AdSense4

Bing

AdSense3

giovedì 31 luglio 2014

Valutazione delle rimanenze di magazzino: la discrezionalità tecnica

"Le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritti al costo di acquisto o di produzione (...)" (art. 2426, comma 9, Codice Civile).

"(...). Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto. Può comprendere anche altri costi, per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto, (...)" (art. 2426, comma 1, Codice Civile).

L'espressione "Può comprendere" implica una scelta, che si concretizza nel considerare o meno anche i costi indiretti o le spese generali di produzione.

Il tenore letterale della norma potrebbe far ritenere che ai redattori del bilancio sia data la facoltà, potenzialmente arbitraria, di imputare (o di non imputare) "altri costi" di produzione nella valutazione delle rimanenze di magazzino.

Pertanto il rischio di un'interpretazione allegra della norma civilistica è reale.

La Relazione Ministeriale, a commento dell'articolo 2426, prova a specificare cosa si deve intendere con l'espressione "Può comprendere", puntualizzando che essa non deve interpretarsi come una "facoltà di scelta arbitraria" ma bensì deve intendersi come "ragionevole applicazione della discrezionalità tecnica".




Naturalmente la "ragionevole applicazione della discrezionalità tecnica" andrà attuata in conformità ai postulati generali di redazione del bilancio che impongono al redattore la "rappresentazione veritiera e corretta" dei fatti aziendali.

Pertanto si deve ritenere che la "discrezionalità tecnica" trova un limite invalicabile fissato dall'obiettivo generale di fornire una rappresentazione attendibile dell'assetto patrimoniale, economico e finanziario aziendale.

Chiarito il punto, rimane in sospeso un particolare non marginale.
Si tratta di un aspetto molto spesso oggetto di analisi da parte dei forensic accountant.

Come giudicare ciò che è "ragionevole applicazione della discrezionalità tecnica"  e ciò che non lo e?



lunedì 21 luglio 2014

Due Diligence (di Christian Kammer)

Il blog "Fraud Auditing & Forensic Accounting" è dedicato a Christian Kammer, un forensic accountant dalle capacità eccezionali, forse uno dei primi in Italia ad applicare tecniche di analisi innovative di origine anglosassone.
Le novità tecniche introdotte da Christian hanno riguardato la gestione e l'elaborazione di grandi quantità di dati al fine di individuare le correlazioni utili alla ricostruzione di fatti illeciti.
Pochi sanno che i database utilizzati nell'ambito di alcuni tra i più famosi processi milanesi celebrati negli ultimi anni, sono stati progettati da Christian.
La qualità e l'efficacia di questi approcci è stata confermata dall'esito favorevole ottenuto in ogni grado di giudizio.
Dunque un metodo di lavoro che ancora oggi sta facendo scuola.

A tre anni esatti dalla prematura scomparsa, si propone nel seguito un articolo di Christian Kammer risalente al 1998.
Si tratta di un contributo fondamentale sull'utilità della "Due Diligence" e delle procedure di "Fraud Risk Management".


*   *   *

DUE DILIGENCE
di Christian Kammer


1. Letteralmente tale terminologia, di chiara origine anglosassone, è l'abbreviazione del termine "due diligence review" e potrebbe essere tradotta come "diligenza dovuta" da un professionista, che svolge un incarico professionale affidatogli dal cliente. Il termine "due diligence" ha perso il suo significato letterale così da venire usato ogni qualvolta si renda necessario un intervento da parte di un team di consulenti per effettuare determinate procedure per analizzare una realtà aziendale. In generale si può definire una "due diligence" come l'analisi di un'azienda o di una attività in grado di evidenziarne gli aspetti strategici in funzione di determinate operazioni.

2. Due diligence è sostanzialmente il processo d'investigazione approfondita di una società industriale, commerciale o di servizi al fine di determinare la convenienza a procedere verso una determinata transazione. Questa può essere sia l'acquisizione sia la vendita di una attività.

3. La funzione primaria del due diligence è quella di determinare i benefici e le responsabilità di un investimento proposto andando a ricercare in tutti gli aspetti rilevanti del passato, del presente e del prevedibile futuro di un'azienda. Il due diligence ha lo scopo di mettere l'investitore in condizione di dare risposta alla domanda "Possiamo investire in questa azienda, se si quanto dovremmo pagare e come dovremmo organizzare l'investimento?"

Acquistare una attività non è molto differente dall'acquisto di un immobile e delle ispezioni che si fanno prima dell'atto. Il due diligence è come eseguire un'ispezione, un sopralluogo. Ispezioni e sopralluoghi sono eseguiti da esperti. Per un'azienda valgono le stesse considerazioni. Nel momento in cui si sono considerati tutti gli elementi si può giudicare se quella attività nel suo insieme rappresenta una casa ben solida. Questo è lo scopo della due diligence. E per questo motivo è necessario avere un team multidisciplinare per verificare tutte le questioni attinenti all'attività prima di concludere l'affare. Per riuscire al meglio in questo compito è auspicabile eseguire il due diligence con dovuto anticipo sulla transazione, in modo da non dovere rinegoziare l'intero affare a pochi giorni dalla chiusura.

Un team multidisciplinare può essere costituito da legali esperti di diritto commerciale e del lavoro, da esperti fiscalisti e da contabili, da esperti di corporate finance e di sicurezza, da esperti di valutazioni sull'andamento dei titoli, da esperti che sappiano valutare la veridicità della documentazione prodotta da un'azienda e la coerenza di ciò che la documentazione rivela, da esperti che abbiano gli strumenti, la sensibilità e l'esperienza per valutare figure chiave dell'azienda, i managers, gli amministratori, la clientela oltre all'immagine che l'azienda gode sul mercato, la fiducia dei consumatori, il segmento di mercato che copre. Un'operazione di due diligence diviene particolarmente delicata quando una delle parti, in genere l'acquisita, non collabora. In questi casi diviene ancora più importante al capacità di perseverare nell'operazione e di rilevare eventuali omissioni o falsificazioni prodotte.

Brevemente desidero esporre la visione classica o consueta del due diligence, per poi passare a quella di maggiore attualità ed efficacia che trae ispirazione dal modello anglosassone. Il primo approccio parte dai seguenti aspetti generali: l'obiettivo di una "due diligence" è normalmente quello di offrire la necessaria assistenza nella valutazione di un'azienda/attività oggetto di un'operazione straordinaria. Un buon report finale deve essere in grado di fornire un'analisi coerente e mirata della specifica tematica oggetto di indagine, di assisterlo nella valutazione dell'attività di riferimento, di solito in relazione a transazioni particolarmente significative. Lo scopo della relazione finale è quello di offrire al cliente una approfondita conoscenza dell'attività, dei suoi fattori critici di successo, dei suoi punti di forza e di debolezza, evidenziandone potenziali problematiche, opportunità ed, infine, offrendo validi spunti e suggerimenti per gli aspetti chiave della transazione in atto. Per raggiungere tali obiettivi la relazione finale deve fornire ovviamente una rappresentazione fedele dell'oggetto dell'analisi e delle sue caratteristiche, anche se in contrasto con la visione e le opinioni del management dell'azienda, nel rispetto delle istruzioni e degli accordi presi con il cliente.
In una "due diligence" occorre ottenere una visione il più possibile completa dell'attività; è infatti, essenziale comprenderne le componenti e per fare ciò la società oggetto delle verifiche verrà analizzata con riferimento ai suoi andamenti storici e prospettici più significativi. Generalmente l'ampiezza delle verifiche viene definita durante le riunioni preliminari con il cliente. Esistono comunque alcune verifiche che devono essere svolte necessariamente quali:
  • analytical review della situazione economica/patrimoniale ed analisi critica delle informazioni finanziarie (interessi passivi proporzionati all'indebitamento, vendite comparabili con i movimenti di magazzino ecc...);
  • riconciliazione dei dati di bilancio con la contabilità ufficiale e verifica della relativa correttezza matematica;
  • ottenimento dell'evidenza di tutti quei fatti aziendali che possono essere considerati come "rilevanti". 
Il due diligence nel suo svolgimento, richiede una particolare attenzione da parte del professionista che la esegue. Questi nell'analizzare con spirito critico le aree precedentemente esposte deve avere sempre presente lo scopo del lavoro e le necessità del cliente, perciò nello svolgimento di un incarico di questo tipo ciò che va sempre fatto e domandarsi: "chi è il nostro cliente, cosa vuole sapere e, se noi fossimo al suo posto, cosa vorremmo sapere?".

Abbiamo già sottolineato come la base del lavoro di "due diligence" sia la conoscenza dell'attività e delle sue problematiche; nessuna conclusione fondata può essere raggiunta senza una piena padronanza di questi elementi chiave e delle regole economiche, legali, ambientali, che governano il mercato nel quale la società opera.
Il professionista coinvolto deve pertanto possedere queste conoscenze già allo stadio iniziale del lavoro, nel momento in cui viene accettato l'incarico; successivamente tali conoscenze verranno confrontate ed approfondite con il management aziendale, e continuamente aggiornate durante lo svolgimento dei programmi di lavoro.
Naturalmente ove la particolarità dell'incarico o la sua complessità ed ampiezza lo richieda, può risultare indispensabile la collaborazione con specialisti esterni al team e talora può essere il cliente stesso a sollecitare tale collaborazione professionale che può riguardare:
  • consulenti aziendali;
  • legali; 
  • consulenti fiscali; 
  • esperti di settore; 
  • consulenti del lavoro; 
  • consulenti ambientali; 
  • esperti EDP.
Si può notare che in questa ottica ancora è prevista la presenza di un solo professionista, eventualmente affiancato da determinati specialisti. Soprattutto, bisogna notare che nulla è detto riguardo la sicurezza, la verifica della veridicità dei documenti, la conoscenze delle persone, dei dipendenti, Tutti aspetti che, come si vedrà nel seguito, sono prioritari e caratterizzanti dell'impostazione attuale, c.d. anglosassone. Secondo l'esperienza anglosassone intesa in senso lato l'investitore in seguito al due diligence deve essere in grado di trovare risposta ai quattro quesiti chiave per l'investimento:

1. Primo il "Business Plan/Investmet Thesis", il piano d'investimento. Deve esistere una necessità strategica verso il prodotto o il servizio. Il piano d'investimento deve essere sostenibile e il due diligence deve fornire una analisi di competitività strategica.

2. Il secondo punto, che rappresenta il fattore più critico, più delicato e più importante è la valutazione del "Management Team". Il management aziendale deve avere la necessaria esperienza al fine di raggiungere gli obiettivi del piano d'investimento, nonché avere sufficiente spirito imprenditoriale e dare garanzie sufficienti di trasparenza per la continuazione della gestione anche dopo l'investimento da parte di terzi.

3. Terzo il mercato ed il suo potenziale. Esistono sufficienti prospettive di crescita del mercato; vi sono margini sostenibili; siamo di fronte ad un settore merceologico maturo o con prospettive di sviluppo; qual è il grado di sostenibilità nel caso non si sia di fronte a prospettive di crescita elevate?

4. Infine la "Exit Strategy", la strategia di fuga. Vi sono sufficienti probabilità di solvibilità; quali sono le possibili alternative di fuga?, esistono potenziali acquirenti per l'attività? Due diligence è il termine utilizzato per descrivere il processo di valutazione dei quattro fondamentali d'investimento sopra citate. Il processo di due diligence deve essere utilizzato dall'investitore per:
  • raccogliere e per verificare informazioni, 
  • sviluppare e per analizzare la situazione compresi: 
  • i cambiamenti che possono influire sull'azienda, 
  • i suoi punti di forza strategici, 
  • la posizione dell'azienda all'interno di un settore industriale, 
  • le caratteristiche cicliche o stagionali di quel settore, 
  • la continuazione della gestione aziendale da parte del management anche dopo l'esecuzione dell'investimento.
Lo scopo finale è di valutare il business ed i rischi anche legali e di dare organicità alla struttura d'investimento.

1) Il piano d'investimento deve mettere in chiaro i macro fattori economici del settore d'industria in cui opera l'azienda. A tale scopo si può ad esempio adottare un modello quale il modello competitivo delle cinque forze sviluppato da Michael Porter (Michael Porter's Five Forces Model of Competition) che deve trovare risposte ai seguenti cinque quesiti:
  • I clienti adottano strategie basate sulla forza contrattuale - un buon esempio è il mercato delle auto dove vi è la quasi certezza che i clienti verranno all'attacco per ridurre i margini degli utili? 
  • I fornitori adottano strategie basate sulla forza contrattuale - un esempio di ciò è il mercato dei prodotti chimici dove i prezzi sfuggono alla normale contrattazione e l'acquirente deve accettare i prezzi dati? 
  • Vi sono barriere all'ingresso rappresentate da capitale, tecnologia, dimensione di mercato? 
  • Esiste il pericolo di nuova concorrenza da fabbricanti di prodotti sostitutivi? 
  • Qual è il grado di pressione esercitato dai diretti concorrenti sullo specifico settore di mercato? 
E' di grande importanza di andare a fondo alle prestazioni storiche della società nel suo mercato di riferimento in modo da superare l'analisi che si potrebbe fare in forza dei dati offerti da una revisione contabile. Bisogna porsi domande quali: i risultati della società sono stati raggiunti grazie a particolari situazioni cicliche, strategiche o magari valutarie oppure sono il risultato di una accurata gestione?

2) Il riferimento alla gestione consente di introdurre il secondo tema, quello sulle persone, sul management. Questa è la parte più delicata ma anche più attuale e di grande importanza da scandagliare in una società.
La valutazione delle persone può essere sia esterna, del personale di una società oggetto di acquisizione, sia interna una stessa società. Sono due prospettive molto diverse ma che per praticità verranno esposte in questo stesso contesto:

A) Iniziamo da quella esterna:
gli americani ed i canadesi hanno in questo senso un approccio principalmente "epidermico": fiducia e simpatia a prima vista divengono fattori determinanti nella valutazione del management. Considerando che, come essi stessi dicono "what you are really acquiring are the people", ciò che in realtà si acquisisce sono le risorse umane, sinceramente stupisce come un'analisi possa fondarsi su impressioni puramente soggettive come la simpatia e su altri assunti come "never assume that a leopard is going to change its spots" (non è pensabile che un leopardo cambi il maculato della propria pelliccia) per scavare nelle potenzialità, nelle doti, nei difetti e nelle motivazioni di una persona, per capire se colui che è stato un vincente fino a ieri possa esserlo anche in futuro.
E' nostra opinione, in considerazioni delle particolari e varie situazioni che caratterizzano il nostro paese, dedicare la priorità su ciò che la persona ha prodotto durante la sua gestione e soprattutto sul motivo di determinati successi o insuccessi della sua gestione. Questi sono gli elementi che, soprattutto nella nostra realtà hanno molta più rilevanza: intuire o capire se è grazie ad un determinato manager che l'azienda ha raggiunto certi risultati, in forza di quali motivazioni economiche, di conoscenze, politiche, clientelari - questi risultati sono stati raggiunti e, soprattutto, sarà possibile ripeterli o incrementarli anche senza l'assistenza di determinate persone? indipendentemente dalla loro simpatia. I fattori da considerare riguardo il management sono sia oggettivi, sia, a volte, personali. Tra i primi vi sono questioni quali:
  • la modifica di determinate variabili all'interno dell'azienda porterà a delle modifiche nella performance delle persone? 
  • Quanto possono cambiare le persone sotto mutate condizioni? 
  • Manterranno queste la sufficiente motivazione per il raggiungimento di determinati obiettivi? 
  • Ed infine, un concetto che è tanto semplice quanto importante: è necessario avere la ragionevole certezza che l'azione del management sia in linea con quanto stabilito dall'azionariato/dal gruppo di controllo. 
Vi è poi un secondo gruppo di questioni da analizzare:
  • Chi sono le persone, qual è lo sfondo politico e sociale nel quale si muovono? 
  • Quanta attinenza può avere questo con il futuro andamento degli affari? 
  • Per quale motivo quella determinata azienda si è sempre garantito sufficienti commesse da determinati clienti? 
  • L'eventuale allontanamento di una figura chiave dell'azienda in che modo può influire sull'andamento degli affari, sull'affluenza di queste commesse? 
E' chiaro che qui ci si addentra in campi particolarmente delicati in cui la corretta ed imparziale valutazione di presunzioni diviene di grande rilevanza.

B) Un'altra prospettiva della valutazione delle persone è quella che si raccomanda fare a qualsiasi impresa al proprio interno. Vi posso fornire alcuni dati di fonte britannica: un sondaggio condotto sul tema delle frodi di dipendenti richiesto dalla rivista specializzata Security Gazete. Questo sondaggio è stato pubblicato dal Times nel giugno 1995 sulla base statistica, di 100 tra le 1000 società leader. In questa occasione gli intervistati erano o funzionari finanziari ed amministrativi senior o Amministratori delle stesse società
  • il 68% di loro ha ammesso di essere stati vittime di frodi da parte dei dipendenti nel recente passato
  • il 35% credeva che la frode da parte dei dipendenti stesse attualmente avendo luogo nella loro organizzazione
  • il 60% delle frodi da parte degli impiegati era stata commessa da individui in posizioni manageriali 
  • 22% dirigenti di grado inferiore 
  • 34% dirigenti di grado medio 
  • 4% dirigenti di grado superiore 
  • il 40% delle frodi non è stato scoperto per oltre sei mesi. 
Delle società che hanno sofferto frodi da parte dei dipendenti, i reparti più suscettibili di frode sono stati in percentuale:
  • Qualsiasi Attività Finanziaria 30
  • Contabilità/Finanza 27
  • Foglio Paga/Personale 3
  • Maestranze/Produzione 9
  • Acquisti 7
  • Marketing/Vendite 7
  • Rifiutati a rispondere 16
  • Non so 7
I dati non indicano quanto strettamente il 7% negli Acquisti hanno agito in collusione con colleghi del Reparto Finanza.

3) Per ciò che riguarda il terzo punto, il mercato potenziale, si possono adottare analisi di competitività ed una dettagliata analisi della struttura e della dimensione del mercato e dell'attesa quota di mercato.
E' una valutazione sempre difficile e da eseguire per difetto piuttosto che per approssimato eccesso. In ogni mercato vi sono dei sotto-mercati e delle nicchie che non sono accessibili per una serie di motivi ed il mercato reale è sempre inferiore di quanto ci si possa immaginare in forza dei macro fattori.

4) Vi sono infine le strategie di fuga. E' molto importante conoscere le varie alternative riguardo eventuali strategie di fuga. Una determinata società in grado di lanciare una OPV sarà accettata dagli investitori istituzionali o questi non manifestano alcun interesse in essa? Infatti una società privata può non essere capace di sopravvivere come società ad azionariato diffuso. Ciò che è importante è la determinazione a priori della possibilità e del timing dell'eventuale vendita ad un acquirente strategico. Tutto ciò è sicuramente una eccessiva semplificazione basata sull'assunto che vi siano due o più attori quali possibili candidati all'acquisto della società. A questo punto diviene fondamentale capire e sapere prevedere le mosse di queste, in particolare il pensiero del loro CDA e, qualora siano realmente dei potenziali acquirenti, se queste società ed i loro investitori di supporto hanno effettivamente la capacità economica di acquistare l'azienda nel dato momento previsto per attuare la strategia di fuga.

In definitiva un'analisi dei quattro fattori considerati deve consentire all'investitore di formarsi un'idea riguardo i seguenti punti:
  • Il piano d'investimento è sensato? 
  • Le risorse disponibili o mobilitate sono sufficienti ed adeguate al raggiungimento degli obiettivi del piano d'investimento e dei progetti finanziari? 
  • I tempi ed i costi per il raggiungimento del piano d'investimento sono stati calcolati con sufficiente precisione? 
  • Il management è in grado di realizzare il piano d'investimento? 
Una volta risposto a queste domande si deve essere in grado di preparare una valutazione preliminare ed una prima approssimazione dei tempi di realizzazione dell'intento. Per quanto attiene alla valutazione, il procedimento di due diligence è fondamentale nella determinazione del valore della società. L'analisi dei rischi sottostanti al previsto cash flow e della responsabilità hanno ovviamente un'enorme impatto sulla valutazione finale, così come sulle prospettive di profitto di bilancio. La comprensione delle risorse umane diviene in questo momento importantissimo per evitare di ritrovarsi, dopo l'investimento, con una c.d. "scatola vuota". A questo proposito si può citare l'esempio di una affermata SIM operante da Milano che amministrava grossi clienti soprattutto istituzionali. Una importante banca Europea decise di acquisire, ad alto prezzo, la SIM per consolidare la sua presenza sul mercato mobiliare italiano.
Naturalmente hanno svolto tutte le dovute verifiche contabili e legali, trascurando però di eseguire il due diligence sul personale responsabile della gestione dei clienti e di comunicare a tutti i dipendenti le direttive di gestione che avrebbe determinato a completamento dell'acquisizione. In definitiva si ebbe che, passata la gestione alla banca, pagati i bonus primaverili, il gruppo dirigente dei gestori decise di abbandonare quella SIM e di fondarne una propria. Naturalmente non fecero un assoluto salto nel buio in quanto anche molti loro colleghi decisero di seguirli nella nuova struttura, i maggiori clienti, soprattutto quelli istituzionali, rimasero fedeli ai gestori e non alla vecchia SIM.
E' chiaro l'esempio è abbastanza calzante; "what you are really acquiring are the people", e se queste non sono coinvolte e motivate, è pressoché certo che il risultato della "scatola vuota" sia una profezia che si autoavvera. Ogni transazione d'investimento richiede un due diligence su misura per il caso specifico e un elenco di operazioni e di priorità sempre differente da determinare caso per caso.

In definitiva due diligence è il processo da mettersi in moto per l'individuazione dei benefici e delle responsabilità di un investimento progettato. Il due diligence deve dare un sostanziale contributo alla risposta della domanda "Dobbiamo realmente investire in quest'affare? Quanto siamo ora disposti a pagare per esso? Come deve essere strutturato il nostro investimento?" Importante è di svolgere al meglio le valutazioni riguardo i quattro fattori determinanti:
  • la valutazione del piano d'investimento, 
  • del management, 
  • del potenziale del mercato 
  • e la strategia di fuga. 
Per fare ciò è fondamentale una accurata raccolta ed analisi dei dati, ed una attenta valutazione della loro autenticità, nonché il coinvolgimento di determinati esperti di settore ben qualificati. Caratteristiche del rapporto Finale Premesso che durante il lavoro il cliente dovrà comunque essere tenuto informato sulla evoluzione dello stesso in quanto eventuali problematiche significative potrebbero determinare cambiamenti sulle decisioni o nelle trattative in corso, il rapporto finale sull'attività svolta normalmente include:
  • termini di riferimento dell'intervento; 
  • sintesi delle problematiche significative emerse; 
  • rapporto dettagliato che illustra gli aspetti più importanti del business; 
  • elenco delle principali attività di verifiche svolte; 
  • situazione patrimoniale, economica e del personale presa a riferimento nel corso dell'intervento. 
Possibili sviluppi di un intervento di "due diligence". Riteniamo opportuno completare questa breve analisi sulle finalità e modalità operative di un intervento di "due diligence", richiamando l'attenzione su come le conoscenze acquisite nel corso di un intervento finalizzato alla compravendita di un'azienda possano essere positivamente utilizzate anche nella fase di perfezionamento delle trattative ed in quella ad essa successiva. Il consulente incaricato della "due diligence" può, infatti, svolgere un importante ruolo come coordinatore dell'attività del compratore, del venditore e dei rispettivi consulenti legali, fiscali e finanziari, stante le conoscenze acquisite durante il proprio intervento.
Queste ultime potranno inoltre risultare preziose, una volta conclusa l'operazione, per procedere all'integrazione della società oggetto dell'operazione con la società (o con il gruppo) acquirente. A tal fine potranno, ad esempio, essere sviluppate le possibili sinergie gestionali e, da un punto di vista organizzativo, uniformare le procedure di controllo ed i principi contabili utilizzati per la redazione dei reports sia preventivi che consuntivi.

Un ultimo accenno, per chiudere, alla valutazione di determinati elementi che, nella forma di due diligence preventiva o "Fraud Risk Management" possono assolutamente influire sulla valutazione finale.
Ciò mi porta a fare un ultimo e breve accenno al "Programma di Gestione del Rischio Frode" che è auspicabile ogni società, industriale, commerciale o finanziaria abbia attuato al proprio interno. Del programma di Gestione del Rischio di Frode di Irwin & Bates la Valutazione del Rischio di Frode è soltanto una componente.
Crediamo che un programma di Gestione del Rischio di Frode abbia un minimo di sette componenti:
  1. La istituzione di una chiara strategia e cultura aziendale
  2. L'istituzione di chiare politiche di società, inclusi i principi e l'etica di affari
  3. L'istituzione di procedure di due diligence relative alla assunzioni interne ed alle relazioni esterne
  4. Valutazione del Rischio
  5. Controlli Interni
  6. Programma di Individuazione delle Frodi
  7. Piano di Reazione alle Frodi
E' il nostro punto di vista che se queste sette componenti vengono attuate entro una organizzazione, tale organizzazione avrà un lungo percorso per stabilire una strategia coesiva anti- frode che, a sua volta, permetterà ai dirigenti di tale organizzazione di fare le loro richieste affermazioni ai propri azionisti con un reale grado di fiducia. Mentre potrebbe richiedere del tempo per istituire tutte e sette le componenti entro una organizzazione, noi non percepiamo alcuna delle componenti come "extra opzionale" in quanto la nostra esperienza ci indica che ciascuna componente ha un solido ruolo da giocare. Posso fare brevemente dei commenti su ciascuna componente:

1. Chiara Strategia e Cultura Societaria.
Pongo questa componente al primo posto nella lista in quanto noi, e molti commentatori esperti di cui abbiamo letto i loro punti di vista, crediamo che sia l'elemento più importante nel programma
Strategia Societaria:

Ogni attività ha i suoi obiettivi ed un percorso segnato riguardo a come questi obiettivi debbono essere raggiunti.
  • E' stata determinata una chiara strategia? 
  • E' stata chiaramente comunicata al personale? 
  • Il personale l'ha compresa? 
L'assenza di una chiara strategia cultura societaria ben conosciuta da parte del personale sarà di impedimento di un eventuale comportamento fraudolento.

2. Chiare politiche di società, inclusi i principi e l'etica di affari: La chiarezza e la trasparenza nel coinvolgimento della consapevolezza del personale può evitare o prevenire il verificarsi di fenomeni quali:
  • Conflitti di Interesse 
  • Il dare e ricevere regali 
  • Mancanza di riservatezza 
  • Secondi lavori o ricerche di cariche di amministrazioni esterne. 
3. Procedure di Due Diligence - Procedure di Assunzione
Per quanto riguarda questa terza parte nel programma di gestione del rischio di frode se la frode si verifica nella vostra società ed il frodatore viene identificato, date un'occhiata al suo incartamento personale. Cosa conoscevate di questo individuo prima che lo assumeste? Quanto approfondito è stato il vaglio prima dell'impiego? Costui era adatto alla mansione per la quale è stato assunto? Sono state svolte delle verifiche sulla veridicità di quanto esposto nel suo Curriculum? Questo concetto di maggiore attenzione sugli individui deve essere applicato nel contesto di nuove acquisizioni commerciali. Bisogna sempre chiedersi quanto si conosce degli attori principali dell'organizzazione che andate ad acquisire. Ciò ci riporta al concetto precedentemente esposto di due diligence esterna sulle persone.

4. Valutazione del Rischio
Bisogna mettere in atto delle simulazioni, degli studi di vulnerabilità alle frodi all'interno delle società o delle organizzazioni. Un team multidisciplinare, probabilmente composta un investigatore, un contabile investigativo ed uno specialista di Informatica, si reca all'interno della società, reparto per reparto, apprende tramite interviste con il personale pertinente cosa fa tale reparto e quali sono le sue responsabilità, il lavoro cartaceo che svolge ed il tipo di registrazioni al computer che ne consegue.
A questo punto il team ponendosi la domanda: "se volessimo tirare fuori denaro da questo reparto, o coprire registrazioni contabili fittizie, come lo faremmo?; i controlli in essere al momento attuale ci impedirebbero di svolgere il nostro desiderato corso di azione?". Allo stesso modo, una volta valutato il grado di attaccabilità dall'interno, è possibile determinare il grado di suscettibilità a minacce esterne. Un possibile modello di Valutazione del Rischio di Frode da usare da voi stessi è il seguente: 

Rischi Industriali
  • L'industria è altamente competitiva? 
  • La linea di prodotto è statica o in evoluzione? 
  • Vi sono significativi cambiamenti legislativi? 
  • La tecnologia sta cambiando i metodi di consegna del prodotto? 
Minacce alla Società:
  • La struttura della società aumenta la vulnerabilità?
  • La cultura è tendente ad un comportamento fraudolento?
  • Le minacce industriali hanno un impatto acuto con l'organizzazione?
Cambiamenti recenti
  • Si sono verificati dei ridimensionamenti verso il basso? 
  • E' stata ristretta la dirigenza di livello medio? 
  • Sono state modificate le linee finanziaria/di riporto? 
  • E' stata introdotta nuova tecnologia? 
  • La società sta operando in nuove giurisdizioni? 
Gestione complessiva dei Rischi
  • Standard delle informazioni amministrative 
  • Meccanismi di rilevamento 
  • Controllo delle attività devolute 
Attuale Consapevolezza dei Controlli/Frodi
  • Esiste un programma di consapevolezza delle frodi? 
  • Esistono procedure di riporto di irregolarità? 
Nuove Misure Necessarie
  • Identificazione delle vulnerabilità e piano di attuazione 

5. Controlli Interni
Le domande sono:
  • Sono quelli giusti? 
  • Sono aggiornati con la tecnologia? 
  • Sono efficaci? 
Sebbene esistano non è detto che siano sufficienti o sufficientemente impermeabili da minacce esterne o interne.
Banca Barings docet: Mr Leeson ci ha offerto un esempio che probabilmente sarà pertinente per un po' di tempo a venire. Il controllo su tali individui sarebbe dovuto essere fatto dall'ufficio interno che controllava le attività giornaliere svolte dagli operatori. Tuttavia, Nick Leeson aveva completo accesso alle operazioni esterne ed interne ed a tutti gli uffici e, come tutti noi sappiamo, in realtà non vi era alcun controllo in essere.

6. Individuazione delle Frodi
Il programma includerà:
  1. Un'indagine delle attitudini dei dipendenti alla frode ed al comportamento etico. Tale indagine verrà svolta su una base strettamente riservata e verrà elaborata su misura per le possibilità di frodi identificate nello studio di vulnerabilità. I risultati forniranno un'indicazione per quanto riguarda i parametri richiesti per il programma di individuazione.
  2. Il personale chiave e l'amministrazione nelle aree identificate ad alto rischio saranno individualmente istruiti relativamente a tali rischi e sui metodi di prevenzione.
  3. Verranno tenuti seminari più generici con il resto del personale in modo da fornire anche a costoro gli strumenti per individuare situazioni anomale.
  4. Verranno discusse a fondo ed istituite le procedure riservate di riporto delle anomalie.
  5. Crediamo che questo particolare aspetto del piano, che mira anche ad avere risvolti coesivi tra il personale debba venire aggiornato a scadenze pressoché regolari. 

7. Piano di Reazione alla Frode. 
L'ultima parte del piano d'insieme è il Piano di Reazione alla Frode. E', questo, il pacchetto d'emergenza e dovrebbe includere:
  • Meccanismi di individuazione e di isolamento dei responsabili della frode; 
  • Procedure di tutela dei beni, della documentazione contabile, e soprattutto di sicurezza del sistema informatico;
  • Numero di contatto della polizia e delle altre autorità di tutela;
  • Altri numeri utili.
L'insieme del contenuto del programma di Gestione del Rischio di Frode viene riassunto nell'istituzione del c.d. "Security Office" all'interno delle società e degli istituti bancari ed assicurativi. Questo strumento grazie alla sua grande flessibilità e pervasività è in grado di monitorare costantemente le operazioni interne e verso l'esterno dell'attività.

Nell'elaborare le nostre misure di prevenzione dovremmo tenere a mente le parole del filosofo cinese, Generale Sun Sui che visse 2500 anni fa: "L'arte della guerra ci insegna a non dipendere dalla probabilità che il nemico non si avvicini, ma sulla nostra prontezza a riceverlo; non sulla possibilità che ci attacchi, ma piuttosto sul fatto che noi abbiamo reso inaccessibili le nostre posizioni.”

Christian KAMMER



lunedì 7 luglio 2014

La truffa della forchetta

Si è diffusa negli ultimi tempi una tecnica di truffa finalizzata a sottrarre denaro agli ignari correntisti che tentano di prelevare denaro agli sportelli bancomat.

La tecnica di frode è molto efficacie e consiste nell'introdurre uno strumento molto semplice nel vano di fuoriuscita del denaro in grado di bloccare le banconote senza essere immediatamente individuabile dall'utilizzatore delle sportello automatico.
Si tratta di un sistema meccanico che permette di accumulare il denaro nei pressi dell'uscita, determinando tuttavia il buon esito dell'operazione di prelievo.

Il correntista, verificata la mancata erogazione delle somme richieste, si allontana dando la possibilità ai criminali, appostati nei dintorni, di intervenire sfilando lo strumento e recuperando le banconote, anche grazie all'utilizzo di pinzette e piccoli cacciaviti.

La truffa c.d. "della forchetta" si sta diffondendo per la facilità di costruzione dello strumento di recupero.




Le forze dell’ordine consigliano di fare molta attenzione nel caso di operazioni andate a buon fine senza però che lo sportello abbia erogato le banconote richieste; in tal caso non bisogna allontanarsi, ma rimanere nella zona e avvertire la filiale della banca presso la quale è istallato il bancomat.

Mentre, se l'ufficio bancari o postale fosse chiuso, si consiglia di segnalare il problema contattando telefonicamente le forze dell’ordine.


Aggiornamenti (10 luglio 2014):
Caos al postmat di Villa di Briano, smascherata la truffa della forchetta
Prelievi al bancomat: occhio alla truffa della forchetta




giovedì 26 giugno 2014

Riciclaggio: è un "rischio" o un "reato"?

Potremmo chiudere subito rispondendo:
Per il giurista il riciclaggio è un "reato", per l'aziendalista è un "rischio".
Punto. Finito.

Evidentemente la questione merita una riflessione un poco più articolata.
Il riciclaggio, dal punto di vista aziendale, è uno dei principali rischi tipici o rischi operativi, soprattutto con riferimento a particolari realtà economiche, quali quelle operanti nell'ambito bancario, finanziario e assicurativo.

E, in quanto rischio, può essere efficacemente gestito, mitigato, prevenuto.

La domanda che fa da titolo al post, tuttavia, è volutamente fuorviante in quanto è la medesima legislazione che fa cenno esplicito al doppio significato di tale fenomeno criminoso, identificandolo come "rischio-reato" e non solo come "reato".

E, in quanto reato, il riciclaggio deve essere oggetto anche di solide attività di contrasto e repressione.

Si badi bene che prevenzione e contrasto sono esercizi entrambi necessari, ma non devono essere confusi come se fossero componenti di una stessa attività.
Prevenzione e contrasto competono a strutture, presidi e organizzazioni aziendali differenti, sia per le modalità di intervento sia per le finalità perseguite.
Peraltro va sottolineato che qualsiasi struttura aziendale preposta alla vigilanza e ai controlli non potrà mai (e non dovrà mai) sostituirsi a ben altre autorità a cui compete istituzionalmente il potere investigativo e giudiziario. A ognuno il suo ruolo.


Dunque, ricapitolando, se il riciclaggio è anche un rischio (e lo dice il legislatore), è possibile gestirlo ricorrendo ad una "semplice" metodologia chiamata "risk based approach".
Quindi se si introducono in azienda modelli organizzativi sufficientemente efficaci nell'opera di prevenzione del rischio di riciclaggio, allora questa sarà esente da responsabilità.
Inoltre, se parallelamente ad una seria prevenzione si attuasse anche una saggia ed equilibrata attività repressiva finalizzata ad evitare ogni coinvolgimento dell'azienda nel reato, anche inconsapevole, allora quest'ultima si troverebbe ancora meno esposta a giudizi avversi. Sopratutto se non si esitasse a denunziare all'autorità giudiziaria i comportamenti illeciti individuati.
Infine, se tale approccio assumesse il carattere dell'ordinarietà a livello di sistema economico, molto del problema relativo ai fenomeni fraudolenti in generale, sarebbe risolto.

Ma la realtà purtroppo è ben altra.
Sono molti i problemi, anche culturali, che si infrappongono tra utopia e realtà.

Il primo problema è dato, senza dubbio, dalla difficoltà oggettiva di individuare quei criteri operativi idonei ed appropriati per far fronte al rischio di riciclaggio.
Mi riferisco soprattutto a quel sistema di policies e di principi di governance concretamente in grado di rendere difficile (ma non impossibile) il riciclaggio.
E non basta mettere nero su bianco le ormai popolarissime linee guida suggerite dalla letteratura più spiccia:

   1) Predisporre un'adeguata verifica della clientela
   2) Segnalare le operazioni sospette
   3) Valutare e gestire i rischi
   4) Garantire l'osservanza delle disposizioni antiriciclaggio
   5) ...

Questi sono semmai i principi, ma come trasformarli in protocolli operativi?
Questo è il vero problema.

Ad esempio, l'adeguata verifica della controparte, secondo gli approcci di matrice fraud auditing, dovrà implicare un'approfondita attività di corporate intelligence finalizzata ad attribuire una sorta di "scoring". Ciò potrebbe implicare l'attribuzione di un "rating antiriciclaggio" a cui sottoporre, ad esempio, tutti i soggetti rientranti nell'anagrafica fornitori/clienti ovvero tutti i partecipanti ad una determinata gara d'appalto.

In secondo luogo, molte realtà aziendali, anche di notevoli dimensioni, ancora non sono equipaggiate con presidi specializzati nelle attività di fraud auditing, distinte da quelle di internal auditing. Pertanto in molte occasioni si possono riscontrare ampie inefficienze quando, ad esempio, le funzioni di risk management devono far fronte ad un fatto fraudolento accaduto in azienda ricorrendo, purtroppo, ad approcci tipici delle strutture di prevenzione e non a quelle più specializzate nelle attività di fraud detection e fraud investigation.

s.m.



giovedì 12 giugno 2014

Come sei posizionato sul Rating di legalità?

di Silvio Poggi*

Sono passati quasi due anni dall'emanazione dell’art. 5-ter del Decreto Legge 1/2012 che sanciva la nascita di un vero e proprio Rating di legalità per le imprese, una proposta del Governo Monti che stuzzicò subito la mia attenzione. In pochi hanno creduto in questa iniziativa, lo scetticismo e la perplessità erano sentimenti comuni, la dicitura “finirà tutto all'italiana” mi riportava ad una realtà sconfortante.

Eppure ciò mi spinse, al contrario, ad approfondire i contenuti del Decreto, del Regolamento attuativo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) e del Formulario del Rating, allegati e normative inclusi. Trovai, infatti, “compagni di viaggio” che, come me, avevano avuto l’intuizione giusta nel voler credere che questo Paese, pur nelle sue difficoltà ed innumerevoli contraddizioni, non avrebbe mai abrogato, probabilmente, uno dei rari strumenti meritocratici a favore delle imprese.

Certo, occorre ammettere che la presenza preponderante ed il significativo peso che riveste il D.Lgs. 231/01 sul punteggio finale del Rating ha incentivato il mio impegno, considerato che da circa tredici anni indirizzo la maggior parte delle mie attività professionali ai Modelli organizzativi 231.

Questa, comunque, non è stata l’unica motivazione propulsiva.

Sono anch'io un imprenditore, governo un’azienda dal 1996 e la nostra mission è da sempre quella di creare, mediante la consulenza dei nostri esperti e professionisti, tutti i presupposti che permettano all'impresa ed ai suoi dipendenti e collaboratori di potersi realizzare pienamente attraverso una precisa organizzazione interna che li incentivi ad esprimere il loro potenziale.

In un contesto italiano ove le imprese sono quotidianamente costrette a dover far fronte ad impegni economico – finanziari sempre più crescenti e stringenti e ove gli scandali erano e sono, purtroppo, all'ordine del giorno, l’idea del Rating di legalità si conciliava perfettamente con la mia volontà di contribuire a supportare tutte quelle organizzazioni che, al contrario, si distinguevano per tenere alti i valori quali la moralità di comportamento, l’etica e la legalità negli affari, pur operando in condizioni economiche complesse e spesso in territori connotati da alti rischi.

A tale interessante ideazione mancava, tuttavia, un elemento fondamentale, l’ultimo tassello che avrebbe, come si dice, “chiuso il cerchio” all'intera iniziativa, un elemento che stentava dall'essere legiferato a causa del susseguirsi continuo di nuovi Governi che ne allungavano enormemente i tempi: il Decreto dei Ministeri dell’Economia e delle Finanze e dello Sviluppo Economico che avrebbe dettato le regole d’ingaggio delle banche di fronte alle imprese che si sarebbero presentate con il punteggio di Rating per ottenerne i giusti vantaggi.

Tale Decreto è stato finalmente emanato, in modo del tutto sommario e poco approfondito, appena il 7 aprile 2014.

Nel partecipare ad eventi e congressi, ho avuto la fortuna di incontrare Rino Belloni nel febbraio 2012 trovando in lui un profilo professionale, un’immediatezza di pensiero ed una concretezza esecutiva molto simili alle mie caratteristiche. La nostra collaborazione prosegue, ormai, da più di due anni e la fiducia riposta congiuntamente nel tema in questione ci ha permesso, oggi, di poter festeggiare i primi risultati positivi. Infatti, quando gli accennai del Rating di legalità condivise subito l’idea e mi propose di realizzare un sito internet; non un sito informativo di tipo ordinario ma un veicolo proattivo che permettesse alle imprese di poter effettuare una preliminare compilazione, quale “prova di test”, del Formulario di Rating di legalità con conseguente segnalazione dell’ipotetico punteggio raggiunto sulla base delle risposte fornite.

Con l’intervento specialistico dell’Avv. Maurizio Arena, sono stati elaborati sintetici approfondimenti per tutti i quesiti attinenti l’Autocertificazione mediante l’inserimento di “help” dedicati che potessero coadiuvare l’utente nella compilazione del questionario. È stata, inoltre, prevista la possibilità, in caso di punteggio ritenuto insoddisfacente o basso, di supportare ed assistere l’azienda cliente nella corretta e puntuale predisposizione e redazione dei documenti necessari per presentare formalmente all'Autorità preposta la domanda per l’attribuzione del Rating.

Dietro la complessa attività, citata in poche righe, si nasconde, invece, un percorso particolarmente impegnativo contraddistinto da consistenti riunioni, costanti flussi informativi, continuo apporto di suggerimenti, integrazioni ed aggiornamenti, condotto per più di un anno e che ci ha guidato, il 4 giugno 2014, al lancio ufficiale in rete del sito www.rating-di-legalita.it.

Parallelamente alla costruzione del sito medesimo, si è pensato di sviluppare un progetto pilota che consentisse una concreta simulazione sul campo della bontà tecnica dell’iniziativa.

È stata scelta Pineta Grande S.r.l., Presidio ospedaliero polispecialistico di Castel Volturno, quale oggetto di analisi e di test. L’impresa, tramite l’ausilio del suo Organismo di Vigilanza 231, delle sue risorse interne e del supporto ed assistenza continua della nostra organizzazione professionale, ha percorso tutto l’iter previsto dalla normativa per ottenere il Rating. 

Il prezioso contributo dell’Avv. Claudio Sgambato, la collaborazione dell’Interfaccia interna dell’OdV Vittorio Quagliuolo, il puntuale intervento nella risoluzione dei problemi attinenti la white list da parte di Alfonso Savio ed il confronto - coinvolgimento continuo del management apicale resosi pienamente disponibile rispondendo prontamente ad ogni richiesta venisse posta loro, rappresentano elementi strategici di una eccellente gestione ed organizzazione aziendale. Anzi, l’Autorità ha richiesto, in itinere, all'impresa di fornire un supplemento documentale.

Nonostante le richieste di integrazioni pervenute all'azienda, Pineta Grande è classificata attualmente come una delle pochissime imprese ad aver acquisito dall'Autorità il massimo punteggio ottenibile del Rating di legalità e cioè tre stelle.

A seguito dell’esperienza vissuta devo sottolineare, con piena soddisfazione, che molto è stato realizzato anche grazie all'intervento di diversi professionisti che considero non solo colleghi ma veri e propri amici. Tuttavia il percorso che ci troviamo ad affrontare è ancora lungo e molte sono le incertezze e le insidie da dipanare ed affrontare, una su tutte il ruolo degli istituti di credito: saranno, questi, spettatori passivi della concessione di benefici quasi “imposti” dalle Autorità e protagonisti di confronti non costruttivi con le singole imprese oppure attori del nuovo modo di operare nei confronti delle aziende che, con il Rating, acquisiscono reali diritti di essere ascoltate e supportate nello sviluppo del loro business? 

Tale interrogativo rappresenta il punto di equilibrio tra il successo di una buona idea ed il fallimento della stessa a causa dell’impossibilità di apportare cambiamenti reali al tessuto economico - finanziario del Paese. 

Noi tutti auspichiamo che il Rating possa trovare la giusta considerazione che merita in quanto la stessa Comunità Europea ha da tempo avviato una consultazione con i Paesi membri per introdurre e valorizzare non solo rating finanziari già consolidati ma anche rating di tipo qualitativo promuovendo, altresì, una particolare attenzione alla legalità ed alla trasparenza delle imprese.

Grazie allo scenario appena esposto è possibile definire il Rating di legalità quale strumento di garanzia dell’affidabilità delle imprese.

Di conseguenza, in un Sistema di partenariato quale quello che attualmente si trova in fase dibattimentale presso la Comunità Europea, è logica e diretta conseguenza affermare che il punteggio di Rating possa essere richiesto dai partners europei quale requisito imprescindibile per una collaborazione reciprocamente trasparente ed etica tra le imprese.


*   *   *


Silvio Poggi è:
- Perito del Tribunale di Roma per il giudizio di idoneità ed adeguatezza dei Modelli organizzativi 231
- Revisore Legale
- Professionista Socio Qualificato APCO-CMC n. 2013/002 - Legge n. 4/2013
- Membro dell’Associazione dei componenti degli Organismi di Vigilanza 231
- Membro dell’Osservatorio 231 Farmaceutiche
- Membro di Federmanager


martedì 3 giugno 2014

Manipolazione delle scritture contabili

Sono le cosiddette frodi "on the book" e si sostanziano nell'alterazione delle scritture contabili al fine di fornire al pubblico un'errata rappresentazione di informazioni economiche, finanziarie, patrimoniali o di qualsiasi altra natura. Generalmente si parla anche di "falso in bilancio" ovvero di "false comunicazioni sociali", espressione, quest'ultima, utilizzata dal diritto societario.


Una rendicontazione manipolata della realtà aziendale rappresenta un rischio considerevole per una schiera molto ampia di portatori d'interessi, quali azionisti/soci, investitori, istituti di credito, fornitori, clienti, dipendenti, autorità di mercato, concorrenti (solo per elencarne alcuni) ma anche per lo stesso management

Si tratta dunque di un rischio che deve essere affrontato in primo luogo dal management che ha la responsabilità di attestare che bilancio d’esercizio sia redatto con chiarezza e rappresenti in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale, finanziaria e il risultato economico d’esercizio della società.

E' infatti sui dati ufficiali forniti dall'azienda che i soci e i terzi in generale possono reperire quelle informazioni sulla base delle quali assumere le decisioni riguardanti l'azienda medesima.

Anche se la manipolazione contabile non ha per obiettivo principale la sottrazione di denaro o di altri asset aziendali, un rischio collaterale ma ugualmente grave si potrebbe concretizzare con rilevanti perdite in termini di reputazione e credibilità con conseguenti crolli delle quotazioni o interruzioni di contratti già stipulati.
Inoltre non è da trascurare il fatto che molte decisioni strategiche poggiate su dati non veritieri potrebbero determinare parecchi danni indiretti con conseguenze disastrose.

Tra i fattori che incrementano il rischio di alterazione delle scritture contabili si possono ricordare:
  1. la pressione eccessiva esercitata sul raggiungimento degli obiettivi;
  2. il timore di perdere competitività in termini di carriera;
  3. interessi personali del management sui corsi azionari della società;
  4. la tendenza a predisporre previsioni eccessivamente ottimistiche; 
  5. la necessità di presentare redditi o utili superiori a quelli del settore;
  6. la tendenza a gestire il patrimonio sociale in modo audace e spudorato;
  7. la necessità di nascondere problemi di cash flow che potrebbero portare a problemi ben più gravi di insolvenza.
Ed è proprio per evitare le conseguenze disastrose determinate dalle manipolazioni contabili che il management più virtuoso e lungimirante investe adeguate risorse economiche e tecniche per la gestione di questo rischio aziendale. 
Risorse utili ad assicurare una crescita certamente più serena ed ordinata.


martedì 20 maggio 2014

Esplorare Internet. Open Sourse Intelligence

Ogni fraud auditor sa quanto siano utili nel lavoro quotidiano le varie tecniche e metodologie utilizzate per esplorare le cosiddette "fonti aperte".

Più in generale la disciplina che definisce come trarre informazioni dalle fonti pubbliche va sotto il nome di Open Source Intelligence (ovvero OSINT).

Oggi, grazie al libro "Esplorare internet. Manuale di investigazioni digitali e Open Source Intelligence" di Leonida Reitano, Presidente dell’Associazione di Giornalismo Investigativo, questa disciplina può essere accessibile a tutti e trovare a pieno titolo una collocazione nella nostra rubrica "sulla mensola del fraud auditor".



Reitano propone una serie di metodologie pratiche per chi fosse interessato ad analizzare i dati contenuti in rete, soluzioni molto utili ed interessanti non solo per i giornalisti d'inchiesta, ai quali il manuale è rivolto, ma anche per tutti gli operatori che professionalmente si occupano di indagini e di intelligence e in generale per quanti hanno la necessità di prendere decisioni sulla base di informazioni fruibili liberamente.

Infatti Internet consente di integrare efficacemente gli altri sistemi utilizzati per acquisire informazioni, quali ad esempio le fonti confidenziali basate sulle reti d'informatori ("Human Intelligente" o HUMINT), le intercettazioni telefoniche o dati ("Signals Intelligence" o SIGINT), le immagini provenienti da satelliti, aeri o droni spia e altri vettori ("Imagery Intelligence" o IMINT), le analisi relative alle “firme” chimiche, spettrografiche e radiologiche di sistemi d’arma che possano nuocere alla sicurezza nazionale ("Measurement and Signature Intelligence" o MASINT).

Trarre informazioni da fonti pubbliche significa risparmiare energie e risorse economiche senza incorrere nei rischi insiti nelle attività intrusive; inoltre "informazione disponibile al pubblico" non significa necessariamente "informazione di alta divulgazione". 
Pertanto un'attività di raccolta, ricostruzione e valutazione di informazioni fatta in modo metodico e sistematico può certamente essere utile per rispondere ai quesiti di intelligence e/o investigativi.

Infine per "fonte aperta" non si intende necessariamente una fonte informativa fruibile gratuitamente. Infatti esistono servizi professionali e strutturati forniti da aziende specializzate finalizzati a predisporre report di dettaglio su determinati soggetti e/o aziende predisposti in base ai dati presenti in rete.

Insomma Reitano illustra nel suo manuale una vera e propria metodologia per acquisire informazioni e descrive i principali strumenti tecnici per ottenere il massimo risultato. Lo fa partendo dal "ciclo teorico dell'intelligence" sino ad elencare i vari protocolli generalmente utilizzati, ad esempio, per effettuare una ricognizione e un assessment di siti web,  geo-localizzare gli indirizzi IP, ritrovare versioni precedenti di siti o individuarne i proprietari storici.

Nel capitolo quarto Reitano descrive con chiarezza e semplicità le tecniche alla base di quella disciplina che il fraud auditor conosce con il nome di "corporate intelligence" e che quotidianamente utilizza per ricostruire i legami tra società, persone, conti correnti, interessi economici, patrimoni eccetera.

Al manuale "Esplorare Internet" e al suo autore Leonida Reitano, vanno rivolti dunque i più vivi apprezzamenti per aver trattato un argomento tanto utile quanto necessario alla formazione di un abile fraud auditor.


Estratto del libro (cliccare QUI)

Per chi fosse interessato all'acquisto on-line (cliccare):
Esplorare Internet. Manuale di investigazioni digitali e Open Source Intelligence
Autore: Reitano Leonida
Minerva Edizioni - giornalismo investigativo 
224 p.
Ed. Febbraio 2014. 
Prezzo di copertina: € 24,65.

*   *   *

Leonida Reitano è dottore di ricerca in Sociologia della Comunicazione e McLuhan Fellow dal febbraio 2003. Ha insegnato presso la Facoltà di Sociologia di Urbino e dal 2007 è Presidente dell’Associazione di Giornalismo Investigativo e svolge attività di ricerca e di didattica nell’ambito delle metodologie legate al giornalismo d’inchiesta. Nel 2009 ha frequentato la Summer School del Center for Investigative Journalism di Londra diplomandosi come esperto di Computer Assisted Reporting (CAR) e di Open Source Intelligence (OSINT). Attualmente si occupa di giornalismo d’inchiesta, geopolitica e studi sui new media. Per l’inchiesta Toxic Europe ha vinto il Premio Best International Crime Report organizzato dal Premio Ilaria Alpi.


Le interviste a Reitano:









lunedì 5 maggio 2014

Roberto CALVI: l'indagine sul suicidio della segretaria fu compromessa?

di Carlo Calvi

Io in quell'ufficio ci sostai nell'aprile del 1982.
Mi intrattenni brevemente con Graziella Corrocher. Attendevo di essere ricevuto da Roberto Rosone il cui ufficio distava solo pochi metri. Qualche settimana dopo Rosone era vittima di un attentato e il 17 giugno Graziella Corrocher moriva tragicamente.

Forse per ritegno da qualche tempo non avevo ripreso in mano il fascicolo giudiziario relativo a questo decesso.

Un riesame degli atti suggerisce che l’indagine dell’epoca fu compromessa.

Le impronte digitali e palmari sul bordo interno del davanzale non sono state rilevate.
Il rapporto del Maresciallo Gioacchino Gemelli del Gabinetto Regionale di Polizia Scientifica lo ammette e lo giustifica: "(...) dette impronte (...) presentavano la conformazione perimetrale anatomica di ambe due le mani ma non la specificità delle figure e delle linee (...) che ne permettono un'eventuale comparazione e quindi identificazione (...) é possibile in quanto al momento che le due mani toccavano il piano del davanzale presumibilmente l’epidermide emetteva forti quantità di secrezioni sebacee tanto da impastare le impronte stesse (...)".
Il rapporto con rilievi e controfirmato dal dirigente del Gabinetto Dr. Di Girolamo, non fa riferimento a impronte plantari né si presero immagini, disegni o misure delle sagome.

La rilevanza delle impronte palmari e plantari si desume dalle menzioni contenute negli atti. 
Il Dirigente della Squadra Mobile Antonio Pagnozzi nel suo rapporto del 18 giugno scrisse: "(...) sullo stesso davanzale (...) si potevano notare le impronte palmari e plantari della predetta che, appunto, ne mette in risalto una dinamica spontanea determinata da una decisa volontà suicida". 
In maniera più cauta si espressero i periti medico-legali Dr. Marco Grandi e Elisa Agnese Saligari su richiesta del Sostituto Procuratore Dott. Salvatore Cappelleri : "I dati circonstanziali, per parte loro, vieppiù avvalorano l’ipotesi di un suicidio: si fa riferimento a (...) impronte del palmo delle mani e della pianta dei piedi lasciate sul davanzale (...) situazioni queste che (...) depongono per una esplicita volontà dell’atto lesivo".

Giancarlo Giobbio, a me ben noto in quanto quale dirigente del servizio immobili, era regolarmente consultato da mio padre per i lavori alle cascine della nostra proprietà di Drezzo, dichiarò il 21 giugno: "Poco dopo le 19, verso le 19.15 circa (...) il Sig. Lazzari, anche lui della sicurezza interna, mi informava della disgrazia. (...) non sono in grado di dire chi é entrato per primo nell'ufficio della Corrocher (...)".
Giampaolo Bodini, vice direttore di sede addetto alla direzione centrale, sostituiva spesso la Corrocher ogni qualvolta la medesima doveva allontanarsi. Il 21 di giugno Bodini dichiarò di essere stato informato della disgrazia da Germano Montani. Bodini precisò: "Mi sono precipitato nell'ufficio della Corrocher (...) mi sono affacciato alla finestra vedendo il corpo".

La pattuglia della Volante intervenne in Piazzetta Ferrari alle 19,37, il tecnico della Polizia Scientifica alle 20,05. Era presente al sopralluogo il dirigente della Sezione Omicidi della Squadra Mobile, Commissario Capo Dr. Enzo Portaccio.

Il rilievo n. 10 del sopralluogo riprodotto di seguito indica con la freccia C "(...) ove si intravedevano controluce le conformità anche delle due mani (...)".





Il sequestro della borsetta appartenente a Graziella Teresa Corrocher, con il relativo contenuto, avvenne in data 29 giugno presso l’ufficio della sede centrale del Banco Ambrosiano in via Clerici 2.
Lo indica il verbale di sequestro firmato dal Sottotenente Igino Izzo del Nucleo Operativo dei Carabinieri di Milano.

Il 17 giugno alle ore 20,30 il Sostituto Procuratore Salvatore Cappelleri, alla presenza del Dr. Enzo Portaccio e del Maggiore Alfonso Martorana del Nucleo Operativo Carabinieri di Milano, procedette "(...) ad un sopralluogo presso l’ufficio della signorina Corrocher (...) presso la sede del Banco Ambrosiano di via Clerici 2 (...) procede all'apertura della cassaforte, che nulla viene sequestrato di quanto nella stessa si trova e che le chiavi della medesima vengono consegnate al signor Bodini Giampaolo (...) nulla viene sequestrato di quanto contenuto nei cassetti della scrivania le cui chiavi vengono consegnate al Sig. Bodini Giampaolo (...) si dispone, infine, l’apposizione dei sigilli (...) alla porta d’ingresso all'ufficio".

Il 21 giugno,"venendo a cessare ogni esigenza istruttoria" il Sostituto Procuratore Salvatore Cappelleri dispose la restituzione del locale adibito a ufficio di Teresa Graziella Corrocher.

Il Sottotenente Igino Izzo e il Maresciallo Augusto Atzori del Nucleo Operativo Carabinieri, in esecuzione al Decreto di sequestro della borsetta datato 29 giugno e emesso dal Dott. Salvatore Cappelleri, si recarono lo stesso giorno presso la sede centrale del Banco Ambrosiano. Recitava il Decreto: "(...) ovunque essa si trovi, ricercandola in particolare nel locale già adibito ad ufficio della Corrocher presso la sede del Banco Ambrosiano (...)". Scrissero i militari: "il signor Bodini Giampaolo (...) riferiva a noi verbalizzanti che la borsetta (...) l’aveva presa lui personalmente subito dopo il misfatto (...) e l’aveva custodita (...) egli riferiva inoltre che non ci aveva pensato minimamente di consegnare la borsetta agli inquirenti".

Il Dott. Salvatore Cappelleri inviò allora al Nucleo Operativo Carabinieri la richiesta di citazione a comparire il 14 luglio per Giampaolo Bodini e Luigi Saccati.
In tale data, Bodini, che già era stato interrogato in data 21 giugno, dichiarò al Magistrato: "per quanto riguarda la borsa della Corrocher l’ho rinvenuta nell'ufficio della medesima subito dopo il fatto. Istintivamente l’ho presa e l’ho chiusa nel mio armadio. Non so dire perché né quella sera né quando sono stato sentito come testimone il 21 giugno non abbia fatto cenno di questa borsa. Credo di essermi dimenticato (...) ribadisco che nulla so del contenuto della borsa (...) non ho parlato con alcuno della borsa tranne con il Saccati (...) sono sempre più convinto (...) che Graziella si sia suicidata a seguito delle disavventure del Banco Ambrosiano".

Il Magistrato procedette lo stesso giorno ad una nuova audizione di Luigi Saccati, avente funzioni di addetto alle pubbliche relazioni del Banco Ambrosiano. Saccati per la prima volta indicò: "(...) effettivamente qualche giorno dopo il Bodini mi disse di essere in possesso della borsa (...) gli risposi di tenerla a disposizione in cassaforte".

Si riproduce di seguito la trasmissione del processo verbale del Nucleo Operativo Carabinieri sul sequestro della borsa presso la sede del Banco Ambrosiano in data 29 giugno 1982.




I Consiglieri di Amministrazione più anziani che si sono recati nell'ufficio della Corrocher alle 18,30 e che in passato avevano svolto funzioni dirigenziali, non furono né identificati né interrogati dal Magistrato.
Secondo l’indice degli atti e produzioni dell’inchiesta, la sola testimonianza di funzionario di livello elevato del Banco Ambrosiano fu quella di Filippo Leoni.

Sappiamo di queste visite dal verbale del Maresciallo di Polizia di Stato Raffaele Perretti. Il sottufficiale interrogò Giuseppe Coral, commesso addetto alle incombenze necessarie alla Corrocher. Il Coral dichiarò: "(...) al termine delle riunioni del Consiglio di Amministrazione (...) parecchi consiglieri si sono recati nell'ufficio della predetta". Un particolare sufficientemente importante da essere menzionato dal dirigente della Squadra Mobile Dr. Antonio Pagnozzi nel suo rapporto al Sostituto Procuratore Salvatore Cappelleri: "(...) la Corrocher era rimasta in ufficio durante la riunione del Consiglio di Amministrazione e (...) al termine avvenuto alle ore 18,30 circa alcuni consiglieri anziani si erano recati a salutarla".

Il Dr Salvatore Cappelleri, nella sua richiesta di non doversi promuovere l’azione penale rivolta al Giudice Istruttore il 27.10.1983 scrisse : "(...) le note vicende che riguardavano e che riguardano tuttora il BANCO AMBROSIANO (...) consigliavano un approfondimento della indagini allo scopo di vagliare non solo e non tanto l’ipotesi dell’omicidio (...) quanto sopratutto l’eventualità che sulla determinazione al suicidio della Corrocher si fosse inserita una condotta estranea tendente ad agevolare tenuto conto delle precarie condizioni psichiche della donna l’insano gesto (...)".

Sempre secondo l’indice degli atti e produzioni, il Dr Salvatore Cappelleri inviò in data 26 giugno al Nucleo Operativo Carabinieri, la richiesta di citazione di Filippo Leoni per il 29 giugno.

Filippo Leoni dichiarò : "sono Condirettore Generale del Banco Ambrosiano (...) cercai in particolare il Saccati nella sua qualità di dirigente addetto alle pubbliche relazioni (...) il giorno del fatto ho partecipato al Consiglio di Amministrazione del Banco Ambrosiano (...) ricordo di aver intravisto nel suo ufficio la signorina Corrocher ma di non aver avuto occasione di intrattenermi con lei".

Chi erano i Consiglieri anziani che avevano già svolto funzioni dirigenziali indicati dal Coral?

Nell'aprile del 1982 attesi nell'ufficio con Graziella Corrocher di essere ricevuto da Roberto Rosone.

La breve conversazione con lei non mi permise di notare il suo stato d’animo. Rosone, chiusa la porta, mi mostrò una foto in cui comparivamo entrambi dopo una battuta di pesca alle Bahamas. Mi disse: "non deve uscire da questa stanza ma ci sono dei disaccordi nel Banco". Tre settimane dopo Rosone fu vittima di un attentato da parte del boss della malavita romana Danilo Abbruciati. Abbruciati fu a sua volta abbattuto da una guardia giurata del Banco Ambrosiano. Roberto Rosone era in quel periodo Vice Presidente del Banco.

Carlo Olgiati entrò in Ambrosiano nel 1950, fu Vice Presidente del Banco fino al 13 novembre del 1981 quando fu sostituito nella carica dal Ing. Carlo De Benedetti. Lasciò il posto di Consigliere il 10 marzo '82 ma mantenne quello di Consigliere di Banco Ambrosiano Holdings di Lussemburgo fino all'ingresso dei Liquidatori. In questa veste partecipò a tutti gli incontri con l’Arcivescovo Paul Marcinkus, Presidente dell’Istituto per le Opere di Religione.

In quell'aprile 1982, una sera mio padre ricevette una telefonata che lo avvisava che del contante era marcato dalla Banca d’Italia. Mio padre chiamò Carlo Olgiati che, a tarda sera venne ad esaminare il contante contenuto in una cassaforte di Via Giuseppe Frua 9, ove mi trovavo.

Carlo Olgiati dirigeva personalmente il Banco Ambrosiano de América del Sur in Argentina.

Ricordo bene la prima volta in cui mi fu presentato Filippo Leoni. Anni dopo, in quella primavera del 1982, inviai dei telex dall’ufficio di Washington. Filippo Leoni si recò all’alba al Banco per strappare tutti i telex entranti.

Roberto Rosone, Carlo Olgiati, Filippo Leoni lasciarono il Banco per divenire imputati.

A questo pensava nel febbraio di quest’anno Giovanni Bazoli, quando ha dichiarato alla giornalista inglese Rachel Sanderson, di essersi rifiutato di licenziare impiegati del Banco Ambrosiano, in quanto li considerò tutti come vittime di Roberto Calvi.

Germano Montani si trovava a pochi metri dall’ufficio della Corrocher si é avvicinato e non ha notato la sedia accanto alla finestra né alcunché sulla scrivania.
Vedevo spesso Germano Montani in quanto veniva a casa nostra in via Giuseppe Frua 9 ogni qual volta mio padre vi riceveva visite.

Il Montani interrogato il 29 giugno dichiarò al Magistrato : "(...) ho sentito chiudere la porta del bagno situato di fronte al predetto ufficio (...) mi sono avvicinato (...) per controllare i telefoni (...) non ho notato, come l’ufficio mi chiede, la sedia accanto alla finestra né alcunché sulla scrivania. Dopo qualche minuto è arrivato su il mio collega Uboldi il quale mi riferiva dell’accaduto (...) ho visto l’ultima volta quella sera la signorina Corrocher poco dopo la fine della riunione del Consiglio di Amministrazione della Centrale verso le ore 18,50 (...) non ho notato in lei nulla di particolare (...) non mi è sembrata eccitata (...) normalmente usava portare una borsetta in pelle blu».

Si noterà che nella nota scritta a mano, largamente pubblicizzata, e di cui al rilievo n. 8 della Polizia Scientifica riprodotto di seguito, la Corrocher si associa al Consiglio di Amministrazione avvenuto "ieri" 13 giugno.
Un’altra nota firmata fa riferimento al suo esaurimento ma porta la data cancellata del 7 aprile. Sono di questo periodo i messaggi di conforto ricevuti dai suoi cari e annessi agli atti.
Una delle note a mano firmate porta la data del 6 aprile. Le note menzionano il suo testamento. Giancarlo Giobbio testimoniò: "(...) circa tre mesi fa la Corrocher mi riferì che (...) il suo testamento si trovava nella cassaforte".

É quindi possibile che le note scritte a mano sulla scrivania di cui al rilievo n. 8 siano state scritte in precedenza e si trovassero nell'ufficio della vittima.




Le compromissioni elencate non cambiano probabilmente la conclusione dell’inchiesta.
Si propone il quesito se queste hanno causato sottrazione di elementi utili.
A questo scopo si rende pubblico l’indirizzo di accesso alla integralità degli atti giudiziari:

Fascicolo giudiziario di "Teresa Graziella CORROCHER" (cliccare sul link per scaricare i documenti in pdf).

Il blog di Fabrizio Ravelli ha rievocato recentemente le circostanze in cui l’indagine, che portò al processo valutario in cui mio padre fu imputato, fu assegnata al Dr. Gerardo d’Ambrosio.

È vero che nelle rievocazioni di Gerardo D’Ambrosio, questo particolare è passato sotto silenzio.

Carlo Marini, allora Procuratore Generale, avocò un’altra indagine, quella su Mauro Gresti e Luca Mucci, che rilasciarono il passaporto a mio padre nel 1980. Assistetti a Washington a una conversazione telefonica di mio padre con Luca Mucci. Questa indagine originò dal ritrovamento a Castiglion Fibocchi l’anno successivo, di estratti conto contenenti tra l’altro anche menzioni ai nomi di Marco Ceruti e Ugo Zilletti.
Ugo Zilletti era stato in quel periodo in contatto con magistrati milanesi. Roberto Gervaso mi suggerì poi che Licio Gelli si era mosso dietro le quinte.

L’indagine su Luca Mucci e Mauro Gresti fu tolta allora a Carlo Marini e trasferita alla Procura di Brescia competente sui due magistrati milanesi.

I testimoni del fascicolo sul decesso di Graziella Corrocher sono unanimi nell'associare il suo esaurimento nervoso al suo interrogatorio da parte della Procura di Brescia proprio sulla vicenda del rilascio del passaporto. 
La Corrocher non aveva nulla da temere, l’indagine fu trasferita nuovamente, questa volta a Ernesto Cudillo a Roma, e finì nel nulla.

Ricordo il mio grande imbarazzo, al primo incontro con i Dott. Dell'Osso e Siclari e il Tenente Colonnello Boscarato a Washington nell'estate 1982, quando mia madre cominciò a parlare proprio di Carlo Marini in maniera poco lusinghiera.

Per citare Fabrizio Ravelli : "forse si tratta di cose ormai antiche".

sabato 3 maggio 2014

Teresa Graziella Corrocher: particolari sul suicidio della segretaria di Calvi

...di una tragedia nella tragedia.
Di questo tratteremo oggi.

"Il 17/6/1982, alle ore 19.00 circa, Teresa Graziella CORROCHER, direttore di sede del Banco Ambrosiano con incarico di segretaria del presidente Roberto CALVI, precipitava dalla finestra del suo ufficio sito al quarto piano dell'edificio di Via Clerici n.2 in Milano".
(estratto dagli atti giudiziari della Procura della Repubblica di Milano).

I primi accertamenti svolti della Polizia Scientifica definirono con cruda precisione lo scenario nel quale si era consumato quel dramma.
Una sedia davanti alla finestra aperta con accanto le scarpe in pelle nera posizionate con cura, una tenda leggermente spostata, alcune impronte digitali e plantari sul davanzale.




La cinquantacinquenne, nubile, che considerava il Banco Ambrosiano come la sua famiglia, lasciò tre fogli scritti a mano, fissati con del nastro adesivo alla scrivania.
Parole scritte con drammatica lucidità ma che manifestavano allo stesso tempo uno stato d'animo di estremo disagio, un equilibrio psichico ormai gravemente intaccato dai fatti che in quei momenti si stavano consumando all'interno delle mura (e non solo) dell'istituto di credito milanese.
Frasi che è opportuno tornare a leggere.



Il 17 giugno 1982 era un giovedì di una settimana drammatica per la banca milanese, per i suoi vertici e per il suo Presidente Roberto Calvi.
Quel giovedì iniziò all'alba con la signora Corrocher impegnata a preparare il Consiglio di Amministrazione straordinario che avrebbe avuto inizio alle ore 13.00.

La si può immaginare indaffarata e meticolosa nel preparare i documenti, gli atti, i resoconti, le cartelline in cuoio pregiato da consegnare ai Consiglieri, ma anche in preda ad una profonda frustrazione per quel mondo che le stava improvvisamente crollando addosso. Abbandonata al suo profondo malessere che la tormentava già da qualche mese.
Un esaurimento nervoso evidente di cui molti erano a conoscenza.

Nel corso di quel Consiglio del 17 giugno si consumò quello che le cronache dell'epoca molto efficacemente avevano più volte definito come uno "psicodramma".

Il Presidente del Banco era irreperibile già dalla sera del 10 giugno in seguito ad una trasferta a Roma nel corso della quale avrebbe cenato anche con Giulio Andreotti.

Il 13 giugno i poteri di gestione del Banco furono affidati, in base all'art. 15 dello Statuto sociale, a Roberto Rosone, il Vicepresidente anziano.
Lunedì 14 giugno, mentre tutta l'Italia attendeva con la consueta apprensione calcistica la partita del mondiale con la Polonia con fischio d'inizio alle ore 17.15, in via Clerici l'attesa era di ben altra natura.
Infatti di buon'ora si presentarono alla reception dell'istituto di credito 6 ispettori inviati della Banca d'Italia e poco più tardi la CONSOB sospendeva il titolo dalla quotazione.

Ma fu proprio il 17 giugno il giorno più drammatico.
Una storia duplice e parallela.
La prima si consumò in via Clerici a Milano e l'altra a Londra.

Come detto il Consiglio iniziò alle 13 in punto.
L'Istituto per le Opere di Religione (IOR) aveva già informato della sua assoluta intenzione di non fornire alcun tipo di sostegno finalizzato a salvare il Banco e di non voler onorare le lettere di patronage concesse a favore di alcune entità panamensi.
La situazione economico-finanziaria era di gravissimo deficit. Sarebbe servita con urgenza un'abbondante iniezione di liquidità per far fronte ai numerosi impegni finanziari da assolvere nelle ore successive. Nessuna deroga o dilazione a tali impegni infatti si sarebbe potuta richiedere o accordare.
I depositi attivi del Banco presso le consociate estere risultavano vincolati a causa di presunte garanzie prestate ad entità terze non meglio identificate.
Dopo una drammatica sequenza di interventi interlocutori da parte di alcuni attoniti e smarriti Consiglieri d'amministrazione, si deliberò di togliere i poteri di firma a Roberto Calvi.

Terminato il Consiglio attorno alle 19, mentre l'ufficio stampa stava redigendo il comunicato che ufficialmente avrebbe messo la parola fine all'era Calvi, si sentì un tonfo sordo provenire dalla rampa di accesso ai garage sotterranei del Banco.

In quel momento Roberto Calvi si trovava a Londra già dal giorno precedente, dopo un viaggio rocambolesco tra Italia, Iugoslavia, Austria e Svizzera. La mattina del 17 giugno il Sole 24 Ore aveva dato la notizia della sua scomparsa. Alle 23 di quel giorno, saputo del suicidio della sua segretaria, Calvi lasciò la hall del Chelsea Cloister in Sloane Road per una meta sconosciuta.

La mattina del 18 giugno 1982 il banchiere fu trovato da un fattorino del Daily Express, impiccato con una corda di nylon da ormeggio arancione ad un traliccio posizionato sotto il Blackfriars Bridge.

Una tragedia nella tragedia, appunto.

Lo abbiamo ripetuto in più occasioni.
Il blog non si occupa di cronaca, ma di tecniche di forensic accounting e fraud auditing.
Tuttavia, lo sanno bene gli osservatori più attenti, le vicende umane dei protagonisti si legano indissolubilmente e tragicamente ai dissesti economico-finanziari più gravi. Lo dimostrano i tanti episodi legati anche a fatti più recenti. Si pensi solo alle vicende relative al Monte dei Paschi di Siena o all'Ospedale San Raffaele di Milano.

Graziella Corrocher svolse con diligenza mansioni di enorme rilievo all'interno del Banco e, secondo i testimoni dell'epoca, fu "l'alter ego" del Presidente Roberto Calvi e in questa veste depositaria di tutto quel bagaglio di notizie, anche e soprattutto riservate, che, se conosciute, avrebbero probabilmente permesso di far luce su di una vicenda tanto intricata e complessa e forse anche sui particolari più controversi e misteriosi dell'omicidio di Roberto Calvi.

Tra qualche giorno il blog sarà in grado di produrre IN ESCLUSIVA l'intero fascicolo giudiziario relativo al suicidio della signora Teresa Graziella Corrocher.
Il tutto accompagnato da un autorevole ed importante commento curato da Carlo Calvi, figlio del banchiere Roberto Calvi.

Saremo pertanto in grado di fornire ai lettori del blog la seguente documentazione:
  1. atti della Procura Generale presso la Corte Suprema di Cassazione;
  2. decreto di archiviazione emanato dal Tribunale di Milano, trattandosi di suicidio;
  3. verbale redatto dagli agenti della Squadra Mobile della Questura di Milano, primi ad intervenire sulla scena del suicidio;
  4. relazione di servizio degli agenti della Squadra Mobile datata 18 giugno 1982 e successive versioni integrative;
  5. relazione di polizia giudiziaria del 24 giugno 1992 indirizzata al Sostituto Procuratore della Repubblica di Milano Salvatore Cappelleri redatta dai Carabinieri della Legione di Milano e successive versioni integrative;
  6. verbali di sequestro del materiale rinvenuto presso l'abitazione di Milano della signora Corrocher;
  7. verbale di perquisizione e sequestro presso l'abitazione della signora Corrocher sito in località San Valentino Dos del Comune di Villa Rendena (TN);
  8. processo verbale di sommarie informazioni testimoniali rese dalle persone informate sui fatti;
  9. verbali dei rilievi tecnico-legali e dei sopralluoghi eseguiti della Polizia Scientifica di Milano;
  10. referti autoptici svolti dal patologo legale, consulente tecnico del Pubblico Ministero;
  11. perizia medico-legale e tossicologica sulla causa e sulle circostanze del decesso;
  12. appunti scritti a mano o con macchina da scrivere rinvenuti presso l'ufficio e l'abitazione della signora Corrocher;
  13. indice degli atti e delle produzioni e note spese del procedimento.
s.m.

(cliccare QUI per leggere l'intervento di Carlo CALVI e per scaricare la documentazione).


*   *   *

In ricordo di 
Teresa Graziella CORROCHER

(trascrizione di due appunti scritti da Graziella Corrocher)


giovedì 24 aprile 2014

Frodi occupazionali. Quanto sono percepite in Italia?

Generalmente con l'espressione "frode occupazionale" si intende lo sfruttamento del proprio status di dipendente per compiere un'azione fraudolenta mirata all'arricchimento personale ai danni dell'azienda.

Nella prassi professionale si è soliti estendere l'area definitoria non solo al personale subordinato in senso stretto, ma anche ai collaboratori, agli amministratori e ai consulenti esterni, agli agenti operanti in esclusiva, cioè a tutti coloro che indipendentemente dalla forma contrattuale che li lega all'azienda possono accedere più o meno liberamente alle risorse aziendali.
In buona sostanza la frode occupazionale è una "frode interna" anche se commessa da soggetti giuridicamente terzi ma aventi le "credenziali" fiduciarie per appartenere in qualche modo alla cerchia degli "insider".

Ulteriore aspetto riguarda l'oggetto della frode. E' l'asset aziendale.
Si tratta in particolare di beni mobili ed immobili, informazioni, know-how, denaro contante eccetera.

Dal punto di vista del fraud auditor, le frodi occupazionali sono tra le più articolate da analizzare. Infatti i modelli di sviluppo della frode possono assumere forme molto diverse in quanto sono il frutto della fantasia criminale del singolo finalizzata a trovare i modi per aggirare le procedure e in generale i meccanismi di prevenzione dei rischi aziendali.
Pertanto il professionista chiamato a ricostruire e a dimostrare l'evento fraudolento dovrà calarsi nella realtà aziendale, analizzandone le procedure e i protocolli operativi cercando di individuarne le debolezze sfruttate da chi ha compiuto la frode.
Una sfida avvincente quanto ardua.

Recentemente ACFE (l'Associazione dei Certified Fraud Examiners) ha realizzato un'indagine esplorativa sul fenomeno promuovendo una survey tra le aziende italiane.
Vediamone di seguito i risultati.

Ben il 57% delle aziende ha dichiarato di aver subito frodi occupazionali nella loro forma più classica: l'appropriazione indebita di beni aziendali.
Lo studio ha confermato che si tratta di frodi molto diffuse ma non eccessivamente gravi dal punto di vista del valore unitario sottratto, pari in media a meno di un milione di euro (tenendo conto che le aziende interpellate erano prevalentemente di grandi dimensioni e multinazionali operanti nel settore bancario e finanziario).

L'autore della frode è risultato essere nel 60% dei casi un dipendente della società (dirigente 13% e impiegato 47% dei casi), mentre i consulenti hanno raggiunto una non invidiabile posizione del 20%. A tal proposito si segnala che sulle frodi perpetrate dai consulenti esterni si usano distinguere le fattispecie che prevedono un qualche tipo di collaborazione/accordo tra professionista (o fornitore) e personale interno (si verifica ad esempio con la fatturazione per prestazioni - o forniture - parzialmente o totalmente inesistenti) dai casi che prevedono che il soggetto esterno commetta la frode in modo autonomo.

Un moderato applauso va agli internal-fraud auditor in quanto grazie ai loro controlli si sono scoperte il 28% delle frodi occupazionali (c'è ancora molto da fare però!).
Mentre le segnalazioni anonime hanno contribuito per il 22%, stessa percentuale per le frodi scoperte casualmente.
Le Forze di Polizia fanno quel che possono, arrivando ad individuare solo il 5% dei fatti fraudolenti.


Ma una volta individuato l'autore della frode, cosa ha fatto l'azienda?

Nel 33% dei casi l'azienda ha provveduto a licenziare il dipendente disonesto.
Anche in questo caso è necessario un piccolo consiglio. Il licenziamento (come il trasferimento in altra sede) è una procedura complessa che non ha sempre l'esito desiderato. Anzi!
Per questo motivo è assolutamente necessario commissionare una forensic investigation ad un professionista terzo ed indipendente, esperto in materia, mirata a ricostruire mediante l'elaborazione di una relazione tecnica l'avvenimento irregolare, allegando ogni evidenza documentale idonea a dimostrare l'accaduto. La relazione tecnica in mano a buoni avvocati giuslavoristi può garantire che l'allontanamento del dipendente vada a buon fine.
Naturalmente la perizia sarà utile anche per la richiesta di risarcimento dei danni e l'eventuale azione di responsabilità da promuovere nei confronti degli amministratori infedeli, circostanze capitate nel 28% dei casi osservati.
Solo il 17% delle aziende interessate ha denunciato all'Autorità Giudiziaria l'autore della frode e i suoi eventuali complici.

Dall'indagine emerge dunque un quadro piuttosto preoccupante.
Anche in considerazione del fatto che l'85% delle aziende intervistate ha dichiarato di aspettarsi un aumento delle frodi occupazionali nel futuro.
Purtroppo questa aspettativa di peggioramento, secondo quanto si sta osservando, si è effettivamente realizzata anche se manca una fotografia aggiornata del fenomeno specifica per il contesto italiano.
Purtroppo, è bene precisarlo, l'intensificarsi delle frodi occupazionali anche a causa della lunga crisi economica, non ha portato ad investimenti proporzionali nel campo della formazione del personale aziendale specializzato nelle indagini interne o al potenziamento degli apparti tecnico-informatici impiegati nei controlli automatici e routinari.

Sul punto c'è ancora molta strada da percorrere.