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giovedì 7 luglio 2016

Il cloud: una miniera d'oro per gli investigatori digitali

Ormai da qualche anno i casi di criminalità economico-finanziaria, come di altra natura, si risolvono anche (se non soprattutto) grazie all'analisi dei dati e delle informazioni archiviate sui vari dispositivi informatici e sul cloud.


L'ultima sfida per gli investigatori digitali è proprio quella di analizzare con strumenti forensi l'ambiente virtuale, indefinito e illimitato, chiamato "cloud".
In buona sostanza il cluod è un ambiente messo a disposizione sulla rete internet da un provider nel quale l'utente, attraverso un account personale accessibile con password, può archiviare, trasmettere, elaborare o nascondere informazioni di qualsiasi genere e dimensione.

Oltre alle difficoltà di accesso a questi ambienti virtuali, l'investigatore digitale deve fare i conti con gli impedimenti legali e burocratici che limitano i suoi poteri d'indagine sui server ubicati in territori di altre giurisdizioni, rendendo altresì onerosa l'attività tecnica.

La battaglia tuttavia non è persa!
Infatti a disposizione degli investigatori digitali ci sono molteplici sistemi hardware e software in grado di fornire servizi leciti e tempestivi di accesso, estrazione, conservazione e analisi di questi archivi di file.
E ciò è possibile anche con riferimento ai contenuti dei vari social network, quali Facebook, Twitter, Instagram e Kik.

Non si ritiene di entrare nel dettaglio, ma l'accesso agli archivi cloud o ai profili personali sui social media avviene grazie all'analisi degli stessi dispositivi utilizzati per accedervi. Naturalmente ciò è possibile in un contesto di indagini penali in cui è possibile risalire alle credenziali e alle altre informazioni rilevanti contenute nei dispositivi, anche telefonici, grazie ad un'attività d'indagine informatica altamente specializzata.