Capita sempre più spesso di dover affrontare un caso di frode commessa da un dipendente infedele.
Ma come è affrontato il problema in Italia?
Secondo recenti ricerche che saranno pubblicate tra breve, la gestione di un caso di frode in azienda ha natura "emergenziale", perché basata maggiormente sulla repressione piuttosto che sulla prevenzione e sulla deterrenza.
Ciò è dovuto principalmente alla carenza di strutture aziendali professionalmente preparate ad affrontare e gestire un caso di frode occupazionale.
Generalmente, infatti, sono sviluppate e ben organizzate le funzioni di internal audit e di governance ma non altrettanto le funzioni di fraud auditing interno, appositamente strutturate per scoprire, investigare e dimostrare le irregolarità aziendali.
Tali strutture di fraud audit, nei casi osservati, dipendono funzionalmente dal responsabile "security" ovvero dal responsabile internal audit e molto spesso non godono dell'autonomia e dell'indipendenza necessaria a garantire il buon esito dei propri accertamenti.
Si consideri che la frode in Italia è scoperta per lo più casualmente e che la reazione dell'azienda non sempre ha un approccio scientifico e finalizzato a recuperare le somme sottratte.
Anzi, la ricerca traccia un quadro piuttosto desolante in cui la frode:
- è gestita in emergenza;
- con strutture ed informazioni inadeguate;
- da personale non avente gli skills e le competenze specifiche;
- in un clima di scarsa collaborazione tra le diverse funzioni aziendali;
- nell'impossibilità di apportare concreti miglioramenti ai modelli di prevenzione (se esistenti).
In molti casi gli investimenti in sicurezza e prevenzione sono visti come poco utili al business e/o al conto economico e se non ci sono risorse proporzionali alle dimensioni e all'organizzazione aziendale, i pochi sforzi profusi nel contrasto ai fenomeni fraudolenti rischiano di essere inefficaci se non addirittura dannosi.
Esperienze e libere opinioni nel campo dell'investigazione economico-finanziaria e contabile, fraud detection and risk assessment, corporate intelligence, modelli organizzativi antifrode, anticorruzione e antiriciclaggio, forensic due diligence, rating di legalità, e-discovery, cyber crime e digital & computer forensic. Blog fondato il 19 ottobre 2011 in memoria di CK.
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martedì 6 ottobre 2015
sabato 19 settembre 2015
Il Blog vittima dell'ennesimo attacco hacker?
Negli ultimi giorni sono pervenute parecchie segnalazioni riguardo la scomparsa delle immagini di numerosi articoli pubblicati sul blog. Soprattutto relativi ad articoli sulle vicende del Banco Ambrosiano curate da Carlo Calvi.
L'amministratore del blog sta provvedendo, con il poco tempo a disposizione, a ripristinare le immagini secondo la disposizione originale.
Si "ringraziano" i vari criminali informatici, che attaccano con accessi da server stranieri, per l'ennesima dimostrazione di "stima" e "affetto".
Tutto ciò ci conferma che siamo sulla strada giusta!
L'amministratore del blog sta provvedendo, con il poco tempo a disposizione, a ripristinare le immagini secondo la disposizione originale.
Si "ringraziano" i vari criminali informatici, che attaccano con accessi da server stranieri, per l'ennesima dimostrazione di "stima" e "affetto".
Tutto ciò ci conferma che siamo sulla strada giusta!
mercoledì 16 settembre 2015
La contabilità "nera"
Le espressioni "contabilità nera" o "contabilità parallela" sono da sempre utilizzate dai cronisti giudiziari per descrivere fatti di illecito contabile.
Ma cosa si intende esattamente con questi termini?
Innanzitutto è bene precisare, in base all'esperienza di chi scrive, che il fenomeno è molto diffuso e riguarda aziende di ogni dimensione, operanti in qualsiasi mercato.
Per contabilità nera o parallela si intende un insieme di appunti, tabelle, dettagli, schemi, annotazioni, promemoria, riferiti ad operazioni non contabilizzate, solitamente tenuti in forma riservata, criptica o anonima in luoghi virtuali o fisici, protetti da apparati o password che ne rendono difficile l'accesso.
Naturalmente nella realtà moderna si utilizzano file criptati salvati su memorie esterne o PC conservati al di fuori degli ambienti aziendali.
In buona sostanza l'azienda si trova ad avere due contabilità, una "ufficiale", periodicamente sottoposta alle verifiche e controlli dai vari organismi a ciò preposti (revisori dei conti, sindaci, internal auditor, comitati per il controllo e organismi di vigilanza) e un'altra, "parallela" o "reale", contenente tutte le rilevazioni contabili, sia quelle ufficiali sia quelle occulte ed illegittime.
Chi ha accesso alla contabilità nera, conseguentemente, conosce ogni aspetto della situazione dell'azienda sotto tutti i profili: gestionale, amministrativo, economico, finanziario, patrimoniale eccetera, eccetera.
La contabilità parallela dunque risulta essere la sola contabilità veritiera. Mentre la contabilità ufficiale risulta essere falsa o incompleta, con la conseguenza che ogni comunicazione sociale diffusa dell'azienda sarà inficiata da tale grave difetto.
Si tenga presente che la contabilità è una fonte informativa primaria, grazie alla quale si alimentano tutte le altre comunicazioni sociali, ma è anche una fonte "unilaterale" dell'imprenditore, che solo tramite determinate procedure di audit contabile può essere confermata.
Il fenomeno delle frodi contabili si complica ancora di più se nella contabilità ufficiale, a prescindere dall'esistenza di contabilità parallele, sono iscritte anche operazioni illegittime ma verosimili o ragionevolmente attendibili. Anche in questo caso la contabilità sarà intaccata da difetti tali da renderla potenzialmente non veritiera, ma di quest'ultima fattispecie si è già diffusamente scritto in altre occasioni.
Ma cosa si intende esattamente con questi termini?
Innanzitutto è bene precisare, in base all'esperienza di chi scrive, che il fenomeno è molto diffuso e riguarda aziende di ogni dimensione, operanti in qualsiasi mercato.
Per contabilità nera o parallela si intende un insieme di appunti, tabelle, dettagli, schemi, annotazioni, promemoria, riferiti ad operazioni non contabilizzate, solitamente tenuti in forma riservata, criptica o anonima in luoghi virtuali o fisici, protetti da apparati o password che ne rendono difficile l'accesso.
Naturalmente nella realtà moderna si utilizzano file criptati salvati su memorie esterne o PC conservati al di fuori degli ambienti aziendali.
In buona sostanza l'azienda si trova ad avere due contabilità, una "ufficiale", periodicamente sottoposta alle verifiche e controlli dai vari organismi a ciò preposti (revisori dei conti, sindaci, internal auditor, comitati per il controllo e organismi di vigilanza) e un'altra, "parallela" o "reale", contenente tutte le rilevazioni contabili, sia quelle ufficiali sia quelle occulte ed illegittime.
Chi ha accesso alla contabilità nera, conseguentemente, conosce ogni aspetto della situazione dell'azienda sotto tutti i profili: gestionale, amministrativo, economico, finanziario, patrimoniale eccetera, eccetera.
La contabilità parallela dunque risulta essere la sola contabilità veritiera. Mentre la contabilità ufficiale risulta essere falsa o incompleta, con la conseguenza che ogni comunicazione sociale diffusa dell'azienda sarà inficiata da tale grave difetto.
Si tenga presente che la contabilità è una fonte informativa primaria, grazie alla quale si alimentano tutte le altre comunicazioni sociali, ma è anche una fonte "unilaterale" dell'imprenditore, che solo tramite determinate procedure di audit contabile può essere confermata.
Il fenomeno delle frodi contabili si complica ancora di più se nella contabilità ufficiale, a prescindere dall'esistenza di contabilità parallele, sono iscritte anche operazioni illegittime ma verosimili o ragionevolmente attendibili. Anche in questo caso la contabilità sarà intaccata da difetti tali da renderla potenzialmente non veritiera, ma di quest'ultima fattispecie si è già diffusamente scritto in altre occasioni.
domenica 6 settembre 2015
Derivati finanziari: quale governance? (Roma, 14 settembre 2015)
DERIVATI FINANZIARI:
QUALE GOVERNANCE?
Profili giuridici finanziario-quantitativi ed economico contabili
LUNEDI' 14 SETTEMBRE
ORE 16.00 - 19.30
SALA DELLA REGINA - PALAZZO MONTECITORIO
Si segnala il convegno incentrato sull'annoso, ma ignorato, tema dei derivati finanziari in cui con tre tavole rotonde tecniche si accoglie l'invito di alcuni deputati del M5S a dare pluralità di visione e soluzioni tecniche ragionevoli a questa spada di Damocle che incombe sui bilanci pubblici e su bilanci di società private.
I valori in gioco per lo Stato sono enormi, oltre 42 miliardi di perdite potenziali al 31 dicembre scorso, 16,9 miliardi di costi accumulati negli ultimi 4 anni.
AssoTAG (l'Associazione Italiana dei Periti e dei Consulenti Tecnici nominati dall'Autorità Giudiziaria) ritiene che il tema dei derivati finanziari meriti una specifica attenzione per il potenziale rischio di impatto finanziario e rischio di elusione delle indicazioni della Carta Costituzionale.
Ne parleranno tanti esperti, tra cui economisti, specialisti finanziari, magistrati e giornalisti con il seguente programma:
SALUTO INTRODUTTIVO
Dino Alberti - portavoce M5S
Daniele Pesco - portavoce M5S
TAVOLA ROTONDA - PROFILI GIURIDICI
Modera: Alfonso Scarano - Presidente AssoTAG
Francesco Bretone - PM Procura della Repubblica di Bari
Emilio Girino - Docente Dipartimento Finance CUOA
Carla Raineri - Giudice Corte d'Appello di Milano
Luca Zamagni - Avvocato
TAVOLA ROTONDA - PROFILI FINANZIARIO-QUANTITATIVI
Modera: Marcello Frisone - Redattore Il Sole 24 Ore
Marcello Minenna - Docente Dipartimento Finance, Università Bocconi
Umberto Cherubini - Docente Dipartimento di Scienze Statistica, Università di Bologna
Rita Laura D'Ecclesia - Docente Finanza Quantitativa, Università Sapienza di Roma e Birkbeck University of London
Gustavo Piva - Facoltà di Economia, Università degli Studi di Roma 'Tor Vergata'
Gustavo Piva - Facoltà di Economia, Università degli Studi di Roma 'Tor Vergata'
TAVOLA ROTONDA - PROFILI ECONOMICO/CONTABILI E DI GOVERNANCE
Modera: Luca Piana - Caposervizio Economia presso L'EspressoRoberto Tasca - Dipartimento di Scienze Aziendali, Università di Bologna
Cinthia Pinotti - Magistrato della Corte dei Conti
Giuseppe Bivona - Ingegnere finanziario
Nicola Benini - Consigliere AssoTAG e Partner IFA Consulting
CHIUSURA DEI LAVORI
Carla Ruocco - portavoce M5S
Alessio Villarosa - portavoce M5S
Brochure: cliccare (QUI)
Per partecipare è necessario compilare questo form: https://goo.gl/98dhJZ
Per gli uomini è obbligatoria la giacca.
Per partecipare è necessario compilare questo form: https://goo.gl/98dhJZ
Per gli uomini è obbligatoria la giacca.
sabato 5 settembre 2015
Il Tribunale di Milano mette un freno alle traduzioni “selvagge”
di Anne Albertini *
A partire dal 10 luglio 2015, su provvedimento della Dott.ssa Giovanna Gentile, Presidente della X sezione Civile del Tribunale di Milano e della Commissione C.T.U., il giuramento delle traduzioni è consentito esclusivamente agli iscritti all’Albo dei Consulenti Tecnici d'Ufficio del Tribunale ovvero al ruolo Periti ed Esperti della Camera di Commercio, categoria "traduttori/interpreti" ovvero agli iscritti ad Associazioni Professionali Interpreti e Traduttori aventi rilevanza ex Legge n. 4/2013, nonché agli iscritti ad elenchi ufficiali di traduttori e interpreti di Enti aventi rilevanza pubblica.
Questa misura ha riscosso un unanime consenso e gradimento, non solo da parte dei periti iscritti all'Albo ed al ruolo della Camera di Commercio, ma anche da tutti i professionisti che hanno necessità di traduzioni asseverate nell'ambito della loro attività.
La ratio di questo provvedimento è indicata chiaramente nella stesura del provvedimento:
“Premesso che è in aumento esponenziale il numero delle richieste di giuramento e di asseverazione di traduzioni/perizie;
- rilevato che le stesse vengono più spesso presentate da richiedenti che non conoscono la lingua di provenienza del documento e/o la lingua italiana;
- rilevato che plurimi sono stati casi in cui i funzionari sono stati interpellati da Procura della Repubblica e Forze dell’Ordine in merito a traduzioni di documenti risultati falsi e che gli stessi sono stati citati come testi in processi penali nei quali si discuteva anche della falsità delle traduzioni/perizie giurate e asseverate presso il Tribunale di Milano...”.
(https://www.tribunale.milano.it/files/PROVVEDIMENTO%20PRESIDENTE%20COMMISSIONE%20C.T.U..pdf).
Il fenomeno delle traduzioni non fedeli all'originale è diffuso non solo in campo penale ma in ogni ambito lavorativo.
La misura adottata dal Tribunale di Milano va senz'altro lodata in quanto l’esigenza di tutela dei beneficiari di traduzioni asseverate è preminente.
Tuttavia, questa rimane una misura isolata e circoscritta al Tribunale di Milano. Nei tribunali limitrofi, il giuramento è ancora consentito a chiunque, con tutte le problematiche che ciò comporta (ben evidenziate dal provvedimento).
Una vera e propria tutela dei clienti delle traduzioni asseverate e, più in generale, di ogni tipo di traduzione, non può essere garantita che con l’intervento di professionisti dotati delle necessarie competenze e conoscenze, come per ogni professione.
La misura adottata dal Tribunale di Milano va sicuramente in questo senso e l’auspicio è che le motivazioni del provvedimento consentano agli utenti di percepire i rischi a cui vanno incontro rivolgendosi a traduttori improvvisati: incomprensioni, documenti inutilizzabili, tempi più lunghi per risolvere problemi, oneri aggiuntivi.
Nell'attesa che gli altri tribunali seguano l’esempio di Milano, invitiamo chi avesse necessità di un documento tradotto e/o asseverato a consultare:
_____________________________
* Giurista Linguista,
C.T.U. del Tribunale Civile e Penale di Milano per le lingue inglese e francese
Perito della CCIAA di Milano
A partire dal 10 luglio 2015, su provvedimento della Dott.ssa Giovanna Gentile, Presidente della X sezione Civile del Tribunale di Milano e della Commissione C.T.U., il giuramento delle traduzioni è consentito esclusivamente agli iscritti all’Albo dei Consulenti Tecnici d'Ufficio del Tribunale ovvero al ruolo Periti ed Esperti della Camera di Commercio, categoria "traduttori/interpreti" ovvero agli iscritti ad Associazioni Professionali Interpreti e Traduttori aventi rilevanza ex Legge n. 4/2013, nonché agli iscritti ad elenchi ufficiali di traduttori e interpreti di Enti aventi rilevanza pubblica.
Questa misura ha riscosso un unanime consenso e gradimento, non solo da parte dei periti iscritti all'Albo ed al ruolo della Camera di Commercio, ma anche da tutti i professionisti che hanno necessità di traduzioni asseverate nell'ambito della loro attività.
La ratio di questo provvedimento è indicata chiaramente nella stesura del provvedimento:
“Premesso che è in aumento esponenziale il numero delle richieste di giuramento e di asseverazione di traduzioni/perizie;
- rilevato che le stesse vengono più spesso presentate da richiedenti che non conoscono la lingua di provenienza del documento e/o la lingua italiana;
- rilevato che plurimi sono stati casi in cui i funzionari sono stati interpellati da Procura della Repubblica e Forze dell’Ordine in merito a traduzioni di documenti risultati falsi e che gli stessi sono stati citati come testi in processi penali nei quali si discuteva anche della falsità delle traduzioni/perizie giurate e asseverate presso il Tribunale di Milano...”.
(https://www.tribunale.milano.it/files/PROVVEDIMENTO%20PRESIDENTE%20COMMISSIONE%20C.T.U..pdf).
Il fenomeno delle traduzioni non fedeli all'originale è diffuso non solo in campo penale ma in ogni ambito lavorativo.
La misura adottata dal Tribunale di Milano va senz'altro lodata in quanto l’esigenza di tutela dei beneficiari di traduzioni asseverate è preminente.
Tuttavia, questa rimane una misura isolata e circoscritta al Tribunale di Milano. Nei tribunali limitrofi, il giuramento è ancora consentito a chiunque, con tutte le problematiche che ciò comporta (ben evidenziate dal provvedimento).
Una vera e propria tutela dei clienti delle traduzioni asseverate e, più in generale, di ogni tipo di traduzione, non può essere garantita che con l’intervento di professionisti dotati delle necessarie competenze e conoscenze, come per ogni professione.
La misura adottata dal Tribunale di Milano va sicuramente in questo senso e l’auspicio è che le motivazioni del provvedimento consentano agli utenti di percepire i rischi a cui vanno incontro rivolgendosi a traduttori improvvisati: incomprensioni, documenti inutilizzabili, tempi più lunghi per risolvere problemi, oneri aggiuntivi.
Nell'attesa che gli altri tribunali seguano l’esempio di Milano, invitiamo chi avesse necessità di un documento tradotto e/o asseverato a consultare:
- l’albo dei CTU di Milano (www.tribunale.milano.giustizia.it/index.phtml?Id_VMenu=480),
- il ruolo dei periti ed esperti della Camera di Commercio di Milano (www.mi.camcom.it/ruolo-periti-ed-esperti),
- l’elenco dei soci di associazioni professionali Traduttori e Interpreti aventi rilevanza ex Legge n.4/2013 e di Enti aventi rilevanza pubblica per mettere i propri documenti in buone mani ed evitare spiacevoli problemi.
_____________________________
* Giurista Linguista,
C.T.U. del Tribunale Civile e Penale di Milano per le lingue inglese e francese
Perito della CCIAA di Milano
martedì 1 settembre 2015
Piani anti-corruzione: sono realtà anche in Italia?
La corruzione è una piaga diffusa in tutto il mondo economico.
E' una patologia endemica che altera il mercato inducendolo ad effettuare scelte irrazionali in termini di competitività e concorrenza, rallentandone, di fatto, lo sviluppo sano e coerente.
Senza contare che un mercato pesantemente intaccato dalla corruzione, quale quello italiano, determina danni di sistema immensi, determinati dalla fuga degli investitori e dai più alti costi tributari caricati sull'intera collettività.
Per contrastare questo fenomeno negli ultimi anni gli ordinamenti giuridico-economici più moderni hanno coinvolto le aziende e più in generale ogni operatore economico, nella lotta alla corruzione, agendo soprattutto grazie all'introduzione di un sistema sia incentivante sia sanzionatorio.
Più in particolare, se da una parte si è teso sollecitare l'azienda all'introduzione di modelli di governance specificatamente strutturati per prevenire le condotte corruttive a tutto vantaggio della redditività, dall'altra si è introdotto un sistema sanzionatorio per le società nel cui interesse e vantaggio il corrotto/corruttore abbia commesso l'atto illecito.
L'attività corruttiva, infatti, nelle sue tre diverse declinazioni previste dagli artt. 318-322 c.p., 322 bis c.p. e 2635 c.c., è considerata un "reato presupposto" per l'applicazione della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche ai sensi del D.Lgs. 8 giugno 2001, n.231,
Ma come organizzare un programma aziendale anti-corruzione? E quali benefici immediati si possono ottenere introducendo tali modelli?
I cosiddetti "programmi di compliance anti-corruzione" sono piuttosto diffusi nel mondo economico anglosassone e portano una serie di benefici non soltanto nella gestione della responsabilità legale dell'azienda.
I vantaggi derivanti dall'introduzione di tali modelli organizzativi sono concreti ed evidenti, ad esempio, nella gestione del rischio reputazionale o nel favorire l'instaurazione di una cultura aziendale etica ed integra oppure ancora, nel facilitare una buona efficienza operativa rivisitando con spirito critico i meccanismi di funzionamento dei processi aziendali che potrebbero essere intaccati dalla corruzione.
Sono ormai consolidati nella pratica professionale i criteri di redazione di un buon piano anti-corruzione. E da tali esperienze sul campo, sono state elaborate autorevoli linee guida redatte da prestigiosi organismi internazionali quali, per citarne alcuni, Transparency International, OCSE, World Bank e World Economic Forum.
Queste "best-practice", che saranno argomento di futuri articoli sul blog, hanno il grande pregio di fissare criteri comuni e universalmente riconosciuti come idonei ed efficaci nel contrastare i fenomeni corruttivi.
E, pertanto, utili a definire un buon programma anti-corruzione.
In Italia va aumentando il numero delle aziende interessate a dotarsi di tali modelli organizzativi, in particolare quelle realtà economiche i cui titoli azionari sono quotati nei mercati regolamentati.
Ma attenzione! Perché solo se si saprà sviluppare tali modelli secondo i criteri più moderni ed evoluti, si potrà osservare un concreto miglioramento nelle statistiche che tanto puntualmente, quanto drammaticamente, misurano l'incidenza della corruzione italiana.
E' una patologia endemica che altera il mercato inducendolo ad effettuare scelte irrazionali in termini di competitività e concorrenza, rallentandone, di fatto, lo sviluppo sano e coerente.
Senza contare che un mercato pesantemente intaccato dalla corruzione, quale quello italiano, determina danni di sistema immensi, determinati dalla fuga degli investitori e dai più alti costi tributari caricati sull'intera collettività.
Per contrastare questo fenomeno negli ultimi anni gli ordinamenti giuridico-economici più moderni hanno coinvolto le aziende e più in generale ogni operatore economico, nella lotta alla corruzione, agendo soprattutto grazie all'introduzione di un sistema sia incentivante sia sanzionatorio.
Più in particolare, se da una parte si è teso sollecitare l'azienda all'introduzione di modelli di governance specificatamente strutturati per prevenire le condotte corruttive a tutto vantaggio della redditività, dall'altra si è introdotto un sistema sanzionatorio per le società nel cui interesse e vantaggio il corrotto/corruttore abbia commesso l'atto illecito.
L'attività corruttiva, infatti, nelle sue tre diverse declinazioni previste dagli artt. 318-322 c.p., 322 bis c.p. e 2635 c.c., è considerata un "reato presupposto" per l'applicazione della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche ai sensi del D.Lgs. 8 giugno 2001, n.231,
Ma come organizzare un programma aziendale anti-corruzione? E quali benefici immediati si possono ottenere introducendo tali modelli?
I cosiddetti "programmi di compliance anti-corruzione" sono piuttosto diffusi nel mondo economico anglosassone e portano una serie di benefici non soltanto nella gestione della responsabilità legale dell'azienda.
I vantaggi derivanti dall'introduzione di tali modelli organizzativi sono concreti ed evidenti, ad esempio, nella gestione del rischio reputazionale o nel favorire l'instaurazione di una cultura aziendale etica ed integra oppure ancora, nel facilitare una buona efficienza operativa rivisitando con spirito critico i meccanismi di funzionamento dei processi aziendali che potrebbero essere intaccati dalla corruzione.
Sono ormai consolidati nella pratica professionale i criteri di redazione di un buon piano anti-corruzione. E da tali esperienze sul campo, sono state elaborate autorevoli linee guida redatte da prestigiosi organismi internazionali quali, per citarne alcuni, Transparency International, OCSE, World Bank e World Economic Forum.
Queste "best-practice", che saranno argomento di futuri articoli sul blog, hanno il grande pregio di fissare criteri comuni e universalmente riconosciuti come idonei ed efficaci nel contrastare i fenomeni corruttivi.
E, pertanto, utili a definire un buon programma anti-corruzione.
In Italia va aumentando il numero delle aziende interessate a dotarsi di tali modelli organizzativi, in particolare quelle realtà economiche i cui titoli azionari sono quotati nei mercati regolamentati.
Ma attenzione! Perché solo se si saprà sviluppare tali modelli secondo i criteri più moderni ed evoluti, si potrà osservare un concreto miglioramento nelle statistiche che tanto puntualmente, quanto drammaticamente, misurano l'incidenza della corruzione italiana.
domenica 2 agosto 2015
Colletti sporchi e l'esigenza di nuovi modelli teorici
di Stefano Martinazzo*
Ho da sempre considerato di notevole interesse l'approfondimento delle vicende legate ai grandi scandali economico-finanziari accaduti negli ultimi decenni, soprattutto per comprenderne le dinamiche scatenanti.
Per la professione che svolgo è infatti assai utile analizzare le caratteristiche umane e morali di quei potentissimi manager che con il loro comportamento illecito hanno determinato un grave dissesto, se non il fallimento della loro azienda.
Le cronache recenti, tanto compiutamente rappresentate sui giornali e nei programmi televisivi, non hanno omesso di delineare con efficacia e assoluta competenza, il profilo psicologico del criminale di turno, mostrandone con particolare enfasi i lati oscuri della personalità.
Grazie a questi resoconti è emerso che i responsabili delle frodi economico-finanziarie di vaste dimensioni erano usi a vivere da onnipotenti in una sorta di lucente realtà parallela, nella quale erano fatti oggetto di adulazione da parte di eserciti di cortigiani pronti a servirli in tutti i modi.
Molti di loro sono stati descritti come arroganti e intransigenti o come opportunisti che hanno saputo coltivare esclusivamente il proprio tornaconto, con l'obiettivo di rafforzare allo stesso tempo, la propria gloria e la propria influenza sull'economia, la finanza e la politica. Tutto questo a danno di realtà aziendali un tempo floride e competitive.
Si tratta di personaggi che la storia ha dimostrato essere ugualmente opachi e geniali, capaci di attuare con freddezza i più raffinati piani criminali muovendosi con naturalezza e disinvoltura nei salotti buoni della finanza. La posizione di privilegio e potere ha, di fatto, garantito loro una qualche protezione dagli "infortuni" giudiziari, ciò comportando un ulteriore deterioramento della fiducia dei cittadini verso le Istituzioni. Sin qui la cronaca di ieri e di oggi.
Le considerazioni e gli insegnamenti derivanti da queste vicende sono varie, ma una su tutte, a parer mio, è evidente: le sorti dell'economia e quindi del benessere collettivo, sono state per troppi anni lasciate nelle mani di questi top manager, abituati ad affrontare le decisioni strategiche con lo sguardo concentrato più sui propri fringe benefit piuttosto che sulle esigenze di una giustizia sociale. Il lusso, la ricchezza e l'opulenza smisurata vissuta da questi soggetti ha contribuito in modo decisivo ad indebolirli dal punto di vista morale.
Ed è proprio questo il punto!
Si tratta di un circolo vizioso che si alimenta attraverso la necessità continua di progredire nel potere e nella ricchezza anche, o soprattutto, facendo ricorso a pratiche disoneste. Una vera sfida intellettuale per gli studiosi che ricercano modelli teorici in grado di decifrare tali comportamenti.
Per questo motivo, a mio avviso, le teorie più tradizionali sulle frodi aziendali non sono più idonee a comprendere i fenomeni legati al crimine economico. Basti solo pensare che gli studi teorici ancora oggi più citati in letteratura poggiano i loro assiomi sulle osservazioni statistiche condotte a partire dagli anni ’40 del secolo scorso.
A tal proposito si usano ricordare gli studi empirici sul “white collar crime” condotti da Donald R. Cressey, le cui risultanze sono state pubblicate nel 1973 nel volume “Other People’s Money: A Study in the Social Psychology of Embezzlement”.
L'approccio scientifico adottato da questi studi si basa soprattutto sulle analisi relative alle condizioni iniziali capaci di trasformare un soggetto onesto in un frodatore seriale. In buona sostanza la frode si realizza, secondo Cressey, quando l’impianto etico del soggetto non è più in grado di inibire le pressioni indotte dalla continua ricerca di appagamento dei bisogni. Conseguentemente, appena individuata un’opportunità, tale soggetto non esiterà a commettere la frode.
E’ quindi da attribuire ad un fatto esterno all’individuo la causa primaria che determina il conseguente cedimento morale che porta a frodare. In altre parole la ragione del comportamento illecito non è determinata tanto dalla libera iniziativa del soggetto, quanto, al contrario, da una induzione esterna determinata dall’insieme delle condizioni ambientali e sociali. L’archetipo pensato da Cressey è il tipico frodatore degli anni ‘50/’60 del 1900, un individuo piuttosto ingenuo, che agisce da solo, attuando la truffa in maniera quasi improvvisata, mediante l’utilizzo di schemi elementari e ripetitivi.
Si tratta di un soggetto con mansioni che implicano medie responsabilità, considerato affidabile agli occhi dei colleghi. E’ un buon cittadino solitamente abituato a rispettare le Istituzioni ma che si trova, in seguito alle circostanze avverse della vita, a soccombere al desiderio di risolvere le necessità economiche di tutti i giorni attraverso il comportamento illecito.
Caratteristiche, queste, palesemente differenti da quelle proprie del frodatore moderno.
Oggigiorno, infatti, sono i più blasonati colletti bianchi ad essere sporchi, non per necessità o per debolezza, ma per lucida e del tutto volontaria ricerca di potere!
Solo negli ultimi anni e solo in seguito ai colossali scandali economico-finanziario, sono stati condotti studi teorici finalizzati ad aggiornare i modelli di Cressey.
Si pensi ad esempio alla “Fraud Scale Theory” introdotta da Steve Albrecht, Keith Howe e Marshall Romney nel testo “Deterring Fraud: The Internal Auditor’s Perspective” pubblicato dall’Istitute of Internal Auditors Research Foundation nel 1984 o alla “Fraud Diamond Theory” presentata da David T. Wolfe e da Dana R. Hermanson nel 2004 sul “The CPA Journal” oppure alle recentissime ricerche condotte dal professor Jason Thomas della West Virginia University il cui esito ha originato il “The MICE Model” (dove “MICE” è acronimo di: Money, Ideology, Coercion e Ego/Entitlement) illustrato nel volume di Mary-Jo Kranacher, Richard A. Riley Jr. e Joseph T. Wells, “Forensic Accounting and Fraud Examination”.
Ricerche senza dubbio importanti e di frontiera, ma che non esauriscono certamente l’esigenza del Sapere in questo settore.
A mio avviso infatti, sull'argomento ci sono ancora ampi e formidabili margini di ricerca scientifica, in vari ambiti multidisciplinari quali quello antropologico, sociologico, criminologico, economico-finanziario e giuridico; anche in considerazione del fatto che le pratiche fraudolente si raffinano giorno dopo giorno, mutando continuamente di forma e modalità di esecuzione.
Inoltre gli schemi di frode saranno facilitati nel futuro dalle tecnologie, e questo rappresenta un terreno lasciato pericolosamente inesplorato.
Per tutti questi motivi è fondamentale investire risorse adeguate nella ricerca scientifica. La ricerca consentirebbe, senza dubbio, una più incisiva azione di contrasto agli illeciti aziendali, mirata ad intercettare ed interrompere sul nascere eventi riconosciuti come potenzialmente idonei a scatenare il comportamento illecito ovvero ad identificare con rapidità i primi sintomi di una frode già in essere.
*Forensic accountant, Dottore commercialista, Revisore legale dei conti.
anche su Legalcommunity.it
Ho da sempre considerato di notevole interesse l'approfondimento delle vicende legate ai grandi scandali economico-finanziari accaduti negli ultimi decenni, soprattutto per comprenderne le dinamiche scatenanti.
Per la professione che svolgo è infatti assai utile analizzare le caratteristiche umane e morali di quei potentissimi manager che con il loro comportamento illecito hanno determinato un grave dissesto, se non il fallimento della loro azienda.
Le cronache recenti, tanto compiutamente rappresentate sui giornali e nei programmi televisivi, non hanno omesso di delineare con efficacia e assoluta competenza, il profilo psicologico del criminale di turno, mostrandone con particolare enfasi i lati oscuri della personalità.
Grazie a questi resoconti è emerso che i responsabili delle frodi economico-finanziarie di vaste dimensioni erano usi a vivere da onnipotenti in una sorta di lucente realtà parallela, nella quale erano fatti oggetto di adulazione da parte di eserciti di cortigiani pronti a servirli in tutti i modi.
Molti di loro sono stati descritti come arroganti e intransigenti o come opportunisti che hanno saputo coltivare esclusivamente il proprio tornaconto, con l'obiettivo di rafforzare allo stesso tempo, la propria gloria e la propria influenza sull'economia, la finanza e la politica. Tutto questo a danno di realtà aziendali un tempo floride e competitive.
Si tratta di personaggi che la storia ha dimostrato essere ugualmente opachi e geniali, capaci di attuare con freddezza i più raffinati piani criminali muovendosi con naturalezza e disinvoltura nei salotti buoni della finanza. La posizione di privilegio e potere ha, di fatto, garantito loro una qualche protezione dagli "infortuni" giudiziari, ciò comportando un ulteriore deterioramento della fiducia dei cittadini verso le Istituzioni. Sin qui la cronaca di ieri e di oggi.
Le considerazioni e gli insegnamenti derivanti da queste vicende sono varie, ma una su tutte, a parer mio, è evidente: le sorti dell'economia e quindi del benessere collettivo, sono state per troppi anni lasciate nelle mani di questi top manager, abituati ad affrontare le decisioni strategiche con lo sguardo concentrato più sui propri fringe benefit piuttosto che sulle esigenze di una giustizia sociale. Il lusso, la ricchezza e l'opulenza smisurata vissuta da questi soggetti ha contribuito in modo decisivo ad indebolirli dal punto di vista morale.
Ed è proprio questo il punto!
Si tratta di un circolo vizioso che si alimenta attraverso la necessità continua di progredire nel potere e nella ricchezza anche, o soprattutto, facendo ricorso a pratiche disoneste. Una vera sfida intellettuale per gli studiosi che ricercano modelli teorici in grado di decifrare tali comportamenti.
Per questo motivo, a mio avviso, le teorie più tradizionali sulle frodi aziendali non sono più idonee a comprendere i fenomeni legati al crimine economico. Basti solo pensare che gli studi teorici ancora oggi più citati in letteratura poggiano i loro assiomi sulle osservazioni statistiche condotte a partire dagli anni ’40 del secolo scorso.
A tal proposito si usano ricordare gli studi empirici sul “white collar crime” condotti da Donald R. Cressey, le cui risultanze sono state pubblicate nel 1973 nel volume “Other People’s Money: A Study in the Social Psychology of Embezzlement”.
L'approccio scientifico adottato da questi studi si basa soprattutto sulle analisi relative alle condizioni iniziali capaci di trasformare un soggetto onesto in un frodatore seriale. In buona sostanza la frode si realizza, secondo Cressey, quando l’impianto etico del soggetto non è più in grado di inibire le pressioni indotte dalla continua ricerca di appagamento dei bisogni. Conseguentemente, appena individuata un’opportunità, tale soggetto non esiterà a commettere la frode.
E’ quindi da attribuire ad un fatto esterno all’individuo la causa primaria che determina il conseguente cedimento morale che porta a frodare. In altre parole la ragione del comportamento illecito non è determinata tanto dalla libera iniziativa del soggetto, quanto, al contrario, da una induzione esterna determinata dall’insieme delle condizioni ambientali e sociali. L’archetipo pensato da Cressey è il tipico frodatore degli anni ‘50/’60 del 1900, un individuo piuttosto ingenuo, che agisce da solo, attuando la truffa in maniera quasi improvvisata, mediante l’utilizzo di schemi elementari e ripetitivi.
Si tratta di un soggetto con mansioni che implicano medie responsabilità, considerato affidabile agli occhi dei colleghi. E’ un buon cittadino solitamente abituato a rispettare le Istituzioni ma che si trova, in seguito alle circostanze avverse della vita, a soccombere al desiderio di risolvere le necessità economiche di tutti i giorni attraverso il comportamento illecito.
Caratteristiche, queste, palesemente differenti da quelle proprie del frodatore moderno.
Oggigiorno, infatti, sono i più blasonati colletti bianchi ad essere sporchi, non per necessità o per debolezza, ma per lucida e del tutto volontaria ricerca di potere!
Solo negli ultimi anni e solo in seguito ai colossali scandali economico-finanziario, sono stati condotti studi teorici finalizzati ad aggiornare i modelli di Cressey.
Si pensi ad esempio alla “Fraud Scale Theory” introdotta da Steve Albrecht, Keith Howe e Marshall Romney nel testo “Deterring Fraud: The Internal Auditor’s Perspective” pubblicato dall’Istitute of Internal Auditors Research Foundation nel 1984 o alla “Fraud Diamond Theory” presentata da David T. Wolfe e da Dana R. Hermanson nel 2004 sul “The CPA Journal” oppure alle recentissime ricerche condotte dal professor Jason Thomas della West Virginia University il cui esito ha originato il “The MICE Model” (dove “MICE” è acronimo di: Money, Ideology, Coercion e Ego/Entitlement) illustrato nel volume di Mary-Jo Kranacher, Richard A. Riley Jr. e Joseph T. Wells, “Forensic Accounting and Fraud Examination”.
Ricerche senza dubbio importanti e di frontiera, ma che non esauriscono certamente l’esigenza del Sapere in questo settore.
A mio avviso infatti, sull'argomento ci sono ancora ampi e formidabili margini di ricerca scientifica, in vari ambiti multidisciplinari quali quello antropologico, sociologico, criminologico, economico-finanziario e giuridico; anche in considerazione del fatto che le pratiche fraudolente si raffinano giorno dopo giorno, mutando continuamente di forma e modalità di esecuzione.
Inoltre gli schemi di frode saranno facilitati nel futuro dalle tecnologie, e questo rappresenta un terreno lasciato pericolosamente inesplorato.
Per tutti questi motivi è fondamentale investire risorse adeguate nella ricerca scientifica. La ricerca consentirebbe, senza dubbio, una più incisiva azione di contrasto agli illeciti aziendali, mirata ad intercettare ed interrompere sul nascere eventi riconosciuti come potenzialmente idonei a scatenare il comportamento illecito ovvero ad identificare con rapidità i primi sintomi di una frode già in essere.
*Forensic accountant, Dottore commercialista, Revisore legale dei conti.
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lunedì 27 luglio 2015
Bilanci falsificati. Tutta colpa del terremoto?
Era un freddo venerdì di marzo del 2011, quando alle 14:46 si verificò al largo della regione di Tōhoku il più potente terremoto mai misurato in Giappone, il settimo per potenza di tutti i tempi moderni.
Tutte le sei prefetture delle regione - Akita, Aomori, Fukushima, Iwate, Miyagi e Yamagata - furono gravemente danneggiate dopo i 6 minuti di sisma ad un magnitudo del 9.0 della scala Richter.
A 100 km dalla terraferma, nei dintorni della faglia terrestre chiamata "anello di fuoco del Pacifico", 390 km di fondale oceanico si ruppero innalzandosi di 12 metri in una frazione di secondo. Ciò provocò anche una frana sottomarina di enormi proporzioni.
La pressione esercitata sulla massa d'acqua soprastante fu di alcune tonnellate per centimetro quadrato. La forza accumulata dalle due placche oceaniche che scorrono in direzioni opposte spinse l'acqua verso l'alto formando un'onda con una potenza incalcolabile.
Onde alte 15 metri raggiunsero una velocità di circa 750 km/h. La costa più colpita fu quella della prefettura di Iwate, dove si registrò un'onda di 40,5 metri.
L'asse terrestre si inclinò di circa 17 centimetri e il territorio giapponese ebbe uno spostamento verso Est di circa 4 metri.
Un'onda di 14 metri superò facilmente le barriere anti-tsunami poste a protezione della centrale nucleare di Fukushima che erano state progettate per resistere ad onde alte fino a 6,5 metri. Iniziò un effetto domino che provocò 4 diversi incidenti in successione, uno più grave dell'altro.
L'acqua di mare si infiltrò nei locali dei generatori diesel di emergenza interrompendo l'elettricità, ciò produsse un aumento delle temperature all'interno dei reattori. La pressione dovuta ai vapori di idrogeno a 1.200 °C e una scossa di assestamento dell'8° gradi della scala Richter, innescarono l'esplosione del rivestimento esterno del reattore n.1.
Poco dopo anche il reattore n. 3 detonò a causa della fissione di parte del materiale radioattivo che fece evaporare l'acqua contenuta nella piscina di raffreddamento.
A seguito di una situazione ormai ingovernabile, la TEPCO, proprietaria degli impianti di Fukushima, dichiarò lo stato di emergenza, portando le autorità ad evacuare la popolazione residente in un primo momento entro i 3 km dall'impianto e successivamente entro un raggio di 30 km dalla Centrale (circa 170.000 persone).
I disastri provocati dal sisma dell'11 marzo 2011 fecero registrare 15.704 morti.
Ma cosa c'entra tutto questo con il blog "Fraud auditing & Forensic Accounting"?
C'entra eccome.
Pochi giorni fa Hisao Tanaka CEO di Toshiba e il suo vice chairman, Norio Sasaki, hanno comunicato le dimissioni per un'indagine che il governo giapponese sta svolgendo, mirata a verificare in che misura alti dirigenti della società abbiano falsificato i libri contabili.
I dirigenti della Toshiba avrebbero deciso di truccare i bilanci per mascherare le perdite successive al disastro della centrale nucleare di Fukushima, in quanto tra i vari settori nella quale l'azienda opera vi è anche quello della progettazione e fornitura di reattori nucleari.
Altre fonti, tuttavia, sostengono che la manipolazione delle scritture contabili avrebbe avuto inizio già dall'esercizio 2008, cioè molto prima del gravissimo terremoto del 2011.
La frode contabile, quindi, sarebbe durata almeno quattro anni e ammonterebbe a 1,5 miliardi di euro nelle migliori delle ipotesi, toccando i 3 miliardi di euro nelle peggiori.
Tutte le sei prefetture delle regione - Akita, Aomori, Fukushima, Iwate, Miyagi e Yamagata - furono gravemente danneggiate dopo i 6 minuti di sisma ad un magnitudo del 9.0 della scala Richter.
A 100 km dalla terraferma, nei dintorni della faglia terrestre chiamata "anello di fuoco del Pacifico", 390 km di fondale oceanico si ruppero innalzandosi di 12 metri in una frazione di secondo. Ciò provocò anche una frana sottomarina di enormi proporzioni.
La pressione esercitata sulla massa d'acqua soprastante fu di alcune tonnellate per centimetro quadrato. La forza accumulata dalle due placche oceaniche che scorrono in direzioni opposte spinse l'acqua verso l'alto formando un'onda con una potenza incalcolabile.
Onde alte 15 metri raggiunsero una velocità di circa 750 km/h. La costa più colpita fu quella della prefettura di Iwate, dove si registrò un'onda di 40,5 metri.
L'asse terrestre si inclinò di circa 17 centimetri e il territorio giapponese ebbe uno spostamento verso Est di circa 4 metri.
Un'onda di 14 metri superò facilmente le barriere anti-tsunami poste a protezione della centrale nucleare di Fukushima che erano state progettate per resistere ad onde alte fino a 6,5 metri. Iniziò un effetto domino che provocò 4 diversi incidenti in successione, uno più grave dell'altro.
L'acqua di mare si infiltrò nei locali dei generatori diesel di emergenza interrompendo l'elettricità, ciò produsse un aumento delle temperature all'interno dei reattori. La pressione dovuta ai vapori di idrogeno a 1.200 °C e una scossa di assestamento dell'8° gradi della scala Richter, innescarono l'esplosione del rivestimento esterno del reattore n.1.
Poco dopo anche il reattore n. 3 detonò a causa della fissione di parte del materiale radioattivo che fece evaporare l'acqua contenuta nella piscina di raffreddamento.
A seguito di una situazione ormai ingovernabile, la TEPCO, proprietaria degli impianti di Fukushima, dichiarò lo stato di emergenza, portando le autorità ad evacuare la popolazione residente in un primo momento entro i 3 km dall'impianto e successivamente entro un raggio di 30 km dalla Centrale (circa 170.000 persone).
I disastri provocati dal sisma dell'11 marzo 2011 fecero registrare 15.704 morti.
Ma cosa c'entra tutto questo con il blog "Fraud auditing & Forensic Accounting"?
C'entra eccome.
Pochi giorni fa Hisao Tanaka CEO di Toshiba e il suo vice chairman, Norio Sasaki, hanno comunicato le dimissioni per un'indagine che il governo giapponese sta svolgendo, mirata a verificare in che misura alti dirigenti della società abbiano falsificato i libri contabili.
I dirigenti della Toshiba avrebbero deciso di truccare i bilanci per mascherare le perdite successive al disastro della centrale nucleare di Fukushima, in quanto tra i vari settori nella quale l'azienda opera vi è anche quello della progettazione e fornitura di reattori nucleari.
Altre fonti, tuttavia, sostengono che la manipolazione delle scritture contabili avrebbe avuto inizio già dall'esercizio 2008, cioè molto prima del gravissimo terremoto del 2011.
La frode contabile, quindi, sarebbe durata almeno quattro anni e ammonterebbe a 1,5 miliardi di euro nelle migliori delle ipotesi, toccando i 3 miliardi di euro nelle peggiori.
La maxi multa che quasi certamente la società dovrà versare non è al momento quantificabile.
lunedì 13 luglio 2015
Truffa di Valentin, il bambino siberiano
E' bene premettere che siamo tutti esposti alla "truffa di Valentin", almeno che non si utilizzi la posta elettronica!
Forse almeno una volta nella vita ci è capitato di leggere una mail del tipo:
Forse almeno una volta nella vita ci è capitato di leggere una mail del tipo:
"Sono un bambino di nome Valentin Mikhaylin, ho 12 anni e sono molto povero. Abito a Tomsk, una ragione sud-occidentale della Siberia. Mia mamma Elena è afflitta da un male incurabile e non può badare a me e ai miei 3 fratellini. Qui fa sempre freddo e non sappiamo proprio come andare avanti! Ti chiedo di fare solo una piccola offerta di denaro e io ti spedirò in cambio una nostra fotografia ed alcuni audio musicali che con i miei fratellini abbiamo registrato per te. Ti prego di inviare il denaro utilizzando i seguenti codici..... grazie! Valentin".
Quasi sempre al messaggio di posta elettronica è allegata la fotografia di un bambino molto povero che chiede l'elemosina in una grande piazza ghiacciata.
Quasi sempre al messaggio di posta elettronica è allegata la fotografia di un bambino molto povero che chiede l'elemosina in una grande piazza ghiacciata.
Messaggi come quello riportato sopra, appartenenti al grande insieme delle cosiddette "truffe alla nigeriana", si diffusero a partire dal 1999 ad opera di uno spammer russo residente a Kaluga, cittadina di 320.000 abitanti distante 188 km da Mosca.
Le prime truffe alla nigeriana sono molto più antiche ed elaborate (le prime e-mail risalgono al 1994) e si presentano nel modo seguente:
"Sono Danjuma Gwarzo, figlio di Alhaji Ismaila Gwarzo, ex consigliere per la sicurezza del defunto ex capo di Stato nigeriano Sanni Abacha. Mi rivolgo a te in quanto ho bisogno di un intermediario discreto e anonimo per sbloccare il mio conto corrente (n....) acceso presso la Banca Nazionale Nigeriana... sul quale sono depositati 57 milioni di dollari. In cambio del tuo aiuto mi impegno fin d'ora a versarti il 2% della giacenza... Per il momento dovresti anticiparmi una piccola somma per liquidare la parcella dell'avvocato che si occuperà della pratica... ".
Tale truffa è chiamata anche "Nigeria scam" o "419 scam" (419 è il numero della legge nigeriana, evidentemente ignorata, che rende illegali questi inviti).
Tale truffa è chiamata anche "Nigeria scam" o "419 scam" (419 è il numero della legge nigeriana, evidentemente ignorata, che rende illegali questi inviti).
Tali messaggi sono inviati contemporaneamente a centinaia di migliaia di destinatari in varie versioni e lingue a seconda del paese che si vuole colpire. Ed è inutile osservare che una percentuale dei destinatari cade in trappola inviando denaro secondo le istruzioni contenute nella email.
Si calcola che l'ammontare globale stimato delle "truffe alla nigeriana" ha raggiungo i 10 miliardi di dollari nel 2010 (ultima rilevazione disponibile), con incrementi esponenziali negli anni precedenti.
I circa 50.000 criminali (stima) che utilizzano questo schema di truffa operano in 152 paesi penetrando in mercati relativamente vergini quali la Cina, l'India, il Vietnam e i paesi emergenti africani.
Nel 2009, solo in Italia, sono stati registrati circa 1.200 attacchi che hanno portato alle casse dei criminali una somma pari a 320 milioni di dollari.
martedì 7 luglio 2015
Gruppo COMBAS a Radio24 (sabato 11 luglio)
Il Gruppo COMBAS, per la difesa dei diritti dei contribuenti, informa che il prossimo sabato 11 luglio sarà presente a Radio 24, nel corso del programma “I conti della belva” in onda dalle 10,00 alle 12,00.
Nel corso del programma si parlerà del caso dei dirigenti decaduti dell’Agenzia delle Entrate, le conseguenze e le azioni possibili.
Il programma è condotto da Oscar Giannino, giornalista, e Carlo Alberto Carnevale Maffè, professore ordinario di Strategia all'Università Luigi Bocconi di Milano.
Il programma è condotto da Oscar Giannino, giornalista, e Carlo Alberto Carnevale Maffè, professore ordinario di Strategia all'Università Luigi Bocconi di Milano.
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