italiano che, convertendolo in lire, avrebbe provveduto ad acquistare 66 coupon, che sarebbero stati rispediti in America dove ognuno sarebbe stato riconvertito nuovamente in francobolli da 5 centesimi di dollaro. In questo modo, il valore di 1 dollaro divenne 3.30 dollari di francobolli. Vendendo quindi i francobolli a società di Boston, anche con uno sconto del 10%, Ponzi avrebbe potuto cambiare magicamente un dollaro con tre.
Fu un incredibile successo, in un attimo diventò uno dei migliori finanzieri americani mentre la popolazione di Boston ipotecava case e vendeva beni di proprietà pur di avere liquidità sufficiente da affidare a questo brillante emigrato italiano e alla sua società finanziaria costituita nel 1920, la Security Exchange Company le cui iniziali, ironia della sorte, coincidono con “S.E.C.”, l’organo di vigilanza borsistico americano.
La popolazione lo adorava e molti investitori, una volta ritirati gli investimenti iniziali maggiorati del 50%, li reinvestivano nuovamente nella sua Società sicuri di aver trovato un sistema senza rischi, ma con un tasso di guadagno incredibilmente remunerativo.
Con la liquidità acquisita comprò casa (con aria condizionata e piscina riscaldata), automobili e addirittura cospicue quote di una banca locale, la Hanover Trust Company.
Sulla favolosa ascesa di questo brillante finanziere, però, c’è una macchia che non rende limpido il suo percorso: nessun centesimo era investito in attività profittevoli. L’arbitraggio dei coupon era una grandiosa bufala!
All'inizio lo schema funzionava benissimo: i primi investitori che recedevano venivano puntualmente rimborsati con danari freschi provenienti da nuovi investitori, e così via.
La faccenda incuriosì il Boston Post che, indagando, insinuò il dubbio nei lettori/investitori, i quali cominciarono a bussare alla porta di Ponzi chiedendo i promessi guadagni.
In questo modo l’afflusso alle casse della Security Exchange Company crollò e Ponzi, non potendo più rimborsare i creditori con mezzi propri e cercando di non rimanere sotto il rovinoso crollo della piramide da lui disegnata, attinse direttamente ai fondi della Hanover Trust Company. Nell'estate del 1920 scoppiò lo scandalo: la bolla finanziaria portò alla luce la sottrazione di risorse alla banca per sei milioni di dollari (ovviamente tutti sottratti ai risparmiatori).
Ponzi fu arrestato a condannato a 10 anni per frode postale.
Scontata la pena però dimostrò di avere la truffa nel sangue: appena rilasciato si recò in Florida e, sempre utilizzando lo schema piramidale, si lanciò nella compravendita di terreni edificabili che, in seguito, non si rivelarono altro che paludi.
Proprio in questi coupon, Ponzi vide un’opportunità di arbitrato e fu subito sicuro di avere trovato la via della ricchezza. In quegli anni i tassi di cambio delle valute fluttuavano violentemente mentre il valore dei postali risultava essere, a confronto, sensibilmente stabile.
L’idea di Ponzi era semplice: inviare un dollaro a un suo partner italiano che, convertendolo in lire, avrebbe provveduto ad acquistare 66 coupon, che sarebbero stati rispediti in America dove ognuno sarebbe stato riconvertito nuovamente in francobolli da 5 centesimi di dollaro. In questo modo, il valore di 1 dollaro divenne 3.30 dollari di francobolli. Vendendo quindi i francobolli a società di Boston, anche con uno sconto del 10%, Ponzi avrebbe potuto cambiare magicamente un dollaro con tre.
Fu un incredibile successo, in un attimo diventò uno dei migliori finanzieri americani mentre la popolazione di Boston ipotecava case e vendeva beni di proprietà pur di avere liquidità sufficiente da affidare a questo brillante emigrato italiano e alla sua società finanziaria costituita nel 1920, la Security Exchange Company le cui iniziali, ironia della sorte, coincidono con “S.E.C.”, l’organo di vigilanza borsistico americano.
La popolazione lo adorava e molti investitori, una volta ritirati gli investimenti iniziali maggiorati del 50%, li reinvestivano nuovamente nella sua Società sicuri di aver trovato un sistema senza rischi, ma con un tasso di guadagno incredibilmente remunerativo.
Con la liquidità acquisita comprò casa (con aria condizionata e piscina riscaldata), automobili e addirittura cospicue quote di una banca locale, la Hanover Trust Company.
Sulla favolosa ascesa di questo brillante finanziere, però, c’è una macchia che non rende limpido il suo percorso: nessun centesimo era investito in attività profittevoli. L’arbitraggio dei coupon era una grandiosa bufala!
All'inizio lo schema funzionava benissimo: i primi investitori che recedevano venivano puntualmente rimborsati con danari freschi provenienti da nuovi investitori, e così via.
La faccenda incuriosì il Boston Post che, indagando, insinuò il dubbio nei lettori/investitori, i quali cominciarono a bussare alla porta di Ponzi chiedendo i promessi guadagni.
In questo modo l’afflusso alle casse della Security Exchange Company crollò e Ponzi, non potendo più rimborsare i creditori con mezzi propri e cercando di non rimanere sotto il rovinoso crollo della piramide da lui disegnata, attinse direttamente ai fondi della Hanover Trust Company. Nell'estate del 1920 scoppiò lo scandalo: la bolla finanziaria portò alla luce la sottrazione di risorse alla banca per sei milioni di dollari (ovviamente tutti sottratti ai risparmiatori).
Ponzi fu arrestato a condannato a 10 anni per frode postale.
Scontata la pena però dimostrò di avere la truffa nel sangue: appena rilasciato si recò in Florida e, sempre utilizzando lo schema piramidale, si lanciò nella compravendita di terreni edificabili che, in seguito, non si rivelarono altro che paludi.