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lunedì 4 gennaio 2016

Rating di legalità, decollano le richieste e le assegnazioni

L’art. 5-ter del Decreto Legge n. 1/12, poi modificato dal Decreto Legge n. 29/12, convertito con modificazioni dalla Legge 62/12, prevede che: “Al fine di promuovere l’introduzione di principi etici nei comportamenti aziendali, all’Autorità garante della concorrenza e del mercato è attribuito il compito (…) di procedere (...) alla elaborazione ed all’attribuzione, su istanza di parte, di un rating di legalità per le imprese operanti nel territorio nazionale che raggiungano un fatturato minimo di due milioni di euro, riferito alla singola impresa o al gruppo di appartenenza (...). Del rating attribuito si tiene conto in sede di concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché in sede di accesso al credito bancario (...). Gli istituti di credito che omettono di tener conto del rating attribuito in sede di concessione dei finanziamenti alle imprese sono tenuti a trasmettere alla Banca d’Italia una dettagliata relazione sulle ragioni della decisione assunta”.


Si tratta quindi di un giudizio che l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) attribuisce, in presenza di particolari requisiti, alle aziende italiane virtuose nei comportamenti etici volti alla legalità nella gestione del proprio business.
Ma è anche uno strumento di promozione e sensibilizzazione all'onestà, alla rettitudine e alla trasparenza nel fare affari in un contesto sempre più spregiudicato e corrotto, con ripercussioni molto importanti per le aziende che lo ottengono al fine dell'accesso al credito bancario e al finanziamento pubblico.

Pertanto, secondo quanto previsto da AGCM, potranno richiedere l'attribuzione del rating le imprese:
  • italiane
  • che abbiano raggiunto un fatturato di € 2 milioni (singolarmente o di gruppo)
  • che tale fatturato risulti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato
  • che siano iscritte al registro delle imprese da almeno 2 anni
L'istanza deve essere inoltrata all'AGCM direttamente dall'azienda che ne ha interesse, in via telematica, utilizzando gli appositi formulari e seguendo le istruzioni indicate sul sito.

Il rating è attribuito dall'Authority secondo un giudizio a "stellette" in base alle dichiarazioni delle aziende verificate attraverso controlli incrociati con i dati in possesso delle Pubbliche Amministrazioni.

Per ottenere il punteggio minimo (una stelletta) l’azienda dovrà dichiarare, ad esempio, che l’imprenditore e gli altri soggetti rilevanti ai fini del rating (direttore generale, amministratori, soci eccetera) non siano destinatari di misure di prevenzione e/o cautelari, sentenze penali di condanna o di patteggiamento per alcune tipologie di reato (reati tributari, d.lgs. 231/01 eccetera) ovvero che l'azienda non sia stata condannata nei due anni precedenti per illeciti antitrust o per violazioni del codice del consumo o ancora per il mancato rispetto delle norme a tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro o degli obblighi retributivi, contributivi, assicurativi e fiscali nei confronti dei propri dipendenti e collaboratori. 

Il punteggio massimo si ottiene in presenza di altri requisiti oltre a quelli minimi richiesti, quali, ad esempio:
  • rispettare il Protocollo di legalità sottoscritto dal Ministero dell’Interno e da Confindustria;
  • utilizzare sistemi di tracciabilità dei pagamenti;
  • adottare un modello organizzativo ai sensi del d.lgs. 231/2001;
  • essere iscritte in uno degli elenchi di fornitori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa;
  • avere aderito a codici etici di autoregolamentazione adottati dalle associazioni di categoria.
Il rating di legalità ha durata di due anni dal rilascio ed è rinnovabile su richiesta. In caso di perdita di uno dei requisiti base, necessari per ottenere una "stelletta", l’Autorità dispone la revoca del rating. 
AGCM mantiene aggiornato sul proprio sito l’elenco delle imprese cui il rating di legalità è stato attribuito, sospeso, revocato, con la relativa decorrenza (cliccare QUI per visionare l'elenco).

Nel 2015 sono state 1.514 le aziende che hanno inoltrato la domanda ad AGCM per l'ottenimento del rating di legalità, con un incremento di quasi il 250% rispetto al 2014. 
Al 31 dicembre 2015 l'Authority ha attribuito 1.083 rating di legalità e ne ha negati 66 (QUI tutte le statistiche).


venerdì 11 dicembre 2015

False comunicazioni sociali: importante intervento della cassazione

di Alberto Gabriele Piva

Importante riflessione della Cassazione sugli effetti della riforma delle false comunicazioni sociali.
L’Ufficio del Massimario nella relazione n° V/003/15 del 2015 esamina la nuova disciplina delle false comunicazioni sociali alla luce della riforma intervenuta nel 2015 e delle prime sentenze emesse dalla stessa Corte subito dopo l’entrata in vigore della legge 27 maggio 2015, n. 69.
In particolare, l’Ufficio analizza gli orientamenti giurisprudenziali espressi dalla stessa Corte di Cassazione con la sentenza della sua Va Sezione Penale n.33774 del 16 giugno 2015 (la cosiddetta “sentenza Crespi”).

Nella relazione si esaminano approfonditamente le motivazioni alla base della sentenza, con particolare attenzione a quelle portate a supporto dell’irrilevanza delle valutazioni nell’ambito delle riformate false comunicazioni sociali.

Sul punto, l’Ufficio richiama le riflessioni di parte della dottrina (qualificata nella relazione come “attenta”) evidenziando come :

1. “una valutazione dev’essere naturalmente la valutazione di qualcosa, sicché per poter effettuare una valutazione di conseguenza, deve essere una realtà (materiale o anche solo giuridica qual un rapporto obbligatorio) da valutare”;

2. “l’ultimo momento della valutazione – nel senso ristretto che qui interessa di “valutazione di bilancio” – è dato dall’associazione di una grandezza numerica a ciò che si vuole valutare, ossia la misurazione, la quantificazione della realtà oggetto di valutazione”.

Sul punto, il documento sottolinea che “tra questi due elementi […] vi è l’insieme di regole, di principi, di ipotesi: vi è cioè il procedimento attraverso il quale avviene l’associazione di una grandezza numerica alla realtà sottostante” mostrando che “ove ci si soffermasse sul modello di stato patrimoniale previsto dall’art cod. civ. sarebbe facilmente constatabile come la stragrande maggioranza delle poste ivi contemplate sia frutto di procedimenti valutativi, peraltro esplicitamente disciplinati (soprattutto) dall’art.2426 cod. civ.”.

L’Ufficio prosegue in un’ampia disamina di tutti gli ulteriori aspetti relativi alla rilevanza o meno delle componenti valutative nell’ambito del falso in bilancio, alla fine della quale elabora una serie di considerazioni in merito alla nuova disciplina delle false comunicazioni sociali fra le quali:
  • […] il bilancio è costituito quasi del tutto da valutazioni e si basa su un metodo convenzionale di rappresentazione numerica dei fatti attinenti alla gestione dell’impresa […]”;
  • "[…] la maggior parte dei numeri che devono essere appostati in bilancio si riferisce non a grandezze certe, bensì solo stimate; […]
  • […] è quindi ineludibile la rilevanza penale della valutazione degli elementi di bilancio, essendo la sua funzione principale quella di indicare il valore del patrimonio sociale al fine di proteggere i terzi che entrano in rapporto con la società, e costituendo il patrimonio sociale la garanzia per i creditori (e più in generale la misura di questa garanzia per i terzi); nonché per i soci (soprattutto di minoranza) lo strumento legale di informazione contabile sull’andamento della compagine sociale; […]
  • la formazione del bilancio, quindi, implica necessariamente – oltre all’individuazione dei beni, dei costi e dei ricavi da iscriversi nel conto economico – la determinazione dei valori da attribuire ai singoli elementi del patrimonio;
  • […] non si può non tener conto, per l’esatta interpretazione della fattispecie di false comunicazioni sociali, delle cosiddette regole generali per la redazione del bilancio, cioè, del principio di chiarezza e di quello di rappresentazione veritiera e corretta;
  • […] veritiero vuol dire che gli amministratori non sono tenuti a una verità oggettiva di bilancio, impossibile da raggiungere per i dati stimati, ma impone a quest’ultimi di indicare il valore di quei dati che meglio risponde alla finalità e agli interessi che l’ordinamento vuole tutelare. […]
  • […] il bilancio è “vero” non già perché rappresenti fedelmente l’obiettiva realtà aziendale sottostante, bensì perché si conforma a quanto stabilito dalle prescrizioni legali in proposito. Si tratta di un “vero legale” stante la presenza di una disciplina legislativa che assegna valore cogente a determinate soluzioni elaborate dalla tecnica ragionieristica. […]”.
La presa di posizione dell’Ufficio del Massimario della Cassazione ripropone ed incardina in un percorso giuridico rigoroso un orientamento – fatto proprio già da lungo tempo da chi si occupa nella pratica di bilanci e contabilità – secondo cui la redazione del bilancio è un processo necessariamente valutativo ed esso è vero nella misura in cui la traduzione dei fatti economici sia effettuata entro i limiti e con le codificazioni comunemente accettate.

Sotto questo punto di vista, questo blog già nel corso dei precedenti mesi (si veda in questo senso il post del 1 nov. 2015 disponibile al seguente link), pur senza effettuare ampi richiami di dottrina e giurisprudenza, aveva messo in luce che escludere le valutazioni dai criteri per determinare la “verità” o la “falsità” di un bilancio fa venire meno uno dei presupposti della redazione delle stesse scritture contabili e non coglie il carattere interpretativo della redazione del bilancio, il quale è un sistema di traduzione in numeri dei fatti economicamente rilevanti secondo una prassi codificata.

Gli autori di questo blog si auspicano che l’intervento dell’Ufficio del Massimario possa condurre ad una nuova interpretazione del tenore letterale delle riformate norme in tema di false comunicazioni sociali, che porti ad una concezione del bilancio che veda nell’attendibilità dei numeri un pilastro per la sicurezza e stabilità economica di qualsiasi nazione, in armonia con una prassi consolidata a livello mondiale.


* Alberto Gabriele Piva
Dottore Commercialista, Revisore Legale dei Conti e Certified Fraud Examiner 





martedì 24 novembre 2015

Segregation of duties: un efficacie strumento di contrasto alle frodi

di Alberto Gabriele Piva


Segregation of Duties o Separation of Duties (lett. segregazione o separazione dei compiti) è una modalità di organizzazione delle attività svolte in qualsiasi struttura sociale ed è stata considerata dal pensiero illuminista come uno degli elementi costitutivi della moderna concezione di Stato (si veda il concetto di separazione o tripartizione dei poteri in Montesquieu, “Lo spirito delle leggi”, 1748).

Nell'ambito dei sistemi di controllo interno la Segregation of Duties (SoD) è uno strumento efficacie per contrastare le frodi ed è spesso invocata come rimedio per ridurne il rischio.
Per effettuare un’efficacie SoD è necessario identificare i cicli operativi a rischio di frode ed individuare all'interno di questi le attività a maggiormente esposte a questo rischio.

Individuate le attività “a rischio frode”, si procede all'implementazione della SoD. Secondo la prassi internazionale (cfr fra i tanti ACFE, “Fraud-Related Internal Controls”, 2013), la segregazione dei compiti è efficacie se e solo se le attività di:
  • Autorizzazione ad eseguire operazioni;
  • Registrazione dei dati (relativi alle operazioni medesime); 
  • Gestione e movimentazione (fisica o virtuale) dei beni oggetto delle operazioni; 
sono svolte da persone o, più in generale, da entità indipendenti fra loro.


Se una persona o un’entità svolge allo stesso tempo almeno due di queste attività, si creano occasioni per commettere frodi. Infatti:
  • se una persona o un’entità dispone dei poteri per autorizzare operazioni ed allo stesso tempo ne cura la registrazione, essa può scegliere alternativamente di omettere la registrazione delle operazioni oppure di falsificarne i dati presenti nel sistema informativo (es. tramite l’alterazione delle scritture contabili o di altri dati tecnico-economici presenti nel sistema informativo dell’organizzazione). 
  • se una persona o un’entità dispone dei poteri per autorizzare transazioni ed allo stesso tempo è responsabile della gestione e movimentazione dei beni oggetto delle stesse operazioni, essa può distrarre risorse dall'organizzazione attraverso la realizzazione di transazioni formalmente rispettose delle procedure ma fraudolente nella loro sostanza (es. transazioni effettuate in conflitto d’interessi e/o a condizioni non di mercato, interposizione fittizia di entità correlate). 
  • se una persona o un’entità è incaricata di gestire i beni di un’organizzazione ed allo stesso tempo cura la registrazione dei dati relativi alle transazioni collegate a quegli stessi beni, essa può appropriarsi indebitamente dei beni “intercettandoli” prima che la loro acquisizione sia rilevata nei sistemi informativi dall'organizzazione oppure essa può fare un uso indebito o addirittura illegale dei beni dell’organizzazione ad insaputa di quest’ultima (es. appropriazione di incassi da clienti con rilevazione nel sistema informativo dell’organizzazione di “perdite per inesigibilità” per un ammontare pari a quello degli incassi distratti, furto di beni aziendali, peculato d’uso). 
In tutti questi casi, sebbene la possibilità di prevenire le frodi si riduca molto, è ancora possibile individuare quelle già commesse prestando attenzione alle incongruenze (c.d. red flags) individuabili mediante un confronto tra:
  • i dati elaborati dall'organizzazione; 
  • i dati e le informazioni forniti da terze parti (meglio se indipendenti);
  • la verifica dell’effettiva situazione di fatto e di diritto dei beni dell’organizzazione. 
Molto più difficile è invece prevenire ed individuare frodi nel caso in cui una persona o un’entità accentri su di sé lo svolgimento di tutte le attività di un’organizzazione.
In questi casi, la possibilità di prevenire ed individuare frodi è di gran lunga inferiore. Infatti, chi svolge o sovraintende allo svolgimento di tutte le attività (i.e. gestione dei beni, autorizzazione ed registrazione delle operazioni) non solo ha la possibilità di commettere frodi ma anche di eliminarne le tracce delle transazioni fraudolente cancellando molte delle incongruenze rilevabili. 

In questo ambito rientrano non solo le frodi compiute da persone o entità alle dipendenze di un’organizzazione ma quelle compiute da chi dirige ed amministra l’intera organizzazione ovverosia i suoi vertici. Chi sovraintende l’intera operatività di un’organizzazione ha in sé non solo il potere di autorizzare l’esecuzione di operazioni ma anche quello di gestire i beni collegati a tutte le transazioni ed di elaborarne le relative informazioni.

La SoD è quindi un strumento molto efficacie per ridurre il rischio di frode tuttavia, come ogni attività di controllo e prevenzione, essa comporta per l’organizzazione il sostenimento di costi e può provocare una perdita di efficienza complessiva (es. riduzione della velocità nell'esecuzione dei compiti). 

La SoD è in ogni caso poco efficacie nei casi di frodi commesse dai vertici di un’organizzazione.

Un sistema anti-frode ed in generale un sistema di controllo interno efficiente è frutto di una valutazione dei benefici e dei costi generati dall'implementazione del controllo e dall'importanza che le attività oggetto di segregazione hanno all'interno dell’organizzazione. L’efficacia dei controlli anti-frode ed in generale dell’intero sistema dipende invece dalla condotta delle persone che appartengono ad un’organizzazione ed in particolare dei suoi vertici.

Alberto Gabriele Piva
Dottore commercialista e Revisore legale dei conti



domenica 15 novembre 2015

La "truffa del leasing"

Nell'ambito delle frodi finanziarie va sicuramente menzionata la "truffa del leasing".

Si tratta di una tipologia di raggiro molto diffusa, che ha coinvolto in passato personalità di primo piano del mondo dello spettacolo, dello sport e dell'imprenditoria.

Lo schema di frode è semplice ed è sviluppato da gruppi criminali specializzati e ben organizzati che operano nel mercato dei beni di lusso di alta gamma, quali automobili di grossa cilindrata, superyacht e jet privati.


Il meccanismo, come detto, è semplice.
Nella prima fase della truffa è utilizzata una società con lo scopo di prendere in leasing, ad esempio, una fuoriserie.
Dopo aver pagato la commissione per l'apertura della pratica e versato la prima rata (e l'eventuale maxi-canone), la società locataria sospende i pagamenti periodici e sparisce con il bene preso in leasing.

Solitamente i beni, siano essi veicoli o yacht, sono trasferiti all'estero (soprattutto nell'Est Europa o in Africa) e rivenduti ad ignari clienti, grazie l'esibizione di documenti di proprietà contraffatti.
Le offerte di vendita sono pubblicate su siti internet specializzati, sottolineando che il bene non è mai stato utilizzato o che è stato ricondizionato in modo tale da farlo apparire "come nuovo".

Secondo le statistiche elaborate dalle forze di polizia tributaria, in Italia si verificano circa 1.500 casi all'anno riconducibili alla "truffa del leasing" con un giro d'affari stimato in 60 di milioni di euro. Inoltre, lo schema di frode appena descritto è in aumento anche con riferimento ai mezzi agricoli, camper, camion, gru, mezzi per lo spostamento terra eccetera.



domenica 1 novembre 2015

Il bilancio e le riformate false comunicazioni sociali

di Alberto Gabriele Piva*


Le parole della riforma: una riflessione per una definizione alternativa di “fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero




La nuova disciplina delle false comunicazioni sociali ha modificato il panorama e gli schemi di ragionamento che commercialisti, sindaci, revisori, attestatori ed altri operatori della contabilità erano abituati ad adottare prima della sua introduzione.

L’abolizione del riferimento esplicito agli aspetti valutativi ha subito innescato una serie di riflessioni (sia in dottrina sia in giurisprudenza) sintetizzabili in questi passaggi logici:
  1. La riforma ha abolito il riferimento alle valutazioni;
  2. La riforma fa riferimento ai soli fatti e non più alle informazioni;
  3. Le “mere” valutazioni, quindi, non sono più penalmente rilevanti.
Questa interpretazione – che sul piano pratico ha già avuto i suoi primi effetti nelle sentenze della Cassazione (es. Cassazione Penale, Sez. V, 30 luglio 2015 n. 33774) – non può essere considerata l’unica possibile. Molti autori hanno fatto notare sin da subito le difficoltà, i rischi e le implicazioni negative che questa interpretazione può avere (ex pluribus Mucciarelli e Bana). Per correggere questa tendenza, esiste, tuttavia, una soluzione applicabile sin da subito alternativa a la “riforma della riforma”.

Sarebbe infatti sufficiente riflettere su cosa sia effettivamente la contabilità ed inquadrare la nozione di “fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero” in quest’ottica.
La contabilità non è altro che il sistema per la rilevazione di fatti che hanno impatto a livello economico (i.e. che sono rilevanti, appunto). Essa è una lingua che traduce in moneta di conto gli accadimenti di un’entità. Gli specialisti di questa lingua (commercialisti e gli altri esperti contabili) selezionano e traducono in base a codificazioni comuni (partita doppia e principi contabili) i fatti economici. Altri specialisti (sindaci, revisori, attestatori, etc.) verificano la correttezza e la bontà delle traduzioni in base a parametri comuni (i principi di revisione).

Ogni giorno gli esperti di questa lingua osservano i fatti e gli accadimenti che avvengono in un’impresa, ne valutano gli impatti economici e traducono questi impatti tramite codificazioni comuni in moneta di conto. Ci si accorge immediatamente che ogni volta che si redige una scrittura contabile, si compie implicitamente una valutazione nel momento stesso in cui si decide quanti e quali aspetti di un accadimento hanno impatto economico. Di ciò il legislatore ne è consapevole. Infatti, lo stesso Codice Civile fonda la redazione del bilancio (i.e. la traduzione dei fatti economicamente rilevanti in moneta di conto) su criteri valutativi: il principio di prudenza ed il principio di prevalenza della sostanza sulla forma (cfr. art. 2423-bis c.c.).

Le valutazioni sono quindi il presupposto della redazione di qualsiasi bilancio e non una sua tecnica di redazione evoluta. Se non si effettuasse questo processo, i documenti contabili si ridurrebbero a delle semplici liste di dati non comparabili fra loro.

Se il bilancio è un esercizio di valutazione, che significato hanno in questo contesto il termine “materiali” e l’accezione “non rispondenti al vero”?
Il concetto di materialità deve essere ricondotto al concetto, elaborato a livello mondiale, di “materiality”.
Quest’ultimo è un concetto diverso dall'accezione giuridica comunemente adottata ed è riassumibile nei seguenti termini:
  • un’informazione o un fatto è materiale se la sua omissione o la sua errata rappresentazione influenzano le decisioni economiche prese dagli utilizzatori in base ai documenti di bilancio [cfr. ultima in ordine di tempo IASB e FASB Meeting, Discussion paper, “Conceptual Framework. Qualitative Characteristics 4: Definitions of understandability and materiality”, Luglio 2015, pag. 2 par. 5].
Questa definizione pone, però, un problema: quali sono i criteri per determinare i fatti che sono materialmente rilevanti?

Così come nel campo della traduzione di un testo vi possono essere diversi paradigmi e teorie, anche per la traduzione di fatti economicamente rilevanti in termini contabili possono esserci diverse interpretazioni. Tuttavia, come il processo di traduzione di una lingua ad un'altra, il processo di redazione del bilancio si muove all'interno di limiti comunemente individuati dall’insieme di coloro che lo eseguono o che ne valutano la sua bontà. Per il bilancio e la contabilità, i limiti comunemente individuati sono quelli forniti dai principi contabili e di revisione nazionali ed internazionali e dalle linee-guida delle autorità di vigilanza.

L’elaborazione di questi criteri (i.e. i criteri per giudicare la bontà della traduzione) prevede un’analisi preliminare del contesto in cui opera l’impresa e una successiva valutazione della rilevanza dei fatti inclusi o esclusi dal bilancio, in base alla loro natura qualitativa e rilevanza quantitativa (cfr. Statements on Auditing Standards n.47; si veda anche Livatino, Pogliani, Pecchiari,“Auditing, manuale operativo per la revisione legale dei conti”, Egea per una trattazione sistematica dell’argomento).

Il processo di definizione dei limiti di materialità richiede, quindi, un apprezzamento professionale ben più ampio e molto meno automatico di quello basato, ad esempio, su un’applicazione esclusiva di soglie percentuali come quelle stabilite dalla precedente legge. È un processo che deve necessariamente considerare, ad esempio, l’adeguatezza del sistema amministrativo-contabile che porta alla redazione delle scritture (i.e. il metodo di traduzione).

Se si adotta questa definizione di materialità, è anche agevole definire quali fatti possano essere ritenuti “rispondenti al vero” e, più in generale, quale sia la nozione di veridicità da applicare in questi casi. 
In questo senso, senza fare riferimenti “esotici”, la prassi nazionale ha già elaborato un concetto di “veridicità” dei fatti (contabilmente) rilevanti, affermando che la veridicità dei dati contabili “non può essere intesa nel senso di “verità oggettiva”, quanto piuttosto nel senso che il processo di produzione dell’informazione economico-finanziaria si basi su un sistema amministrativo-contabile adeguato (cioè idoneo a contenere il rischio di errori rilevanti) e che i redattori dell’informazione operino le stime in modo corretto, pervenendo a un’informazione attendibile e imparziale” (cfr. “Principi di attestazione dei piani di risanamento”, par. 4.2.1), tenendo in considerazione che “errori, semplificazioni e arrotondamenti sono tecnicamente inevitabili e trovano il loro limite nel concetto di rilevanza [leggasi materialità, NdA] essi cioè non devono essere di portata tale da avere un effetto rilevante [leggasi materiale, NdA] sui dati di bilancio e sul loro significato per i destinatari.” (cfr. OIC 11). 

Il concetto di materialità così definito è ripreso dal nuovo art. 2621 c.c., nella parte in cui si afferma che i fatti materiali e rilevanti devono essere “idonei ad indurre in errore i destinatari”, ovverosia idonei ad influenzare le decisioni economiche prese dagli utilizzatori (cfr. la già citata definizione di materialità elaborata da IASB e FASB).

Escludere le valutazioni dai criteri per determinare la “verità” o la “falsità” di un bilancio fa venire meno uno dei presupposti della redazione delle stesse scritture contabili e non coglie il carattere interpretativo dell’intero processo di redazione del bilancio.
Pensare alla contabilità come lingua di interpretazione, traduzione e sintesi degli accadimenti economici consente di dare al concetto di “fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero” un significato organico ed alternativo, che individua nelle valutazioni e, più in generale nell'aspetto qualitativo, un elemento necessario per individuare la “verità” o meglio la “veridicità” dei numeri di bilancio.


* Alberto Gabriele Piva è Dottore Commercialista, Revisore Legale dei Conti e Certified Fraud Examiner - email: alberto.g.piva@gmail.com






mercoledì 21 ottobre 2015

"Frodi occupazionali" e "frodi on the book". Esiste un legame?

In passato il blog si è già occupato di frodi occupazionali così come delle frodi cosiddette "on the book", ma ora è giunto il momento di parlare del loro stretto legame.

Pensiamo ad un direttore commerciale che stipula contratti di vendita sottoprezzo di un dato prodotto al fine di favorire uno specifico cliente.
L'azienda subirà un danno direttamente correlato al comportamento del suo dirigente, in quanto quest'ultimo ha applicato condizioni economiche di vendita inferiori a quelle minime previste dalle politiche aziendali.
Siamo quindi nel campo delle frodi commesse da dipendenti (dirigenti) infedeli, definite in letteratura "frodi occupazionali".

Ora consideriamo l'aspetto contabile.

La vendita sottoprezzo sarà rilevata contabilmente come ogni altra operazione.
In questo caso avremo due possibili scenari:
  • il gestionale-contabile è progettato per calcolare il prezzo unitario del prodotto e confrontarlo con i limiti minimi di prezzo previsti dalle politiche aziendali. In questo caso, pertanto, il sistema di controllo segnalerà un "alert" invitando la funzione di "audit commerciale" a verificare la transazione in oggetto;
  • il gestionale-contabile non è progettato per effettuare controlli automatici di primo livello sulle transazioni inserite. In questo caso il manager continuerà indisturbato ad effettuare vendite sottoprezzo senza che nessuno se ne accorga; almeno fino a quando commetterà il classico "passo falso".


In entrambi gli scenari descritti siamo in presenza di una frode "on the book", poiché dalle rilevazioni contabili è possibile rinvenire le tracce dell'atto fraudolento.

E' bene precisare che la transazione irregolare, almeno in teoria, potrebbe essere scoperta anche senza il ricorso ai dispositivi di controllo automatico sulle rilevazioni inserite in contabilità, ad esempio grazie ad un'attività di revisione contabile ovvero di audit interno di routine oppure ancora grazie alle lamentele dei clienti che si vedono applicare condizioni economiche più svantaggiose rispetto al soggetto favorito dal direttore commerciale.

I controlli automatici di "primo livello", insieme al rispetto di corrette procedure di contabilizzazione basate anche sulla separazione delle mansioni (distinguendo il controllore dal controllato in ragione delle teorie sulla "segregation of duties"), potrebbero limitare di molto fenomeni quale quello appena descritto. 



martedì 6 ottobre 2015

Frode aziendale. L'approccio italiano al problema

Capita sempre più spesso di dover affrontare un caso di frode commessa da un dipendente infedele.
Ma come è affrontato il problema in Italia?

Secondo recenti ricerche che saranno pubblicate tra breve, la gestione di un caso di frode in azienda ha natura "emergenziale", perché basata maggiormente sulla repressione piuttosto che sulla prevenzione e sulla deterrenza.

Ciò è dovuto principalmente alla carenza di strutture aziendali professionalmente preparate ad affrontare e gestire un caso di frode occupazionale.
Generalmente, infatti, sono sviluppate e ben organizzate le funzioni di internal audit e di governance ma non altrettanto le funzioni di fraud auditing interno, appositamente strutturate per scoprire, investigare e dimostrare le irregolarità aziendali.


Tali strutture di fraud audit, nei casi osservati, dipendono funzionalmente dal responsabile "security" ovvero dal responsabile internal audit e molto spesso non godono dell'autonomia e dell'indipendenza necessaria a garantire il buon esito dei propri accertamenti.

Si consideri che la frode in Italia è scoperta per lo più casualmente e che la reazione dell'azienda non sempre ha un approccio scientifico e finalizzato a recuperare le somme sottratte.

Anzi, la ricerca traccia un quadro piuttosto desolante in cui la frode:
- è gestita in emergenza;
- con strutture ed informazioni inadeguate;
- da personale non avente gli skills e le competenze specifiche;
- in un clima di scarsa collaborazione tra le diverse funzioni aziendali;
- nell'impossibilità di apportare concreti miglioramenti ai modelli di prevenzione (se esistenti).

In molti casi gli investimenti in sicurezza e prevenzione sono visti come poco utili al business e/o al conto economico e se non ci sono risorse proporzionali alle dimensioni e all'organizzazione aziendale, i pochi sforzi profusi nel contrasto ai fenomeni fraudolenti rischiano di essere inefficaci se non addirittura dannosi.


sabato 19 settembre 2015

Il Blog vittima dell'ennesimo attacco hacker?

Negli ultimi giorni sono pervenute parecchie segnalazioni riguardo la scomparsa delle immagini di numerosi articoli pubblicati sul blog. Soprattutto relativi ad articoli sulle vicende del Banco Ambrosiano curate da Carlo Calvi.


L'amministratore del blog sta provvedendo, con il poco tempo a disposizione, a ripristinare le immagini secondo la disposizione originale.

Si "ringraziano" i vari criminali informatici, che attaccano con accessi da server stranieri, per l'ennesima dimostrazione di "stima" e "affetto".
Tutto ciò ci conferma che siamo sulla strada giusta!


mercoledì 16 settembre 2015

La contabilità "nera"

Le espressioni "contabilità nera" o "contabilità parallela" sono da sempre utilizzate dai cronisti giudiziari per descrivere fatti di illecito contabile.
Ma cosa si intende esattamente con questi termini?

Innanzitutto è bene precisare, in base all'esperienza di chi scrive, che il fenomeno è molto diffuso e riguarda aziende di ogni dimensione, operanti in qualsiasi mercato.

Per contabilità nera o parallela si intende un insieme di appunti, tabelle, dettagli, schemi, annotazioni, promemoria, riferiti ad operazioni non contabilizzate, solitamente tenuti in forma riservata, criptica o anonima in luoghi virtuali o fisici, protetti da apparati o password che ne rendono difficile l'accesso.
Naturalmente nella realtà moderna si utilizzano file criptati salvati su memorie esterne o PC conservati al di fuori degli ambienti aziendali.



In buona sostanza l'azienda si trova ad avere due contabilità, una "ufficiale", periodicamente sottoposta alle verifiche e controlli dai vari organismi a ciò preposti (revisori dei conti, sindaci, internal auditor, comitati per il controllo e organismi di vigilanza) e un'altra, "parallela" o "reale", contenente tutte le rilevazioni contabili, sia quelle ufficiali sia quelle occulte ed illegittime.




Chi ha accesso alla contabilità nera, conseguentemente, conosce ogni aspetto della situazione dell'azienda sotto tutti i profili: gestionale, amministrativo, economico, finanziario, patrimoniale eccetera, eccetera.
La contabilità parallela dunque risulta essere la sola contabilità veritiera. Mentre la contabilità ufficiale risulta essere falsa o incompleta, con la conseguenza che ogni comunicazione sociale diffusa dell'azienda sarà inficiata da tale grave difetto.

Si tenga presente che la contabilità è una fonte informativa primaria, grazie alla quale si alimentano tutte le altre comunicazioni sociali, ma è anche una fonte "unilaterale" dell'imprenditore, che solo tramite determinate procedure di audit contabile può essere confermata.

Il fenomeno delle frodi contabili si complica ancora di più se nella contabilità ufficiale, a prescindere dall'esistenza di contabilità parallele, sono iscritte anche operazioni illegittime ma verosimili o ragionevolmente attendibili. Anche in questo caso la contabilità sarà intaccata da difetti tali da renderla potenzialmente non veritiera, ma di quest'ultima fattispecie si è già diffusamente scritto in altre occasioni.


domenica 6 settembre 2015

Derivati finanziari: quale governance? (Roma, 14 settembre 2015)


DERIVATI FINANZIARI:
QUALE GOVERNANCE?
Profili giuridici finanziario-quantitativi ed economico contabili


LUNEDI' 14 SETTEMBRE
ORE 16.00 - 19.30
SALA DELLA REGINA - PALAZZO MONTECITORIO 


Si segnala il convegno incentrato sull'annoso, ma ignorato, tema dei derivati finanziari in cui con tre tavole rotonde tecniche si accoglie l'invito di alcuni deputati del M5S a dare pluralità di visione e soluzioni tecniche ragionevoli a questa spada di Damocle che incombe sui bilanci pubblici e su bilanci di società private.

I valori in gioco per lo Stato sono enormi, oltre 42 miliardi di perdite potenziali al 31 dicembre scorso, 16,9 miliardi di costi accumulati negli ultimi 4 anni.

AssoTAG (l'Associazione Italiana dei Periti e dei Consulenti Tecnici nominati dall'Autorità Giudiziaria) ritiene che il tema dei derivati finanziari meriti una specifica attenzione per il potenziale rischio di impatto finanziario e rischio di elusione delle indicazioni della Carta Costituzionale.

Ne parleranno tanti esperti, tra cui economisti, specialisti finanziari, magistrati e giornalisti con il seguente programma:

SALUTO INTRODUTTIVO
Dino Alberti - portavoce M5S
Daniele Pesco - portavoce M5S

TAVOLA ROTONDA - PROFILI GIURIDICI
Modera: Alfonso Scarano - Presidente AssoTAG
Francesco Bretone - PM Procura della Repubblica di Bari
Emilio Girino - Docente Dipartimento Finance CUOA
Carla Raineri - Giudice Corte d'Appello di Milano
Luca Zamagni - Avvocato

TAVOLA ROTONDA - PROFILI FINANZIARIO-QUANTITATIVI
Modera: Marcello Frisone - Redattore Il Sole 24 Ore
Marcello Minenna - Docente Dipartimento Finance, Università Bocconi
Umberto Cherubini - Docente Dipartimento di Scienze Statistica, Università di Bologna
Rita Laura D'Ecclesia - Docente Finanza Quantitativa, Università Sapienza di Roma e Birkbeck University of London
Gustavo Piva - Facoltà di Economia, Università degli Studi di Roma 'Tor Vergata'

TAVOLA ROTONDA - PROFILI ECONOMICO/CONTABILI E DI GOVERNANCE
Modera: Luca Piana - Caposervizio Economia presso L'Espresso
Roberto Tasca - Dipartimento di Scienze Aziendali, Università di Bologna
Cinthia Pinotti - Magistrato della Corte dei Conti
Giuseppe Bivona - Ingegnere finanziario
Nicola Benini - Consigliere AssoTAG e Partner IFA Consulting

CHIUSURA DEI LAVORI
Carla Ruocco - portavoce M5S
Alessio Villarosa - portavoce M5S


Brochure: cliccare (QUI)
Per partecipare è necessario compilare questo form: https://goo.gl/98dhJZ
Per gli uomini è obbligatoria la giacca.