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martedì 18 giugno 2013

Cibo criminale. Il nuovo business della mafia italiana

La carne di cavallo nelle lasagne alla bolognese e nel ragù delle confezioni di pasta fresca, fino all'ipotesi più inquietante della carne di cane utilizzata per la preparazione dei cibi. 
Batteri coliformi solitamente presenti nelle feci scoperti in Cina nelle torte al cioccolato dell’Ikea, tranci di carne scaduta da otto anni trovati nei congelatori di un grossista di Milano (...)

Certamente un'inchiesta shock quella condotta dai giornalisti Mara Monti (Il Sole 24 Ore) e Luca Ponzi (RAI), basata su documenti inediti, indagini sul campo, atti giudiziari di procedimenti penali alcuni dei quali ancora alle prime battute.

247 pagine dal contenuto inquietante che mettono in luce con assoluta chiarezza il lato oscuro dell'industria alimentare italiana.
Un argomento che deve interessare tutti noi in quanto consumatori ma anche perché riguarda un settore strategico, da sempre considerato un vanto per il nostro Paese.
Si tratta del cibo "made in Italy" sul quale poggia circa il 10% del PIL nazionale con un giro d'affari di ben 154 miliardi di euro l'anno.
Una risorsa strategica da custodire e potenziare con la massima priorità soprattutto in un momento certamente non facile per l'economia italiana.




Come i lettori ricorderanno, "sulla mensola del fraud auditor" abbiamo già collocato un'altra opera di Mara Monti, L'Italia dei Crack, un resoconto puntuale dei grandi scandali economico-finanziari accaduti in Italia nell'ultimo decennio.
Ora parliamo di un nuovo business criminale e di una nuova inchiesta giornalistica.
Questa volta però ho deciso di coinvolgere nella mia recensione la stessa coautrice, ponendole alcune domande.

Lei è stata autrice del fortunato libro “L’Italia dei Crack” nel quale ha descritto in modo particolareggiato i fatti e i misfatti legati ai dissesti di alcune tra le più grandi aziende italiane. Ora un saggio riguardante il settore agro-alimentare. Come e perché le è venuta l’idea di condurre un’inchiesta su questo argomento? Ci sono analogie tra le due opere giornalistiche?
In entrambi i casi si tratta di denunce: nel primo ho cercato di descrivere come i risparmi venivano amministrati dal settore finanziario alla luce di alcuni scandali, primo fra tutti quello della Parmalat. Ed è appunto indagando su questo Gruppo e su un settore, quello agroalimentare, che ho raccolto indizi e informazioni diventati utili per questo ultimo libro.
A cominciare dalle infiltrazioni malavitose: tra il 1996 e il 2003, cioè fino alla vigilia del crack, il clan dei casalesi erano riusciti ad imporre in tutta la Campania il latte Parmalat. Eurolat la società del latte della Cirio concedeva ai casalesi che fungevano da grossisti super sconti che finivano direttamente nelle tasche del clan. In cambio ottenevano vendite garantite a un prezzo superiore rispetto a quello praticato nel resto d’Italia. L’infiltrazione della criminalità nel settore alimentare è ammessa anche dalla Direzione Antimafia che nella sua relazione annuale del dicembre 2012 scriveva: “E’ un livello molto più sofisticato che riguarda più in generale il terziario, poiché arriva a toccare la grande distribuzione al dettaglio con l’imposizione da parte delle organizzazioni mafiose dei propri prodotti nella intera catena della distribuzione”. Lo hanno segnalato anche i servizi segreti nella loro relazione annuale al Parlamento dove si legge: “è forte l’interesse straniero per il settore agroalimentare” precisando che “l’attuale scenario fluido e globalizzato è sempre più esposto agli appetiti dei circuiti anche illegali”. Quanto basta per dire che quando si parla tanto di cibo bisogna essere vigili perché c’è una parte del business che è truccato.
Mi chiede se ci siano analogie? Senza ombra di dubbio quella dei controlli laschi. Succede nella finanza come testimoniano gli scandali degli anni passati e quelli attuali, ma succede anche nel settore alimentare: controllori spesso corrotti che chiudono un occhio di fronte alle analisi dei prodotti che riportano parametri fuori dalle norme di legge.
Qui non si parla di soldi, ma di salute e forse è ancora più grave.

Nel libro si parla diffusamente dell’ “agromafia” come fenomeno in crescita con un fatturato annuo stimato in 12,5 miliardi di euro. A questo ammontare si devono aggiungere altri 60 miliardi di euro annui derivanti dalla falsificazione del marchio italiano dovuto ai prodotti “Italian sounding” che richiamano genericamente l’Italia ma che italiani proprio non sono. Un danno immenso per l’economia nazionale. Per la documentazione che ha potuto analizzare, ritiene che gli sforzi profusi dall'Autorità Giudiziaria siano sufficienti al fine di recuperare queste somme guadagnate illecitamente?
Finora è stato recuperato ben poco. Per queste fattispecie le autorità giudiziarie procedono in prevalenza per il reato di falso in commercio oppure al massimo per truffa, reati difficili da dimostrare e con una pena edittale che arriva ad un massimo di due anni e a una sanzione di 4 milioni che con le attenuanti si abbassa ulteriormente. E’ chiaro che se la sanzione è poco incisiva, perde la sua portata di deterrenza. A questo si aggiunga il fatto che difficilmente vengono effettuate indagini di natura finanziaria nei confronti dei soggetti e società. Così facendo il giro dei soldi che deriva da questi traffici illeciti rimane quasi sempre nell'ombra. Questo non vuol dire che le indagini non ci siano. Ogni anno si scoprono casi di frodi di ogni genere: dalla mozzarella di bufala prodotta con latte importato, concentrato di pomodoro spacciato come italiano e ottenuto con la materia prima cinese, prosciutti confezionati con carne danese, olio ricavato da olive spagnole, tunisine e greche. A questi si aggiungono le truffe agli aiuti comunitari e all'agricoltura nei quali si sta inserendo pesantemente la mafia: la crisi economica ha fatto si che i gruppi criminali siano sempre più attivi nei progetti europei. Le mafie che possono contare su ingente liquidità a disposizione, comprano terreni e beni per potere partecipare ai bandi comunitari.
Un’emergenze sollevata anche dal Parlamento europeo che ha costituito una commissione speciale antimafia per la lotta alla corruzione negli appalti, nella pubblica amministrazione e nei fondi europei.

Quando è in gioco l’alimentazione sono in gioco gli interessi di tutti. Come vede il contributo nel contrasto di questi fenomeni illeciti delle associazioni dei consumatori o dei produttori? Secondo lei sarebbe possibile la promozione di azioni legali collettive sulla falsa riga delle famose “class action” americane?
Le associazioni dei consumatori hanno un ruolo determinante, si tratta di vedere se hanno sufficienti informazioni per avviare un’azione legale. Lei citava lo strumento della class action, strumento introdotto in Italia per la prima volta dopo gli scandali finanziari. La genesi di questa legge è stata difficile e lunga, ci sono voluti cinque anni per trovare una formulazione legislativa condivisa. Alla fine quello che ne è uscito è stato uno strumento quasi inutile e di difficile utilizzo come più volte è stato denunciato. Negli Stati Uniti dove c’è una lunga tradizione di azioni legali collettive, recentemente si è appreso che una nota casa produttrice di birra è stata oggetto di class action perché scoperta a diluire la birra con l’acqua, non riportando sull'etichetta la reale composizione del prodotto: “Il consumatore deve ottenere informazioni affidabili sui prodotti che acquista”, recita l’atto con cui i legali dei consumatori hanno chiamato in causa il produttore di birra, avviando appunto una class action.
Il made in Italy sarebbe più tutelato se anche in Italia si diffondesse l’utilizzo di azioni legali collettive.

Le somme realizzate grazie alla contraffazione del prodotto alimentare “made in Italy” sono oggetto di riciclaggio come avviene per qualsiasi altro provento da fatto illecito. In seguito a quanto ha potuto verificare, quali sono i canali utilizzati per ripulire questo denaro illecito? 
Come ho già detto è difficile trovare in questo settore delle inchieste che vadano a scandagliare i profili finanziari di questi reati. Per quello che si è potuto constatare specialmente nelle inchieste fatte all'estero, il riciclaggio avviene come per gli altri settori, attraverso società off shore con sede in paradisi fiscali dove vengono sbiancati i proventi del reato. Cipro ad esempio era un terminale nel traffico che ha portato a scoprire lo scandalo della carne di cavallo.
Mi aspetterei che i proventi di attività illecite, ad esempio nel traffico di stupefacenti, vengano reinvestiti nel settore alimentare dal momento che alcuni prodotti seguendo gli stessi precorsi della droga.

In un mercato ormai globale, con regole e controlli non omogenei, interessi divergenti e un grado di competizione tra Paesi forse eccessivo, quale potrebbe essere una possibile via di mitigazione dei fenomeni illeciti legati al settore agro-alimentare? Potrebbe essere utile potenziare le strutture di controllo e vigilanza europee già esistenti? Oppure, visti i risultati deludenti di una certa globalizzazione senza regole, si dovrebbe tornare ad una tutela basata su forme di protezionismo dei prodotti nazionali pensate e organizzate dai singoli Paesi?
In primo luogo bisogna rendere più pesati le sanzioni per questa fattispecie di reati, le ultime proposte fatte dall'ex Ministro Severino sono rimaste sulla carta.
Del problema se ne sta discutendo anche a livello comunitario ma l’impressione è che si resti troppo in superficie.

*   *   *

Mara Monti e Luca Ponzi invitano tutti alla presentazione del libro "Cibo criminale" che si terrà il prossimo mercoledì 26 giugno alle ore 18.00 presso la Libreria Feltrinelli di Corso Buenos Aires 33 a Milano (per gli utenti fecebook cliccare qui).
L'occasione sarà propizia per conoscere personalmente gli autori e per porre loro eventuali domande.

Per chi fosse interessato all'acquisto on-line (cliccare): 
(247 p., Newton Compton - collana Controcorrente. Prezzo di copertina: € 9,90 - eBook: € 4,99).

* * *

Mara Monti è giornalista a Il Sole 24 Ore dove lavora alla redazione finanza.
E' specializzata in giudiziaria; ha scritto il libro “L’Italia dei crack” ed è coautrice di “Gialli finanziari, otto casi italiani e internazionali” (Cairo Editore).
Prima de Il Sole 24 Ore, Mara Monti ha lavorato a Radio 24 e come chief editor all'agenzia internazionale Dow Jones Telerate del gruppo editoriale che pubblica il Wall Street Journal.
Laureata in Economia all'Università di Bologna con una tesi sul commercio internazionale, Mara Monti ha un master in Relazioni Internazionali alla London School of Economics di Londra.
È membro di IRPI (Investigative Reporting Project Italy), l’associazione italiana di giornalismo investigativo.

Luca Ponzi giornalista prima alla "Gazzetta di Parma" ora alla sede RAI dell’Emilia Romagna, ha raccontato alcuni degli episodi di cronaca più importanti degli ultimi anni, dal crack Parmalat al rapimento del piccolo Tommaso Onofri. 
Nel 2012 ha pubblicato Mostri normali. Storie di morte e d’altri misteri, una raccolta di cold case avvenuti in Emilia Romagna dagli anni ’70 ad oggi.



lunedì 10 giugno 2013

AssoTAG: dibattito su obbligazioni in default e illiquide (Milano, 27 giugno 2013)


Associazione Italiana dei Periti e dei Consulenti Tecnici
nominati dall'Autorità Giudiziaria

organizza un incontro-dibattito sul tema



TITOLI OBBLIGAZIONARI IN DEFAULT ED ILLIQUIDI:
CHE FARE?


Giovedì 27 Giugno 2013
14,30 - 18,00
Sala del Giudice di Pace
Via Francesco Sforza, 23 
Milano



Programma dell'incontro

Ore 14,30 - Registrazione partecipanti

Ore 15,00 - Inizio dei lavori. 
Moderatore: Ing. Alfonso Scarano - Presidente AssoTAG



Panel dei relatori

Dott.ssa Aga Skorupinska Barberini - Analista finanziario, socio AIAF (Associazione Italiana degli Analisti Finanziari)
Il fenomeno dei titoli obbligazionari in defaul o illiquidi 

Dott. Danilo Magno - Analista finanziario - Ufficio studi Altroconsumo
Casi di obbligazioni fallite o illiquide nell'esperienza Altroconsumo 

Dott. Francesco Volino Coppola – IntesaSanpaolo
Titoli obbligazionari in default: l’esperienza del Gruppo IntesaSanpaolo 

Avv. Emilio Girino - Studio Ghidini, Girino e Associati
Valutazione del rischio illiquido fra consigli dell'Esma e scenari probabilistici in declino 

Dott. Nicola Benini – Consulente finanziario, Consigliere AssoTAG e CTU presso Procure e Tribunali
Il punto di vista del CTU 

Dott. Alessandro Rossi - Consulente finanziario, CTP
Il punto di vista del CTP 


Ore 17,30 - Domande dal pubblico e chiusura dei lavori


*    *    *

La partecipazione è gratuita.

Le iscrizioni devono pervenire entro il 24 giugno 2013 utilizzando il form cliccando QUI




domenica 2 giugno 2013

Operazioni con parti correlate... occulte

Tra le competenze richieste ad un Fraud Risk Manager deve essere inclusa la capacità di condurre accertamenti su quell'ampia categoria di transazioni economico-finanziarie che si identificano con l'espressione di "operazioni con parti correlate".

In generale sono "correlate" quelle controparti verso le quali sussistono legami di natura partecipativa, quali le società controllate, controllanti, collegate o soggette ad un comune controllo o legate da accordi contrattuali di jont-venture. Inoltre si devono comprendere nei soggetti correlati anche i dirigenti operanti in azienda aventi responsabilità strategiche o loro stretti famigliari ovvero le società nelle quali essi esercitano un controllo o un'influenza notevole.

Si tratta quindi di contraenti non pienamente indipendenti perché riconducibili a soggetti, siano essi giuridici o fisici, le cui decisioni economico-finanziarie potrebbero essere influenzate da un conflitto d'interesse.

E' evidente pertanto come le transazioni economiche intercorrenti tra soggetti correlati assumino un elevato profilo di rischio identificabile con una potenziale erosione illegittima di ricchezza di una delle parti, derivante, ad esempio, dall'applicazione di condizioni economiche sfavorevoli e penalizzanti.

Almeno in prima istanza non riveste particolare importanza appurare quali siano i reali obiettivi ricercati dalle parti che applicano condizioni fuori-mercato, con il risultato, ad esempio, di spostare utili tra società appartenenti ad uno stesso gruppo o occultare perdite o per appropriarsi di beni e di liquidità a condizioni privilegiate o ancora a fini di evasione fiscale.
Ciò che è importante impedire con immediata priorità è il danno prodotto agli stakeholder del contraente danneggiato (investitori, dipendenti, finanziatori e l'intera collettività nel caso che tali operazioni implichino minori entrate tributarie).

E se le operazioni con parti correlate rappresentano un rischio aziendale, che classificherei tra i rischi operativi, allora come tale andrá trattato attraverso l'applicazione di procedure di prevenzione e mitigazione, mettendo in campo apparati e strutture di controllo appositamente preposte.

Sull'argomento la norma civilistica all'articolo 2391-bis prevede una particolare disciplina per le sole "società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio" (quindi per le aziende quotate o con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante) disponendo che l'organo amministrativo deve adottare regole che assicurino trasparenza, correttezza formale e sostanziale ed adeguata informativa al pubblico, al mercato e all'Authority competente (la CONSOB), con riferimento alle operazioni intercorse con parti correlate.

Sull'osservanza delle obbligazioni attribuite agli organi amministrativi è chiamato a vigilare l'organismo di controllo interno. In particolare, per le società quotate è previsto un "Comitato" composto da amministratori indipendenti, senza escludere, ben inteso, il dovere di vigilanza e controllo ricoperto dal collegio sindacale e dalla società di revisione entro i rispettivi ruoli e limiti di competenza.

Di per sé una transazione con una parte correlata se disposta in ossequio alle regole dettate dagli artt. 2391-bis e 2427, primo comma, numero 22-bis del Codice Civile nonché dagli artt. 113-ter, 114, 115 e 154-ter del Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (o TUF) e dai Regolamenti CONSOB n. 17221 e n. 17389 emanati nel 2010, non è materia di competenza del Fraud Risk Manager in quanto non rientrante nel campo della patologia aziendale.

O meglio, gli accertamenti che uno specialista chiamato ad assistere un ipotetico "Comitato per le operazioni con parti correlate" si limiterebbero alla verifica degli adempimenti richiesti dalla norma giuridica ovvero nel contribuire a migliorare la procedura interna di controllo prevista dai Regolamenti CONSOB.
Procedura, quest'ultima, che si fonda sull'applicazione di indicatori dimensionali patrimoniali ed economici atti a definire se una determinata transazione debba essere compresa tra quelle di "maggiore rilevanza" (e quindi da assoggettare al parere vincolante del Comitato o, in talune circostanze, alla competenza assembleare) ovvero tra quelle di "minore rilevanza" (e quindi da sottoporre al parere non vincolante del Comitato).

Sin qui si è esposto, seppur in sintesi, il perimetro giuridico e il relativo rischio aziendale caratteristico, ma come i lettori sanno il blog si occupa di patologie aziendali e quindi delle devianze consapevoli e volontarie rispetto alla norma, finalizzate ad attribuire un vantaggio immeritato e illegittimo ad una parte ai danni dell'altra.

I fenomeni fraudolenti determinati da operazioni con parti correlate che ho avuto modo di analizzare professionalmente, sono quasi tutti riconducibili a transazioni concluse a condizioni fuori-mercato con terzi soggetti dichiaratamente o presuntivamente indipendenti, con i quali, invece, sussistevano "correlazioni occulte" cioè celate agli organismi di controllo e di amministrazione.
E ciò anche con specifico riferimento ad aziende quotate e pertanto sottoposte alla disciplina stringente dettata dalle norme citate sopra.

Non è faticoso, infatti, imbattersi in articoli di cronaca giornalistica che si occupano di casi di aziende che incorrono in procedure fallimentari anche di grosse dimensioni a causa di operazioni disastrose pianificate a vantaggio di soggetti giuridici o fisici la cui correlazione non era stata dichiarata o non era emersa in seguito alle verifiche di routine disposte dagli organismi di controllo.
In questi contesti aziendali è stata accertata l'assenza di esperti anti-frode interni, indipendenti e autonomi che fungessero da vero e proprio "braccio operativo" (eventualmente in collaborazione con consulenti esterni) del Comitato previsto dai Regolamenti CONSOB o degli altri organi di controllo esterno (collegio sindacale, Authority, società di revisione, Fisco).

Senza entrare troppo nel merito dei possibili accertamenti che un competente Fraud Risk Manager saprebbe effettuare per individuare nell'anagrafica societaria le controparti la cui correlazione non è palesata, potrei citate, a solo titolo esemplificativo, le tecniche di "corporate intelligence" basate sull'acquisizione, elaborazione e analisi di informazioni di fonte esterna (banche dati indipendenti, camere di commercio, catasto, registri pubblici eccetera) e di fonte interna (business intelligence, contabilità analitica eccetera).


Altre procedure di fraud & internal audit (valutazioni delle transazioni commerciali con tecniche comparative a "valori normali" eccetera) potrebbero impedire il finalizzarsi di operazioni in assenza di utilità economica, per poi concentrarsi nell'approfondire la vera natura della parte contraente alla ricerca di elementi di correlazione.

Infine solo un veloce accenno alle transazioni con soggetti residenti nei paradisi fiscali o con entità controllate da società off-shore.
A mio avviso, questo tipo di operazioni deve essere sempre assoggettato dal Fraud Risk Manager ad accertamento.

Accertamento che non dovrà avere carattere routinario o standardizzato ma che dovrà assumere forme, metodi e caratteristiche continuativamente diversificate a seconda della rilevanza economica dell'operazione, della tipologia delle parti contraenti o della dimensione o importanza strategica dell'operazione.



lunedì 27 maggio 2013

AssoTAG: convocazione Assemblea Ordinaria Annuale






IL DIRETTIVO DI ASSOTAG HA DELIBERATO 
DI ESTENDERE L'INVITO A PARTECIPARE 
ALL'ASSEMBLEA ORDINARIA ANNUALE
ANCHE AI NON SOCI IN QUALITA' DI UDITORI, 
COME INDICATO NELLA CONVOCAZIONE UFFICIALE 
RIPORTATA NEL SEGUITO



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Associazione Italiana dei Periti 
e dei Consulenti Tecnici 
nominati dall'Autorità Giudiziaria
Corso di Porta Romana, 120
20122 – MILANO

www.assotag.org




CONVOCAZIONE
DELL’ASSEMBLEA ORDINARIA ANNUALE
– ASSOTAG –

  
Milano, 27 maggio 2013

Egregio Socio,
ci pregiamo di trasmetterti l’avviso di convocazione all’Assemblea Ordinaria di AssoTAG, l’Associazione Italiana dei Periti e dei Consulenti Tecnici nominati dall’Autorità Giudiziaria, fissata per il giorno giovedì 27 giugno 2013 alle ore 10.30 presso la sede di AssoTAG sita in Milano, Corso di Porta Romana 120, ovvero mediante l’utilizzo di sistemi di comunicazione a distanza come definito nel seguito.

In virtù di quanto previsto dallo Statuto di AssoTAG, la presente comunicazione definisce le modalità di partecipazione e intervento all’Assemblea Ordinaria (per i Soci Ordinari, Aggregati e Onorari) e di voto delle delibere indicate nell’Ordine del Giorno (per i soli Soci Ordinari e Onorari).

Ordine del Giorno

  • relazione sulle attività AssoTAG effettuate ed in programmazione (aggiornamenti sul "Progetto Trasparenza" sui derivati finanziari sottoscritti dagli Enti Locali);
  • approvazione del bilancio consuntivo al 31 dicembre 2012, accompagnato dalla relazione del Consiglio Direttivo di AssoTAG;
  • determinazione delle quote d’iscrizione per l’anno 2013.

Norme Statutarie di riferimento


A norma dell’art. 11 dello Statuto di AssoTAG l’Assemblea dei Soci è formata dai Soci Ordinari e Aggregati in regola con il pagamento delle quote associative annuali e dai Soci Onorari.
L’Assemblea è sovrana e delibera sugli argomenti posti dal sopracitato ordine del giorno.

Ciascun Socio Ordinario ha diritto ad un voto.

È ammessa la facoltà di farsi rappresentare, con delega scritta, da altro Socio. Ciascun Socio non può rappresentare per delega più di cinque Soci.
Le delibere dell’Assemblea sono prese a maggioranza di voti (quorum deliberativo) e con l’intervento di almeno la metà dei Soci aventi diritto di voto (quorum costitutivo).

L’Assemblea sarà presieduta dal Presidente del Consiglio Direttivo, Ing. Alfonso Scarano.

Il 13 maggio c.m. il Consiglio Direttivo di AssoTAG, riunito in seduta plenaria, ha deliberato, in ossequio allo Statuto, di consentire la partecipazione all'Assemblea per mezzo di dispositivi elettronici (tele-conferenza o audio-conferenza) idonei a collegare il luogo fisico presso il quale è riunita l’Assemblea (la sede di AssoTAG) con le località diverse dalla sede sociale, come descritto nel seguito.

Nel corso della medesima seduta il Direttivo ha deliberato di estendere la partecipazione all’Assemblea Ordinaria a quanti, pur non avendo la qualifica di Socio, sono interessati alle attività dell’Associazione, in qualità di uditori non aventi diritto di voto e di parola.


Modalità di partecipazione
all’Assemblea


Sarà possibile intervenire in Assemblea ai:
  • Soci Ordinari e Onorari (con diritto di voto e di parola),
  • Soci Aggregati (senza diritto di voto ma con diritto di parola),
  • uditori (senza diritto di voto e di parola).
collegandosi per mezzo di sistemi elettronici di comunicazione come di seguito specificato:

  1. accesso remoto via “hangout” (sistema di videconferenza di google.com – per informazioni: http://support.google.com/a/bin/answer.py?hl=it&answer=1261827): viene inviato un invito per email ad una sessione “hangout”;
  2. accesso remoto via skype (www.skype.com): su specifica richiesta inviata per email ad info@assotag.org (indicando il nickname skype) si viene ammessi ad una sessione di conferenza skype (audio).

IL PRESIDENTE
Ing. Alfonso Scarano




domenica 19 maggio 2013

"Progetto trasparenza" sui derivati finanziari sottoscritti dagli Enti Territoriali

I derivati finanziari si sono largamente diffusi nelle finanze delle amministrazioni pubbliche e delle società private, anche quelle che hanno azionariato pubblico, ma il loro uso non è stato generalmente supportato da adeguata consapevolezza di tutti i soggetti coinvolti.

Non è ancora disponibile uno studio sul complessivo portafoglio dei derivati negli enti territoriali con un calcolo del loro valore corrente e della posizione di rischio ad esempio rispetto alle variazioni di tasso.

E tale ignoranza tecnica persiste, nonostante si siano succedute ben tre indagini parlamentari conoscitive nel 2005, 2007 e nel 2009 ancora oggi non esiste un dato univoco – e verificabile – sul valore dei contratti derivati finanziari sottoscritti dagli enti territoriali italiani (Comuni, Regioni, Provincie e Stato).

La finanza derivata, con la produzione di derivati finanziari, è da ritenersi un fenomeno di impatto epocale e che occorre urgentemente contestualizzare nell'attuale crisi mondiale che è iniziata come crisi finanziarie e sta procedendo come grave crisi economica.

Quanti e quali sono i contratti di finanza derivata che sono stati stipulati dagli Enti Locali italiani con le controparti bancarie sia italiane che estere?
Quali implicazioni di rischio e di possibili effetti economici e finanziari possono avere?

Tali domande rimangono inevase con grave rischio per la collettività se non si ha la possibilità di una valutazione specifica ed anche complessiva del portafoglio globale di tali contratti.
Non pare opportuno nè saggio che gli amministratori pubblici non si sforzino o non siano sollecitati a dare utile trasparenza ai cittadini su risposte in merito al valore corrente e dunque su risposte di valutazione quantitativa ed analisi sul rischio potenziale della fluttuazione dei tassi di interesse, associato a questi contratti, fluttuazioni che ondeggiano anche in relazionne ai rialzi o ribassi dei mercati.

Per tale ragione AssoTAG e Federconsumatori promuovono il "Progetto trasparenza sui derivati finanziari sottoscritti dagli Enti Territoriali".




Preme precisare che tale progetto ha l'obiettivo di valutare ed analizzare lo stato corrente dei derivati sottoscritti a livello di singolo Ente, Regione e Stato.

Il progetto non ha l'ambizione di ricostruire e valutare tutti i contratti derivati stipulati da ogni singolo Ente, non intende stimare i cd. "costi impliciti" sostenuti dagli Enti Locali nella sottoscrizione dei contratti e non intende esprimere alcuna valutazione qualitativa sulla opportunità o meno di sottoscrivere i contratti esaminati da parte degli Enti Locali. 
Qualsiasi obiettivo finalizzato a sollevare ragioni per possibili contenziosi tra Enti Locali e Banche è estraneo agli scopi di questo progetto. 

Obiettivo fondamentale è quello di fornire una fotografia credibile, verificabile ed immediatamente aggiornabile del valore dei contratti stipulati dagli Enti Locali italiani e del rischio loro connesso e di mettere i dati elaborati a disposizione della collettività e delle autorità interessate.

La partecipazione al "Progetto Trasparenza" è volontaria e a titolo gratuito. 

E' un atto di solidarietà e responsabilità civile!

Per aderire al "Progetto Trasparenza" cliccare qui

L'iniziativa di AssoTAG e Federconsumatori è stata citata da Milena Gabanelli nel corso della puntata di REPORT (RAI 3) del 19 maggio 2013 (per visualizzare il servizio cliccare qui. Il "Progetto trasparenza" è citato al 4° minuto del filmato).



domenica 12 maggio 2013

IOR-UTC e quei 223 milioni di dollari (3^ e ultima parte)

di Carlo Calvi

(segue dalla 2^ parte)


La Zwillfin AG di Liechtenstein attiva fino al 1981 venne utilizzata da UTC di concerto con la Unovax Anstalt e la Kriter in operazioni finalizzate alla acquisizione del controllo di Credito Varesino, Banca Cattolica del Veneto, Toro Assicurazioni e La Centrale da parte del Banco Ambrosiano.
Si distinguono operazioni di sostegno di quotazioni di titoli dei gruppi Bonomi e di Michele Sindona.

Dal 1973 al 1975 vi fu movimentazione di titoli per conto di Pacchetti SpA., Invest, Beni Immobili e Saffa SpA. Le partecipazioni in Beni Immobili e Saffa furono poi trasferite a Manic SA da questa cedute nel 1980 e 1981.

Alcune di queste operazioni sono state finanziate in parte da UTC attraverso la Kriter S.A..
Le disposizioni per gli accrediti sono state date dallo IOR.
La Kriter é estranea al gruppo Banco Ambrosiano e gli utili sono affluiti su conti della famiglia Zanon di Valgiurata.


   



La società del Liechtenstein Unovax che pure ha ricevuto fondi provenienti da UTC, ha effettuato nel 1979 pagamenti destinati a Anna Bonomi e al suo prestanome Giuseppe Marinoni.

Si tratta di pagamenti corrisposti a Anna Bonomi per il trasferimento di azioni del Credito Varesino a La Centrale. Per la vendita di azioni Credito Varesino nel 1976 il gruppo Bonomi oltre a quanto corrisposto ufficialmente alla Invest vantava crediti poi regolarizzati all’estero.



Vi sono pure pagamenti contestuali alla estorsione perpetrata da Michele Sindona ai danni di mio padre.
Si sono individuati pagamenti di UTC a Sindona nel 1977 e 1978 e a Walter Navarra e Luigi Cavallo nel 1980 e nel 1981. Questi pagamenti furono utilizzati come prova nel processo contro Michele Sindona nel 1985 in cui mia madre fu parte civile.

La Zus Corporation di Panama con conti presso Nordfinanz venne finanziata da UTC negli anni 1980 e 1981 e trattò titoli del Banco Ambrosiano SpA.
La Zus non risulta tra le società patrocinate. La UTC manteneva un intenso interscambio con la patrocinata Noreurop e i trasferimenti a Zus avvennero tramite Nordeurop.
Zus ha utilizzato tali somme anche per trasferimenti a Umberto Ortolani e Licio Gelli e Marco Ceruti. E in questo contesto che si inserisce l’importante capitolo del processo per l’insolvenza del Banco Ambrosiano noto come "rogatoria di Jersey".
Alcuni pagamenti a Marco Ceruti portarono in Regno Unito e gli interessati tentarono di falsificarne la documentazione.
La contestualità delle rimesse IOR e gli utilizzi di UTC a favore di ZUS su istruzione di Alessandro Mennini fanno pensare che Mennini fosse a conoscenza della destinazione dei fondi.

  


La Nordeurop (grafico precedente), costituita in Liechtenstein nel 1971, fu rilevata da UTC nel 1974.
Dalla fine del 1977 Nordeurop operò a volte per conto di UTC, interponendosi tra BAOL e UTC o autonomamente.
Nordeurop ha avuto funzione di appoggio o sostituzione di UTC fino al 1981 in particolare per l’erogazione di prestiti a Compendium.
La Compendium S.A. di Lussemburgo poi divenuta Banco Ambrosiano Holdings nel 1976, aveva tra il 1975 e il 1977 UTC come azionista per il 23,27%.

La Alphom di Florent Ley Ravello cedette a UTC partecipazioni, inclusa una minoranza nel capitale di BAH. UTC cedette a sua volta parte della sua partecipazione allo IOR. Altri azionisti di BAH oltre che Banco Ambrosiano Spa erano Banco Occidental e dal 1979 il Banco de la Nacion di Lima. Quest’ultimo acquisì una parte della sua partecipazione da UTC.

UTC ha finanziato la Manic del Lussemburgo dal 1974 al 1979.

La Manic ha ricevuto fondi anche direttamente da BAOL, BAA e AGBC per operazioni su titoli dei gruppi Ambrosiano, Bonomi e Zanon.
Il credito verso Manic transitato per Nordeurop venne trasferito da questa a Kresse del Liechtenstein nel 1980. Nel 1979 Kresse ha ceduto azioni della lussemburghese Anli a UTC e dopo la vendita ha cessato i rapporti con UTC.
Questo giro di fondi servì a alleggerire la posizione di Manic verso Nordeurop trasferendola su Kresse. La provvista UTC in occasione dei prestiti alla Manic é stata alimentata da depositi dello IOR.

Se Mons. Marcinkus ha partecipato a occultare le attività di BAOL, la P2 ha influito sulle decisioni dell'Ufficio Cambi Mincomes attraverso il direttore generale Ruggero Firrao a favore della operatività del Banco all’estero.

Ma IOR e P2 hanno operato di concerto?

Licio Gelli ha ricevuto ingentissimi trasferimenti da UTC per la maggior parte via Umberto Ortolani e Bafisud Montevideo.



Licio Gelli é stato sentito recentemente dai magistrati della Procura di Palermo.
Il suo nome é ricomparso anche in procedimenti penali in corso in Lussemburgo ove sarebbe transitato dopo l’evasione dal carcere ginevrino di Champs Dollon.
Quando si costituì quattro anni dopo nel 1987 la Svizzera concesse l’estradizione esclusivamente per l’insolvenza dell’Ambrosiano e non per altri reati.

Carlo CALVI



lunedì 6 maggio 2013

IOR-UTC e quei 223 milioni di dollari (2^ parte)

di Carlo Calvi


(segue dalla 1^ parte)

Il Nucleo Regionale della Guardia di Finanza di Milano ha pure ricostruito il flusso dei fondi in uscita dai conti correnti UTC presso la Banca del Gottardo e includo nel seguito, sempre a fine di riferimento, alcune delle loro rappresentazioni grafiche.

Oltre alle posizioni di Umberto Ortolani (rappresentate nella 1^ parte) e Licio Gelli (grafico 1 e 2), ben note a motivo delle vicende processuali che seguirono, la Guardia di Finanza ha evidenziato come il ruolo della panamense UTC si attuò attraverso le numerose partecipazioni estere di cui era capogruppo.

        
                              grafico 1                                                   grafico 2


Seguendo il filo delle consociate e collegate più che quello cronologico si distinguono alcune categorie.

UTC aveva funzione di smistamento fondi mentre la funzione di controllo delle partecipazioni del Banco Ambrosiano era affidata alla Manic S.A. (grafico 3).


grafico 3


Se UTC non é mai stata intestataria di azioni Banco Ambrosiano ne ha tuttavia detenuto consistenti pacchetti attraverso le sue controllate.
UTC ha anche operato per clienti terzi ai quali sono state intestate azioni Banco Ambrosiano.

L’impegno principale di UTC era la partecipazione in Suprafin con le sue continue acquisizioni di azioni Banco Ambrosiano.
Suprafin era stata inizialmente controllata dalla Anli di Lussemburgo e da Anna Bonomi Bolchini ma nel 1975 le controllate di UTC Imparfin AG e Teclefin AG del Liechtenstein subentrarono alla Anli nel capitale sociale della Suprafin. 
La Suprafin era il noto strumento dei dirigenti del Banco Ambrosiano SpA al fine dell’acquisto di azioni del Banco Ambrosiano.

Nel 1975 Mons. Donato De Bonis firmò una lettera affermante la pertinenza di Imparfin e Teclefin allo IOR.
UTC controllava anche altre intestatarie di azioni Ambrosiano facenti capo allo IOR.

UTC costituì poi cinque società cedute a Astolfine S.A. aventi lo stesso fine di detenere azioni Ambrosiano (nel grafico 4 sono riportati i rapporti finanziari di Astolfine S.A. nel novembre 1977).

grafico 4


Nel 1980 UTC possedeva 3.124.723 azioni Ambrosiano pari al 10,4% del capitale e mio padre le valutò nei suoi bilanci di UTC al valore di mercato di $ 136 milioni.

Negli anni 1974 e 1975 UTC intrattenne con finanziamenti propri di IOR e tramite la Zitropo una intensa movimentazione di fondi e titoli. IOR trasferì pacchetti azionari di sua pertinenza a Zitropo.
UTC continuò poi a detenere la maggior parte del debito artificialmente ridotto di Zitropo dal 1975 al 1981.

La Zwillfin AG. di Liechtenstein attiva fino al 1981 venne utilizzata da UTC di concerto con la Unovax Anstalt e la Kriter in operazioni finalizzate alla acquisizione del controllo di Credito Varesino, Banca Cattolica del Veneto, Toro Assicurazioni e La Centrale da parte del Banco Ambrosiano.
Si distinguono operazioni di sostegno di quotazioni di titoli dei gruppi Bonomi e di Michele Sindona(...)




mercoledì 1 maggio 2013

IOR-UTC e quei 223 milioni di dollari (1^ parte)

di Carlo Calvi


Nel mio intervento precedente ho descritto il rapporto esistente tra IOR, l’Istituto per le Opere di Religione, Cisalpine Overseas Bank di Nassau poi divenuta BAOL o Banco Ambrosiano Overseas Limited e la panamense United Trading Co. domiciliata presso la Banca del Gottardo di Lugano.

Ricordo che queste operazioni si sono protratte con grande intensità per quasi dieci anni e andavano sotto il nome di "operazioni in conto deposito".
Quando nel marzo 1982 Banco Ambrosiano Services di Lussemburgo inviò un rendiconto aggiornato a IOR  il debito di UTC verso IOR e conseguente indebitamento di questo con BAOL e Banco Ambrosiano Andino (BAA), si elevava a US$ 223.3 milioni.

Si rimane con l’interrogativo se l’interesse di IOR a uno scambio così rischioso si limitasse a percepire uno spread sugli interessi dello 0,625% o andasse oltre e in quale misura.

IOR partecipava alla raccolta dei fondi destinati a BAOL e da immettere nel circuito attraverso rapporti di deposito interbancario e con finalità predestinate.

Esistono anche rapporti IOR-UTC che non rientrano nel "conto deposito".
IOR partecipò nella seconda metà degli anni settanta attraverso UTC ad aumenti di capitale di Banco Ambrosiano Holdings di Lussemburgo (o BAH). In altri casi IOR favorì l’immissione nel circuito di importi a favore di BAH.
IOR ha continuato ad avere veste sia di finanziatore che di collettore. Questo é messo in evidenza dalle operazioni circolari volte a ridurre il debito di IOR verso BAOL.

Desidero qui descrivere l’utilizzo che UTC ha fatto delle disponibilità ottenute così come é stato ricostruito dall’esame dei suoi conti presso la Banca del Gottardo.

É bene premettere e non lo si ricorderà mai abbastanza, che una denuncia contro ignoti inviata da BAOL di Nassau alla Procura del Sottoceneri nell’immediatezza dei fatti portò all’intervento tempestivo dell’allora Procuratore di Lugano Paolo Bernasconi, fatto determinante che definì più di ogni altro anni di procedure civili e penali.

La Procura di Lugano divenne luogo di frequentazione assidua delle parti interessate come Deloitte & Touche per BAH, rappresentati dall'Avv. Rocco Bonzanigo, i Liquidatori di Banco Ambrosiano S.p.A.  di Milano, rappresentati dall’Avv. Fulvio Pelli e dai miei stessi avvocati.

Tratterò brevemente del lavoro svolto da Deloitte & Touche per BAH e di quello dei Liquidatori milanesi che fu analizzato indipendentemente dal Nucleo Regionale della Guardia di Finanza di Milano per i Giudici Istruttori dell’insolvenza del Banco Ambrosiano.

Includo qui ai fini di documentazione alcuni grafici che riassumono le analisi di Deloitte & Touche-BAH, principalmente riguardanti conti di Umberto Ortolani e della sua famiglia (cliccare sull'immagine per ingrandire):


   

   

   

 


Il primo pagamento di UTC a favore di Ortolani fu disposto il 7 agosto 1975.
Dal 1975 al 1981 UTC trasferì fondi per US$ 82.228.000 e SFr 41.227.000 a beneficio di conti controllati da Ortolani o al Banco Financiero Sudamericano dell'Uruguay (BAFISUD) di sua proprietà.

Mio padre manteneva dei bilanci personali di UTC nelle sue casseforti delle Bahamas e questo avvenne fino al dicembre 1980. I pagamenti a Ortolani vi sono riportati come attivi.

Il Nucleo Regionale della Guardia di Finanza di Milano ha pure ricostruito il flusso dei fondi in uscita dai conti correnti UTC presso la Banca del Gottardo (...)

(seconda parte)



lunedì 29 aprile 2013

Banco Ambrosiano: operazioni in conto deposito (approfondimenti)

Avviso gli interessati alle ricostruzioni tecniche legate alle vicende del Banco Ambrosiano che a giorni saranno pubblicati gli approfondimenti sull'utilizzo dei fondi trasferiti mediante le "operazioni in conto deposito" a favore della società panamense United Trading Company SA (UTC).

In particolare, come si ricorderà, negli articoli "Banco Ambrosiano: le operazioni in conto deposito" e "Banco Ambrosiano: le operazioni in conto deposito (analisi tecnica)" sono state ricostruite le modalità utilizzate dal Gruppo Banco Ambrosiano per trasferire, grazie all'intermediazione dell'Istituto per le Opere di Religione (IOR), ingenti somme di denaro in capo a UTC per un ammontare stimato in circa 223 milioni di dollari.

A cosa sono servite tali somme? 

La ricostruzione dell"anello" successivo a UTC nella catena degli eventi legati a questo flusso finanziario, ha implicato per Carlo Calvi un notevole lavoro nel reperire la documentazione originale e nel ricostruire gli avvenimenti.

Grazie a queste analisi saremo in grado di fare un altro passo verso la destinazione finale dei fondi, entrando pienamente nel mondo artificiale della finanza offshore in cui ciò che appare o ciò che è evidente dal punto di vista formale non corrisponde quasi mai all'effettiva sostanza dei fatti.

Ancora qualche giorno di pazienza.


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1^ parte - QUI
2^ parte - QUI
3^ parte - QUI



martedì 23 aprile 2013

Il Fraud Manager

Le aziende private italiane sono sottoposte ad ogni forma di vigilanza e controllo.
Di matrice interna (internal audit, servizi ispettorato, funzioni di governance, compliance e antiriciclaggio) ed esterna (revisori dei conti, authority, sindaci). Si tratta di controlli di carattere "ordinario" o "routinario" (perché previsti dall'ordinamento giuridico, dallo statuto societario o dalle procedure aziendali) o "straordinario" (perché originati da fatti particolari). Gli accertamenti sono condotti grazie a strutture organizzate in modo differente e quindi si possono osservare all'opera organismi, collegi, comitati, ispettorati, consigli, dipartimenti e commissioni.
Anche gli ambiti, le competenze e le modalità d'azione seguono protocolli a volte molto differenti tra loro, altre volte coincidenti e sovrapponibili.

Come è evidente la materia è complessa. Persino confusa.

Ma tra tutte queste strutture, chi si occupa realmente di gestire, testare e migliorare i programmi aziendali antifrode?

Iniziamo dall'ABC. Il "programma antifrode" che cos'è?
Semplificando, è l'insieme delle attività mirate a ridurre il rischio di frode. Sia esso connesso alle operazioni svolte dall'alta direzione come a quelle di competenza della restante struttura organizzativa. Di fonte interna (come le management frauds) o esterna (come gli attacchi informatici o le truffe). 

Il gestore di tali programmi è il "fraud manager".
Figura assai rara da incrociare nei corridoi aziendali. Almeno in Italia. Alla quale è indispensabile garantire una piena autonomia ed indipendenza. 
Egli è innanzitutto responsabile della predisposizione di un efficace programma antifrode, visto come sistema integrato e armonizzato con ogni altro elemento del sistema di controllo interno; idoneo a presidiare nel tempo il rischio del verificarsi di un’attività fraudolenta interna o esterna.

Per arrivare a tale obiettivo è necessario condurre un corretto esame dell’ambiente di controllo di alto livello (il “tone at the top”) al fine di valutare il grado qualitativo della cosiddetta “cultura aziendale”, cioè dell’esistenza e della condivisione di quei canoni morali di correttezza, onestà e integrità, utili ad immunizzare il contesto aziendale dalle infiltrazioni fraudolente.

Si esamina dunque il clima aziendale e in particolare l’ambiente di lavoro, il Codice Etico se esistente, la struttura e l’organizzazione della funzione di corporate governance e compliance, ed in generale si valuta la quota di reddito che l’azienda destina alle attività di miglioramento del benessere dei propri dipendenti e allo sviluppo della realtà sociale e ambientale nella quale essa opera. 
Vero anche che il momento di crisi non facilita lo stanziamento di questo tipo di investimenti, troppo spesso considerati come marginali se non addirittura inutili.

Il fraud manager è consapevole che ogni struttura di controllo e vigilanza è aggirabile, soprattutto dagli esponenti di più alto rango aziendale (“management override”). 
Ma come valutare il grado di vulnerabilità dei sistemi antifrode? Tale attività si concretizza grazie allo svolgimento di specifici test mirati a verificare se i processi di rilevazione e di controllo in essere riescano effettivamente a mitigare o vanificare i comportamenti illeciti ipotizzati come possibili (fraud test). 

In altre parole, applicando un determinato schema di frode, i fraud test devono appurare se i sistemi di controllo in essere diano o meno un avviso immediato e sufficientemente chiaro (alert) agli internal fraud auditor, i quali provvederanno ad assumere tutte le iniziative e i provvedimenti del caso.
Se un sistema di fraud risk prevention è adeguatamente implementato sarà in grado di individuare, come minimo, tutti gli schemi di frode realizzati nel passato all'interno dell’azienda.

Ulteriore attenzione si deve prestare ai canali informativi di tipo delatorio, quali ad esempio il whistleblowing (procedura di segnalazione anonima da parte dei dipendenti di fatti potenzialmente illeciti o irregolari), di tipo preventivo (tramite l'utilizzo di sistemi di alert), di tipo investigativo o ispettivo (attività di fraud auditing) o derivanti dal monitoraggio sulla corretta applicazione delle procedure aziendali.

Infine è fondamentale l’attività di costante potenziamento dei programmi antifrode.
Gli schemi e i meccanismi fraudolenti infatti migliorano continuamente per complessità e raffinatezza, pertanto, al fine di contenere il rischio di frode, è indispensabile effettuare un aggiornamento continuo dei protocolli e dei modelli di prevenzione.


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Sistemi antifrode: i pilastri fondamentali (approfondimento).
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lunedì 8 aprile 2013

Financial Shenanigans: how to detect accounting fraud in financial reports

Il blog sta riscuotendo un discreto interesse tra gli studenti universitari di materie giuridiche ed economico-finanziarie, soprattutto da parte di chi vuole coronare il proprio percorso accademico con una tesi sui temi specifici della disciplina "forensic accounting" e "fraud auditing".
L'interesse è confermato dalle continue e gradite richieste di informazioni e suggerimenti, soprattutto inerenti i testi in lingua inglese da utilizzare per la preparazione e l'approfondimento della materia.

E' bene precisare sin da subito che esistono in commercio ottimi manuali provenienti dal mondo anglosassone e che pertanto non è facile dare un consiglio puntuale.

Tuttavia, al fine di fornire un'indicazione generale mi sono rivolto ad un amico, professore associato in un'autorevole università pubblica meridionale, docente in Corporate Governance e Fraud Accounting, il quale nell'ambito del programma di studi dedicato alle frodi contabili e alle manipolazione dei dati di bilancio, consiglia ai suoi studenti per l'anno accademico in corso, tra altri, il seguente volume:

Financial Shenanigans:
How to Detect Accounting 
Gimmicks & Fraud in Financial Reports
di Howard Schilit e Jeremy Perler 
McGraw-Hill
Third Edition, 2010




L'autore, Howard Schilit, ha fama di essere un vero e proprio pioniere nel campo della rilevazione delle truffe contabili che, anche negli Stati Uniti, hanno troppo spesso ingannato folle di ignari investitori.
Sembra che il testo sia molto apprezzato dagli studenti per la chiarezza espositiva, il linguaggio semplice e diretto ed il ricorso a parecchi esempi reali di frode.

L'edizione proposta agli studenti è una rivisitazione di scritti risalenti al 2002, arricchita da schemi di frode più attuali e frequenti, soprattutto legati alla gestione di aziende strutturate, quotate e di dimensione multinazionale.

Il manuale ha l'obiettivo di illustrare ad un potenziale investitore azionario come valutare o individuare passività latenti dovute a frode, fornendogli una panoramica di ogni possibile trucco contabile per manipolare le varie componenti del bilancio aziendale, con particolare enfasi alla manipolazione degli utili d'esercizio, dei flussi di cassa e dei ricavi.

L'autore dà un consiglio generale al piccolo azionista che non ha la possibilità di partecipare alla gestione aziendale.
Si tratta di mantenere un sano ed obiettivo scetticismo rivolto verso tutte le informazioni divulgate al mercato, soprattutto quelle legate alle condizioni economico-finanziarie dell'impresa.

Altro consiglio rivolto all'investitore riguarda la vigilanza, seppur basata su fonti pubbliche, sui settori esteri del gruppo aziendale. In particolare sui rapporti con i Paesi Emergenti meno equipaggiati di apparati istituzionalmente preposti alla vigilanza e al controllo.
Il messaggio che l'investitore deve assimilare è semplice. L'azienda potrebbe nascondere perdite nei Paesi in cui è più difficile effettuare controlli e quindi là dove la tentazione di truccare i conti è più forte.

L'autore però non nasconde un certo pessimismo riguardo al buon esito dell'eterna lotta contro gli illeciti societari, quando cita le parole di Qoèlet, figlio di Davide, re di Gerusalemme:

"Ciò che è stato sarà
e ciò che si è fatto si rifarà;
non c'è niente di nuovo sotto il sole
"

E' improbabile che si smetterà di pensare a soluzioni illecite.
E questo nonostante gli investitori siano diventati più esperti nell'esercitare un monitoraggio più consapevole.



venerdì 5 aprile 2013

Derivati finanziari e debito pubblico (Roma, 15 aprile 2013)





Organizzano congiuntamente una
tavola rotonda sul tema


DERIVATI FINANZIARI 
E DEBITO PUBBLICO, 
IL VALORE DELLA 
TRASPARENZA INFORMATIVA


Lunedì 15 Aprile 2013
ore 16,00 - 18,30
c/o 
Fondazione Lelio e Lisli Basso - Issoco
via della Dogana Vecchia 5 
ROMA


Nonostante si siano succedute ben tre indagini parlamentari conoscitive nel 2005, 2007 e 2009, ancora oggi non esiste un dato univoco – e verificabile – sul valore dei contratti derivati finanziari sottoscritti dagli enti territoriali italiani (Comuni, Regioni, Provincie e Stato).

La finanza derivata, con la produzione di derivati finanziari, è da ritenersi un fenomeno di impatto epocale, che occorre contestualizzare nell'attuale crisi mondiale. Una crisi inizialmente di natura finanziaria che in breve tempo si è trasformata nella forma più virulenta di grave crisi dell'economia reale.

Quanti e quali sono i contratti di finanza derivata che sono stati stipulati dagli Enti locali italiani con le controparti bancarie sia italiane che estere?
Quali implicazioni di rischio e di possibili effetti economici e finanziari possono avere questi impegni?

Tali domande rimangono inevase se non si ha la possibilità di una valutazione complessiva del portafoglio globale di tali contratti.
Domande che non possono rimanere senza risposte!

Per tale ragione AssoTAG e Federconsumatori promuovono un progetto a costo zero per la “mappatura e l'analisi dei derivati stipulati tra Enti Locali e controparti finanziarie” (per maggiori informazioni cliccare QUI)


Programma del seminario


Ore 16,00 - Tavola rotonda - modera l'Ing. Alfonso Scarano - Presidente AssoTAG (Associazione Italiana dei Periti e dei Consulenti Tecnici nominati dall'Autorità Giudiziaria)

Panel dei relatori e temi trattati

Dott. Michelangelo Nigro – Docente di analisi finanziaria degli enti pubblici, presso Università Cattaneo - Liuc di Castellanza
La trasparenza contabile dei derivati negli enti locali

Dott. Antonino Galloni – Economista
Derivati, titoli tossici e scelte strategiche delle Banche Centrali

Prof.ssa Rita Laura D'Ecclesia – Professore di Metodi Matematici per le Decisioni Economiche e Finanziarie, presso Università di Roma "La Sapienza" e Birkbeck College, University of London.
Misurare il rischio dei portafogli di derivati finanziari

Dott. Francesco Avallone – Vice Presidente Federconsumatori

Dott. Nicola Benini – Consulente Finanziario Indipendente
Gli esiti delle indagini conoscitive in tema di strumenti derivati: numeri a confronto 

Avv. Massimo Cerniglia – Consulta nazionale legale di Federconsumatori

Dott. Matteo Carradori – Consulente Finanziario Indipendente
Il progetto trasparenza sui Derivati finanziari sottoscritti dagli Enti Territoriali 

Ore 18,00 - Domande dal pubblico
Ore 18,30 - Chiusura dei lavori


La partecipazione è gratuita.
Per iscriversi all'evento cliccare QUI.



venerdì 29 marzo 2013

Derivati: si replica a Roma con AssoTAG e Federconsumatori

Visto l'ampio interesse riscosso dal seminario orientativo "Difendere la legalità nel sistema finanziario" tenutosi a Milano lo scorso 25 marzo, in questi giorni AssoTAG e Federconsumatori si stanno coordinando per organizzare un nuovo evento da tenersi a Roma.

Salvo variazioni, l'incontro avrà la forma della "tavola rotonda" e si terrà presso la sede della Fondazione Lelio e Lisli Basso (in via della Dogana Vecchia 5) il prossimo lunedì 15 Aprile dalle ore 16.00 alle ore 18.30.

L'obiettivo degli organizzatori è duplice: da un lato presentare le risultanze del convegno tenutosi a Milano e dall'altro, visto il palcoscenico capitolino, incentrare la discussione sul tema del debito pubblico nazionale.

Come è stato per l'appuntamento milanese, il panel dei relatori sarà costituito da autorevoli esponenti del mondo professionale e accademico.
Ulteriori informazioni saranno pubblicate sul blog non appena avremo definito tutti gli aspetti organizzativi e logistici dell'evento.

lunedì 25 marzo 2013

Difendere la legalità nel sistema finanziario (resoconto)

Oggi si è tenuto presso la Sala del Giudice di Pace di Milano, il seminario orientativo sul tema "Difendere la legalità nel sistema finanziario".
E' stato il primo evento pubblico organizzato da AssoTAG (l'Associazione Italiana dei Periti e dei Consulenti Tecnici nominati dall'Autorità Giudiziaria) in collaborazione con l'Associazione per gli avvocati "IUS et VIS".

A nome del Direttivo di AssoTAG ringrazio tutti i lettori del blog che oggi sono intervenuti, dimostrando una partecipazione appassionata e attiva.
Il bilancio della giornata chiude indubbiamente in modo positivo; ci ha sorpreso infatti l'elevato numero dei presenti (superiore della capienza della sala) ma anche la notevole qualità degli argomenti proposti dai relatori nonché l'interesse riscosso per le materie trattate dimostrato dalla lunga serie di domande poste nell'ultima parte dell'incontro.

In definitiva un'esperienza da ripetere, magari su altri temi riguardanti le frodi aziendali o gli illeciti societari analizzati dal punto di vista degli strumenti tecnici utilizzati per portare a termine le operazioni fraudolente.

Ma ora passiamo ad una breve esposizione dei principali temi trattati.

Il fil rouge che ha legato i vari argomenti si può identificare nell'esigenza di rendere il mercato finanziario più trasparente.
Il concetto di "trasparenza" è stato trattato nei sui vari aspetti. 
In particolare, con riferimento ai costi impliciti delle transazioni in prodotti derivati o in relazione all'informativa rivolta alle parti contraenti.
Ma anche con riferimento agli esiti delle attività di vigilanza e controllo condotte dagli organismi istituzionali o ancora sulle politiche di "gestione della finanza" attuate dagli istituti di credito.

Argomenti molto complessi, che gli illustri relatori hanno saputo rendere di facile comprensione anche a chi non ha una preparazione specifica sulla finanza cosiddetta "derivata".

E' questo il punto. La complessità. Proprio per le sue caratteristiche di strumento che riunisce in sé sia l'aspetto legale/contrattuale sia la componente finanziaria legata a scenari aleatori, il derivato rappresenta un prodotto complesso e rischioso.

Ciò dovrebbe implicare che le parti che lo sottoscrivono devono essere assolutamente consapevoli di tutti quegli elementi che ne determinano i flussi finanziari (profitti e perdite) lungo l'intera durata del contratto, a seconda del verificarsi, o meno, di certi eventi. 
La  decisione di contrarre un derivato deve basarsi pertanto su solide competenze tecniche necessarie a valutarne ogni aspetto di rischio.
In questa ottica, il prodotto derivato non è "buono" (perché serve a proteggere dai rischi finanziari) o "cattivo" (perché serve come mero strumento speculativo) ma è solo un'opportunità, cioè uno strumento che un operatore ha a disposizione per raggiungere un dato obiettivo di copertura o di investimento.

In questa ottica i sottoscrittori non solo accettano il rischio intrinseco del prodotto derivato in modo consapevole ma addirittura chiedono di assumere tale rischio.

La realtà ha dimostrato, tuttavia, che la complessità strutturale di questi prodotti unita agli ampi difetti di comprensione dei loro meccanismi di funzionamento dimostrata da alcuni contraenti pubblici, ha reso problematica la loro valutazione in termini di “valore equo".
E ciò ha portato, piuttosto frequentemente, all'utilizzo di questi strumenti per finalità fraudolente a danno della collettività.

L'illecito legato ai derivati generalmente si concretizza nel celare costi impliciti o flussi di pagamenti occulti, favoriti da informative non sempre disinteressate, che di fatto, come già detto, impediscono la definizione corretta del "valore equo" del contratto con la conseguenza di incentivare l’assunzione inconsapevole di rischi eccessivi.

Pertanto l'arma di difesa che si ritiene più efficace contro gli illeciti determinati dalla finanza derivata deve ricercarsi nel concetto di "trasparenza informativa", che si realizza anche mediante l’utilizzo di metodologie di analisi probabilistica dei rischi e dei costi impliciti, chiare e condivise tra le parti.

In sostanza se le stesse informazioni che sono utilizzate per strutturare il prodotto derivato fossero conosciute in modo completo ed esaustivo anche dagli azionisti e dagli investitori esterni, le opportunità di utilizzo criminale dei contratti derivati sarebbero automaticamente “sterilizzate” in via preventiva.

Nel corso del seminario, infine, è stato presentato il protocollo d'intesa siglato tra Federconsumatori e AssoTAG finalizzato a fornire ai cittadini informazioni utili a prendere coscienza della reale esposizione finanziaria in prodotti derivati degli enti territoriali (comuni, province, regioni e Stato). Per maggiori informazioni si rimanda al seguente post (cliccare qui).