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mercoledì 16 ottobre 2013

"Off shore" oppure "Off horse"?

Qualche anno fa un promotore finanziario propose alla propria ricca clientela una serie di investimenti con un elevato rendimento atteso, compreso tra il 20% e l'80% annuo.
Il professionista, illustrando le modalità dell'operazione, si soffermò lungamente su di un aspetto fondamentale: i lauti guadagni da capitale sarebbero stati direttamente correlati agli elevati rischi di perdite.

Il promotore avrebbe depositato il denaro raccolto su di un conto corrente aperto presso una banca lussemburghese, per poi essere impiegato nell'acquisto di quote di un fondo comune d'investimento gestito e amministrato da una società "OFF SHORE".

Il promotore enfatizzò molto questo aspetto ribadendo che un grado di rischio così elevato avrebbe potuto comportare, nella peggiore delle ipotesi, la perdita dell'intero capitale investito.
Pertanto il consiglio fu quello di impiegare solamente una piccola parte del proprio patrimonio, cioè quella quota che gli investitori sarebbero stati disposti a perdere "come in un gioco d'azzardo".

La grande disponibilità economica di quei clienti, insieme all'indiscussa fama di irreprensibile professionista del promotore finanziario, li convinse tutti a destinare il 5% di quell'enorme patrimonio all'investimento "OFF SHORE".

Quanto descritto sin'ora potrebbe far credere che quel promotore fece pienamente il suo dovere, informando adeguatamente la clientela su ogni aspetto dell'investimento e senza omettere il peggiore degli scenari ipotizzabili, cioè la perdita dell'intero capitale.
Ma la storia andò diversamente.

Il denaro fu effettivamente depositato sul conto corrente lussemburghese, ma fu utilizzato dal professionista per giocare sui sistemi di scommesse on-line (soprattutto sulle corse dei cavalli e sulle lotterie istantanee).




Periodicamente il promotore inviava ai suoi clienti alcuni prospetti informativi sui quali erano evidenziati gli utili o le perdite da "negoziazione".

Il tutto sembrava andare liscio sin quando venne commesso il fatidico errore.

In un prospetto trimestrale accanto ad una notevole perdita, il professionista annotò la curiosa descrizione di "OFF HORSE".

Alla richiesta di chiarimenti da parte dei clienti, spiegò che "HORSE" era semplicemente dell'anagramma di "SHORE". Ma alcuni vollero approfondire, in quanto l'espressione è comunemente utilizzata dai più incalliti scommettitori sulle corse dei cavalli proprio per identificare una perdita.

Chiesero quindi informazioni sulla società di gestione e amministrazione del fondo comune d'investimento e pretesero di consultare l'estratto conto e il dossier titoli della banca lussemburghese.

Il castello fraudolento crollò di lì a poco e le indagini successive chiarirono che il promotore aveva scommesso l'intero capitale in giochi aleatori on-line, perdendo circa la metà del suo valore.

Il promotore confessò la frode e si giustificò sostenendo che l'autorizzazione ottenuta dai suoi clienti a "scommettere" su impieghi estremamente rischiosi, lo legittimava a puntare tali somme sulle corse dei cavalli o sulle lotterie istantanee on-line, giudicando queste ultime opzioni certamente più sicure e garantite rispetto agli investimenti in strumenti finanziari off shore.