Alcuni anni fa un responsabile internal audit di una grande banca italiana, illustrandomi le varie casistiche di rischio bancario mi raccontò di un caso di "apertura di credito non autorizzata".
La circostanza mi colpì particolarmente in quanto non avrei mai immaginato che sistemi gestionali e di controllo tanto sofisticati quali quelli bancari, potessero non presidiare una fattispecie come quella che mi veniva descritta.
Analizziamone la dinamica.
La banca forniva una serie di servizi di conversione di valute ad una società commerciale costituita qualche anno prima da un noto imprenditore italiano nella città di Taiyuan (capitale della prefettura cinese dello Shanxi).
La società cinese si occupava dell'importazione di abbigliamento e calzature made in Italy di alto pregio da destinare ai ricchi mercati orientali.
I servizi offerti dalla banca italiana non prevedevano anticipazioni bancarie o aperture di credito ma riguardavano esclusivamente la conversione della moneta locale (lo yuan) in altre divise estere, soprattutto euro, contro il pagamento di commissioni parametrate agli ammontari convertiti.
Analizzando il rapporto con questo cliente e le procedure tecniche di contabilizzazione delle operazioni, gli internal auditor della banca avevano scoperto che si creava una disponibilità monetaria, anche di ingente valore, in capo alla società cinese prima che queste somme fossero contabilizzate sui conti dell'istituto di credito.
Di fatto ciò permetteva al cliente, seppur per poche ore, di beneficiare di una provvista a credito con la conseguenza di esporre la banca ad un ampio rischio non monitorato né presidiato.
L'apertura di credito non autorizzata si creava in questo modo:
1) le operazioni iniziavano con un acquisto di euro in cambio di yuan;
2) la provvista in euro veniva versata sul c/c della società cinese grazie all'intermediazione di una banca locale, corrispondente della banca italiana;
4) contestualmente alla ricezione della provvista in euro la società cinese disponeva i pagamenti a favore dei propri fornitori italiani;
3) l'importo in yuan, insieme alle commissioni di negoziazione, veniva contabilizzato sui conti della banca italiana qualche ora più tardi a causa del fuso orario.
Una simulazione fatta dagli auditor accertò che se l'operazione appena descritta fosse stata ripetuta con frequenza giornaliera, il risultato sarebbe stato una continua concessione di credito non autorizzata al di fuori di ogni procedura di controllo e senza alcuna applicazione di interessi.
Il rischio maggiore ravvisato dai revisori interni dell'istituto di credito era riconducibile al fatto che tale problematica era passata inosservata per parecchi anni. Soprattutto perché non erano sufficientemente mappati e monitorati i sistemi operativi di negoziazione in valuta.
A qualche anno di distanza da quegli eventi, ho ricontattato quel responsabile internal audit, il quale mi ha assicurato che una fattispecie come quella descritta, oggi non potrebbe più verificarsi in quanto la contabilizzazione delle operazioni su cambi avviene in tempo reale e solo dietro a specifiche garanzie rilasciate dal cliente.
La circostanza mi colpì particolarmente in quanto non avrei mai immaginato che sistemi gestionali e di controllo tanto sofisticati quali quelli bancari, potessero non presidiare una fattispecie come quella che mi veniva descritta.
Analizziamone la dinamica.
La banca forniva una serie di servizi di conversione di valute ad una società commerciale costituita qualche anno prima da un noto imprenditore italiano nella città di Taiyuan (capitale della prefettura cinese dello Shanxi).
La società cinese si occupava dell'importazione di abbigliamento e calzature made in Italy di alto pregio da destinare ai ricchi mercati orientali.
I servizi offerti dalla banca italiana non prevedevano anticipazioni bancarie o aperture di credito ma riguardavano esclusivamente la conversione della moneta locale (lo yuan) in altre divise estere, soprattutto euro, contro il pagamento di commissioni parametrate agli ammontari convertiti.
Analizzando il rapporto con questo cliente e le procedure tecniche di contabilizzazione delle operazioni, gli internal auditor della banca avevano scoperto che si creava una disponibilità monetaria, anche di ingente valore, in capo alla società cinese prima che queste somme fossero contabilizzate sui conti dell'istituto di credito.
Di fatto ciò permetteva al cliente, seppur per poche ore, di beneficiare di una provvista a credito con la conseguenza di esporre la banca ad un ampio rischio non monitorato né presidiato.
L'apertura di credito non autorizzata si creava in questo modo:
1) le operazioni iniziavano con un acquisto di euro in cambio di yuan;
2) la provvista in euro veniva versata sul c/c della società cinese grazie all'intermediazione di una banca locale, corrispondente della banca italiana;
4) contestualmente alla ricezione della provvista in euro la società cinese disponeva i pagamenti a favore dei propri fornitori italiani;
3) l'importo in yuan, insieme alle commissioni di negoziazione, veniva contabilizzato sui conti della banca italiana qualche ora più tardi a causa del fuso orario.
Una simulazione fatta dagli auditor accertò che se l'operazione appena descritta fosse stata ripetuta con frequenza giornaliera, il risultato sarebbe stato una continua concessione di credito non autorizzata al di fuori di ogni procedura di controllo e senza alcuna applicazione di interessi.
Il rischio maggiore ravvisato dai revisori interni dell'istituto di credito era riconducibile al fatto che tale problematica era passata inosservata per parecchi anni. Soprattutto perché non erano sufficientemente mappati e monitorati i sistemi operativi di negoziazione in valuta.
A qualche anno di distanza da quegli eventi, ho ricontattato quel responsabile internal audit, il quale mi ha assicurato che una fattispecie come quella descritta, oggi non potrebbe più verificarsi in quanto la contabilizzazione delle operazioni su cambi avviene in tempo reale e solo dietro a specifiche garanzie rilasciate dal cliente.