AdSense4

Bing

AdSense3

giovedì 25 ottobre 2012

Banco Ambrosiano Holding S.A. (Luxembourg)

Traendo spunto dal commento di Carlo Calvi dello scorso 27 settembre sui depositi "back to back", ho pensato di approfondire i legami tra il Gruppo ENI e il Gruppo Ambrosiano sul finire degli anni '70.

Il Banco Ambrosiano operava all'estero tramite la sub-holding lussemburghese Banco Ambrosiano Holding S.A. (o BAH), ed è stata certamente questa entità finanziaria a giocare un ruolo chiave nel produrre la voragine nei conti del Gruppo, soprattutto a partire dal 1978.

Nel portafoglio di BAH erano concentrate tutte le partecipazioni estere ed in particolare i pacchetti di controllo di banche e società finanziarie quali: la Cisalpine Overseas Bank Ltd (65,5%) trasformata il 1° luglio 1980 nel Banco Ambrosiano Overseas Limited di Nassau - Bahamas (o BAOL), la Banca del Gottardo (45%), l'Ambrosiano Group Banco Commercial S.A. di Managua (o AGBC, 100%), il Banco Ambrosiano Andino di Lima (o BAA, 96%), la Ultrafin International Co. di New York (100%) e le rispettive controllate e collegate.

Il Consiglio di Amministrazione di BAH era diretta espressione del vertice dell'Ambrosiano e l’intera gestione operativa era svolta presso la sede di Milano.

Ma la holding lussemburghese non gestiva solamente le partecipazioni, bensì raccoglieva fondi anche da soggetti terzi, configurandosi in tal modo come strumento per potenziare l’approvvigionamento di risorse finanziarie sul mercato internazionale.
La gran parte dei fondi raccolti era trasferita alle controllate AGBC e BAA mediante la sottoscrizione di aumenti di capitale ovvero concedendo finanziamenti diretti.

Tuttavia è un'ulteriore attività ad aver esposto il Banco Ambrosiano Holding e, conseguentemente, l'intero Gruppo, a rischi elevatissimi: l'emissione delle letters of comfort rilasciate da BAH a favore di soggetti terzi nell'interesse delle sue controllate, in modo particolare di BAA.
Ai liquidatori del Banco è apparso subito chiaro che questa tipologia di patrocinio non era né elemento marginale né casuale bensì era la naturale conseguenza di una politica aziendale che prevedeva essere la holding lussemburghese e non il Banco Ambrosiano di Milano, a rilasciare le garanzie.

La seguente Tabella mette in evidenza i principali finanziatori del Banco Ambrosiano Holding S.A. distinguendo tra Banco Ambrosiano S.p.A., altre società del Gruppo ed entità terze.

I principali finanziatori di BAH: saldi a fine periodo (milioni di Franchi Svizzeri)
Anno
1978*
1979*
1980*
1981**
1982**
Banco Ambrosiano S.p.A.
- trasferimenti diretti
- depositi “back to back”

21,9
==

19,4
==

1,8
==

2,0
==

==
34,8
Totale B. Ambrosiano (a)
21,9
19,4
1,8
2,0
34,8

Altre società del Gruppo (b)
15,7
41,0
9,5
3,7
317,9

Soggetti terzi (c)
390,8
560,5
780,5
915,5
893,5

TOTALE [(a) + (b) + (c)]
428,4
620,9
791,8
921,2
1.246,2
* 31 dicembre ** 30 giugno

Ad una prima analisi, si osserva che i finanziamenti erogati dalla capogruppo, Banco Ambrosiano S.p.A., e delle altre società del Gruppo, avevano assunto un peso rilevante solo nell'ultimo periodo esaminato, ed erano finalizzati da un lato a compensare una più ridotta capacità di raccolta da soggetti terzi e dall'altro a tamponare l'impressionante deficit di liquidità creatosi in capo alle controllate BAOL, AGBC e BAA.

Tra il 1978 e il 1982 la massa di fondi più sostanziosa è stata raccolta tra soggetti indipendenti dal Gruppo Banco Ambrosiano. Solo nel 1981 si è determinata una più ridotta capacità di raccolta rispetto al 1980 (-2,4%) come conseguenza della perdita di fiducia in seguito alla carcerazione del Presidente Roberto Calvi, avvenuta il 20 maggio 1981, conseguente alle indagini sui presunti reati di esportazione illecita di valuta (tornerò sull'argomento con un post specifico).

Tra i principali finanziatori terzi di BAH (Sindacato delle Banche Svizzere, Sindacato Internazionale delle Banche, Midland Bank France di Parigi e National Westminster Bank di Londra) va citata la Banca Nazionale del Lavoro filiale di Londra e Curaçao e due società offshore appartenenti al gruppo ENI: la Tradinvest Bank & Trust Co. of Nassau Ltd, Bahamas e la Hydrocarbons Bank Ltd, Cayman Islands.

Con riferimento a queste entità, a pag. 136 della VI^ Relazione dei Commissari Liquidatori si legge: “Trattasi di società “amiche”, in relazione alla comune appartenenza alla P2, di Calvi e di alcuni esponenti di rilievo della Banca Nazionale del Lavoro e dell’ENI. Queste informazioni sono state tratte dalla “Relazione Parlamentare d’Inchiesta sulla Loggia Massonica P2” (...)”.

A capo della Direzione Finanza di ENI, alla fine degli anni '70, sedeva Florio Fiorini e alla Vice-Presidenza Leonardo di Donna (già Direttore generale). La Presidenza invece era assegnata a varie personalità che si alternavano ad intervalli di commissariamento.
Nello stesso periodo lo svizzero Pierre Siegenthaler era al tempo stesso Amministratore del Banco Ambrosiano Overseas Limited di Nassau e Consigliere d'amministrazione della Tradinvest Bank & Trust Co. of Nassau Limited (società controllata dalla Hydrocarbons International Holding Co. di Zurigo, quest'ultima appartenente all'olandese ENI International Holding BV, la quale a sua volta era posseduta da ENI Italia).
Non posso fare a meno di formulare un breve commento.
La catena societaria Italia-Olanda-Svizzera-Bahamas (o, come terminale, Cayman Islands, Hong Kong, Panama, British Virgin Islands, Aruba...), fino a qualche anno fa permetteva di sfruttare le diverse composizioni delle "black-list" vigenti nei vari Paesi europei al fine di avere accesso alle piazze finanziarie offshore. Oggigiorno si utilizzano altri e ben più sofisticati strumenti, il più noto dei quali è il trust nelle sue numerose varianti. L'obiettivo resta però quello di celare il beneficiario economico finale delle operazioni poste in essere. Prima o poi sarà necessario affrontare anche questo argomento.

Come detto, l'arresto di Roberto Calvi determinò sfiducia nei confronti dell'Ambrosiano e anche le entità considerate “amiche” iniziarono a richiedere lo smobilizzo i propri impieghi.
Nel primo semestre del 1982 dunque, il Banco dovette in qualche modo intervenire per sostenere la raccolta della sua sub-holding disponendo varie operazioni anomale, i depositi "back to back", grazie alle quali le banche intermediarie Al Saudi Banque di Parigi, AP Bank di Londra e Banque Luis Dreyfus di Parigi, fecero arrivare in Lussemburgo circa 34,8 milioni di franchi svizzeri in pochi mesi.

A supporto di quanto descritto, sono in grado di pubblicare alcuni documenti che illustrano come le citate società appartenenti al gruppo ENI abbiano erogato fondi tra il 1978 e il 1979 non solo a favore di BAH (per un importo pari a USD 85 milioni e a Fr. Sv. 100 milioni) ma anche direttamente a BAOL (Bahamas) per USD 25 milioni e a AGBC (Managua) per USD 12,5 milioni.
In base a tale documentazione, ENI, per il tramite le sue controllate estere, ha finanziato estero su estero le consociate offshore dal Banco Ambrosiano, per un importo complessivamente pari a circa USD 183 milioni.
La quasi totalità di tali somme sarebbe stata rimborsata tra il 1980 e il 1984.

(click per ingrandire)


Nota:
Le pagine sopra riportate fanno parte di un collage di documenti, costituito da:
  1. un memorandum datato 16 marzo 1993, classificato come "highly confidential" e avente alcune parti censurate, composto da 5 fogli numerati da KRL 42733 a KRL 42737, redatto in lingua inglese;
  2. il grafico dei flussi finanziari, classificato come "confidential" e numerato KRL 41909;
  3. un prospetto riepilogativo, non classificato, costituito da tre pagine numerate 66974, 66062 e 66065 (per la forma che hanno i timbri di numerazione penso si tratti di un atto giudiziario).
Ho ritrovato il documento su internet nella sua versione completa, perciò ho deciso di pubblicarlo, almeno per quella parte attinente all'argomento proposto.


Epilogo:
In base a notizie reperite su fonti pubbliche, Pierre Siegenthaler non ha potuto testimoniare nei processi italiani sul dissesto del Banco Ambrosiano in quanto deceduto prematuramente, vittima di un incidente di montagna.
Dopo i fatti descritti, Florio Fiorini fu indagato dal pool mani pulite. Nel corso degli interrogatori descrisse come tramite certe operazioni su cambi si riuscivano a creare fondi neri a vantaggio dei più autorevoli partiti politici dell'epoca.
Questi fondi, unitamente ad altri, alimentarono il famoso "conto protezione" costituito nei primi anni '80.
Successivamente a Leonardo Di Donna e al periodo dei Commissari, alla guida di ENI arrivò il prof. Franco Reviglio, poi divenuto Ministro delle Finanze e anch'esso inquisito in seguito alle inchieste di "tangentopoli" per sospette tangenti pagate al PSI (fu poi prosciolto da ogni accusa).
Al posto di Reviglio in ENI arrivò Gabriele Cagliari.
Sono gli anni della "madre di tutte le tangenti", di Sergio Cusani, di Raul Gardini, di Carlo Sama, del finanziare Pacini Battaglia e Giuseppe Garofano.
Dei forzieri ginevrini della Karfinco...

Vicende altrettanto tragiche. Ma questa è un'altra storia.


venerdì 19 ottobre 2012

19 ottobre 2012: 1° anno di vita

Il 19 ottobre 2011 alle ore 23.51 ho inaugurato il blog con il post "La figura del fraud auditor" (http://fraudauditing.blogspot.it/2011/10/la-figura-del-fraud-auditor.html).

Avevo fissato un limite temporale al 31 dicembre 2012 per capire dove sarei arrivato e se sarebbe stato interessante andare avanti.
Infatti avevo deciso di chiudere il blog se non avessi raggiunto almeno i 12.000 visitatori o non avessi riscosso un qualche interesse o una qualche partecipazione in termini di commenti e contributi da pubblicare.

Se la serie storica non mi tradirà, posso affermare che entro l'anno il blog raggiungerà i 17/18.000 accessi.
Questa partecipazione non può che ricompensare anche quanti hanno collaborato con me, per le troppe sere sottratte agli impegni famigliari e per i numerosi weekend passati a scrivere nuovi post ed organizzare il layout del blog.

Come amministratore e coordinatore delle pubblicazioni ho cercato di mantenere l'atteggiamento di chi pratica un hobby e non vuole trarre altro beneficio o interesse se non il sapere che qualcuno condivide e apprezza gli argomenti proposti.
Per tale motivo in questi mesi ho rifiutato di inserire messaggi pubblicitari o di cedere il blog ad organizzazioni aventi scopo di lucro, che ne avrebbero fatto uno strumento commerciale per promuovere le proprie attività professionali.

Insomma ho difeso il mio orticello che va preso così per come è: cioè come un tentativo di illustrare le attività quotidiane di un fraud auditor come tanti, che cerca di praticare con le difficoltà di tutti i giorni il suo lavoro con la passione che ancora gli rimane, nonostante tutto.

Il blog ha avuto un'evoluzione, e agli aneddoti tratti dalle mie esperienze professionali si sono affiancati i post di carattere teorico e storico. A tal proposito segnalo che i recenti contributi sul caso Banco Ambrosiano hanno riscosso un enorme successo e, pertanto, continuerò con questo filone anche con la pubblicazione di documenti "scottanti".
Così come hanno destato interesse i post dedicati ai suggerimenti per le buone letture o gli scritti inviati dai colleghi forensic accountant. Anche su questo fronte ci saranno novità a breve.

Infine, non mi resta che ringraziare Carlo, Lorenzo, Roberto, Anna ed altri, per l'aiuto che mi stanno dando e per le review di alcuni dei testi che ho pubblicato.
So che il blog non è seguito solamente dagli "addetti ai lavori" (nel significato più ampio del termine) ma anche da molti studenti universitari e docenti di vari atenei italiani e... anche da qualche illustre politico (!).

Dobbiamo continuare su questa strada!
E, ne sono certo, si apriranno molte porte con nuovi orizzonti da esplorare.


sabato 6 ottobre 2012

Lezioni dal passato: la semantica finanziaria

di Lorenzo Peluso
(Senior Manager in Fraud Investigation and Dispute Services department - Ernst & Young)


Si dice che i primi contabili siano stati gli scribi dell’antico Egitto, che si occupavano di tenere i libri dei faraoni.
Il loro compito era quello d’inventariare grano, oro e tutti gli altri beni. Sfortunatamente, alcuni di loro caddero vittime della tentazione e rubarono al loro datore di lavoro, così come facevano altri impiegati del re; il sovrano, allora, dovette escogitare una soluzione: avere due scrivani indipendenti per ogni operazione. 
Finché i totali riportati dagli scrivani coincidevano precisamente, non c'era nessun problema, ma se fossero risultati diversi, entrambi sarebbero stati messi a morte. Una sorta di antenato del controllo interno che fu un grande incentivo a controllare attentamente tutti i conteggi, assicurandosi che nessuno stesse rubando. 
Infatti, la scoperta e la prevenzione delle frodi divennero il dovere principale dei contabili reali. 

Ma non è la storia la sola cosa che ci accomuna agli antichi egiziani, anche la semantica rimanda a miti passati. 

Dice nulla la parola piramide? Da anni è di uso comune nel mondo finanziario, ma da dove ne trae significato e come mai si è utilizzato proprio questo termine?
La piramide finanziaria è un sistema di strozzinaggio al contrario. 
Funziona così: si prendono in prestito dei soldi, promettendo di restituirli in pochissimo tempo maggiorati di un forte interesse. I soci che recedono vengono liquidati da soci nuovi espandendo continuamente le basi della piramide. Il trucco sta nel trovare una fantasiosa giustificazione (senza neanche sforzarsi troppo) su come si riescano ad ottenere profitti così alti.
Ma chi ha inventato questo semplice ma efficace sistema? Chi fu il padre dei frodatori?
All'inizio del secolo scorso, un signore chiamato Carlo Ponzi emigrò da Parma verso l’America con una ferma intenzione: diventare ricco in brevissimo tempo. 
Ci provò inizialmente con svariate truffe in tutto il nord del continente, passando senza fortuna dal contrabbando alla contraffazione di banconote.

Il vero capolavoro lo realizzò nel 1920 quando, in brevissimo tempo, fu capace di raccogliere quasi 10 milioni di dollari americani da diecimila persone, inclusa buona parte della Polizia di Boston, garantendo profitti fino al 50% in soli 45 giorni.
Come? Grazie alle sue conoscenze da immigrato. 
Mi spiego meglio: con l’alto livello di immigrazione, a inizio ‘900 esplose il business dei francobolli, necessari agli immigrati per tenersi in contatto con i parenti e gli amici rimasti dall'altra parte dell’oceano. Uno dei prodotti maggiormente usati erano gli “International Reply Coupon” (IRC) venduti dalla Universal Postal Union, l’Ente internazionale che ancora oggi coordina le operazioni tra servizi postali nazionali. Tali coupon, inclusi nelle lettere per l’Europa, potevano essere scambiati in ogni Paese con francobolli dell’ufficio postale locale del ricevente, abilitando la lettera di ritorno ad essere spedita a spese del mittente originale.

Proprio in questi coupon, Ponzi vide un’opportunità di arbitrato e fu subito sicuro di avere trovato la via della ricchezza. In quegli anni i tassi di cambio delle valute fluttuavano violentemente mentre il valore dei postali risultava essere, a confronto, sensibilmente stabile.

L’idea di Ponzi era semplice: inviare un dollaro a un suo partner italiano che, convertendolo in lire, avrebbe provveduto ad acquistare 66 coupon, che sarebbero stati rispediti in America dove ognuno sarebbe stato riconvertito nuovamente in francobolli da 5 centesimi di dollaro. In questo modo, il valore di 1 dollaro divenne 3.30 dollari di francobolli. Vendendo quindi i francobolli a società di Boston, anche con uno sconto del 10%, Ponzi avrebbe potuto cambiare magicamente un dollaro con tre.

Fu un incredibile successo, in un attimo diventò uno dei migliori finanzieri americani mentre la popolazione di Boston ipotecava case e vendeva beni di proprietà pur di avere liquidità sufficiente da affidare a questo brillante emigrato italiano e alla sua società finanziaria costituita nel 1920, la Security Exchange Company le cui iniziali, ironia della sorte, coincidono con “S.E.C.”, l’organo di vigilanza borsistico americano.

La popolazione lo adorava e molti investitori, una volta ritirati gli investimenti iniziali maggiorati del 50%, li reinvestivano nuovamente nella sua Società sicuri di aver trovato un sistema senza rischi, ma con un tasso di guadagno incredibilmente remunerativo.
Con la liquidità acquisita comprò casa (con aria condizionata e piscina riscaldata), automobili e addirittura cospicue quote di una banca locale, la Hanover Trust Company.

Sulla favolosa ascesa di questo brillante finanziere, però, c’è una macchia che non rende limpido il suo percorso: nessun centesimo era investito in attività profittevoli. L’arbitraggio dei coupon era una grandiosa bufala!

All'inizio lo schema funzionava benissimo: i primi investitori che recedevano venivano puntualmente rimborsati con danari freschi provenienti da nuovi investitori, e così via.

La faccenda incuriosì il Boston Post che, indagando, insinuò il dubbio nei lettori/investitori, i quali cominciarono a bussare alla porta di Ponzi chiedendo i promessi guadagni.

In questo modo l’afflusso alle casse della Security Exchange Company crollò e Ponzi, non potendo più rimborsare i creditori con mezzi propri e cercando di non rimanere sotto il rovinoso crollo della piramide da lui disegnata, attinse direttamente ai fondi della Hanover Trust Company. Nell'estate del 1920 scoppiò lo scandalo: la bolla finanziaria portò alla luce la sottrazione di risorse alla banca per sei milioni di dollari (ovviamente tutti sottratti ai risparmiatori).

Ponzi fu arrestato a condannato a 10 anni per frode postale.

Scontata la pena però dimostrò di avere la truffa nel sangue: appena rilasciato si recò in Florida e, sempre utilizzando lo schema piramidale, si lanciò nella compravendita di terreni edificabili che, in seguito, non si rivelarono altro che paludi.



martedì 2 ottobre 2012

Stress da performance

E' tempo di crisi, di ristrutturazioni e di esuberi. Ma anche di ricerca affannosa di risultati.
E' una corsa ad ostacoli nel cercare di ridurre i costi e incrementare i rendimenti.
Le espressioni che più si sentono ripetere sono "efficienza", "meritocrazia", "competitività", "rigore", "austerità".

Certo, i propositi sono buoni ma la conseguenza di questo improvviso ritorno alla realtà sta determinando l'intensificarsi delle tensioni causate dal raggiungimento dei risultati economici.


Con il rischio di essere classificati tra i meno competenti e quindi tra i potenziali candidati ad essere cacciati, molti manager vivono un vero e proprio "stress da performance".
E se si accentuano le pressioni esercitate dai vertici aziendali, i conflitti tra colleghi e le difficoltà economiche dovute ad un minor reddito famigliare disponibile, è probabile che si generi quel mix esplosivo capace di far perdere la lucidità necessaria a svolgere con onestà le proprie attività in azienda.

E' dimostrato che le pressioni generate dall'ambiente lavorativo sono direttamente correlate all'incremento degli eventi illeciti.
Durante i cicli recessivi, dunque, il management può essere portato a valutare "mezzi alternativi" pur di far fronte a situazioni economiche difficili.

Ma è logico immaginarlo: il comportamento disonesto di un solo individuo può contagiare l'intera struttura.
Se Tizio gioca sporco, allora anche Caio dovrà ricorrere ai medesimi mezzi e così anche Sempronio... Alla fine sembrerà che l'essere disonesti sia l'unica soluzione in grado di garantire la sopravvivenza.

In un clima impregnato dallo stress da performance, qualcuno potrebbe decidere di gonfiare artificialmente le previsioni degli utili oppure il trend di crescita del proprio segmento di business, altri invece potrebbero pensare a crearsi una clientela immaginaria falsificando contratti e fatture.

In alcune situazioni l'ansia da risultato precede di qualche mese o anno il verificarsi reale della crisi. Al giorno d'oggi la gran parte delle scelte strategiche aziendali si basano sulle aspettative sulle performance future. E se queste previsioni non sono favorevoli, il management, avendo raggiunto gli obiettivi dell'anno, potrebbe decidere di trasferire illegittimamente parte del fatturato nell'esercizio successivo.

La pratica di riposizionare porzioni di risultato in eccesso rispetto ai target, è legata anche alle strutture di incentivo che assicurano un premio di produzione al raggiungimento di determinate soglie di fatturato.

Fermare il declino quindi, anche attraverso una gestione virtuosa del livello di stress da performance, aumentando in modo equilibrato i controlli sui risultati conseguiti e modulando le strutture di incentivo sul fatturato incassato piuttosto che su quello contabile.


lunedì 1 ottobre 2012

Sulla mensola del fraud auditor

Con oggi prenderà il via una nuova iniziativa pensata per chi volesse promuovere, segnalare o suggerire libri, dispense, manuali, studi, ricerche, statistiche, saggi e prontuari sugli argomenti cari a noi forensic accountant.

Insomma, un'area totalmente dedicata alle buone letture.

L'iniziativa sarà identificata con il tag "Sulla mensola del fraud auditor" e avrà l'obiettivo di presentare l'autore e gli argomenti trattati.

Naturalmente, ma sarebbe inutile specificarlo, l'attività di segnalazione è gratuita e non ha alcun fine di lucro, interesse o vantaggio di qualsiasi genere per il sottoscritto amministratore del blog. 

Sarò grato a quanti volessero aiutarmi in questa iniziativa.

* * *

La proposta di oggi riguarda un saggio di recente pubblicazione dal titolo: "Il traffico degli invisibili" della collana "Popoli Culture Società", scritto dalla giovane antropologa Desirée Pangerc, ed. Bonanno Editore.

A causa della sua importante posizione geografica, l’Italia rappresenta uno tra i confini più facilmente attraversabili per i flussi di immigrati clandestini e trafficati.
L’antropologa Desirée Pangerc decide nel 2005 di ripercorrere all'incontrario una delle rotte principali di questo mercato illegale, quella che passa attraverso il cuore dei Balcani e approda in Italia tramite la porta verso Oriente, il Friuli Venezia Giulia.
Il viaggio la condurrà attraverso Slovenia, Croazia fino a portarla in Bosnia Erzegovina.
Qui la ricercatrice si fermerà due anni sia per condurre il proprio fieldwork che per prestare servizio presso l’Ambasciata Italiana di Sarajevo in qualità di Programme Officer.

La Bosnia Erzegovina viene difatti scelta perché si configura come caso-studio estremamente complesso, con fattispecie criminali davvero singolari.

I fenomeni del traffico di esseri umani e di contrabbando di clandestini vengono affrontati all'interno del testo tramite un approccio multidisciplinare che spazia dall'antropologia all'epistemologia della complessità, passando per le teorie sociologiche, psicologiche e giuridiche connesse alla tematica affrontata.

(cliccare sull'immagine per ingrandire)

L'autrice, Desirée Pangerc nasce nel 1980 a Trieste.
Si laurea nel 2004, a pieni voti assoluti e lode, in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso il Polo Universitario Goriziano; l’anno successivo inizia a collaborare con la Cattedra di Antropologia diretta dal Prof. A.L. Palmisano.

Si specializza in antropologia applicata delle migrazioni e della corporeità, conseguendo nel 2010 il titolo di Dottoressa di Ricerca in Antropologia ed Epistemologia della Complessità presso l’Università degli Studi di Bergamo.

Da segnalare inoltre la sua esperienza in qualità di consulente per il Ministero degli Affari Esteri e il suo incarico presso l’Ambasciata d’Italia a Sarajevo negli anni compresi tra il 2008 e il 2010.