In origine le operazioni “back to back” erano utilizzate per scopi sostanzialmente legati alla mitigazione del rischio di oscillazione cambi, quando i contratti derivati non avevano ancora fatto il loro debutto trionfale sulla scena della finanza globale.
Nel corso del tempo, tuttavia, da precursori dei plain vanilla currency swap, i back to back hanno assunto connotati più affini ai contratti fiduciari con collaterale a garanzia.
Una metamorfosi d’impiego che li ha fatti diventare un formidabile strumento per trasferire fondi verso beneficiari occulti.
Facendone un uso fraudolento, con i back to back è possibile raggiungere due obiettivi simultaneamente: da un lato occultare in bilancio distrazioni di risorse aziendali mediante una rappresentazione non corrispondente a quella reale e dall'altro assicurare che il flusso degli asset sottratti sia impiegato per finalità illecite al riparo degli organismi di vigilanza e controllo.
La pratica in oggetto è diffusa soprattutto nell'ambito bancario, dove si manifesta con il cosiddetto "deposito back to back”, altrimenti detto “deposito di reciprocità”.
Nella sua forma più diffusa colui che pianifica e mette in atto la frode, ad esempio un amministratore delegato di un istituto di credito (il "dominus"), dispone un trasferimento di fondi della banca (che chiameremo “banca depositante”) a favore di uno o più conti correnti ad essa intestati accesi presso una o più banche terze (la banca depositaria o intermediaria).
In seguito a precisi accordi informali intervenuti tra il dominus e i vertici della banca depositaria, quest’ultima dispone un contestuale finanziamento di pari importo a favore di un’entità indicata dal dominus stesso e solitamente a questo correlata (si tratta del beneficiario finale dei fondi). Tale erogazione è concessa a lungo termine e senza l’ottenimento di particolari garanzie reali o personali rilasciate dal beneficiario finale.
In buona sostanza il deposito presso la banca intermediaria, per natura liquido, immediatamente esigibile e privo di rischio, funge da collaterale a garanzia del finanziamento stanziato a vantaggio del soggetto indicato dal dominus.
Questa seconda operazione ha natura assai diversa dal deposito in conto corrente in quanto si tratta di un impiego immobilizzato, esigibile solo a scadenza e ad elevato rischio di credito.
L’obiettivo del dominus è l’occultamento della vera struttura dell’operazione vista nel suo complesso. Il trasferimento iniziale di fondi alla banca intermediaria è rappresentato nel bilancio della banca depositante nell’attivo circolante dello stato patrimoniale e non tra le poste immobilizzate, tra le quali invece avrebbe dovuto trovare collocazione.
In quell'occasione i Commissari straordinari appurarono che una buona parte dei depositi sui conti correnti accesi presso banche terze, iscritti nell’attivo circolante del Banco, in realtà celavano finanziamenti occulti di analogo ammontare a favore di alcune consociate estere.
Gli istituti di credito che si prestarono ad intermediare i fondi tra l’Italia e i beneficiari finali (per esempio verso il Banco Ambrosiano Andino di Lima o il Banco Ambrosiano Overseas Limited di Nassau), salvo alcuni casi particolari, avevano caratteristiche simili: operatività circoscritta a pochi sportelli, sede presso i centri finanziari off-shore, pessima reputazione sul mercato interbancario.
Una volta che i fondi furono entrati nella disponibilità delle entità finali, furono utilizzati in piena libertà e riservatezza, al riparo da qualsiasi forma di controllo delle autorità di vigilanza italiane.
Le varie inchieste chiarirono che tali fondi furono utilizzati per l’acquisto di azioni del Banco Ambrosiano o per finanziare alcune attività occulte di Stati esteri.
Emblematico, a tal proposito, è lo stralcio della testimonianza del Direttore Centrale per la Vigilanza Creditizia e Finanziaria della Banca d’Italia, dott. Vincenzo Desario, rilasciata in sede dibattimentale e riportata nella Sentenza del Tribunale di Milano del 16 aprile 1992, n.1390, da pagg. 221:
“Il 18 o il 19 [giugno 1982, n.d.r.] - mi pare - esponenti del Servizio Esteri [del Banco Ambrosiano, n.d.r.] mi rappresentarono l’esigenza di dover risolvere alcune questioni, in particolare concernenti i depositi interbancari con banche estere, perché giungevano a scadenza tra il 22, il 23 e il 24. (…) In questo quadro... loro prospettavano il problema di depositi in scadenza, e la mia prima valutazione di questa richiesta era che non ci dovevamo preoccupare perché... si trattava di depositi del Banco Ambrosiano, fatti verso banche estere (e, se non ricordo male, erano uno dell’Inter Alpha e l’altro dell’Arab Bank), al che la mia risposta è stata: va beh, sono scaduti; ci rimborsino e buona notte; a questo punto, invece, emerge il problema: no, ma questi, in base ad accordi di reciprocità, sono stati trasferiti dalla banca estera al Banco Andino [avente sede in Perù e controllata dal Banco Ambrosiano S.p.A., n.d.r.]. (…) ho dovuto chiedere all’Ufficio, che mi rappresentassero la storia di questo deposito, per poter prendere delle decisioni (…). Alla fine, loro mi parlarono di “a seguito di accordi intercorsi”, accordi intercorsi che, indirettamente, io avevo potuto anche vedere esaminando i fascicoli di questi rapporti con le banche estere, in particolare. Non esistevano documenti ufficiali, ma, in realtà, quando facevano questi accordi, risultava un pezzettino di carta, in cui si diceva: abbiamo ricevuto, abbiamo concordato questo tipo di rapporto, e prova ne sia che, sin dal 18 mattina, molte di queste banche estere, che evidentemente facevano riferimento a questo tipo di accordo, si erano o telefonicamente o di persona precipitate; e ricordo che si presentò in Istituto il Direttore Generale del Banco de la Nation, che pretendeva l’immediato ritorno e, quindi, l’esclusione della sua responsabilità di rimborso, facendo riferimento a questo tipo di accordo”.
Invitato ad essere più preciso sulla natura degli accordi citati, il dott. Vincenzo Desario rispose:
“L’accordo era: Banco Ambrosiano Italia deposita 20, 30, 40 milioni di dollari presso il Banco Cafetero, con l’impegno del Banco Cafetero di depositarli all’Andino, a BAOL [Banco Ambrosiano Overseas Limited di Nassau – Bahamas, n.d.r.], o ad altri; questo era l’accordo”.
Secondo un'elaborazione effettuata dai Commissari Liquidatori basata sulle dichiarazioni fornite dai responsabili dell'Ufficio Estero del Banco, l'ammontare complessivo trasferito grazie ai depositi "back to back" è stato pari a circa 653,4 miliardi di lire, suddiviso nel modo seguente (Terza Relazione, p. 55):
Nella prima metà del 1982 l'emorragia causata dai depositi back to back ha certamente contribuito a determinare l'ennesima crisi di liquidità, portando il Banco al un punto di non ritorno.
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Nota:
Qui il commento di Carlo Calvi, figlio del Presidente e Amministratore Delegato di Banco Ambrosiano S.p.A., Roberto Calvi.
Nel corso del tempo, tuttavia, da precursori dei plain vanilla currency swap, i back to back hanno assunto connotati più affini ai contratti fiduciari con collaterale a garanzia.
Una metamorfosi d’impiego che li ha fatti diventare un formidabile strumento per trasferire fondi verso beneficiari occulti.
Facendone un uso fraudolento, con i back to back è possibile raggiungere due obiettivi simultaneamente: da un lato occultare in bilancio distrazioni di risorse aziendali mediante una rappresentazione non corrispondente a quella reale e dall'altro assicurare che il flusso degli asset sottratti sia impiegato per finalità illecite al riparo degli organismi di vigilanza e controllo.
La pratica in oggetto è diffusa soprattutto nell'ambito bancario, dove si manifesta con il cosiddetto "deposito back to back”, altrimenti detto “deposito di reciprocità”.
Nella sua forma più diffusa colui che pianifica e mette in atto la frode, ad esempio un amministratore delegato di un istituto di credito (il "dominus"), dispone un trasferimento di fondi della banca (che chiameremo “banca depositante”) a favore di uno o più conti correnti ad essa intestati accesi presso una o più banche terze (la banca depositaria o intermediaria).
In seguito a precisi accordi informali intervenuti tra il dominus e i vertici della banca depositaria, quest’ultima dispone un contestuale finanziamento di pari importo a favore di un’entità indicata dal dominus stesso e solitamente a questo correlata (si tratta del beneficiario finale dei fondi). Tale erogazione è concessa a lungo termine e senza l’ottenimento di particolari garanzie reali o personali rilasciate dal beneficiario finale.
In buona sostanza il deposito presso la banca intermediaria, per natura liquido, immediatamente esigibile e privo di rischio, funge da collaterale a garanzia del finanziamento stanziato a vantaggio del soggetto indicato dal dominus.
Questa seconda operazione ha natura assai diversa dal deposito in conto corrente in quanto si tratta di un impiego immobilizzato, esigibile solo a scadenza e ad elevato rischio di credito.
L’obiettivo del dominus è l’occultamento della vera struttura dell’operazione vista nel suo complesso. Il trasferimento iniziale di fondi alla banca intermediaria è rappresentato nel bilancio della banca depositante nell’attivo circolante dello stato patrimoniale e non tra le poste immobilizzate, tra le quali invece avrebbe dovuto trovare collocazione.
* * *
Il fenomeno dei depositi fiduciari back to back fu portato alla ribalta del grande pubblico nel giugno 1982, durante le fasi più drammatiche del crack del Banco Ambrosiano S.p.A.In quell'occasione i Commissari straordinari appurarono che una buona parte dei depositi sui conti correnti accesi presso banche terze, iscritti nell’attivo circolante del Banco, in realtà celavano finanziamenti occulti di analogo ammontare a favore di alcune consociate estere.
Gli istituti di credito che si prestarono ad intermediare i fondi tra l’Italia e i beneficiari finali (per esempio verso il Banco Ambrosiano Andino di Lima o il Banco Ambrosiano Overseas Limited di Nassau), salvo alcuni casi particolari, avevano caratteristiche simili: operatività circoscritta a pochi sportelli, sede presso i centri finanziari off-shore, pessima reputazione sul mercato interbancario.
Una volta che i fondi furono entrati nella disponibilità delle entità finali, furono utilizzati in piena libertà e riservatezza, al riparo da qualsiasi forma di controllo delle autorità di vigilanza italiane.
Le varie inchieste chiarirono che tali fondi furono utilizzati per l’acquisto di azioni del Banco Ambrosiano o per finanziare alcune attività occulte di Stati esteri.
Emblematico, a tal proposito, è lo stralcio della testimonianza del Direttore Centrale per la Vigilanza Creditizia e Finanziaria della Banca d’Italia, dott. Vincenzo Desario, rilasciata in sede dibattimentale e riportata nella Sentenza del Tribunale di Milano del 16 aprile 1992, n.1390, da pagg. 221:
“Il 18 o il 19 [giugno 1982, n.d.r.] - mi pare - esponenti del Servizio Esteri [del Banco Ambrosiano, n.d.r.] mi rappresentarono l’esigenza di dover risolvere alcune questioni, in particolare concernenti i depositi interbancari con banche estere, perché giungevano a scadenza tra il 22, il 23 e il 24. (…) In questo quadro... loro prospettavano il problema di depositi in scadenza, e la mia prima valutazione di questa richiesta era che non ci dovevamo preoccupare perché... si trattava di depositi del Banco Ambrosiano, fatti verso banche estere (e, se non ricordo male, erano uno dell’Inter Alpha e l’altro dell’Arab Bank), al che la mia risposta è stata: va beh, sono scaduti; ci rimborsino e buona notte; a questo punto, invece, emerge il problema: no, ma questi, in base ad accordi di reciprocità, sono stati trasferiti dalla banca estera al Banco Andino [avente sede in Perù e controllata dal Banco Ambrosiano S.p.A., n.d.r.]. (…) ho dovuto chiedere all’Ufficio, che mi rappresentassero la storia di questo deposito, per poter prendere delle decisioni (…). Alla fine, loro mi parlarono di “a seguito di accordi intercorsi”, accordi intercorsi che, indirettamente, io avevo potuto anche vedere esaminando i fascicoli di questi rapporti con le banche estere, in particolare. Non esistevano documenti ufficiali, ma, in realtà, quando facevano questi accordi, risultava un pezzettino di carta, in cui si diceva: abbiamo ricevuto, abbiamo concordato questo tipo di rapporto, e prova ne sia che, sin dal 18 mattina, molte di queste banche estere, che evidentemente facevano riferimento a questo tipo di accordo, si erano o telefonicamente o di persona precipitate; e ricordo che si presentò in Istituto il Direttore Generale del Banco de la Nation, che pretendeva l’immediato ritorno e, quindi, l’esclusione della sua responsabilità di rimborso, facendo riferimento a questo tipo di accordo”.
Invitato ad essere più preciso sulla natura degli accordi citati, il dott. Vincenzo Desario rispose:
“L’accordo era: Banco Ambrosiano Italia deposita 20, 30, 40 milioni di dollari presso il Banco Cafetero, con l’impegno del Banco Cafetero di depositarli all’Andino, a BAOL [Banco Ambrosiano Overseas Limited di Nassau – Bahamas, n.d.r.], o ad altri; questo era l’accordo”.
Secondo un'elaborazione effettuata dai Commissari Liquidatori basata sulle dichiarazioni fornite dai responsabili dell'Ufficio Estero del Banco, l'ammontare complessivo trasferito grazie ai depositi "back to back" è stato pari a circa 653,4 miliardi di lire, suddiviso nel modo seguente (Terza Relazione, p. 55):
- 1979: 60,3 miliardi di lire;
- 1980: 163,7 miliardi di lire;
- 1981: 429,4 miliardi di lire.
Nella prima metà del 1982 l'emorragia causata dai depositi back to back ha certamente contribuito a determinare l'ennesima crisi di liquidità, portando il Banco al un punto di non ritorno.
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Nota:
Qui il commento di Carlo Calvi, figlio del Presidente e Amministratore Delegato di Banco Ambrosiano S.p.A., Roberto Calvi.