Sempre più spesso il forensic accountant è chiamato a verificare l'esistenza di errori significativi nel bilancio d'esercizio dovuti a stime e valutazioni intenzionalmente non corrette.
Tra le conseguenze derivanti da questa pratica va certamente ricordato il cosiddetto "annacquamento del capitale".
L'espressione è chiara e indica la sopravvalutazione delle poste attive di bilancio (ovvero la sottovalutazione di quelle passive) e si distingue dalla fattispecie esattamente contraria che ha come conseguenza la creazione di "riserve occulte".
Se le rimanenze di magazzino o le immobilizzazioni ovvero i conferimenti in natura, per fare un esempio, fossero iscritti ad un valore doppio rispetto a quello effettivo grazie ad una perizia estimativa infedele, il patrimonio risulterebbe fittizio per una sua parte. Così pure se si sottostimassero i rischi o gli oneri d'esercizio.
Il fenomeno determinerebbe un danno evidente ai creditori sociali, soprattutto se il capitale fittizio fosse distribuito agli azionisti sotto forma di dividendo.
E' bene precisare che compete innanzitutto alla direzione aziendale controllare la ragionevolezza delle stime e delle valutazioni, e lo deve fare in modo sistematico e approfondito, soprattutto in sede di redazione del bilancio d'esercizio o delle altre comunicazioni sociali.
Il forensic accountant interviene in seconda battuta, quando il sospetto di false valutazioni contabili deve essere dimostrato grazie a ricostruzioni tecniche.
In questi casi l'esperto applica una serie di procedure finalizzate a verificare l'entità della stima ritenuta irregolare, le motivazioni che hanno portato ad alterare il dato di bilancio, l'eventuale coinvolgimento di professionisti compiacenti.
In alcuni casi l'esperto anti-frode deve riconsiderare le stime nel loro complesso e proporre alla direzione aziendale la rettifica della posta del bilancio intaccata dall'irregolarità.
Naturalmente il forensic accountant dovrà agire in coordinamento con il collegio sindacale, il revisore contabile e i vari organismi di controllo e vigilanza, se esistenti.
Esperienze e libere opinioni nel campo dell'investigazione economico-finanziaria e contabile, fraud detection and risk assessment, corporate intelligence, modelli organizzativi antifrode, anticorruzione e antiriciclaggio, forensic due diligence, rating di legalità, e-discovery, cyber crime e digital & computer forensic. Blog fondato il 19 ottobre 2011 in memoria di CK.
AdSense4
Bing
AdSense3
domenica 16 novembre 2014
lunedì 3 novembre 2014
Ricevute bancarie, dove si nasconde la frode?
Pare superfluo illustrare ai preparatissimi lettori del blog come funziona una ricevuta bancaria (comunemente detta "Ri.Ba").
Per le nostre finalità è certamente più utile trattare di come questo strumento possa essere utilizzato per compiere frodi ai danni degli istituti di credito.
La ricevuta bancaria rappresenta un valido strumento per la gestione degli incassi e della finanza in generale e pertanto è largamente utilizzata dalle imprese.
Il fornitore compila la fattura attiva e contestualmente la Ri.Ba e la consegna alla propria banca (è possibile anche l'invio telematico mediante la compilazione di format previsti dai servizi di home banking).
La banca del creditore provvede a trasmettere la documentazione alla banca del debitore; quest'ultima invia al proprio cliente un avviso di pagamento con l'indicazione della data entro la quale versare la somma.
La banca del creditore provvede a trasmettere la documentazione alla banca del debitore; quest'ultima invia al proprio cliente un avviso di pagamento con l'indicazione della data entro la quale versare la somma.
Alla scadenza il debitore si presenterà agli sportelli della propria banca e verserà quanto stabilito, avendo in cambio la ricevuta bancaria quietanzata dal creditore.
Naturalmente la banca del creditore, fatti i dovuti accertamenti sull'affidabilità del suo cliente, può concedergli accanto al servizio di riscossione, anche quello di finanziamento grazie ad un "anticipo su Ri.Ba salvo buon fine", che gli permetterà di usufruire della somma di denaro in via anticipata rispetto all'effettivo pagamento del debitore, al netto delle commissioni e degli interessi.
Se alla scadenza il debitore non provvederà a versare le somme dovute, la banca del creditore richiederà la restituzione dell'importo anticipato.
Sin qui la prassi lecita.
Ma ora si immagini di avere due aziende, la prima si trova in crisi di liquidità (la chiameremo "Y"), la seconda in equilibrio economico-finanziario (società "Z"). Entrambe riconducibili ad un medesimo soggetto economico (il signor "X").
L'azienda Y ha la necessità di ottenere un temporaneo finanziamento ma ha raggiunto il limite massimo dell'apertura di credito su conto corrente concessa dal proprio istituto bancario.
Non resta che ricorrere agli anticipi garantiti da Ri.Ba.
Ma come?
Y emettere una fattura per forniture inesistenti a Z e contestualmente compila la Ri.Ba che consegna allo sportello della sua banca: scadenza del pagamento 60 giorni data fattura.
La banca provvede ad anticipare sul conto corrente di Y l'importo netto della Ri.Ba, permettendo in tal modo a Y di superare il temporaneo stato di illiquidità e pagare i propri fornitori.
Passati i 60 giorni Z paga Y e ottiene la Ri.Ba quietanzata.
Una volta che Y riceve il denaro emette nota di credito a favore di Z a storno della fattura a suo tempo emessa e restituisce a Z la somma incassata. Oppure Y si tiene il denaro e consegna a Z merci o altre utilità di valore equivalente.
In tal modo il signor X ha gestito i temporanei squilibri finanziari tra le sue società trasferendo i rischi di credito sul sistema bancario.
Lo schema di frode appena illustrato è abbastanza banale e prescinde dai controlli che dovrebbero impedire tali comportamenti.
Nella realtà sono stati osservati variazioni più sofisticate dello schema proposto, ad esempio, con l'emissione di parecchie Ri.Ba verso più soggetti, per importi molto elevati e con diverse banche d'appoggio.
L'azienda Y ha la necessità di ottenere un temporaneo finanziamento ma ha raggiunto il limite massimo dell'apertura di credito su conto corrente concessa dal proprio istituto bancario.
Non resta che ricorrere agli anticipi garantiti da Ri.Ba.
Ma come?
Y emettere una fattura per forniture inesistenti a Z e contestualmente compila la Ri.Ba che consegna allo sportello della sua banca: scadenza del pagamento 60 giorni data fattura.
La banca provvede ad anticipare sul conto corrente di Y l'importo netto della Ri.Ba, permettendo in tal modo a Y di superare il temporaneo stato di illiquidità e pagare i propri fornitori.
Passati i 60 giorni Z paga Y e ottiene la Ri.Ba quietanzata.
Una volta che Y riceve il denaro emette nota di credito a favore di Z a storno della fattura a suo tempo emessa e restituisce a Z la somma incassata. Oppure Y si tiene il denaro e consegna a Z merci o altre utilità di valore equivalente.
In tal modo il signor X ha gestito i temporanei squilibri finanziari tra le sue società trasferendo i rischi di credito sul sistema bancario.
Lo schema di frode appena illustrato è abbastanza banale e prescinde dai controlli che dovrebbero impedire tali comportamenti.
Nella realtà sono stati osservati variazioni più sofisticate dello schema proposto, ad esempio, con l'emissione di parecchie Ri.Ba verso più soggetti, per importi molto elevati e con diverse banche d'appoggio.
lunedì 20 ottobre 2014
Il costo della corruzione
La corruzione in Italia rappresenta una vera e propria tassa occulta.
E' una piaga diffusa e generalizzata che ci costa almeno 60 miliardi di euro all'anno (stima della Corte dei Conti). Risorse ingenti che potrebbero essere impiegate per la crescita economica e per l'allentamento della pressione fiscale.
Secondo alcuni studiosi (ad esempio il Prof. Friedrich Schneider dell’Università di Linz) il danno complessivo subito dal sistema Italia a causa della corruzione, comprendendo i costi "striscianti" e "latenti", si aggira intorno ai 280 miliardi di euro all'anno.
Basti pensare che il costo per un appalto al termine dei lavori lievita in media del 40% rispetto all'importo preventivato. In Italia, dunque, non abbiamo business planner competenti? Oppure ci sono componenti negative di reddito difficilmente prevedibili che magicamente si materializzano in corso d'opera?
Una corruzione generalizzata spinge molte imprese italiane oneste a trasferirsi all'estero e determina la diminuzione di circa il 16% degli operatori stranieri disposti ad investire da noi.
In base ai dati pubblicati in questi giorni, le grandi e medie aziende a causa della corruzione perdono in media il 25% del loro potenziale di crescita, percentuale che sale al 40% per le realtà economiche più piccole.
E' un fardello impressionante che impedisce la concorrenza, allontana gli investitori, penalizza lavoratori e consumatori e rallenta lo sviluppo.
Se solo le aziende inserissero tra le proprie file sentinelle competenti nella lotta alla corruzione, incrementerebbero dal 2,4% al 3% il loro fatturato già il primo anno. Naturalmente questo implicherebbe una seria e generalizzata volontà a combattere questi fenomeni illeciti da parte di amministratori e manager.
In fatto di corruzione l'Italia è piazzata al 69° posto nella classifica internazionale (Corruption Perception Index a cura di Transparency International), posto condiviso con il Ghana e la Macedonia e in Europa davanti solo a Grecia, Romania e Bulgaria.
Parallelamente ai gravi danni economici che impattano direttamente sui bilanci delle aziende, si rileva una sfiducia generalizzata (interessa l'87% degli italiani) per la classe dirigente e politica del nostro Paese.
In una scala da 1 (percezione minima della corruzione) a 5 (percezione massima), i partiti politici "vantano" un indice pari a 4.4, il Parlamento pari a 4, il settore privato e la pubblica amministrazione condividono il non invidiabile punteggio di 3.7.
Ma il dato che più mi impressiona è contenuto nel "Report to the Nations on occupational fraud and abuse" curato dell'Association of Certified Fraud Examiners (ACFE).
La survey condotta su base planetaria, evidenzia come il 43,3% dei comportamenti illeciti che si verificano all'interno delle aziende, sia segnalato dai lavoratori (impiegati e operai) e solo in minima parte è individuato dagli ormai numerosissimi organismi di vigilanza e controllo presenti in azienda.
In questo caso si è legittimati a domandarsi: ma a che cosa servono i poteri ispettivi, informativi, di vigilanza e controllo, propri di collegi sindacali, revisori legali dei conti, organismi di vigilanza ex d.lgs. 231/01, consigli di sorveglianza, comitati per il controllo sulla gestione, autorità pubbliche di vigilanza, internal audit committee, eccetera eccetera... se poi le frodi vengono scoperte e denunciate da "semplici" lavoratori?
Non si può dire che in Italia manchino i controlli, anzi, sembra che ce ne sia la proliferazione. Ma che efficacia possono avere meccanismi o apparati generalmente impreparati ad indagare e gestire correttamente i casi di frode, poco coordinati tra loro, con imbarazzanti quanto tragicomiche sovrapposizioni di competenze e poteri e di derivazione quasi esclusiva di corporazioni ed interessi particolari?
La lotta alla corruzione non si fa incrementando in modo confuso il numero degli organismi di controllo, ma, a mio avviso, deve partire da una riformulazione del concetto stesso di "vigilanza e controllo". Rendendo più efficaci le strutture che già ci sono, oppure, soluzione a mio avviso migliore, pensando a nuovi modelli, magari traendo spunto dai paesi più virtuosi del nostro nelle attività di contrasto ai fenomeni di criminalità economica.
Infine, ritengo che non sia più prorogabile agire sul fronte della deterrenza (certezza della pena), della legislazione (re-introduzione del falso in bilancio), dell'efficienza investigativa (coordinamento internazionale e procedure rogatoriali più efficienti), della diffusione della cultura dell'onestà in politica e in azienda, dell'indipendenza e terzietà da ogni corporazione di chi è preposto alla vigilanza e al controllo...
E' una piaga diffusa e generalizzata che ci costa almeno 60 miliardi di euro all'anno (stima della Corte dei Conti). Risorse ingenti che potrebbero essere impiegate per la crescita economica e per l'allentamento della pressione fiscale.
Secondo alcuni studiosi (ad esempio il Prof. Friedrich Schneider dell’Università di Linz) il danno complessivo subito dal sistema Italia a causa della corruzione, comprendendo i costi "striscianti" e "latenti", si aggira intorno ai 280 miliardi di euro all'anno.
Basti pensare che il costo per un appalto al termine dei lavori lievita in media del 40% rispetto all'importo preventivato. In Italia, dunque, non abbiamo business planner competenti? Oppure ci sono componenti negative di reddito difficilmente prevedibili che magicamente si materializzano in corso d'opera?
Una corruzione generalizzata spinge molte imprese italiane oneste a trasferirsi all'estero e determina la diminuzione di circa il 16% degli operatori stranieri disposti ad investire da noi.
In base ai dati pubblicati in questi giorni, le grandi e medie aziende a causa della corruzione perdono in media il 25% del loro potenziale di crescita, percentuale che sale al 40% per le realtà economiche più piccole.
E' un fardello impressionante che impedisce la concorrenza, allontana gli investitori, penalizza lavoratori e consumatori e rallenta lo sviluppo.
Se solo le aziende inserissero tra le proprie file sentinelle competenti nella lotta alla corruzione, incrementerebbero dal 2,4% al 3% il loro fatturato già il primo anno. Naturalmente questo implicherebbe una seria e generalizzata volontà a combattere questi fenomeni illeciti da parte di amministratori e manager.
In fatto di corruzione l'Italia è piazzata al 69° posto nella classifica internazionale (Corruption Perception Index a cura di Transparency International), posto condiviso con il Ghana e la Macedonia e in Europa davanti solo a Grecia, Romania e Bulgaria.
Parallelamente ai gravi danni economici che impattano direttamente sui bilanci delle aziende, si rileva una sfiducia generalizzata (interessa l'87% degli italiani) per la classe dirigente e politica del nostro Paese.
In una scala da 1 (percezione minima della corruzione) a 5 (percezione massima), i partiti politici "vantano" un indice pari a 4.4, il Parlamento pari a 4, il settore privato e la pubblica amministrazione condividono il non invidiabile punteggio di 3.7.
Ma il dato che più mi impressiona è contenuto nel "Report to the Nations on occupational fraud and abuse" curato dell'Association of Certified Fraud Examiners (ACFE).
La survey condotta su base planetaria, evidenzia come il 43,3% dei comportamenti illeciti che si verificano all'interno delle aziende, sia segnalato dai lavoratori (impiegati e operai) e solo in minima parte è individuato dagli ormai numerosissimi organismi di vigilanza e controllo presenti in azienda.
In questo caso si è legittimati a domandarsi: ma a che cosa servono i poteri ispettivi, informativi, di vigilanza e controllo, propri di collegi sindacali, revisori legali dei conti, organismi di vigilanza ex d.lgs. 231/01, consigli di sorveglianza, comitati per il controllo sulla gestione, autorità pubbliche di vigilanza, internal audit committee, eccetera eccetera... se poi le frodi vengono scoperte e denunciate da "semplici" lavoratori?
Non si può dire che in Italia manchino i controlli, anzi, sembra che ce ne sia la proliferazione. Ma che efficacia possono avere meccanismi o apparati generalmente impreparati ad indagare e gestire correttamente i casi di frode, poco coordinati tra loro, con imbarazzanti quanto tragicomiche sovrapposizioni di competenze e poteri e di derivazione quasi esclusiva di corporazioni ed interessi particolari?
La lotta alla corruzione non si fa incrementando in modo confuso il numero degli organismi di controllo, ma, a mio avviso, deve partire da una riformulazione del concetto stesso di "vigilanza e controllo". Rendendo più efficaci le strutture che già ci sono, oppure, soluzione a mio avviso migliore, pensando a nuovi modelli, magari traendo spunto dai paesi più virtuosi del nostro nelle attività di contrasto ai fenomeni di criminalità economica.
Infine, ritengo che non sia più prorogabile agire sul fronte della deterrenza (certezza della pena), della legislazione (re-introduzione del falso in bilancio), dell'efficienza investigativa (coordinamento internazionale e procedure rogatoriali più efficienti), della diffusione della cultura dell'onestà in politica e in azienda, dell'indipendenza e terzietà da ogni corporazione di chi è preposto alla vigilanza e al controllo...
lunedì 13 ottobre 2014
Focus sul "modello 231/01" (Milano, 19-20 novembre 2014)
organizza un convegno su:
VERIFICHE SUL
MODELLO ORGANIZZATIVO
E SULL’ATTIVITÀ DELL’ODV
INDAGINI INTERNE
INDAGINI GIUDIZIARIE
CASISTICA GIURISPRUDENZIALE
Hotel Principe di Savoia
Milano, 19 - 20 Novembre 2014
PROGRAMMA PRIMA GIORNATA: Mercoledì 19 Novembre 2014
1 - Prof. Giuseppe Pogliani (Docente di Forensic Accounting, Fraud and Litigation - Università L. Bocconi, Milano):
La mappatura dei rischi in materia di corruzione, reati societari e riciclaggio; la costruzione del modello organizzativo atta a prevenire la commissione dei reati ai fini della fraud investigation:
- necessità di comprendere le attività e le aree di rischio: il modello controlli/obiettivi
- sistema di controllo interno anti-fraud e il fraud risk assessment
- attività dell’OdV sul costante aggiornamento del modello organizzativo
- attività di fraud auditing ai fini della fraud investigation
Il reato di corruzione: la tutela penale della concorrenza nell'attuale contesto economico alla luce dei recenti provvedimenti legislativi
- D.L. 90/2014: ruolo e poteri dell’A.N.AC.
- condotte penalmente rilevanti: corruzione tra privati, concussione e traffico di influenze illecite
- rapporti con i reati societari e l’autoriciclaggio
- intese anticoncorrenziali e reati collegati o collegabili
I reati societari: esame della casistica e recenti sviluppi giurisprudenziali
Il reato di riciclaggio e l’autoriciclaggio: esame della casistica; recenti sviluppi legislativi e giurisprudenziali
- falso in bilancio e reati tributari collegati
- ostacolo alle funzioni di vigilanza
- insider trading
- aggiotaggio e manipolazione del mercato
- market abuse
Il reato di riciclaggio e l’autoriciclaggio: esame della casistica; recenti sviluppi legislativi e giurisprudenziali
- riciclaggio e autoriciclaggio: nuova formulazione dell’art. 648 bis c.p.
- collegamenti con i reati tributari e societari
- operatori bancari e professionisti: tutele, punibilità e sanzioni
- indagini interne e indagini giudiziarie: individuazione di irregolarità, patteggiamento e sanzioni irrogate
Il ruolo del CTU nella definizione dei reati societari con particolare riguardo al falso in bilancio
- formulazione del quesito nell’accertamento dell’utilità o del vantaggio
- verifiche sulle scritture contabili e riscontri con le funzioni aziendali coinvolte
- verifiche sul modello organizzativo e sull’OdV
- riferimenti tecnici per la definizione del grado di “veridicità” del bilancio
- contenuti della relazione finale
Moderatore: Avv. Federico Busatta (Partner Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners, Milano)
Avv. Vincenzo Mongillo (Docente di Diritto Penale - Università Federico II, Napoli):
La corruzione, i reati societari e il riciclaggio nella con contrattualistica e nei rapporti internazionali: implicazioni per le imprese italiane operanti all’estero
- riflessi della “novella anticorruzione” sui rischi penali in operazioni economiche internazionali
- corruzione internazionale tramite procacciatori di affari e agenti
- gruppi societari, partnership e joint venture
- misure di prevenzione della corruzione internazionale
- attività di investigation condotte da multinazionali presso le sedi operative estere
- nuovo ruolo dell’Internal Audit in azienda: dalle attività di controllo alle attività di investigation
- risvolti delle attività di investigation, tra attività di remediation interne e obblighi normativi delle giurisdizioni locali
- corruzione internazionale e corruzione transnazionale
- questioni di giurisdizione in relazione a reati commessi all’estero
- “ne bis in idem” internazionale
- violazioni amministrative e penali in presenza di un unico fatto (giurisprudenza nazionale e Corte EDU)
PROGRAMMA SECONDA GIORNATA: Giovedì 20 Novembre 2014
1 - Dott. Alfonso Dell’Isola (Studio Dell'Isola, Roma)
- analisi delle più significative criticità dei modelli organizzativi
- risk assessment come elemento essenziale per la definizione dei modelli
- punti di forza e di debolezza dell’OdV: budget, indipendenza, flussi informativi e segnalazioni
- documentazione ed esiti delle verifiche anche ai fini dell’utilizzabilità in sede giudiziaria
L’individuazione di irregolarità configuranti violazioni ai sensi del D.Lgs. 231/01: l’avvio di indagini interne finalizzato a ricostruire i fatti
- origine e verifica della segnalazione
- aspetti operativi: modalità di svolgimento delle indagini e soggetti coinvolti
- possibili illeciti compiuti da terze parti e verifiche conseguenti
- estensione delle indagini interne alle società controllate e collegate
- attività conseguenti alle irregolarità riscontrate e pianificazione delle attività di remediation
- indagini difensive penalistiche
- indagini di gruppo e concetto di present responsabilità
- utilizzo forense, privacy e contraddittorio parapenalistico avanti l’OdV
L’avvio di indagini giudiziarie conseguenti alla commissione di reati presupposto ex D. Lgs. 231/01: ruolo del CTU dalla formulazione del quesito alla relazione finale nell'analisi del modello organizzativo; idoneità ed efficacia esimente: quali caratteristiche?
- verifiche strutturali del modello organizzativo
- verifiche sul processo di formazione del modello organizzativo
- verifiche sull’OdV
- verifiche sui rapporti tra OdV e organi di corporate governance
- verifiche nei rapporti dell’OdV con il personale dipendente
- contenuti della relazione finale ai fini dell’esimente: carenze e criticità nell'ottica di un giudizio sull'adeguatezza sostanziale
TAVOLA ROTONDA
Moderatore: Avv. Chiara Padovani (Studio Legale Padovani, Milano, Genova)
Dott. Giordano Baggio (Sostituto Procuratore della Repubblica - Tribunale di Milano)
Dott. Stefano Martinazzo (Senior Manager Fraud Investigation and Dispute Services JNP S.r.l., Milano)
La casistica giurisprudenziale in materia di corruzione, reati societari e riciclaggio: dal patteggiamento alle imputazioni a carico delle persone fisiche e dell’ente
Dott. Sergio Spadaro (Sostituto Procuratore della Repubblica - Tribunale di Milano)
- casi in cui è intervenuto il patteggiamento
- ruolo e compiti del CTU
- aggiornamento del modello nel corso della fase cautelare
- accertamenti tecnici e di acquisizione documentale nella fase preliminare delle indagini
- negoziazione, comportamento attivo e cooperazione con la Procura
Dott. Sergio Spadaro (Sostituto Procuratore della Repubblica - Tribunale di Milano)
- rubricazione e classificazione dei reati contestati alle persone fisiche e all’ente
- identificazione dell’interesse (ex ante) o del vantaggio (ex post)
- struttura e attività dell’OdV sotto la lente del giudice: i parametri di adeguatezza, funzionalità e indipendenza
- sequestro
- confisca
Per gli Avvocati, la partecipazione all'iniziativa comporterà l'attribuzione di n. 12 CFP (6 CFP per ciascuna giornata) da parte del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Milano.
Per le informazioni sulla quota di iscrizione cliccare QUI
o contattare il n. della segreteria organizzativa: 011/8129112.
mercoledì 8 ottobre 2014
Le entrate del blog "Fraud Auditing & Forensic Accounting"
E' doveroso rispondere a quei lettori che hanno richiesto via mail il dettaglio delle entrate economiche del blog "Fraud Auditing & Forensic Accounting".
Secondo i propositi iniziali, che si confermano oggi, gli importi percepiti saranno utilizzati per la promozione della figura professionale del fraud auditor con tutti i mezzi ritenuti validi (ad esempio attraverso pubblicazioni a pagamento sui giornali di settore, l'organizzazione di convegni, di corsi specialistici eccetera).
Ormai da qualche mese il blog ha inserito nell'home page la pagina "DONAZIONE / DONATION" grazie alla quale chi lo ritiene utile può donare una somma di denaro.
Secondo i propositi iniziali, che si confermano oggi, gli importi percepiti saranno utilizzati per la promozione della figura professionale del fraud auditor con tutti i mezzi ritenuti validi (ad esempio attraverso pubblicazioni a pagamento sui giornali di settore, l'organizzazione di convegni, di corsi specialistici eccetera).
Si è deciso, parallelamente, di inserire anche due messaggi pubblicitari i quali, se cliccati dagli utenti, determinano anch'essi un introito economico da utilizzarsi per il medesimo fine.
Ebbene, in base alle rilevazioni fatte il 6 ottobre 2014 sull'estratto conto PayPal, risulta che gli incassi a titolo di donazione (o con qualsiasi altra causale) sono stati pari a € 0 (zero).
Mentre in pari data, la posizione a credito "Google AdSense" per i "click" effettuati sui due messaggi pubblicitari, ammonta a € 1,88 (l'importo sarà bonificato da Google solo al raggiungimento della somma di € 70).
Ricordando ancora una volta che il blog non ha alcun fine di lucro, sarà fornito periodicamente il dettaglio su eventuali entrate economiche aggiuntive a quelle sopra indicate.
l'amministratore del blog
mercoledì 1 ottobre 2014
Earnings management nel settore bancario
Recenti studi empirici sono stati condotti sulla svalutazione del portafoglio crediti nel settore bancario.
A tal proposito, per la disciplina forensic accounting, sono di particolare interesse le ricerche effettuate nel 2013 da Mark J. Flannery, Simon H. Kwan e Mahendrarajah Nimalendran, pubblicate sul Journal of Financial Intermediation in un articolo dal titolo "The 2007–2009 financial crisis and bank opaqueness", finalizzate a determinare se e in quale misura sussiste una correlazione tra tardiva svalutazione dei crediti e scarsa trasparenza.
Semplificando molto, la crisi finanziaria del periodo 2007-2009 ha determinato una certa "opacità" nelle comunicazioni sociali in capo a quelle banche che, all'aumentare dei crediti di minore qualità, non hanno saputo, o voluto, provvedere con adeguata tempestività a svalutarne la quota ragionevolmente ritenuta irrecuperabile.
Secondo questi studi la scarsa trasparenza è stata amplificata dal comportamento di quei manager che hanno preferito temporeggiare sulle svalutazioni dei crediti.
E, sarebbe inutile ribadirlo, le incertezze riguardanti l'effettivo grado di solidità della banca, soprattutto in uno scenario di asimmetrie informative concomitanti con la crisi finanziaria, ha portato a ripercussioni piuttosto gravi sia sulle quotazioni dei titoli azionari, che sono risultati meno liquidi, sia sul mercato interbancario, che ha visto paralizzato prima il flusso dei depositi tra banche e poi il patrimonio disponibile per il credito.
Ma veniamo al dunque.
A chi imputare una parte non trascurabile di responsabilità per ciò che è accaduto?
Studi teorici pubblicati in anni passati (si vedano Brian J. Hall & Jeffrey B. Liebman, "Are CEOs Really Paid Like Bureaucrats?", The Quarterly Journal of Economics, 1998 e Daniel Bergstresser e Thomas Philippon, "CEO incentives and earnings management", Journal of Financial Economics, 2006) avevano già dimostrato che nei contesti nei quali i manager hanno una remunerazione legata alle performance, come nel settore bancario, sono osservabili con più frequenza fenomeni di "earnings management".
In altre parole, soprattutto nel settore finanziario, il management ha una maggiore discrezionalità nella determinazione degli utili e la miscela diventa esplosiva se su questi risultati economici si basano le quote variabili delle retribuzioni dei medesimi manager.
Il paradosso è proprio questo.
Permettere che una parte molto ampia del compenso sia parametrata su dati manovrabili dallo stesso soggetto destinatario della retribuzione.
Il fenomeno diviene allarmante proprio nel contesto bancario nel quale un elemento di forte manovra sui risultati economici è rappresentato dalle decisioni relative agli stanziamenti della svalutazione del portafoglio crediti da iscrivere in bilancio.
Secondo i principi contabili americani (FAS 5 e FAS 114) o europei (IAS 39) le svalutazioni dovrebbero riflettere l'importo atteso delle perdite su crediti alla data di redazione del bilancio.
Ma la realtà ha evidenziato che la quota delle svalutazioni, non essendo determinabile in modo certo e oggettivo, in molti casi è stata frutto di compromessi tra i vari portatori di interessi.
Se poi si considera che in ultima analisi è responsabilità del management stabilire quanto e quando svalutare, quasi al pari di un'opinione come un'altra, il problema diventa evidente nella sua drammaticità.
Gli studi richiamati all'inizio dell'articolo hanno definito alcuni indicatori in grado di misurare il tasso di "opacità" degli istituti di credito.
Per il fraud auditor questi indicatori possono essere considerati al pari degli altri fattori di rischio (o "red flag") che potrebbero rivelare la presenza di comportamenti potenzialmente illeciti.
Si pensi ad esempio a quelle "pratiche strategiche" poste in essere da un nuovo management il quale, al solo scopo di attribuire responsabilità a precedenti gestioni, provvede ad iscrivere in bilancio importanti svalutazioni di crediti.
Presumibilmente però parte di tali crediti saranno successivamente incassati, generando sopravvenienze attive e quindi maggiori utili sui quali calcolare le percentuali di retribuzione variabile e/o basare gli avanzamenti di carriera, a beneficio del medesimo managment che aveva deliberato le svalutazioni.
Ed è anche per i motivi solo appena accennati nel presente intervento che il forensic accountant è necessariamente chiamato a "vedere" ben al di là dei bilanci, delle scritture contabili e dei relativi principi di redazione.
s.m.
A tal proposito, per la disciplina forensic accounting, sono di particolare interesse le ricerche effettuate nel 2013 da Mark J. Flannery, Simon H. Kwan e Mahendrarajah Nimalendran, pubblicate sul Journal of Financial Intermediation in un articolo dal titolo "The 2007–2009 financial crisis and bank opaqueness", finalizzate a determinare se e in quale misura sussiste una correlazione tra tardiva svalutazione dei crediti e scarsa trasparenza.
Semplificando molto, la crisi finanziaria del periodo 2007-2009 ha determinato una certa "opacità" nelle comunicazioni sociali in capo a quelle banche che, all'aumentare dei crediti di minore qualità, non hanno saputo, o voluto, provvedere con adeguata tempestività a svalutarne la quota ragionevolmente ritenuta irrecuperabile.
Secondo questi studi la scarsa trasparenza è stata amplificata dal comportamento di quei manager che hanno preferito temporeggiare sulle svalutazioni dei crediti.
E, sarebbe inutile ribadirlo, le incertezze riguardanti l'effettivo grado di solidità della banca, soprattutto in uno scenario di asimmetrie informative concomitanti con la crisi finanziaria, ha portato a ripercussioni piuttosto gravi sia sulle quotazioni dei titoli azionari, che sono risultati meno liquidi, sia sul mercato interbancario, che ha visto paralizzato prima il flusso dei depositi tra banche e poi il patrimonio disponibile per il credito.
Ma veniamo al dunque.
A chi imputare una parte non trascurabile di responsabilità per ciò che è accaduto?
Studi teorici pubblicati in anni passati (si vedano Brian J. Hall & Jeffrey B. Liebman, "Are CEOs Really Paid Like Bureaucrats?", The Quarterly Journal of Economics, 1998 e Daniel Bergstresser e Thomas Philippon, "CEO incentives and earnings management", Journal of Financial Economics, 2006) avevano già dimostrato che nei contesti nei quali i manager hanno una remunerazione legata alle performance, come nel settore bancario, sono osservabili con più frequenza fenomeni di "earnings management".
In altre parole, soprattutto nel settore finanziario, il management ha una maggiore discrezionalità nella determinazione degli utili e la miscela diventa esplosiva se su questi risultati economici si basano le quote variabili delle retribuzioni dei medesimi manager.
Il paradosso è proprio questo.
Permettere che una parte molto ampia del compenso sia parametrata su dati manovrabili dallo stesso soggetto destinatario della retribuzione.
Secondo i principi contabili americani (FAS 5 e FAS 114) o europei (IAS 39) le svalutazioni dovrebbero riflettere l'importo atteso delle perdite su crediti alla data di redazione del bilancio.
Ma la realtà ha evidenziato che la quota delle svalutazioni, non essendo determinabile in modo certo e oggettivo, in molti casi è stata frutto di compromessi tra i vari portatori di interessi.
Se poi si considera che in ultima analisi è responsabilità del management stabilire quanto e quando svalutare, quasi al pari di un'opinione come un'altra, il problema diventa evidente nella sua drammaticità.
Gli studi richiamati all'inizio dell'articolo hanno definito alcuni indicatori in grado di misurare il tasso di "opacità" degli istituti di credito.
Per il fraud auditor questi indicatori possono essere considerati al pari degli altri fattori di rischio (o "red flag") che potrebbero rivelare la presenza di comportamenti potenzialmente illeciti.
Si pensi ad esempio a quelle "pratiche strategiche" poste in essere da un nuovo management il quale, al solo scopo di attribuire responsabilità a precedenti gestioni, provvede ad iscrivere in bilancio importanti svalutazioni di crediti.
Presumibilmente però parte di tali crediti saranno successivamente incassati, generando sopravvenienze attive e quindi maggiori utili sui quali calcolare le percentuali di retribuzione variabile e/o basare gli avanzamenti di carriera, a beneficio del medesimo managment che aveva deliberato le svalutazioni.
Ed è anche per i motivi solo appena accennati nel presente intervento che il forensic accountant è necessariamente chiamato a "vedere" ben al di là dei bilanci, delle scritture contabili e dei relativi principi di redazione.
s.m.
lunedì 22 settembre 2014
Ispezioni contabili e documentali, una tendenza in crescita
Saranno gli effetti collaterali della crisi economica oppure una maggiore consapevolezza sulla reale utilità delle cosiddette "ispezioni contabili e documentali", ma si sta assistendo ad un incremento della domanda di tali servizi rivolta alle società di consulenza esperte nel settore forensic accounting.
Con l'espressione "ispezione contabile e documentale" ci si riferisce, in particolare, ad ogni attività finalizzata ad esaminare, verificare e acquisire qualsiasi dato o informazione contabile o extra-contabile contenuta nei registri, libri, archivi e sistemi informatici aziendali.
Naturalmente le ragioni che spingono l'imprenditore ad avvalersi di tali servizi a fini di ispezione e controllo sono molteplici; una fra tutte il sospetto di una frode commessa da dipendenti infedeli.
In questo caso le verifiche (che potremmo chiamare anche "indagini interne" o "internal fraud audit") si concretizzeranno dapprima con un'attività di riscontro sull'effettiva capacità delle sole informazioni contabili a far emergere il comportamento fraudolento; ciò grazie, ad esempio, agli accertamenti preliminari sulla completezza, accuratezza e veridicità delle rilevazioni contabili e della loro corretta sintesi nel bilancio d'esercizio.
In secondo luogo si procederà con l'attività di ricognizione e raccolta delle informazioni extra-contabili.
E' bene tener presente che il forensic accontant, nel corso delle proprie verifiche, è poco incline ad utilizzare i metodi di campionamento.
Infatti queste tecniche possono limitare una piena ed esaustiva ricostruzione della frode. Pertanto le indagini saranno svolte a tutto campo, setacciando ogni dato disponibile anche ricorrendo a strumenti informatici appositamente progettati per le attività investigative.
Nel corso delle ispezioni non deve essere trascurata l'analisi delle e-mail come pure delle agende aziendali, dei brogliacci, degli appunti, degli scadenzari e della corrispondenza cartacea, ancora utilizzata in certi ambiti lavorativi.
Come è fondamentale ricostruire i flussi commerciali tramite l'analisi dei contratti, ordini, fatture nonché i flussi finanziari mediante l'esame dei conti correnti, delle contabili bancarie, delle matrici di assegni o delle lettere di bonifico.
E' chiaro che il rifiuto ad esibire o consegnare al forensic accountant un determinato documento equivale ad incrementare i sospetti sull'esistenza della frode, così come rappresentano gravi indizi di responsabilità l'eventuale occultamento o distruzione di documenti o dati ovvero le rettifiche contabili fatte in modo imprevisto e improvviso nel corso dell'ispezione.
Con l'espressione "ispezione contabile e documentale" ci si riferisce, in particolare, ad ogni attività finalizzata ad esaminare, verificare e acquisire qualsiasi dato o informazione contabile o extra-contabile contenuta nei registri, libri, archivi e sistemi informatici aziendali.
Naturalmente le ragioni che spingono l'imprenditore ad avvalersi di tali servizi a fini di ispezione e controllo sono molteplici; una fra tutte il sospetto di una frode commessa da dipendenti infedeli.
In questo caso le verifiche (che potremmo chiamare anche "indagini interne" o "internal fraud audit") si concretizzeranno dapprima con un'attività di riscontro sull'effettiva capacità delle sole informazioni contabili a far emergere il comportamento fraudolento; ciò grazie, ad esempio, agli accertamenti preliminari sulla completezza, accuratezza e veridicità delle rilevazioni contabili e della loro corretta sintesi nel bilancio d'esercizio.
In secondo luogo si procederà con l'attività di ricognizione e raccolta delle informazioni extra-contabili.
E' bene tener presente che il forensic accontant, nel corso delle proprie verifiche, è poco incline ad utilizzare i metodi di campionamento.
Infatti queste tecniche possono limitare una piena ed esaustiva ricostruzione della frode. Pertanto le indagini saranno svolte a tutto campo, setacciando ogni dato disponibile anche ricorrendo a strumenti informatici appositamente progettati per le attività investigative.
Nel corso delle ispezioni non deve essere trascurata l'analisi delle e-mail come pure delle agende aziendali, dei brogliacci, degli appunti, degli scadenzari e della corrispondenza cartacea, ancora utilizzata in certi ambiti lavorativi.
Come è fondamentale ricostruire i flussi commerciali tramite l'analisi dei contratti, ordini, fatture nonché i flussi finanziari mediante l'esame dei conti correnti, delle contabili bancarie, delle matrici di assegni o delle lettere di bonifico.
E' chiaro che il rifiuto ad esibire o consegnare al forensic accountant un determinato documento equivale ad incrementare i sospetti sull'esistenza della frode, così come rappresentano gravi indizi di responsabilità l'eventuale occultamento o distruzione di documenti o dati ovvero le rettifiche contabili fatte in modo imprevisto e improvviso nel corso dell'ispezione.
lunedì 15 settembre 2014
Il "Referente Antifrode" nel settore assicurativo
Il blog si è già occupato in passato di frodi assicurative, tuttavia è bene ritornare sull'argomento vista la recente disposizione emanata dalla divisione Antifrode dell'Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni (IVASS).
Che i fraud auditor entrino ufficialmente nel mondo assicurativo e possano agire in piena libertà ed efficacia lo si vedrà molto presto.
Infatti la nomina del Referente Antifrode (RAF) ed il conferimento dei relativi poteri di rappresentanza dovrebbero essere avvenuti entro il 20 luglio scorso, cioè entro i 30 giorni messi a disposizione degli organi societari per prendere i necessari provvedimenti.
Ma quali dovranno essere in concreto i compiti del Referente Antifrode?
Innanzitutto la disposizione emanata dall'IVASS specifica tre mansioni principali; nell'ordine:
Grazie a questo provvedimento datato 21 maggio 2014 (prot. n. 47-14-001794) tutte le imprese di assicurazione sono tenute a nominare un "referente" per le attività antifrode.
Che i fraud auditor entrino ufficialmente nel mondo assicurativo e possano agire in piena libertà ed efficacia lo si vedrà molto presto.
Infatti la nomina del Referente Antifrode (RAF) ed il conferimento dei relativi poteri di rappresentanza dovrebbero essere avvenuti entro il 20 luglio scorso, cioè entro i 30 giorni messi a disposizione degli organi societari per prendere i necessari provvedimenti.
Al momento non si hanno informazioni sull'effettivo adempimento a tali disposizioni.
Innanzitutto la disposizione emanata dall'IVASS specifica tre mansioni principali; nell'ordine:
- attività antifrode;
- adempimenti riconducibili all'Archivio Informatico Integrato (AII);
- attività di collegamento, coordinamento e collaborazione con gli organi di Polizia Giudiziaria.
Entrando, seppur sinteticamente, nel merito delle competenze richieste al RAF, si comprende subito che la disposizione dell'IVASS prevede un'insieme di compiti vastissimo che il referente, con molta probabilità, dovrà gestire mediante un proprio team di esperti appositamente formato e dedicato.
Da qui l'esigenza di costituire un'Unità Antifrode diretta dal RAF.
Dovrà essere una vera e propria struttura d'intelligence con compiti investigativi e di prevenzione, dotata delle caratteristiche già illustrate dal nostro blog nel post "Frodi assicurative: ruoli e competenze del fraud auditor", al quale si rimanda per gli approfondimenti.
Dovrà essere una vera e propria struttura d'intelligence con compiti investigativi e di prevenzione, dotata delle caratteristiche già illustrate dal nostro blog nel post "Frodi assicurative: ruoli e competenze del fraud auditor", al quale si rimanda per gli approfondimenti.
Questa Unità sarà chiamata ad individuare situazioni anomale attraverso attività di raccolta, incrocio ed analisi dei dati presenti nelle varie piattaforme informative aziendali ed extra-aziendali (comprese le cosiddette fonti pubbliche o "fonti aperte") al fine, da un lato, di effettuare le indagini interne e dall'altro di segnalare i presunti fenomeni fraudolenti all'Autorità Giudiziaria competente.
Inutile sottolinearlo, ma le strutture antifrode affinché possano portare un concreto beneficio alla redditività aziendale devono essere dotate di un budget sufficientemente capiente per effettuare i necessari investimenti nel campo informatico e nella formazione del personale.
La direttiva dell'IVASS aggiunge un compito fondamentale per il Referente Antifrode.
Una novità, almeno per il mondo assicurativo: il ruolo di collegamento con le forze di Polizia Giudiziaria con le quali deve essere instaurato un solido rapporto, basato innanzitutto su principi di leale collaborazione.
Infine tra le attività di competenza del RAF trova massimo rilievo la prevenzione del rischio di frode.
E ciò deve avvenire anche in coordinamento con le altre strutture di controllo, quali ad esempio l'Organismo di Vigilanza previsto dal D.Lgs. 231/01 (anche in questo caso il blog ha già trattato l'argomento nel post "Prevenire le frodi attraverso il modello organizzativo 231. Utopia?").
Il RAF in questo caso potrebbe ricoprire il ruolo di membro dell'OdV e divenire uno strumento utile anche per le verifiche di competenza di quest'ultimo organismo.
Il RAF in questo caso potrebbe ricoprire il ruolo di membro dell'OdV e divenire uno strumento utile anche per le verifiche di competenza di quest'ultimo organismo.
Prevenire le frodi significa istituire opportune procedure basate su una conoscenza minuziosa di un business particolare e caratteristico quale quello assicurativo, tenendo in considerazione i principi ispiratori dei più evoluti ed efficaci modelli di fraud risk management.
Il tempo e le statistiche sugli esiti della repressione dei fenomeni fraudolenti ci sapranno dire se la strada imboccata dall'IVASS si dimostrerà quella giusta.
s.m.
lunedì 8 settembre 2014
Il decalogo del risk management, il caso Barings Bank
Correva l'anno 1995 quando la più antica e prestigiosa merchant bank di Londra, fondata nel 1762, fallì drammaticamente.
Classe 1967, sin dalla data di assunzione presso la Barings Bank, avvenuta nei primi anni '90, si dimostrò molto abile nelle transazioni con derivati sul mercato monetario di Singapore.
Ulteriori sforzi di arginare i danni furono vani, anzi contribuirono ad aggravare ancora di più la situazione portando in poco meno di un mese ad incrementare la perdita di altri 500 milioni di sterline.
Nick Leeson fu arrestato a Francoforte il 2 marzo 1995, dopo una fuga rocambolesca tra Malesia e Sultanato del Brunei. Fu estradato a Singapore il 20 novembre 1995 e condannato a sei anni e mezzo di reclusione con l'accusa di frode e manomissione di documenti.
Quello della Barings Bank fu un fallimento improvviso e inaspettato.
Devastante per la sua gravità. E la causa principale che portò la banca ad accumulare una perdita pari a 827 milioni di sterline (1,4 miliardi di dollari) fu individuata nella mancanza di controlli sulle operazioni di trading.
Devastante per la sua gravità. E la causa principale che portò la banca ad accumulare una perdita pari a 827 milioni di sterline (1,4 miliardi di dollari) fu individuata nella mancanza di controlli sulle operazioni di trading.
Fu giudicato responsabile del fallimento niente meno che un pioniere delle negoziazioni in prodotti finanziari derivati, in particolare futures.
Il suo nome è Nick Leeson.
Classe 1967, sin dalla data di assunzione presso la Barings Bank, avvenuta nei primi anni '90, si dimostrò molto abile nelle transazioni con derivati sul mercato monetario di Singapore.
Nel 1992 iniziò ad effettuare le prime operazioni non autorizzate che portarono, tuttavia, lauti profitti ai clienti della banca inglese.
Tutto sembrava procedere nel verso giusto quando arrivarono le prime perdite e la conseguente ricerca di come occultarle alla vista dei vertici della banca e degli organismi di controllo.
Leeson decise quindi di nascondere gli insuccessi finanziari in un conto chiamato "account error 88888" che poteva essere considerato dagli auditor come una sorta di "conto tappabuchi" da utilizzare per contabilizzare piccoli scostamenti dovuti ad errore o le differenze di arrotondamento.
Inizialmente le perdite furono trascurabili, nell'ordine dei 2 milioni di sterline, ma le cose per il trader andavano di peggio in peggio e alla fine del 1994 la perdita ammontava a ben 208 milioni di sterline.
Nessuno dei revisori interni o esterni, tuttavia, spese del tempo per approfondire la natura e le ragioni delle numerose rilevazioni contabili iscritte sul conto "error 88888".
Tanto meno la banca era munita di alert automatici di segnalazione delle perdite di negoziazione al di sopra di una determinata soglia.
Ma la famosa goccia che fece traboccare il vaso avvenne con l'operazione del 16 gennaio 1995.
Da quel giorno tutto precipitò velocemente.
Tanto meno la banca era munita di alert automatici di segnalazione delle perdite di negoziazione al di sopra di una determinata soglia.
Ma la famosa goccia che fece traboccare il vaso avvenne con l'operazione del 16 gennaio 1995.
Da quel giorno tutto precipitò velocemente.
Le cronache narrano di una giornata grigia a Singapore mentre Leeson cliccò il tasto di conferma dell'ordine appena inserito.
Un azzardo che poteva risolvere ogni suo problema e recuperare integralmente le perdite.
...oppure il disastro.
...oppure il disastro.
Leeson, quel 16 gennaio 1995, scommise sulla stabilità del mercato asiatico.
Alle ore 05:46 del 17 gennaio 1995 un devastante terremoto di magnitudo 6,8 provocò lo spostamento della crosta terrestre di qualche decina di metri nella prefettura di Hyogo nel sud del Giappone.
Una scossa della durata di 20 secondi che si portò via 6.434 vite con danni stimati nell'ordine dei 10.000 miliardi di yen (102,5 miliardi di dollari), pari al 2% del PIL del Giappone.
Una scossa della durata di 20 secondi che si portò via 6.434 vite con danni stimati nell'ordine dei 10.000 miliardi di yen (102,5 miliardi di dollari), pari al 2% del PIL del Giappone.
Il mercato asiatico collassò.
E con esso i tentativi febbrili di Leeson di uscire dalla posizione finanziaria assunta il giorno precedente.
E con esso i tentativi febbrili di Leeson di uscire dalla posizione finanziaria assunta il giorno precedente.
Ulteriori sforzi di arginare i danni furono vani, anzi contribuirono ad aggravare ancora di più la situazione portando in poco meno di un mese ad incrementare la perdita di altri 500 milioni di sterline.
La mattina del 23 febbraio 1995 su di un lato del desk del trader inglese, ormai irreperibile da alcune ore, fu rinvenuto un post-it su cui si leggeva un laconico: "I'm sorry!".
Il 26 febbraio 1995, la Barings Bank fu dichiarata insolvente.
Nick Leeson fu arrestato a Francoforte il 2 marzo 1995, dopo una fuga rocambolesca tra Malesia e Sultanato del Brunei. Fu estradato a Singapore il 20 novembre 1995 e condannato a sei anni e mezzo di reclusione con l'accusa di frode e manomissione di documenti.
* * *
Da questa drammatica vicenda si è tratto un decalogo che a cavallo degli anni 2000 era molto in voga tra i giovani fraud auditor chiamati a testare i sistemi di prevenzione del rischio di frode nell'ambito bancario.
Decalogo che oggi il blog Fraud Auditing & Forensic Accounting è in grado di riproporre nella sua versione originale in lingua italiana.
Il decalogo del "fraud risk management"
- Capisci i tuoi utili. I grossi utili che non capisci sono più pericolosi delle grosse perdite che capisci.
- Attenti alle distanze. Il rischio cresce con la distanza dalla sede.
- Rispetta il sabato e la domenica. Le persone che non prendono mai ferie o che stanno sempre in ufficio sino a tardi non sempre sono modelli di virtù.
- Preparati a pagare. Non esistono guadagni facili e senza rischio.
- Siate coinvolti. Il business non prospera nell'indifferenza.
- Riconciliate con diligenza. Problemi di riconciliazione spesso sono indicatori di perdite.
- Seguite la cassa. La contabilità può essere manipolata. La cassa è il controllo fondamentale.
- Rispettate la qualità. Volume non è sinonimo di valore.
- Quadrate le somme. Attenti alla contabilità creativa.
- Attenti ai vostri computer. Sono una porta aperta al cuore del vostro business.
domenica 31 agosto 2014
Consulenza tecnica giudiziaria in materia 231
Nell'ambito dell’attività professionale esercitata come fraud auditor a favore di aziende e di studi legali, non è raro essere chiamati ad assumere il ruolo di Consulente Tecnico del Pubblico Ministero al fine di condurre accertamenti mirati ad individuare eventuali irregolarità tali da configurare violazioni ai sensi del d.lgs. 231/01.
In base a recenti esperienze, i quesiti posti dal Pubblico Ministero riguardanti il modello organizzativo 231 sono stati formalizzati in corso d’indagine e più precisamente in seguito ad una prima nomina finalizzata alla ricostruzione dal punto di vista economico-finanziario di alcune operazioni irregolari.
In questi casi il PM, grazie al lavoro preliminare svolto dal suo CT, è stato in grado di valutare:
- la reale fondatezza degli elementi di prova acquisiti,
- che i delitti commessi potevano configurarsi come reati presupposto,
- la potenziale sussistenza di un interesse (e dell'eventuale vantaggio) in capo all'ente
Il quesito posto dal PM può prevedere lo svolgimento di accertamenti tecnici volti ad analizzare i seguenti aspetti:
- l'esistenza, il funzionamento e l'idoneità del modello organizzativo;
- l'esistenza, la composizione, l'adeguatezza e l'effettivo funzionamento dell’Organismo di Vigilanza;
- gli accertamenti su eventuali elusioni fraudolente del modello;
- la qualificazione dell’interesse (beneficio specifico) in capo all'ente;
- la quantificazione dell'eventuale vantaggio (profitto o prodotto del reato);
- la definizione del ruolo di "apicale" del soggetto indagato.
In particolare nel seguito è riportato, in estrema sintesi, un possibile approccio metodologico che il Consulente Tecnico potrebbe seguire al fine di rispondere al quesito posto dal PM.
Verifiche condotte sul modello 231
Le analisi condotte sul modello sono finalizzate ad accertare:
- la data di entrata in vigore del modello e delle sue versioni successive;
- il/i soggetto/i che si sono occupati della sua introduzione, sviluppo e aggiornamento;
- la corretta mappatura delle attività sensibili soggette a rischio d’illecito;
- l’adozione di specifici protocolli operativi di prevenzione;
- lo stanziamento di risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;
- l’esistenza di strutture interne/esterne preposte alla gestione e aggiornamento del modello;
- le evidenze di attività di formazione del personale;
- l’esistenza di codici di deterrenza e di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto del modello.
Verifiche sull'Organismo di Vigilanza (art. 6, c. 1, lettera b)
Con riferimento all’O.d.V. potrebbero essere svolte le seguenti attività di verifica:
- accertamento sulla composizione dell’O.d.V. (collegiale o monocratico; membri interni/esterni);
- verifica dei requisiti posseduti dai membri dell’O.d.V. (autonomia, indipendenza, professionalità, onorabilità, assenza di conflitti d’interesse);
- analisi sulle attività svolte dall’O.d.V. sulla base della documentazione disponibile.
Verifiche su eventuali elusioni fraudolente del modello (art. 6, c. 1, lett. c)
L’analisi condotta dal CT del PM dovrebbe sempre prevedere approfondimenti sulle eventuali azioni elusive finalizzate ad aggirare il modello; in presenza di condotte fraudolentemente elusive, infatti, l’ente non risponde.
Andrebbe pertanto appurato se la condotta elusiva è stata (Sentenza 4677/13, Corte Cassazione):
- ingannevole;
- falsificatrice;
- obliqua;
- subdola.
In quest’ultimo caso, a parere di chi scrive, il modello non è idoneo per definizione proprio perché in primis esso è chiamato a contrastare proprio tali comportamenti abusivi del management.
Identificazione dell’interesse e vantaggio dell’ente (art. 5, c. 2)
L’identificazione dell’interesse (ex-ante) e dell'eventuale vantaggio (ex-post) dell’ente andrebbe dimostrata grazie a specifiche analisi e verifiche svolte dal CT finalizzare a comprendere quali siano stati gli “obiettivi” del reato (interesse dell’ente o esclusivo interesse proprio?) nonché la natura del vantaggio perseguito (meramente economica, beneficio di posizione sul mercato, concorrenza sleale eccetera).
E' solo in caso di ricordare infatti che l’ente non risponde se i responsabili del reato hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.
Definizione del ruolo di "apicale" (art. 5 c. 1, lettera a)
- l'inquadramento contrattuale e la sua collocazione gerarchica;
- il ruolo e la mansione rivestita all'interno dell'organizzazione aziendale;
- gli eventuali poteri/deleghe/procure attribuitegli dagli organi assembleari e amministrativi;
- le eventuali responsabilità sostanziali (o di fatto) assunte nell'esercizio del proprio ruolo.
L'obiettivo del CT dovrebbe essere mirato a verificare che tali soggetti rivestano funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione.
Inoltre, nei casi più complessi e controversi, è opportuno procedere a specifici accertamenti mirati a verificare l'effettiva autonomia finanziaria e funzionale dell'unità organizzativa nel cui ambito il citato soggetto abbia operato come amministratore, gestore, direttore o controllore.
Da ultimo è importante sottolineare come tutte le attività del CT del PM possano essere portate a termine solo grazie al coordinamento e alla partecipazione attiva alle operazioni di Polizia Giudiziaria condotte, generalmente, dai nuclei investigativi della Guardia di Finanza delegati dall'Autorità Giudiziaria.
Da ultimo è importante sottolineare come tutte le attività del CT del PM possano essere portate a termine solo grazie al coordinamento e alla partecipazione attiva alle operazioni di Polizia Giudiziaria condotte, generalmente, dai nuclei investigativi della Guardia di Finanza delegati dall'Autorità Giudiziaria.
s.m.
Iscriviti a:
Post (Atom)