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giovedì 26 marzo 2015

Un "sistema fallimentare"

di Giorgio BRUGHERA*

La legge fallimentare, emanata nel 1942 e più volte emendata, dopo una serie di cambiamenti di orientamento legislativo e “politico”, sta dimostrando di avere gravi limiti determinati dal deterioramento del quadro sociale. Oggi, purtroppo, la regola non è più quella della gestione aziendale mirata alla continuazione ma quella di trarre vantaggio dall’azienda, ad ogni costo.

All'interno di questo quadro si collocano una miriade di comportamenti che possono portare a situazioni patologiche anche le aziende sane.

Vi è quindi da domandarsi che validità abbiano oggi le sanzioni e le norme previste per i reati fallimentari.

Le disposizioni penali previste dagli artt. 216-235 della legge fallimentare – R.D. 267/1942 – trovano il loro limite all'applicazione nel dettato delle norme stesse che come presupposto necessario hanno la dichiarazione di fallimento; infatti gli incisi “se è dichiarato fallito” ovvero il riferimento a “società dichiarate fallite” non lasciano spazio a dubbi.

Spesso capita che per evitare il fallimento della società, che si trova in stato di insolvenza, i soci ovvero gli stakeholders di varia natura intervengano ricapitalizzando o assoggettando l’impresa a procedure e accordi prefallimentari non a costo zero. In tali casi la salvaguardia della continuità aziendale viene però a privare gli artt. 216-235 del presupposto fondamentale di applicazione: la dichiarazione di fallimento; quindi in numerosissimi e deprecabili casi le disposizioni penali della legge fallimentare restano lettera morta.

Il R.D. 267/1942 era stato concepito in assenza di una serie di istituti, riguardanti anche le grandi imprese, che furono introdotti in periodo repubblicano, con lo scopo di salvaguardare principalmente il lavoro (art. 4 Cost.) generato dalle imprese in stato di difficoltà.

Oggi la realtà economica, stante una grande varietà di istituti alternativi al fallimento, ha dimostrato che un amministratore infedele può mettere sul lastrico un’impresa non avendo quasi problemi e restando indenne dalle norme penali previste dalla legge fallimentare. Questo fatto determina l’incertezza dei rapporti economici e dei rapporti management-proprietà all'interno delle società, non profilandosi più una funzione sanzionatoria penalistica deterrente per certi comportamenti. Il tutto ha anche il grave costo sociale di rendere rischiosi gli investimenti nel nostro paese, in particolare la formazione di società con partecipazione di soggetti non residenti, con riflessi occupazionali negativi di non poco rilievo.

Il problema, provvisoriamente, in attesa di un nuovo disegno del quadro normativo, potrebbe essere risolto sostituendo il presupposto della dichiarazione di fallimento con quello dell’accertamento giudiziale dello stato di grave dissesto, che non coincide con lo stato di insolvenza; l’accertamento giudiziale di quest’ultimo, a norma dell’attuale legge, comporta infatti la dichiarazione di fallimento.

Prendendo come presupposto per l’applicazione delle norme penali la dichiarazione di “grave dissesto” si avrebbe così l’applicazione delle norme previste dagli artt. 216-235, qualunque sia la sorte dell’impresa.

In pratica, oltre alla fattispecie giuridica del “grave dissesto”, sarebbe sufficiente introdurre il nuovo reato di “procurato dissesto” che potrebbe avere come presupposto applicativo l’accertamento giudiziale del grave dissesto, dissesto che si individua, anche in via preventiva, nell'incapacità societaria in un futuro prossimo (ad esempio 12 mesi) di adempiere alle proprie obbligazioni in mancanza di ricapitalizzazione da parte dei soci o di stakeholders ovvero con il ricorso ad istituti alternativi al fallimento.

Come elementi costitutivi del procurato dissesto si potrebbero individuare:
  1. l’attuazione, da parte dei soggetti coinvolti – anche esterni, incluso il c.d. amministratore occulto, di atti di gestione e non, costituenti o non costituenti reato, ma, per quest’ultimi, non aventi una ragione economica, tali da condurre, nel primo caso, la società in situazione di grave dissesto ovvero, nel secondo caso, tali da causare intenzionalmente il grave dissesto societario;
  2. la conoscenza preventiva degli effetti degli atti compiuti sulla situazione economica societaria. La conoscenza preventiva si dovrebbe ritenere conosciuta, ai sensi di legge, sulla base delle competenze professionali del soggetto ovvero dalla precedente sottoposizione a procedimento penale dello stesso per analogo reato societario.
Sanzione accessoria dovrebbe essere l’interdizione perpetua da ruoli amministrativi societari.

E’ ovvio che questo può solo essere un palliativo in attesa di un nuovo provvedimento legislativo esaustivo, finora nemmeno ipotizzato, che riguardi la crisi d’impresa a partire dagli atti amministrativi aziendali contra legem che la innescano, includendo le scelte antieconomiche scientemente (dolo) effettuate anche se formalmente non illecite, per arrivare a dei veri e propri reati autonomi contro la continuità aziendale. Con questa nuova normativa sarebbero inoltre soggetti legittimati ad agire tutti gli stakeholders, in particolare i soci non amministratori, particolari creditori e i lavoratori.

In pratica si auspica una normativa preventiva, e non “post mortem” come è stata finora, che coinvolga i soggetti interessati nella salvaguardia aziendale che diventerebbe quindi un bene socialmente condiviso, con il superamento delle anacronistiche barriere padronato/lavoratori e creditori/debitori.

Il fallimento, quindi l’estinzione dell’impresa, dovrebbe diventare un tragico punto di arrivo solo in casi senza soluzione, con dei reati propri limitati all'ambito della procedura post-fallimentare.

- - - - - -
* Giorgio Brughera è Dottore Commercialista iscritto all'Ordine di Milano e Revisore Legale dei Conti


giovedì 19 marzo 2015

La "compensazione" come strumento di evasione fiscale e riciclaggio

"Era un tiepido pomeriggio di primavera quando Mr. Chan si diresse con passo deciso verso l'unico bar della piazzetta sul mare. 
Cappellino e maglietta bianchi D&G, shorts azzurri e mocassini di camoscio. 
Uno zainetto anonimo lo faceva sembrare uno dei tanti turisti in attesa del traghetto per le isole davanti al litorale.
Tutto stava andando per il verso giusto, se non fosse stato per la barba finta che gli procurava un fastidioso prurito sul mento. Ma tra sé pensava che tutto si sarebbe concluso in pochi minuti.
Si avvicinò ad un tavolino, si sedette, poggiò lo zaino sulla sedia di fianco e attese.

Di lì a poco arrivò un uomo sulla sessantina, molto abbronzato, vestito con un pregiato completo di lino color blu cobalto e camicia bianca sbottonata sul collo. 
Mr. Smith, si sedette insieme a Mr. Chan.
Si tolsero gli occhiali da sole quasi simultaneamente, si strinsero velocemente la mano e ordinarono una bibita.

Dopo qualche minuto, Mr. Smith prese lo zaino e se ne andò.

Mr. Chan attese ancora un poco, pagò la consumazione e poi si incamminò per un'altra strada verso il luogo in cui avrebbe potuto reinstallare la batteria sul suo smartphone ed informare Mr. Jones, con un codice prestabilito, dell'avvenuta consegna del milione di euro in tagli da 500".

*   *   *

Il breve racconto potrebbe essere l'incipit di un romanzo di spionaggio con le classiche trame internazionali architettate dalle "barbe finte" di opposte bandiere.
Ma potrebbe anche essere un racconto di cronaca di quanto accade nella "Fase 1" di uno schema di evasione fiscale e riciclaggio noto con il nome di "meccanismo della compensazione".

Si immagini quindi che il ricco evasore fiscale, Mr. Smith, abbia la necessità di ottenere in tempi rapidi una grossa somma di denaro in contanti con il fine pagare in nero alcuni suoi fornitori e, al tempo stesso, un altro ricco uomo d'affari, Mr. Jones, debba riciclare un'analoga somma di denaro frutto di traffici illeciti.

Ed ecco il ruolo di  Mr. Chan. L'intermediario tra domanda e offerta di denaro contante. Una sorta di facilitatore del riciclaggio e dell'evasione fiscale.

In sostanza Mr. Chan si occupa in primo luogo del trasferimento materiale del denaro tra Mr. Jones e Mr. Smith, come schematizzato qui di seguito.



Ma questa è solo la prima delle due fasi del meccanismo della compensazione.
Infatti i servizi di Mr. Chan non si fermano qui.

A fronte di un "onorario" equivalente ad una percentuale del 5% della somma da trasferire, anche questa, inutile precisarlo, da liquidarsi in contanti, Mr. Chan si occupa anche della "compensazione estero su estero".
In particolare, la seconda fase dell'operazione, che potrebbe anche essere simultanea alla prima, si concretizza con una disposizione di bonifico per la medesima somma di un milione di euro dal conto corrente intestato a Mr. Smith, acceso presso una banca svizzera, a favore del conto cifrato di Mr. Jones acceso presso una banca off-shore delle isole Cayman.

Naturalmente ciò è possibile in quanto Mr. Chan è il prestanome di Mr. Smith ed è autorizzato ad operare fiduciariamente sui suoi conti svizzeri.

Ed ecco la "Fase 2" dello schema rappresentata qui di seguito.




Il meccanismo della compensazione potrebbe essere ancora più sofisticato se integrato con il sistema di trasferimento cosiddetto "conto a conto" (ne parleremo sul blog in futuro) oppure con il metodo del "deposito back to back".



venerdì 20 febbraio 2015

"Corporate washing", un esempio di contabilità elusiva

In molti casi là dove c'è "corporate washing" c'è anche elusione fiscale.


Si immagini una società Alfa che possiede nel proprio patrimonio netto riserve distribuibili già sottoposte a imposizione fiscale, per importo pari a $ 300.

Ora si immagini una seconda società, che chiameremo Beta, il cui elevato reddito imponibile determina una imposizione fiscale pari a $ 500.

Sul finire di un indeterminato esercizio amministrativo Beta acquista l'intero capitale di Alfa per $ 1.000 e subito dopo delibera la distribuzione a se stessa delle riserve facoltative distribuibili pari a $ 300.
Successivamente Beta cede Alfa ad una terza società (Gamma) per un corrispettivo di $ 700.
Pertanto Beta realizza una minusvalenza di $ 300.
La minusvalenza in tal modo inciderà direttamente sulla base imponibile di Beta, riducendola.

In seguito a questa operazione Beta dovrà versare all'erario $ 400, realizzando da un lato un risparmio fiscale pari a $ 100 e dall'altro un introito finanziario pari a $ 300 dovuto all'incasso delle riserve distribuibili di Alfa. I fondi incassati, si noti, assorbiranno interamente la perdita da alienazione.

Naturalmente Beta, per allontanare i sospetti sui propri intendimenti elusivi, illustrerà con dovizia di particolari, nelle proprie comunicazioni sociali, le valide ragioni economico-finanziarie sottostanti all'operazione appena descritta... per buona pace del fisco.



martedì 10 febbraio 2015

eBay, attenzione alle truffe on-line

Il reato è qualificato dall'art. 640 del Codice Penale e si traduce in tutti quei comportamenti atti a trarre in errore la vittima tramite il ricorso ad astuzie, artifizi e raggiri.

Il commercio on-line è ormai bersaglio privilegiato dei cyber-truffatori e il blog Fraud Auditing & Forensic Accounting ha più volte trattato la materia.
Tuttavia non si è mai affrontato il tema delle truffe portate a segno attraverso i siti di aste on-line, tra i quali il più famoso è il sito eBay fondato il 6 settembre 1995 dall'informatico iraniano naturalizzato statunitense, Pierre Morad Omidyar.

Sono molte le tipologie di truffe che si sono osservate nel tempo aventi come obiettivo la piattaforma eBay, ma ce n'è una che ha raggiunto una certa popolarità, almeno nel contesto italiano.

Immaginiamo che un utente eBay abbia pubblicato l'annuncio per la vendita di un'automobile a pedali griffata "Ferrari" mai utilizzata, fissando il prezzo in 2.000 euro, la data di scadenza dell'offerta e un set di foto, tra le quali quelle riportate qui di seguito.




 


La truffa ha inizio con l'invio di un messaggio di posta elettronica da parte di un ipotetico acquirente interessato al prodotto.
Si tratta di un cittadino cinese rimasto positivamente impressionato dalla bellezza dell'automobilina e dell'assoluta qualità dei materiali.
Il prezzo è giudicato dal compratore come "pienamente adeguato" essendo un giocattolo di lusso, perfetto da regalare al proprio figlioletto per il prossimo compleanno.

L'acquirente nella mail specifica che è disposto a pagare l'articolo mediante assegno bancario.
Naturalmente l'acquisto dovrà avvenire in tempi molto rapidi visto che la festa di compleanno sarà organizzata di lì a poco e che il giocattolo dovrà essere spedito nello Jilin, una remota provincia nord-orientale della Repubblica Popolare Cinese.

Non appena il venditore si dimostra interessato, il presunto acquirente lo informa che la consegna del bene dovrà avvenire nelle mani di un proprio amico cinese residente in Italia, il quale si occuperà anche della spedizione in Cina. Ciò faciliterebbe le pratiche doganali e di spedizione attraverso corrieri cinesi. Ovviamente l'unico obiettivo dell'acquirente è di far arrivare a destinazione la macchinina a pedali nei tempi più brevi possibili.

Alla prima titubanza del venditore, l'acquirente dimostrandosi molto interessato al prodotto, offre di aumentare di due o tre volte la somma richiesta, come forma di garanzia. La differenza tra il prezzo del giocattolo e l'importo dell'assegno sarà poi restituito dal venditore al momento della consegna del bene all'intermediario italiano.

Pertanto a fronte di un prezzo di 2.000 euro, il presunto acquirente invia un assegno pari a 6.000 euro.

L'acquirente riceve l'assegno e lo porta in banca per l'incasso e il giorno successivo consegna il prodotto all'amico del compratore, del quale quest'ultimo ha fornito le generalità.
Con l'automobilina il venditore consegna all'intermediario anche una busta contenente una somma pari a 4.000 euro in contanti corrispondete alla differenza tra l'importo dell'assegno e il prezzo del bene (oppure gli consegna la contabile bancaria a dimostrazione dell'avvenuto bonifico a favore di un c/c cinese fornito precedentemente dal compratore).

Tutto potrebbe terminare qui.
Tuttavia la banca impiega parecchi giorni per verificare l'effettiva bontà dell'assegno emesso dal compratore cinese e una settimana dopo informa il venditore che il documento non è regolare.

Accertamenti successivi condotti dall'Autorità Giudiziaria, dimostreranno che le connessioni internet utilizzate dai criminali sono state effettuate grazie a computer in precedenza violati e/o da postazioni presenti all'estero, utilizzando la rete di comunicazione anonima "Tor".
Inoltre, l'identità dell'intermediario che ha preso in consegna il bene non ha trovato alcun riscontro nell'anagrafe italiana e sarà accertato che il c/c cinese, beneficiario del bonifico, è intestato a soggetti che hanno fornito false generalità ed è stato chiuso appena dopo l'accredito della somma di denaro.


venerdì 16 gennaio 2015

Seminario sulle tecniche di computer forensic (Milano, febbraio 2015)



TRE14 S.R.L.

la società milanese Tre14
focalizzata nel settore dell'investigazione digitale
organizza un seminario
dal titolo:


L’impiego della computer forensics 
in ambito penale:
tecniche, strumenti e casi pratici



L'evento è GRATUITO e potranno partecipare i soli AVVOCATI PENALISTI.

Sono in programma altri incontri espressamente rivolti agli avvocati civilisti, ai dottori commercialisti, ai curatori fallimentari ed alle aziende secondo un calendario che sarà via via pubblicato sul sito di Tre14 (www.tre14.it/eventi) e sul blog "Fraud Auditing & Forensic Accounting".

Al fine di partecipare all'incontro non è richiesto un background tecnico-informatico, in quanto l’esposizione è orientata alla presentazione di casi realmente trattati nei quali si mostrano le potenzialità delle metodiche informatiche applicate a procedimenti penali.

L’evento si terrà presso la sede della società Tre14 Srl, via G. Prati 4, Milano, a scelta tra le seguenti date:

- 12/2/2015 dalle ore 16.00 alle ore 17.30

- 17/2/2015 dalle ore 16.00 alle ore 17.30

I posti sono limitati e la partecipazione è vincolata all'effettiva disponibilità, pertanto si invita chi fosse interessato a comunicare la sua adesione inviando una email al seguente indirizzo di posta elettronica: eventi@tre14.it

All'incontro interverrà il dott. Stefano Martinazzo, dottore commercialista e fraud auditor presso JNP Srl (www.jnpforensic.com) ed è previsto un dibattito conclusivo tra i partecipanti sulle tematiche trattate.

Al termine dell’evento sarà offerto un rinfresco di saluto e sarà distribuita una copia del “Glossario ragionato dei principali termini di informatica forense, edizione 2015”.

*    *    *

Argomento dell’incontro
La computer forensics è la disciplina scientifica che fornisce valore probatorio a evidenze digitali estratte da PC, server, smartphone e web/cloud.
Vengono utilizzate tecniche, metodologie e apparecchiature – imposte anche dalla L. 48/2008 – per assicurare che i dati elettronici, estremamente volatili, non subiscano alterazioni durante i processi di estrazione e analisi, garantendo l’integrità delle tracce digitali originali.

Ma la computer forensics è anche altro: utilizza software particolari e specifici che permettono di ricostruire le attività di un utente, ricercare elementi precisi, effettuare confronti e trovare corrispondenze anche in presenza di enormi quantità di file.
Tali software possono anche essere utilizzati direttamente anche da persone di nessuna esperienza tecnica, ma di competenza specifica del problema reale (avvocato, commercialista o parte lesa che sia).

Dopo una breve introduzione specifica dell’ambito della computer forensics, l’incontro ha lo scopo di presentare, tramite casi reali, come le tecniche informatiche possano essere di utilità nella ricostruzione degli eventi di causa. Tra i casi trattati:
- furto di dati aziendali
- diffamazione via web/mail, stalking
- accesso non autorizzato a sistemi aziendali
- ricostruzione economica-finanziaria di danni o di situazioni societarie


I relatori
Alessandro Borra, titolare della società Tre14 Srl. Possiede una profonda conoscenza delle tematiche di sicurezza in ambito IT e vanta una lunga e diffusa esperienza in ambito tecnico e manageriale sviluppata in diverse società private. Laureato in Fisica, è consulente di digital forensics con un’elevata competenza delle tematiche giuridiche e di procedure, metodologie di trattamento e tecniche di analisi dei dati elettronici. Ha partecipato come CTU/CTP a diversi eventi giudiziari di rilevanza nazionale. E’ accreditato nell’Albo dei Consulenti Tecnici presso il Tribunale Ordinario di Milano, sia in materia di diritto civile che penale ed è responsabile del settore categorico ‘elettronica e informatica’ nel Collegio Lombardo Periti Esperti Consulenti.

Stefano Martinazzo, Dottore Commercialista iscritto all'Ordine di Milano e Revisore Legale dei Conti, laureato in Economia Bancaria, Finanziaria e Assicurativa, ha maturato oltre quindici anni di esperienza come fraud auditor, dapprima presso il dipartimento di Forensic Accounting & Litigation di KPMG Advisory S.p.A. di Milano e, a partire dal 2010, presso JNP S.r.l.. Si occupa principalmente della gestione e dello svolgimento di incarichi professionali di contenuto investigativo in materia economico-finanziaria e contabile, intervenendo nei casi di frode ed illecito societario. Ha fornito supporto tecnico in occasione di numerose indagini promosse dalla magistratura milanese in materia contabile, amministrativa e finanziaria. In questo ruolo, maturato in occasione di inchieste di primaria rilevanza, ha analizzato parecchie fattispecie di reato societario, quali per elencare alcune: false comunicazioni sociali, appropriazione indebita, frode fiscale, corruzione e concussione, aggiotaggio, riciclaggio, truffa e i reati previsti dal D.Lgs 231/01.

Maurizio Bedarida, ingegnere elettronico laureato presso il Politecnico di Milano, vanta 25 anni di esperienza nel settore della sicurezza informatica, sia in ambito pubblico che privato. Da anni è consulente tecnico informatico per diversi Pubblici Ministeri presso numerose Procure italiane con competenza sia nei crimini informatici che nella fraud analysis. Vanta un’approfondita esperienza diretta nella progettazione e gestione della sicurezza di infrastrutture informatiche critiche, di sistemi di gestione della Sicurezza Informatica, di reti di telecomunicazioni, di cybercrimes e di data mining.



mercoledì 7 gennaio 2015

L'attività antifrode come strumento per la crescita

I manuali di forensic accounting distinguono le frodi esterne, caratterizzate da attacchi attuati da soggetti terzi all'azienda, dalle frodi interne commesse dai dipendenti della società.
In molti casi la frode esterna è opera di organizzazioni criminali di varia natura che pianificano attacchi volti a sottrarre la maggior quantità di ricchezza in un breve lasso di tempo.

Ma sono molte le aziende sufficientemente attrezzate per far fronte a tali minacce grazie a procedure, sistemi e dispositivi fisici e informatici piuttosto avanzati a tutela del proprio patrimonio.
Difese che, in base alle statistiche più recenti commissionate dalle big4 e dagli organismi di vigilanza, sono molto più deboli se si parla di contrasto alle frodi di tipo interno.


Ma se la quasi totalità delle aziende di medio-grandi dimensioni è vittima di almeno una frode in corso di esecuzione in questo momento ad opera di dipendenti infedeli, solo una parte limitata di queste è in grado di individuarla grazie ad autonomi mezzi di prevenzione e controllo.
E, secondo tali ricerche, la situazione è molto più drammatica nel contesto italiano rispetto agli altri Paesi industrializzati.

Circa il 30% delle frodi interne è commessa da uno o più top manager, cioè da quel personale direttivo di rango elevato avente ruoli di responsabilità e rappresentanza. E, non è difficile immaginarlo, l’ammontare del danno arrecato all'azienda è direttamente correlato al livello gerarchico ricoperto dal dipendente infedele che commette la frode.

Pertanto un amministratore delegato, se disonesto, provocherà una perdita economica di molto superiore rispetto ad una frode commessa da un impiegato avente funzioni esecutive.

Per di più il fenomeno delle frodi interne attuate da soggetti che ricoprono ruoli chiave è in netto aumento. A livello globale si stima un incremento medio del danno economico originato da frode interna nell'ordine del 5% rispetto all'anno precedente.

La totalità degli studi e delle ricerche più aggiornate affermano che le frodi interne potrebbero essere dimezzate grazie al potenziamento dei controlli. Analogamente un management onesto sarebbe da solo in grado di ridurre la restante parte del danno derivante da frode.

In altre parole, l’abbinamento “controllo interno/onestà direzionale” basterebbe a ridurre il rischio di frode aziendale a livelli trascurabili, alla cui identificazione residuale potrebbero concorrere anche l’insieme dei controlli esterni e dei sistemi di segnalazione anonima.

Alla luce di quanto affermato, stupisce il numero esiguo di aziende italiane che investono in programmi di prevenzione e nella formazione del personale in materia antifrode.
Purtroppo questo è un atteggiamento miope che indubbiamente sta ostacolando una sana ed onesta ripresa economica.


domenica 4 gennaio 2015

LA FRODE NELLA GESTIONE AZIENDALE




ASSOTAG 
(Associazione Italiana dei Periti e dei Consulenti Tecnici nominati dall'Autorità Giudiziaria)
in collaborazione con
ADZ Morison
presentano


Corso


LA FRODE NELLA GESTIONE AZIENDALE

Milano 
mercoledì 25 febbraio 2015
ore 10.00 - 17.00
c/o
ADZ Morison, via Alberto da Giussano, 16


Argomenti
Il corso fornirà alcuni cenni teorici sulle frodi aziendali e le metodologie di prevenzione, individuazione e gestione dei fenomeni fraudolenti.
Il programma darà indicazioni riguardanti la definizione e le caratteristiche della frode, le tipologie e gli schemi più diffusi e gli elementi che distinguono un buon modello di prevenzione e mitigazione del rischio di frode.

Destinatari
Consulenti tecnici d’ufficio di parte
Amministratori delegati e Direttori generali
Direttori finanziari
Revisori
Analisti credito
Programma
Teoria delle frodi

Ambiti merceologici trattati
Frodi nel commercio
Frodi nei servizi

Docente
Stefano Martinazzo 
Senior manager in Fraud investigation and Dispute services c/o JNP S.r.l. (www.jnpforensic.com)
Dottore commercialista e Revisore legale dei conti

Informazioni sulla quota e le modalità di iscrizione
Quota di partecipazione: € 300,00 + IVA. 
La quota comprende spuntino di lavoro fra le ore 12.30 e le 13.30.
Per le aziende che iscrivono almeno quattro persone, la quota pro capite è di € 240,00 + IVA.
Iscrizione e pagamento: entro e non oltre il 18 febbraio 2015.

Per informazioni sulle modalità di iscrizione
Segreteria del corso: ADZ Morison, Chiara Arduino, telefono 02 780667, c.arduino@adzmorison.it



sabato 3 gennaio 2015

Corso: "Opportunità commerciale nella gestione del rischio di credito"

ASSOTAG 
(Associazione Italiana dei Periti e dei Consulenti Tecnici nominati dall'Autorità Giudiziaria)
in collaborazione con
ADZ Morison
presentano



Corso


L’opportunità commerciale
nella gestione del rischio di credito

Milano
mercoledì 28 gennaio 2015
ore 10.00 - 17.00
c/o ADZ Morison, via Alberto da Giussano, 16


Argomenti
Il corso illustra le principali tematiche riguardanti la strategicità della gestione preventiva del rischio credito commerciale e la conseguente rilevanza di una negoziazione efficiente ai fini dell’incasso e della crescita aziendale.
Destinatari
Amministratori delegati e Direttori generali
Direttori finanziari
Direttori vendite e Senior sales
Imprenditori
Analisti del credito
Programma
L’organizzazione per la gestione preventiva del rischio di credito commerciale
L’impatto della governance sul bilancio
La credit policy per lo sviluppo commerciale
La leva dei piani di rientro
Docente
Antonella Simone
Partner ADZ Morison. 
Consulente esperta in gestione del rischio di credito commerciale.
Informazioni sulla quota e le modalità di iscrizione
Quota di partecipazione: € 300,00 + IVA.
La quota comprende spuntino di lavoro fra le ore 12.30 e le 13.30.

Per le aziende che iscrivono almeno quattro persone, la quota pro capite è di € 240,00 + IVA.
Iscrizione e pagamento: entro e non oltre il 21 gennaio 2015.

Segreteria del corso: ADZ Morison, Chiara Arduino, telefono 02 780667, c.arduino@adzmorison.it



giovedì 18 dicembre 2014

Banco Ambrosiano: dal traffico d'armi alla guerra delle Falkland

di Carlo CALVI


(4^ e ultima puntata)

[segue dalla 3^ puntata] Banco Cafetero, Banco de la Nacion e Artoc di Peter De Savary, con azionisti sauditi, dovevano avere un ruolo fondamentale nei back-to-back con il Banco Ambrosiano.

La Central American Services partecipò nel progetto agrario EGESPA nella regione di Piura nel nord del Perù. Dionisio Romero ha la sua base a Piura e la famiglia una tradizione falangista in Spagna e nella Opus Dei di José María Escrivá de Balaguer.
I Romero sono i fondatori della Università di Piura, il più formidabile baluardo della Opus Dei nel mondo.

Dionisio Romero ha oggi una relazione molto stretta con il cardinale Juan Luis Cipriani, nominato recentemente da Papa Bergoglio a membro del Consiglio per l’Economia del Vaticano.

Le autorità britanniche hanno reso pubblici dopo trent'anni i documenti sulla guerra delle isole Malvine (Falkland). Sir Michael Havers informava la Signora Thatcher dei sospetti che l’Argentina potesse acquistare i missili francesi Exocet tramite il Perù.
Sir Michael permise alla mia famiglia nel 1983 la richiesta a Lord Geoffrey Lane di annullare la sentenza della prima inchiesta del Coroner sulla morte di mio padre.

Nel 1981 alla Banco Ambrosiano Service Corporation di Washington ove lavorai, ricevemmo una proposizione da Javier Silva Ruete di un prestito per importazione di armi. Giacomo Botta indicò di inviarla ad Andreas Geissmann alla Ultrafin AG di Zurigo.

Le entità svizzere furono oggetto di indagini parziali.

La Banca del Gottardo di Lugano fu ceduta quasi subito dopo la morte di mio padre dalle banche creditrici che controllavano la liquidazione della holding lussemburghese.
Il Giudice Istruttore Mario Almerighi, che tanto ha fatto per rendere possibile il processo romano per l’omicidio di mio padre, attribuì grande importanza alle casseforti di Ultrafin AG di Zurigo, che risultarono vuote.
Ultrafin AG di Zurigo era azionista di Banco Ambrosiano Andino di Lima.



Ultrafin AG di Zurigo dirigeva finanziamenti a medio termine a sostegno alle esportazioni di concerto con organismi governativi di credito e organizzava consorzi bancari. Ultrafin AG organizzò finanziamenti alle esportazioni con l’entità italiana competente SACE e con il Banco Ambrosiano Andino.


Le casseforti di mio padre alle Bahamas contenevano una memoria di Alberto Caprotti che proponeva l’introduzione in America Latina di missili di costruzione italiana: gli LP-65 della Ambrosini di Passignano sul lago Trasimeno in provincia di Perugia.

Questi missili di efficacia devastante e grande versatilità, sfuggivano ai sistemi antimissile. La lunga memoria proponeva di costituire una società con il Generale Torrijos di Panama.


In fondo alla pagina si menziona che gli LP-65 a propulsione liquida furono progettati per la Ambrosini da un ingegnere di Trieste. Si tratta dell’ ufficiale di Marina Glauco Partel.

Glauco Partel fu incriminato dal Giudice Carlo Palermo per traffico d’armi.
Il Giudice Palermo spinse le sue rogatorie fino in Argentina.
Il fascicolo Glauco Partel é la documentazione sulla trattativa argentina per l’acquisto di missili Exocet acquisita dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta sulla Loggia Massonica P2.

Carlo CALVI





giovedì 11 dicembre 2014

Banco Ambrosiano: il grandioso progetto "Madre de Dios"

di Carlo CALVI


(3^ puntata)

[segue dalla 2^ puntata] I revisori contabili di Lima si mostrarono alquanto malleabili.
L’esposizione crescente di Banco Ambrosiano Andino con le società patrocinate dallo IOR finì per allarmare gli amministratori locali Giorgio Nassano a Lima e Angelo De Bernardi in Lussemburgo.

Incontrai i collaboratori di quest’ultimo in Lussemburgo nel gennaio 1982.
Il nervosismo era palpabile e si ricevevano di continuo telex richiedenti supplementi di informazioni da inviare alla Banca d’Italia.
Le scadenze dei pagamenti a Nat West e Midland si avvicinavano così come l’appello del processo valutario.







Alvaro Meneses, Carlo Costa e Giorgio Nassano, erano il volto ufficiale dell’Ambrosiano ma il Banco Ambrosiano era rappresentato in Perù da Alberto Caprotti della Central American Services, che riferiva a Giacomo Botta e a Pierre Siegenthaler.
Quest’ultimo aveva proposto il trasferimento della sede legale della Central American Services al Banco Ambrosiano delle Bahamas.



I giudici istruttori Antonio Pizzi e Renato Brichetti, nell’ambito dell’indagine sulla bancarotta del Banco Ambrosiano S.p.A. convocarono Alberto Caprotti a Panama per interrogarlo, ma l’incontro non ebbe mai luogo.

Il progetto più grandioso fu senza dubbio Madre de Dios.

Concluso un contratto con il Banco Ambrosiano, la Central American Services (società controllata che doveva rappresentare l’Ambrosiano in Nicaragua e in Perù), ottenne nel 1979 dal governo peruviano un decreto di assegnazione di 300.000 ettari in prossimità di Puerto Maldonado.
La notizia della enorme concessione per sviluppo agricolo e minerario provocò la reazione della stampa peruviana.

Nel settembre 1980 il Presidente Francisco Belaunde Terry in difesa di Central American Services e il deputato del Partido Comunista Revolucionario Manuel Dammert contro i piranas capitalisti, si affrontarono nella Camara de Diputados in un epico duello per la selva.
Quando li separarono erano entrambi pallidi in volto. I giornali credevano che dietro la Central American Services si nascondessero gli eredi di Anastasio Somoza, che in quei giorni veniva assassinato in Paraguay.

In uno degli episodi da me vissuti nelle drammatiche settimane del processo per violazioni valutarie in cui mio padre era imputato a Milano nel 1981, fui convocato da Roy West Trust alle Bahamas con Alberto Caprotti.
Ci rinchiusero in una stanza con Sue-Anne Dunkley del Banco Ambrosiano e ci intimarono di fermare il progetto Madre de Dios di cui erano fiduciari.

Jack Smith, presidente di Roy West Trust era diventato il bersaglio degli ambientalisti.

Jack Smith, con il suo avvocato Sir Geoffrey Johnstone, doveva diventare l’anno successivo 1982, il liquidatore di Banco Ambrosiano Overseas di Nassau Bahamas.

I contatti di mio padre in Perù erano con rappresentanti dei governi del Generale Francisco Morales Bermudez prima e Francisco Belaunde Terry poi.
Tra questi il ministro degli Esteri José De La Puente, i Generali Alcibiades Saenz e Luis Arbulu-Ibanez e il figlio del Presidente, il Generale Remigio Morales Bermudez, che fu invitato a Milano.

Vi furono incontri con esponenti del settore privato come Alfonso Miro Quesada, proprietario del giornale El Comercio.
Assai rilevanti i quattro amministratori del Gruppo Romero, tra cui Dionisio Romero e José Antonio Honrubias Romero del Banco de Credito del Perù.




Le banche regionali non avevano interesse per l’Ambrosiano a causa di restrizioni.
Il Banco de Credito e il Banco Cafetero, membri del Gruppo Andino presieduto da Dionisio Romero, con il Banco della Nacion, firmarono una intesa a Madrid nel 1979 per incrementare la cooperazione tra paesi arabi e Perù.

Il Banco Arabo Latinoamericano con sede a Lima partecipò con Banco Ambrosiano Andino a un prestito al Banco Minero del Perù.



Banco Cafetero, Banco de la Nacion e Artoc di Peter De Savary, con azionisti sauditi, dovevano avere un ruolo fondamentale nei back-to-back con il Banco Ambrosiano...
[segue nella la 4^ puntata]