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sabato 7 luglio 2012

Convergenze di saperi (il riciclaggio del denaro)

Il 4 luglio scorso ho partecipato al convegno "Il riciclaggio del denaro - La risposta dell'ordinamento giuridico", organizzato dal Centro Studi Ambrosoli, dalla Corte d'Appello di Milano e dall'Ordine degli Avvocati di Milano (http://fraudauditing.blogspot.it/2012/06/convegno-su-riciclaggio-4712-milano.html).

Era da tempo che non partecipavo a convegni di così alto livello e spessore.
E non solo per l'autorevolezza dei relatori (il Presidente della Corte d'Appello, dott. Canzio, il Direttore della sede di Milano della Banca d'Italia, dott. Sopranzetti, il Presidente di Sezione della Corte d'Appello di Milano, dott. Cerqua, gli Avv. Ermanno Cappa e Umberto Ambrosili e, non ultimo, il Pubblico Ministero dott. Francesco Greco) ma anche per la qualità dei professionisti seduti in platea.

Amici, conoscenti e autorevoli colleghi, studiosi e accademici di primo rilievo, cultori della materia, tutti interessati a come prevenire, limitare e investigare il fenomeno del riciclaggio del denaro. Fenomeno endemico e di notevole rilevanza visto l'impatto devastante che determina sull'intera popolazione italiana.

A differenza di altre, troppe, occasioni nelle quali ho ascoltato blasonati personaggi disquisire di faccende a loro ignote, in questa occasione è emersa la competenza, l'esperienza, il sapere.

Non entro nel merito di tutti gli argomenti trattati, vorrei però menzionare alcuni aspetti rilevati dai relatori.
1) Innanzitutto diffidare dall'"astratta investigazione", sono molti i presunti "esperti", ma sono pochi gli operatori che sanno affrontare concretamente e in modo professionale le indagini inerenti il riciclaggio, soprattutto quello di derivazione mafiosa.
2) Ogni anno sono circa 65.000 le segnalazioni di operazioni sospette che l'Unità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d'Italia (che rappresenta la struttura di Financial Intelligence Unit italiana) trasmette agli organi giudiziari. Ma come fare a gestire tale massa di dati? Sarebbe necessario organizzare team di analisti in grado di verificare, elaborare e scremare le informazioni, per renderle più facilmente assimilabili dagli organi giudiziari (questa attività è stata definita dai relatori come "attività pre-investigativa"). Secondo i dati della Banca d'Italia la massa di denaro riciclato nel nostro Paese rappresenta il 10% del PIL nazionale, per un ammontare di oltre 1.500 miliardi di euro (17 milioni di euro all'ora.... 4.750 euro al secondo).
3) Se si raffinassero le tecniche d'indagine si potrebbero recuperare da 4 a 6,5 miliardi di euro dalla lotta all'evasione fiscale.
4) E' fondamentale la collaborazione tra investigatori e operatori finanziari, quali le banche, le finanziarie e i professionisti (si tratta di far convergere le conoscenze, le esperienze, le competenze specifiche e le diverse capacità informative).
5) I destinatari della legge antiriciclaggio (banche, società di revisione e consulenza, professionisti eccetera) hanno il dovere di identificare i propri clienti, verificare chi sia il "titolare effettivo" del rapporto, registrare le operazioni superiori a certe somme su determinati archivi, segnalare eventuali sospetti di riciclaggio alle autorità competenti.

A quanti fossero interessati ad approfondire questi argomenti, segnalo una buona lettura estiva (specificando che non ho alcun beneficio economico o di altro genere correlato a questa indicazione).


venerdì 6 luglio 2012

Il documento come mezzo di prova

Vorrei formulare alcune considerazioni riguardo ad un argomento che considero centrale nell'attività di fraud auditing: la validità del "documento" come mezzo di prova di fatti fraudolenti.

Il legislatore italiano non fornisce la definizione di "documento", ma preferisce citarne alcune categorie, quali l'atto pubblico e la scrittura privata (qualificata in via negativa e residuale: è scrittura privata tutto ciò che non è atto pubblico), il telegramma, il contrassegno, la copia, l'atto di ricognizione o di rinnovazione e la scrittura contabile.

Alcuni manuali di forensic accounting definiscono il documento come un oggetto materiale o digitale che risulti idoneo a rappresentare un fatto, ovvero a darne conoscenza.
In seguito ai progressi tecnologico-informatici si osserva un sempre più ridotto ricorso alla carta e conseguentemente, agli archivi fisici. Oggigiorno il documento è creato quasi esclusivamente in formato elettronico e permane in quello stato, archiviato e catalogato su supporto magnetico (si parla in questi casi, appunto, di "documento informatico"), salvo l'esigenza di doverlo stampare.
Le stesse firme autografe che si pongono in calce agli atti ufficiali, sono sempre più spesso inserite con un semplice "copia e incolla", attività molte volte delegata a soggetti terzi, estranei ai fatti rappresentati nel documento (questa pratica è identificata come "redazione indiretta del documento").

Ma il documento può essere considerato un mezzo di prova? 
La risposta è: certamente sì!

Più precisamente va inquadrato tra le c.d. "prove precostituite", cioè tra quelle che esistono indipendentemente dal processo e che pertanto, a differenza delle c.d. "prove costituende", non si formano in tale sede.

Materialmente il documento è inserito nel c.d. "fascicolo di parte" al momento della costituzione in cancelleria o in udienza. Evento, questo, irreversibile se non si vuole rischiare di incorrere nella violazione del "dovere di lealtà processuale".
Una volta entrato nel processo, il documento diviene consultabile dalle parti, le quali possono anche farne copia. 

Tra gli obiettivi che l'attività di forensic accounting si pone, c'è quello di descrivere mediante una relazione tecnica il fatto irregolare, apportando a dimostrazione i supporti documentali (cartacei o digitali) utili a rappresentare i fatti. 
La relazione del fraud auditor diviene quindi un formidabile strumento nelle mani della parte (Pubblico Ministero, Giudice, consulente legale, parte offesa, eccetera) per far entrare nel processo un'insieme coordinato e organizzato di atti e documenti, originariamente disaggregati e non correlati.

La ricostruzione degli avvenimenti ad opera del fraud auditor non può prescindere dal considerare che il documento, nel processo, può avere un rilievo di tipo "immediato" in quanto contiene elementi idonei ad evidenziare in modo oggettivo un certo fatto (si pensi, ad esempio, ad una contabile bancaria che dimostra un flusso finanziario tra un soggetto A e un soggetto B), ovvero può avere una rilevanza di tipo "mediato" in quanto la sua importanza è ritenuta secondaria, seppur utile a confermare un evento (si pensi ad una e-mail nella quale si descrivono in modo sommario ed impreciso le caratteristiche del medesimo flusso finanziario citato in precedenza).

La rilevanza e l'utilizzabilità del documento è valutata anche alla luce del suo "contenuto estrinseco", inerente cioè al soggetto che lo ha redatto (con riferimento ai documenti informatici questa valutazione implica l'analisi dei "meta-dati" contenuti nelle proprietà nascoste del file), ovvero al suo "contenuto intrinseco", riguardante gli elementi o gli argomenti in esso rappresentati.

Come detto, il codice civile contempla due tipologie di documenti: l'atto pubblico e la scrittura privata. Non è questa la sede per descrivere le analogie (poche) e le differenze (molte) tra queste due categorie di atti, mi sembra però necessario sottolinearne la diversa efficacia probatoria.

Con riferimento all'atto pubblico, l'art. 2700 cc prevede che questo faccia "piena prova fino a querela di falso". In buona sostanza, tale principio trae origine dalla garanzia sulla effettività delle dichiarazioni ivi contenute, rilasciata con attestazione da parte di un notaio o da altro ufficiale pubblico autorizzato.
E' bene precisare, tuttavia, che la garanzia di effettività non può essere estesa anche alla veridicità delle dichiarazioni rese dalle parti, le quali possono essere false (art. 483 cp - falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico).

Per quanto riguarda la scrittura privata, l'efficacia probatoria è limitata alle dichiarazioni rese dal sottoscrivente e condizionata alla legale accettazione da parte del soggetto gravato dalle obbligazioni previste dall'atto.

Ma, qual è il valore probatorio di una scrittura contabile?
La questione è molto importante e assolutamente fondamentale per noi fraud auditor, pertanto preferisco dedicare all'argomento uno specifico post pubblicato nel seguente indirizzo:
http://fraudauditing.blogspot.it/2012/08/scritture-contabili-valenza-probatoria.html


Approfondimenti:

1 - "Document manipulation" 

2 - "Prova o indizio?"




domenica 1 luglio 2012

Man in the middle - le frodi nel settore bancario

Sempre più spesso mi capita di ricevere segnalazioni di casi di frode, frutto di esperienze maturate sul campo da amici e colleghi.
Si tratta di preziosi contributi che meritano di essere condivisi.
Questo è il caso del materiale che pubblico nel seguito, inviatomi da un collega che opera nel settore bancario, il cui nome ometto per sua esplicita richiesta.

Ringrazio dunque il mio interlocutore e lo invito ad inviare altri fraud alert.

*   *   *
Man in the middle

Ultimamente sono pervenute presso alcune filiali bancarie, richieste di bonifico (ineccepibili sotto il profilo formale) consegnate da "fattorini" non meglio identificati, nonché inviate a mezzo di email pervenute agli operatori che si occupano dei bonifici, in cui si richiedeva il trasferimento di una determinata somma a favore di un conto corrente diverso da quello abitualmente indicato dall'azienda. 

Lo schema di frode è piuttosto ricorrente: si tratta di furto di dati con lo scopo di dirottare liquidità a favore di c/c beneficiari accesi, in genere, in Paesi esteri (molto spesso, in Cina).
 
Suggerimenti per le contromisure:
  1. gli operatori di filiale non devono mai accettare bonifici inviati a mezzo email o consegnati da persone non conosciute o identificate. In questi casi vale la regola del buona senso: una telefonata al cliente potrebbe chiarire la situazione;
  2. in caso di operazione effettuata via remote banking, se il titolare del conto si accorge della truffa, la deve denunciare alle Autorità competenti (Guardia di Finanza o Carabinieri) e richiedere con rapidità alla propria banca la predisposizione di un messaggio SWIFT da inviare all'istituto di credito beneficiario affinché questo disponga il blocco immediato delle somme inviate. Questa opzione è già stata testata con successo in almeno un'occasione.


mercoledì 20 giugno 2012

Convegno su riciclaggio (4 luglio 2012 - Milano)



IL RICICLAGGIO DEL DENARO
La risposta dell'ordinamento giuridico

CORTE D'APPELLO DI MILANO
ORDINE DEGLI AVVOCATI DI MILANO
CENTRO STUDI AMBROSOLI

Milano - 4 luglio 2012 - Aula Magna del Palazzo di Giustizia


Ore 14.30 - REGISTRAZIONE PARTECIPANTI

Ore 15.00 - APERTURA LAVORI
Giovanni Canzio, Presidente della Corte d'Appello di Milano
Giuseppe Sopranzetti, Direttore della Sede di Milano della Banca d'Italia - Chairman
Paolo Giuggioli, Presidente dell'Ordine degli Avvocati di Milano

Ore 15.30
Luigi Domenico Cerqua, Presidente di Sezione della Corte d'Appello di Milano
Ermanno Cappa, Avvocato del Foro di Milano, Presidente del Centro Studi Ambrosoli
Francesco Greco, Procuratore Aggiunto della Procura della Repubblica di Milano
Nicola Mainieri, Banca d'Italia Nucleo Autorità Giudiziaria - Milano
Umberto Ambrosoll, Avvocato del Foro di Milano

Ore 18.00 - DIBATTITO

Ore 18.30 - CHIUSURA LAVORI


L'evento è realizzato con il patrocinio dell'Ordine degli Avvocati di Milano.
La partecipazione è libera e attributiva di crediti formativi.
Il convegno è dedicato alle tematiche oggetto di analisi nel volume "II riciclaggio del denaro. Il fenomeno, il reato, le norme di contrasto", curato da Ermanno Cappa e Luigi Domenico Cerqua, con la prefazione di Anna Maria Tarantola, Giuffré Editore, Milano 2012.

Per informazioni:
Dott.ssa Francesca Rusca
tel. 02-43925373; e.mail: formazione@iusletter.com
(a cui andrà indirizzata l'iscrizione, obbligatoria ai fini dell'acquisizione di crediti formativi).


martedì 19 giugno 2012

Il sorteggione aziendale

...per la scelta dell'impiegato che doveva accompagnare il Mega Direttore Clamoroso Duca Conte Pier Carlo Ingegner Semenzara, a giocare a Montecarlo, si tenne in sala mensa un tremendo sorteggione per il quale si riunì anche la commissione interna.
Organizzatore della cerimonia, il Ragionier Filini, dell'ufficio Sinistri.
(...)
L'occasione era davvero mostruosa: tre giorni a Montecarlo a vedere giocare il Semenzara, che se poi avesse sospettato che il suo accompagnatore portava fortuna era fatta per tutta la vita!
Ad un certo punto il Duca Conte Semenzara, durante il sorteggione, urlò stizzito: "Silenzio! Chi è che prega??".
(...)
Dopo essere stato sorteggiato per andare al casinò con il Mega Direttore Clamoroso Semenzara... Fantozzi restò in stato di morte apparente per più di quattro ore!



Qualche anno fa, mi sono ritrovato ad affrontare una situazione paradossale, molto simile a quella descritta nel film "Il secondo tragico Fantozzi".
L'esperienza è stata, lo devo ammettere, piuttosto bizzarra.
Nel mio caso ad impersonare il Duca Conte Pier Carlo Ingegner Semenzara era il temutissimo direttore degli approvvigionamenti, il quale, con fondi aziendali, aveva acquistato clamorose quantità di champagne e di vino pregiato, ma anche olio extra-vergine d'oliva di raffinata qualità, cofanetti in radica contenenti kit da sommelier placati oro, nonché penne stilografiche intarsiate di pietre preziose, decanter di cristallo di Bohemia, sofisticatissimi set di degustazione di formaggi e confetture ed altri gadget di elevatissimo valore economico...
Tutto questo lusso era stoccato con diligenza maniacale presso un locale aziendale accessibile esclusivamente dal "Semenzara". In breve, quello sgabuzzino si era trasformato in una sorta di cambusa-cavò nella disponibilità del potentissimo direttore, al quale attingere ogni qual volta era in programma una festa privata o una ricorrenza famigliare che prevedeva la consegna di regali e omaggi.
Ovviamente senza che questi atti di "sincera" liberalità avessero un benché minimo impatto (positivo) sulla redditività aziendale.

La storia però non è stata clemente e in seguito a specifiche attività di fraud auditing, il nostro "Semenzara" è stato accompagnato alla porta, denunciato alle autorità giudiziarie competenti ed istruita una causa nei suoi confronti per il risarcimento dei danni.

Ma cosa fare dei prelibatissimi prodotti eno-gastronomici e non solo accumulati in anni presso l'azienda?

Il Consiglio di Amministrazione, sentito il parere dell'assemblea degli azionisti appositamente convocata in seduta straordinaria, dei revisori dei conti, degli organismi di governance, internal audit e di vigilanza, dei legali e dei fiscalisti esterni, del comitato di fabbrica, delle maestranze sindacali, del comitato interno per la sicurezza, delle commissioni dei rappresentanti dei lavoratori, delle associazioni di categoria, dell'ufficio acquisti, approvvigionamento e logistica, nonché della locale sede dell'associazione dei consumatori, ha deliberato la distribuzione a sorte tra i lavoratori del "corpo del reato".

A noi fraud auditor, intervenuti per l'analisi ricostruttiva della frode, è stato solennemente conferito l'onere di organizzare l'evento storico: il sorteggione aziendale!
In altre parole a noi è toccato il ruolo assunto dal mitico Ragionier Filini!!

Così, dopo aver inventariato i beni per tipologia (vino, olio, champagne, penna stilografica, cofanetto regalo, tazze, bicchieri, ampolle...), abbiamo provveduto ad applicare un numero progressivo (mediante autoadesivo di colore verde) su ogni prodotto oggetto di sorteggio.
Abbiamo quindi preparato i bossoli di carta (gialla) riportanti i numeri e predisposto una raffinatissima urna utilizzando un voluminoso cesto di vimini, residuato dell'impressionante pacco regalo "Stra-Grand Corniche Côte d'Azur" ricevuto in dono dal "Semenzara" in concomitanza con le festività natalizie.
L'urna è stata posizionata al centro di un lungo bancone formato da diversi tavolini da bar affiancati, e ricoperto da un drappo di velluto rosso cardinale, ritrovato nell'ufficio del "Semenzara". A lato dell'urna i prodotti da sorteggiare, posizionati in ordine casuale.
Dopodiché abbiamo convocato tutti i lavoratori presso la sala mensa, addobbata per l'occasione con uno striscione, tipo curva sud, con la scritta "BENVENUTI ALLA PRIMA EDIZIONE DEL SORTEGGIONE AZIENDALE".
Nonostante l'affluenza fosse stata pari a circa il 99%, i beni da sorteggiare erano in numero mostruosamente superiore ai lavoratori presenti quel giorno!
Per l'estrazione è stata incaricata la figlia di 8 anni della responsabile amministrativa (di nome Tyche), quel giorno presente in quanto a casa da scuola per le vacanze di Natale, appositamente bendata con un tovagliolo a scacchi rosa e blu.

Prima di iniziare le attività, l'intera platea dei presenti, dimostrando un'assoluta solidarietà nei nostri confronti per ciò che stavamo facendo..., ha voluto che anche noi fraud auditor partecipassimo al sorteggione!
Va sottolineato che proprio non potevamo rifiutare l'invito, che è stato caloroso, appassionato e convincente.
E così si è svolta quella straordinaria, quanto surreale, cerimonia.

Non so dire se a distanza di anni in quell'azienda si organizzi ancora il sosteggione aziendale, posso assicurare però che ancora oggi custodisco con riguardo il celebre Magnum di Chianti Classico della memorabile vendemmia 1970, vinto, nel tripudio generale, in quell'indimenticabile pomeriggio di dicembre.

E' successo anche questo...




venerdì 1 giugno 2012

Zero ferie = frode: un mito da sfatare?

Negli anni si è tentato di correlare un determinato comportamento assunto sul posto di lavoro con il rischio frode aziendale.
Al fine di illustrare la validità di tale approccio metodologico, i manuali di fraud auditing più tradizionali sono soliti citare l'esempio del lavoratore stacanovista, il quale, non andando mai in ferie limiterebbe al minimo il rischio che il suo sostituto possa scoprire la frode in atto.
In un famoso testo sull'argomento si racconta infatti un episodio inerente una "guarigione miracolosa".
Il dipendente di una banca, che vantava una considerevole anzianità di servizio e che per anni non aveva mai chiesto un solo giorno di ferie, era rimasto coinvolto in un incidente stradale che gli aveva causato un leggero infarto. Nonostante fosse stato ricoverato in ospedale, tra lo stupore dei suoi colleghi, il giorno dopo l'incidente era ritornato in ufficio. Accertamenti successivi avevano dimostrato che quel dipendente commetteva frodi da almeno 15 anni per mantenere la sua numerosa famiglia.

Un episodio dalla dubbia autenticità farcito da note tragiche.

Ma quale potrebbe essere l'antidoto per contrastare la fattispecie appena descritta?
Ancora una volta sono i manuali di fraud auditing a fornire la soluzione!
Il testo citato, in particolare, suggerisce una misura "semplice ma efficacie", cioè (riporto testualmente) "con l’imposizione di un periodo di ferie della durata minima di due settimane (...). Tuttavia, occorre sempre assicurarsi che la persona in ferie venga adeguatamente sostituita".
Se è vera infatti l'ipotesi iniziale che associa il comportamento stacanovista ad un più elevato rischio di frode, molte irregolarità verranno a galla proprio durante l’assenza di chi le sta commettedo...

Ma nella realtà è davvero così?
Qualche ricerca valida dal punto di vista scientifico ha mai dimostrato una correlazione tra "malati di lavoro" e rischio di frode? Chiedo ai lettori del post di indicare materiale sull'argomento.

Per cercare di contribuire all'esame della questione, propongo il seguente ragionamento per assurdo, valido per il personale direttivo.

  • Ipotesi 1: le frodi economicamente più significative sono commesse dai middle/top manager (ipotesi confermata dalle osservazioni empiriche);
  • Ipotesi 2: la gran parte del management italiano del settore privato passa la sua giornata concentrato sul proprio lavoro, dentro o fuori l'ufficio. Grazie alla tecnologia, infatti, è possibile essere "collegati al business" h24 per 365 giorni l'anno (ipotesi ugualmente dimostrabile con alcune semplici osservazioni quotidiane).

Dunque, se è vera l'ipotesi n. 1 e contemporaneamente anche la n. 2, significa che non ha importanza dove sta il manager (se in ferie o in ufficio, piuttosto che in palestra o al ristorante); se è disonesto troverà comunque il modo di frodare.

Ma il ragionamento appena descritto vale anche per il "semplice" impiegato?
Direi di no.
E' abbastanza ragionevole ritenere che per questa categoria di lavoratori la frode possa essere più agevolmente commessa solo quando si è fisicamente sul posto di lavoro.
Tuttavia le frodi perpetrate dal personale impiegatizio solitamente hanno un impatto economico ridotto e non sufficiente a compromettere la stessa esistenza dell'azienda.
Peraltro queste tipologie di frode possono essere facilmente contrastate attraverso l'implementazione di modelli di prevenzione più articolati rispetto alla soluzione proposta dal citato manuale.
A tal proposito, l'imposizione di un certo numero di settimane di ferie, a mio avviso, non darebbe risultati apprezzabili; due settimane appaiono davvero poche per permettere ad un estraneo, ancorché competente e volenteroso, di comprendere i meccanismi della frode, al giorno d'oggi sempre più complessi e sofisticati.
Infine, la sostituzione con altro personale sarebbe di difficile pianificazione e realizzazione vista l'attuale organizzazione del lavoro.

Assenza di ferie = maggior rischio di frode.
Mito sfatato?


martedì 22 maggio 2012

Rating di legalità delle imprese (nuovi obblighi per le banche)

E' stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 117 del 21 maggio 2012 la L. 62/12, concernente disposizioni urgenti recanti integrazioni al D.Lgs. 1/12 (c.d. "Decreto Liberalizzazioni"), convertito con modificazioni dalla L. 27/12.

In particolare le modifiche apportate dalla Legge di conversione, che hanno efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione (cioè da oggi), hanno riguardato l'Art. 5-ter, c. 1, del D.Lgs. 1/12 con riferimento al "Rating di legalità delle imprese".

Il testo definitivo recita: 
1. Al fine di promuovere l’introduzione di principi etici nei comportamenti aziendali, all’Autorità garante della concorrenza e del mercato é attribuito il compito di segnalare al Parlamento le modifiche normative necessarie al perseguimento del sopraindicato scopo anche in rapporto alla tutela dei consumatori, nonché di procedere, in raccordo con i Ministeri della giustizia e dell’interno, alla elaborazione ed all’attribuzione, su istanza di parte, di un rating di legalità per le imprese operanti nel territorio nazionale che raggiungano un fatturato minimo di due milioni di euro, riferito alla singola impresa o al gruppo di appartenenza, secondo i criteri e le modalità stabilite da un regolamento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Al fine dell’attribuzione del rating, possono essere chieste informazioni a tutte le pubbliche amministrazioni. Del rating attribuito si tiene conto in sede di concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché in sede di accesso al credito bancario, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Gli istituti di credito che omettono di tener conto del rating attribuito in sede di concessione dei finanziamenti alle imprese sono tenuti a trasmettere alla Banca d’Italia una dettagliata relazione sulle ragioni della decisione assunta.".

Chiedo ai lettori del post un monitoraggio sull'argomento e di fornire eventuali commenti.


lunedì 21 maggio 2012

Convegno su frodi e procedure concorsuali



Convegno

"L'individuazione delle frodi nell'ambito delle procedure concorsuali: 
temi critici sotto il profilo investigativo"

Organizzato da Politeia - Centro per la ricerca e la formazione in politica ed etica in collaborazione con il Tribunale Ordinario di Milano, Sezione Seconda Civile (Fallimento e Procedure concorsuali, Revocatorie fallimentari)


Giovedì 7 giugno 2012 
Orario: dalle 14.30 alle 18.30 
Salone Valente, Via Carlo Freguglia 14, 20122 Milano
Ingresso gratuito


Conoscere i profili comportamentali e le strategie di occultamento di frodi ed illeciti adottate da chi perpetra reati connessi al fallimento può consentire non solo di velocizzare e rendere maggiormente efficaci le metodologie di indagine, ma anche di migliorare la comprensione del fenomeno con indubbi benefici nell'azione di contrasto al medesimo nell'ambito delle procedure concorsuali. 
A fronte della crescente complessità e diffusione del fenomeno, come pure del livello di sofisticazione, anche tecnologica, assunto dalle attività economiche esercitate dalle imprese è ormai indispensabile approcciare le menzionate fattispecie patologiche in forma interdisciplinare, ricorrendo al sapere di discipline quali criminologia, diritto, economia ed informatica; in tal modo sarà finalmente possibile favorire lo sviluppo di una cultura ove le crisi di impresa rappresentino solo la naturale conseguenza del ciclo di vita imprenditoriale e non un terreno fertile per la realizzazione di frodi. 
In virtù di quanto sopra, il convegno si propone di affrontare le principali problematiche attinenti l'indagine dei comportamenti che configurano reati fallimentari secondo tale innovativo modello di approccio. 

Introduzione:

❖ Dott. Roberto Fontana (Tribunale di Milano, Seconda Sezione Civile)
❖ Dott. Emilio D'Orazio (Direttore Centro Studi - Politeia)

Relatori:

❖ Prof. Nicola Pecchiari, Università L. Bocconi
    Articolazione e complessità delle frodi aziendali nell'ambito delle 
    procedure concorsuali
❖ Prof. Giuseppe Pogliani, Università L. Bocconi
    Il ruolo delle metodologie di computer forensic nella investigazione delle frodi
❖ Prof. Avv. Francesco Mucciarelli, Università L. Bocconi
    La prova dei reati di bancarotta
❖ Dott. Luigi Orsi (Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Milano)
    Riflessioni in tema di indagine penale 

Moderatore:

❖ Moderatore: Avv. Alessandro Corrado


L’evento è stato accreditato ai fini della Formazione continua degli Avvocati e dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili.
Per motivi organizzativi, si prega di confermare la propria presenza a: convegnofrodi.politeia@gmail.com (indicando nel testo della mail: nome e cognome, codice fiscale e ordine di appartenenza, specificando se di Milano o di altra città). 

[Il convegno è rivolto a Curatori e Commissari giudiziali. Le iscrizioni saranno accettate nel limite di capienza della sala]



domenica 13 maggio 2012

Chi fa da sè ...fa per tre?

Le procedure di fraud auditing si snodano secondo fasi successive che si originano con il conferimento formale dell'incarico al fraud auditor e si concludono con l'emissione della relazione/perizia tecnica e con l'eventuale supporto alle azioni legali.
C'è però una fase che anticipa l'accettazione dell'incarico.
Si tratta di un momento importante che determina l'intero rapporto fra il cliente vittima della frode e il fraud auditor.
In questa fase preliminare si definiscono l'oggetto delle verifiche e le procedure da compiere, si pianificano le tempistiche entro le quali saranno portate a termine le analisi, si identificano le competenze necessarie e le tecniche da applicare.

Molte volte però il buon esito delle attività di forensic accounting è incerto a causa delle indagini "fai da te" condotte precedentemente all'arrivo del fraud auditor da personale appartenente all'azienda non avente le necessarie competenze.
Non parlo, ovviamente, delle attività svolte dai vari organismi di vigilanza interna, bensì delle pratiche spensierate e maldestre svolte da chi si immedesima nel tenente Colombo improvvisando gli accertamenti.
Si provi ad immaginare la situazione.
All'arrivo del professionista specializzato nella ricostruzione di un fatto presumibilmente fraudolento, questo si sente dire: "Egregio dottore, è tutto chiaro ormai! Tutto provato! Tizio ha rubato, Caio l'ha aiutato e l'unica cosa da fare è scrivere una bella relazione che riassuma il lavoro che abbiamo fatto al nostro interno... tutto qui! Lei si limiti a scrivere e poi i nostri avvocati penseranno a farci vincere la causa ed ottenere un lauto risarcimento dei danni".

Purtroppo succede anche questo!

In casi come quello descritto di certo c'è solo l'elevatissimo rischio di aver alterato in modo irrecuperabile le evidenze documentali della frode, tanto da renderle inutilizzabili in un procedimento penale o civile.
Si pensi ad esempio ai dati digitali (ormai qualsiasi documento è creato ed archiviato in formato elettronico) i quali, se non acquisiti secondo particolari protocolli di computer forensic, divengono inopponibili ai terzi e non accoglibili dal Giudice come mezzi di prova.

Il fraud auditor si trova dunque davanti ad un bivio.
Accettare l'incarico e limitarsi a certificare un lavoro fatto da altri, senza svolgere ulteriori accertamenti che potrebbero determinare risultanze difformi ovvero opposte a quelle già assimilate.
Oppure rifiutare l'incarico in assenza di precise garanzie sulla possibilità di operare in modo indipendente ed autonomo.
Per quanto mi riguarda, la scelta da fare è scontata!
Il rischio infatti è chiaro: il fatto fraudolento è accaduto realmente, l'azienda ha subito un danno, ma il  colpevole può farla franca grazie alla mancanza di strategia e competenza.
Chi fa da sè, in questi casi, rischia...


giovedì 3 maggio 2012

Prova o indizio?

Non so dire in quante occasioni mi sono ritrovato a ragionare se un certo documento fosse da considerare prova o soltanto indizio di un fatto illecito.
Nelle stesse medesime occasioni, tuttavia, sono arrivato a ritenere questo esercizio mentale totalmente superfluo! 

Il forensic accountant, infatti, commetterebbe un grossolano errore se si mettesse a giudicare se una certa scrittura contabile piuttosto che un'operazione "back to back" rappresenti o meno una prova o sia da classificare come semplice indizio.

Il forensic accountant è tenuto a descrivere un determinato fatto attraverso ricostruzioni meramente tecniche e oggettive e si dovrebbe astenere dall'entrare nel merito delle presunte responsabilità penali o formulare ipotesi sui reati commessi e sulle relative pene e sanzioni ovvero, ancora, dovrebbe evitare ogni altra valutazione relativa alla natura probatoria o indiziaria della documentazione analizzata.

Queste considerazioni non sono di sua competenza.
La valutazione della prova e degli indizi è delegata, dal nostro ordinamento giuridico, esclusivamente al Giudice. Senza eccezioni!

Sono due le fonti normative che stabiliscono tale principio: l'art. 192 del Codice di Procedura Penale e l'art. 2729 del Codice Civile.
In particolare, l'art. 192 C.p.p., dal titolo "Valutazione della prova", afferma ai commi 1 e 2 che:
"1. Il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati 
2. L’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti". 
Mentre l'art. 2729 c.c., dal titolo "Presunzioni semplici" al comma 1 stabilisce che: "Le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti".

La norma è chiara!
La "prova" è valutata, motivata e giustificata esclusivamente dal Giudice.

Mentre l'"indizio" è assimilabile a "prova" se, e solo se, è "grave, preciso e concordate" (e qui si perdono le disquisizioni teorico-dottrinali sul significato giuridico da attribuire ai termini "grave", "preciso" e "concordante", dalle quali fuggo volentieri...).

Inoltre per la legge la "presunzione" non esiste come dato oggettivo, ma solo come conseguenza di una valutazione presa dal Giudice, il quale in scienza e coscienza stabilisce che l'indizio a lui sottoposto debba essere accolto in quanto giustifica in modo pieno e preciso una relazione logica e consequenziale tra gli eventi accaduti.

All'investigatore contabile non compete tale valutazione!
Anzi incorrerebbe in un grave difetto giuridico e professionale se si attribuisse un esercizio non richiesto e per di più espressamente proibito dal nostro ordinamento.

Piuttosto il forensic accountant si dovrebbe chiedere se il suo lavoro ha prodotto un risultato completo ed esaustivo rispetto agli elementi disponibili.

La domanda giusta da porsi non è, infatti, se e come un certo documento sia idoneo ad incastrare il responsabile della frode ma se e come si possa descrivere una certa operazione finanziaria in modo maggiormente attendibile, preciso, concordante e convincente.

Il processo di ricostruzione documentale di un fatto presumibilmente illecito (ancora una volta, è il Giudice a valutare se un comportamento è illecito o meno) dovrebbe non dare adito ad equivoci, interpretazioni, verosimiglianze e genericità.

Il forensic accountant in questo caso faciliterà il lavoro del Giudice.

s.m.