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sabato 25 gennaio 2014

La teoria delle "finestre rotte"

Immaginiamo di abbandonare due automobili assolutamente identiche per marca modello e colore in due zone metropolitane assai diverse tra loro.
La prima nel Bronx a New York, la seconda a Palo Alto in California. Cioè in due quartieri americani con due situazioni sociali ed economiche diametralmente opposte.

Quale delle due automobili ha una maggiore probabilità di essere rubata o danneggiata?

La risposta è ovvia e non sarebbe necessario precisare che quando nel 1969 alcuni ricercatori dell’Università di Stanford fecero l’esperimento, l’automobile parcheggiata nel Bronx fu alleggerita in poche ore degli specchietti, delle ruote, dell’autoradio e nei giorni successivi anche del motore e di alcune parti della carrozzeria.
Agli studiosi posizionati a turno nei pressi dell’automobile pareva di assistere ad un’azione portata a segno da un banco di piranha affamati. Tutti i materiali che potevano essere riutilizzati o venduti furono smontati, mentre quelli senza valore furono soggetti a vandalismo.

Mentre l'automobile abbandonata a Palo Alto rimase perfettamente intatta.

Ma aggiungiamo all'esperimento un ulteriore elemento.

Sarebbe possibile stimolare la popolazione di Palo Alto a commettere una qualche forma di crimine sull'autovettura rimasta illesa?
O meglio, le cause che hanno determinato l’esecuzione del crimine nel Bronx sono riconducibili al solo stato di povertà o al diffuso deterioramento sociale?

Gli specialisti in psicologia dell’Università di Stanford provarono a rompere il vetro di un finestrino dell’automobile incustodita a Palo Alto.
Tempo poche ore ed iniziò il medesimo processo già osservato nel Bronx: furto, smantellamento e vandalismo.

Alla fine nel luogo in cui le vetture furono abbandonate restarono i medesimi rottami.

A provocare il crimine, quindi, non fu la povertà o il disagio sociale, ma fu un vetro rotto!

L'esperimento rese palese la "metafora del vetro rotto".
Il vetro rotto come simbolo evidente di trascuratezza, di deterioramento, disinteresse, abbandono, assenza di norme, di regole e di controllo. Ed ogni nuovo attacco alla vettura incrementava ulteriormente nella popolazione quel senso di noncuranza, moltiplicandolo fino a determinare i comportamenti più estremi.


Studi successivi nel campo sociologico e criminologico svilupparono la “teoria delle finestre rotte”: la criminalità è più elevata nelle aree dove l’incuria, la sporcizia, il disordine e l’abuso sono più alti. Così come la criminalità economica regna là dove permane uno stato di assenza di regole, di controllo e di omogeneità e imparzialità delle pene.

La teoria prevede che una comunità che presenta segni di deterioramento o decadimento sociale, senza che tale situazione venga presa in seria considerazione e contrastata, sarà più esposta alla diffusione della criminalità.
Così in un'azienda, se sono tollerati comportamenti illeciti anche di piccolo conto, si svilupperanno quasi certamente situazioni di maggiore rischio di diffusione di frodi di elevata gravità.

La “teoria delle finestre rotte” è stata applicata concretamente per la prima volta da Rudolph Giuliani nella metropolitana di New York nella metà degli anni novanta.
Per contenere le continue violenze, si cominciò a combattere le piccole trasgressioni, quali i graffiti, lo sporco, lo stato di ubriachezza diffusa, il mancato pagamento del biglietto e i piccoli furti. I risultati furono evidenti, riportando la metropolitana ad essere un luogo sicuro.

Morale: per pretendere ed ottenere il rispetto delle regole, anche in contesti aziendali, occorre che tali regole siano chiare ed eque e che queste siano fatte rispettare in modo imparziale e costante.