AdSense4

Bing

AdSense3

lunedì 27 novembre 2017

Enrico Cuccia e Michele Sindona, la storia di due grandi nemici

Negli anni scorsi abbiamo già trattato dei rapporti tra Michele Sindona e Roberto Calvi.
Lo abbiamo fatto lasciando la parola a Carlo Calvi, figlio del Presidente del Banco Ambrosiano, che ha sempre assicurato ampia disponibilità all'amministratore del blog "Fraud Auditing & Forensic Accounting" ai fini della ricostruzione e analisi di parecchie operazioni, anche sotto il profilo tecnico (per gli articoli sui rapporti tra Calvi e Sindona cliccare sul link).


Molto diverso, invece, fu il legame tra Enrico Cuccia e Michele Sindona. Un rapporto difficile, che contrappose i due banchieri in molte operazioni.

Siamo negli anni '60 - '70, sullo sfondo una Loggia massonica deviata, la P2, lo scontro tra la cosiddetta "finanzia cattolica" rappresentata da Michele Sindona, Roberto Calvi e mons. Paul Marcinkus e la "finanza laica" rappresentata da Raffaele Mattioli e Enrico Cuccia, il terrorismo di matrice marxista-leninista si stava organizzando.

Cuccia e Sindona, forse per una sorta di gelosia tra siciliani, si erano ignorati a lungo, fino a metà degli anni '50 quando iniziarono le prime scaramucce, quali le nomine nel Cda della SNIA Viscosa, la vicenda dei bilanci falsi della Compagnia Tedesca Industrie Petroli (CTIP), l'operazione McNeill & Libby con il coinvolgimento della "finanza ebraica" americana; tutte vicende delle quali il blog prima o poi si occuperà.


Lo spazio in cui i due banchieri si muovono è piccolo, anche dal punto di vista topografico. Cuccia, in via Filodrammatici (oggi la piazzetta porta il suo nome) e Sindona in via Turati, a Milano agiscono con metodi diversi nello stile ma con un uguale meccanismo, basato sulle acquisizioni, le vendite, le speculazioni, il sostegno all'imprenditoria italiana, la costante ricerca di "sponde" straniere con le quali portare a termine le varie transazioni.

Il primo vero terreno di scontro avvene in seguito al tentativo di assalto di Sindona alla Italcementi di Carlo Pesenti e alla Bastogi.

Correva l'anno 1967, Cuccia riuscì a sottrarre il Gruppo Pesenti all'area sindoniana, assicurandogli i finanziamenti necessari per ripianare i debiti e riacquisire il controllo dell'Italcementi.
Uno smacco per il banchiere cattolico, con studi classici dai Gesuiti, che si vide scippare un alleato, altro fervente credente, Carlo Pesenti, che migrò, con il beneplacito della Banca d'Italia di Guido Carlo, nel terreno avversario.


Persa la battaglia sull'Italcementi, Sindona si concentrò anima e corpo sulla Bastogi, la "gallina dalle uova d'oro" del capitalismo italiano.
Con alcune operazioni spudorate, già oggetto di ampio approfondimento da parte di questo blog, Sindona rastrellò il 22% delle azioni Bastogi (a tal proposito si ricorda il ruolo di "facilitatore" dell'operazione di John McCaffery, che passò dal servizio segreto di Sua Maestà alle banche, divenendo padrino dell’intesa con il banchiere inglese Jocelyn Hambro. Si legga il post Un disegno politico perseguito da Cefis).


Il sistema si schierò unito contro l'OPA lanciata da Sindona su Bastogi.
Carli convocò Hambro e a muso duro lo informò che non erano ammesse presenze straniere nel cuore della finanza italiana (evidentemente Lazard in Mediobanca non era considerata "presenza straniera"), Banco di Sicilia, Banco di Napoli e Monte dei Paschi furono invitate a fare la loro parte per fermare l'operazione, il Governo di Emilio Colombo espresse la sua contrarietà.

L'OPA, lanciata il 13 settembre 1971, inizialmente oggetto di vastissima adesione, naufragò in soli quattro giorni.
Il registra del boicottaggio fu Enrico Cuccia, che chiamò in aiuto il più grande banchiere d'affari dell'epoca, l'americano Andrè Meyer.


L'operazione si arenò definitivamente in seguito all'autorizzazione, concessa dopo una drammatica riunione del Consiglio dei Ministri, alla fusione tra  Bastogi e Italpi che ebbe come conseguenza diretta l'annacquamento delle azioni detenute da Sindona.
Quest'ultimo non poté far altro che riconoscere la sconfitta, lasciò Milano per Ginevra sistemandosi con la famiglia nel palazzo di una sua banca, la Finabank.

(cliccare sull'immagine per ingrandire)

Seguirono anni bui per la struttura finanziaria gestita da Michele Sindona. Una dopo l'altra crollarono le sue banche e le sue società finanziarie. Dovette svendere partecipazioni e proprietà immobiliari.

Nell'estate 1974 quando lo stato di insolvenza del gruppo Sindona divenne irreversibile, andò in scena l'ultimo atto dello scontro con Enrico Cuccia.
Le cronache dell'epoca riportarono gli avvenimenti.

L'evento si consumò presso il "Club 44", un ristorante di una vietta nei pressi di Piazza San Babila a Milano (in via Cino del Duca). E' al venerdì che il ristorante si trasforma in un ring gastronomico nel quale le due fazioni appartenenti alla finanza laica e cattolica si osservano, si misurano, si provocano, sedute allo stesso tavolo.
Solitamente il venerdì sono presenti al "solito tavolo" Michele Sindona, Enrico Cuccia, Eugenio Cefis e i suoi più stretti collaboratori Giorgio Corsi e Massimiliano Gritti, nonché vari altri carichi da novanta della finanza milanese, quindi della finanza italiana, europea e mondiale.

Finché un venerdì di quella calda estate del '74 al tavolo si trovò solo Sindona. Pochi minuti prima, in Mediobanca, Cuccia disse a Cefis che si era "stancato di sedersi con il diavolo".


Siamo davvero all'epilogo.
Sindona ha bisogno di 160 miliardi di lire per ricapitalizzare la Finambro e provare a salvare il suo gruppo, ormai sull'orlo del precipizio.

Ancora una volta Sindona e Cuccia si trovarono su barricate opposte.
Dalla parte di Sindona: Giulio Andreotti, Anna Bonomi Bolchini (la "signora della finanza italiana"), l'appartenente alla P2 Gaetano Stammati (COMIT). Cuccia poté contare ancora una volta su Andrè Meyer e sul Ministro del Tesoro, Ugo La Malfa, al quale chiese di impedire d'autorità l'operazione.
Fu così che Ugo La Malfa convinse il Governatore della Banca d'Italia, Guido Carli, ad intervenire bloccando l'aumento di capitale.


Sindona, sconfitto dalla strategia di Cuccia, riparò negli Stati Uniti. Il banchiere di Patti iniziò a considerare il suo rivale come il "peggiore suo nemico e maggiore responsabile della sua rovina".

A partire dal 1977 iniziarono ad arrivare presso la residenza del padrone di Mediobanca, minacce mafiose anche rivolte ai figli. Cuccia fu informato che un tale Gigi Cavallo, latitante in Francia, fu incaricato di rapire i suoi figli.


Molti avvenimenti di quell'epoca, nonostante l'ampissima mole di atti giudiziari archiviati presso il Palazzo di Giustizia di Milano e parecchie indagini, rimangono tuttora avvolti nella nebbia. Come per l'incidente aereo accaduto a Enrico Mattei o per l'omicidio di Roberto Calvi (di cui questo blog ha ampiamente parlato).

Resta solo una considerazione, riportata da Giancarlo Galli ne Il Padrone dei Padroni:
"il destino ha sempre assegnato ai "grandi nemici" di Enrico Cuccia una tragica uscita dalla scena di questo mondo".






giovedì 16 novembre 2017

Reputazione delle banche e irrisolti problemi di sistema (22.11.17 - Convegno)




Tavole Rotonde del Gruppo Caffè


Reputazione delle banche 
irrisolti problemi di sistema 


Roma, Centro Congressi Cavour
Via Cavour 50/A – Sala Cavour 7
22 novembre 2017
h. 14,30 - 17,30

***

I lavori della Commissione di inchiesta sul sistema bancario e finanziario che sono in corso evidenziano sempre più un problema strutturale di assetto del sistema dei controlli effettuato da Banca d’Italia e CONSOB; problema che ha consentito il perpetuarsi e l’incancrenirsi di situazioni che hanno alla fine portato al collasso 7 banche, allo stato di fortissima difficoltà di altre, ad oltre 50 miliardi di risparmi bruciati e ad altri 50 miliardi di costo socializzato per favore fiscale. 

A ciò si aggiungono l'inceppamento del sistema del credito e l’emergere dell'enorme problema di gestione dei crediti sofferenti (non performing loans- NPL) che affliggono famiglie ed imprese per un ammontare di 350 miliardi. 
Le Procure italiane pare arranchino dietro gli illeciti commessi e a oltre 200 inquisiti.

La reputazione delle banche è totalmente avvilita nell'opinione pubblica e parrebbe superfluo ricordare che la reputazione è per le banche una essenziale componente costitutiva.

L'incontro, favorito dalla disponibilità del Movimento Cinque Stelle e partecipato dall'associazione culturale Favor Debitoris, offre l'occasione di un confronto tra tecnici e giornalisti per favorire una migliore comprensione e possibili soluzioni alle criticità che il sistema bancario e quello dei controllori in questi anni non sono riusciti né a prevenire né a risolvere.

PROGRAMMA

Interventi:
Alfonso Scarano
Roberto Tieghi
Giorgio Meletti
Stefano Elli
Nicola Borzi
Sergio Luciano
Biagio Riccio
Monica Pagano
Andrea Nardone
Pasquale Riccio
Bruno Spagna Musso
Modera: Valeria Carella

16:30 Dibattito

17:30 Conclusioni

Le opinioni e i contenuti espressi nell'ambito dell'iniziativa sono nell'esclusiva responsabilità dei relatori.

La partecipazione è consentita registrandosi all’indirizzo www.goo.gl/s5dSCr

Il Gruppo Caffè conta oltre 600 membri che si tengono in contatto attraverso il blog su Linkedin, raggiungibile all’indirizzo www.goo.gl/f3Y5qA



lunedì 23 ottobre 2017

Corruzione e anticorruzione in Italia di A. Jannone e I. Maccani


Angelo Jannone è già stato protagonista della rubrica "Sulla mensola del fraud auditor" con il libro "Corruzione, frodi sociali e frodi aziendali", ma in queste ore è in uscita una sua nuova produzione letteraria.

Jannone, già Colonnello dei ROS, impiegato in numerose attività di contrasto alla criminalità organizzata e Ivano Maccani, Generale di Brigata della Guardia di Finanza, sono gli autori del libro "CORRUZIONE E ANTICORRUZIONE IN ITALIA".



Il sottotitolo "Pubblico e privato, trasparenza e appalti, prevenzione e contrasto", richiama in modo chiaro e sintetico il contenuto dell'opera, a cui fa riferimento nella prefazione al testo anche il Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti, dove afferma che "Il fenomeno della corruzione viene così sviscerato e presentato in maniera lineare da diverse visuali: dagli aspetti sociali e criminologici, dal punto di vista dei controlli interni alle imprese e alle amministrazioni, con la disciplina del d.lgs. 231/01 sulla responsabilità degli Enti e con la Legge 190/2012 in tema di piano anticorruzione e trasparenza, con un approfondimento sul fenomeno degli appalti, sino agli standard internazionali e al contributo ormai indispensabile del c.d. whistleblowing, mutuato dall’esperienza anglo-americana.
Quanto basta dunque per comprendere a fondo cause e possibili rimedi di un problema che tutti noi avvertiamo come non più accettabile".

L'opera è introdotta da due domande che pongono il lettore davanti ad una riflessione sull'attuale situazione italiana in fatto di corruzione e su cosa si potrebbe fare per migliorarla. Jannone e Maccani si chiedono Perché, nonostante il nostro attuale sistema di regole possa considerarsi estremamente avanzato e articolato, i dati sulla corruzione nel nostro Paese continuano a essere così significativi se comparati ad altre democrazie occidentali? Quali potrebbero essere i possibili rimedi, soprattutto in settori particolarmente sensibili come quello degli appalti?

Domande all'apparenza semplici ma profondamente complesse, alle quali gli autori provano a dare una risposta nei 7 capitoli del libro, in cui vengono trattati temi quali la criminalità economica, la corruzione negli appalti pubblici, la disciplina attualmente in vigore in Italia nonché il contenuto delle più recenti regolamentazioni volute del mercato.

Si tratta di un libro completo e indispensabile per la formazione dei fraud auditor e dei forensic accountant, dal quale il blog trarrà spunto per ulteriori riflessioni sul tema della corruzione e dell'anticorruzione.

Il libro "Corruzione e anticorruzione in Italia. Pubblico e privato, trasparenza e appalti, prevenzione e contrasto" di Angelo Jannone e Ivano Maccani, edito da Franco Angeli, è acquistabile su Amazon e nelle migliori librerie ad un prezzo di € 24,00.



giovedì 19 ottobre 2017

Vuoi valutare il tuo livello di sicurezza informatica? Ora c'è il Cyber Security Check


Il Cyber Security Check nasce dal "Progetto Cyber Security" di Assolombarda in collaborazione con il Centro Studi sulla Sicurezza Informatica della Sapienza (CIS) e il Cybersecurity National Lab (CINI).


Il progetto di Assolombarda nasce con l’obiettivo di supportare le imprese con strumenti concreti per la messa in sicurezza del proprio patrimonio aziendale. 
E come non iniziare con uno strumento che permette di valutare il livello di esposizione agli attacchi informatici?

Infatti, nel 2016, solo in Europa si sono verificati più di 4.000 attacchi informatici al giorno che hanno riguardato ben oltre l’80% delle aziende. Anche in Italia il fenomeno è dilagante, raggiungendo dimensioni sempre più pesanti e pericolose.

Lo strumento, presentato da Assolombarda lo scorso maggio, è concettualmente molto diretto e veloce.
Si tratta di un questionario di 14 semplici domande che consente alle aziende che lo utilizzano di ottenere un quadro sintetico ma completo sul cyber risk e focalizzare l’attenzione sugli aspetti strategici per mettere in sicurezza i propri sistemi. 

Le domande riguardano diversi aspetti quali i processi produttivi, la formazione, la connessione internet, l’aggiornamento dei software eccetera.

Il Cyber Security Check è disponibile, previa registrazione, cliccando sul seguente link:

domenica 8 ottobre 2017

Controllo delle mail aziendali. Si può?


L'argomento di oggi è certamente di attualità.
Tratta del potere del datore di lavoro di controllare il lavoratore ottenendo evidenze probatorie per procedere al licenziamento per giusta causa.

Può dunque il datore di lavoro controllare la posta elettronica del dipendente?

Nella quasi generalità delle aziende strutturate, vige un regolamento interno che vieta l’utilizzo dei dispositivi elettronici aziendali per fini personali.
Ma questo generico divieto è sufficiente per legittimare i controlli sui messaggi di posta elettronica?

Una recente Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Case of Barbulescu v. Romania, Application n. 61496/08) ha ritenuto non sufficiente il generico divieto all'uso della posta aziendale per fini privati.
Nel caso trattato dalla Corte, infatti, non è stata fornita al dipendente alcuna informazione relativa alle modalità di controllo che l'azienda avrebbe messo in atto per vigilare sull'utilizzo della posta elettronica.

La sentenza è certamente importante anche perché traccia una sorta di vademecum per valutare la legittimità dei controlli aziendali sui messaggi di posta elettronica dei dipendenti.

Vediamo dunque quali sono le condizioni di base per il controllo delle mail.


Innanzitutto tali condizioni si traducono in un sostanziale obbligo da parte del datore di lavoro di informare in modo dettagliato ed esaustivo il proprio dipendente:
  1. sulla possibilità che l'azienda avvii attività di controllo dei messaggi di posta elettronica;
  2. sulle modalità e sullo scopo di tali controlli;
  3. sul momento di inizio delle attività di accertamento.
Inoltre, quando l'attività di monitoraggio si è conclusa, l'azienda dovrà informare il dipendente riguardo:
  1. quante e quali comunicazioni sono state oggetto di controllo;
  2. al periodo nel quale è avvenuto il monitoraggio;
  3. quante persone hanno avuto accesso ai messaggi di posta;
  4. alle motivazioni che hanno spinto l'azienda a procedere alle attività di sorveglianza.
Da osservare che anche lo strumento tecnico utilizzato dall'azienda per il monitoraggio è rilevante ai fini del giudizio sulla legittimità del controllo.
Infatti la Sentenza della Corte Europea afferma con chiarezza che il controllo è in ogni caso illegittimo se potevano essere adottati metodi e/o strumenti meno invasivi della privacy del lavoratore.

E' doveroso, infine, richiamare un principio più volte ribadito dalla giurisprudenza italiana e europea che distingue le mail professionali da quelle private, le quali non possono essere in alcun modo oggetto di controllo.
Le sole email di carattere professionale possono costituire oggetto di monitoraggio esclusivamente se necessario per la sicurezza o per altri motivi legittimi e solo a seguito di preventiva informativa ai lavoratori.

In ogni caso non sono ammessi controlli prolungati, costanti o indiscriminati e non è consentito l'utilizzo di applicazioni tecniche che vigilano in modo permanente sull'utilizzo della posta elettronica da parte del lavoratore. 



domenica 17 settembre 2017

Tracciabilità bancaria: un sistema ancora vulnerabile

Da tempo i trasferimenti bancari sono tracciati dai sistemi informativi degli istituti di credito.
Così un flusso finanziario è registrato sui dispositivi informatici delle banche con l'indicazione del codice IBAN, del conto corrente beneficiario oppure ordinante, del soggetto fisico o giuridico che dispone o che riceve l'ammontare di denaro, della causale del pagamento, della data della valuta e della disposizione dell'operazione.


I sistemi di tracciamento permettono di registrare anche l'eventuale banca intermediaria, l'identità del gestore o dello sportellista che materialmente ha inserito l'operazione nel sistema dei pagamenti e l'indicazione della filiale presso cui è stato ordinato un determinato bonifico o è stata prelevata o depositata una certa somma di denaro.
Attraverso un tracciato testuale e automatico (detto "log") è quindi possibile avere ogni dettaglio di un certo flusso finanziario transitante tra due conti correnti bancari.

La tecnologia tuttavia non è ancora capace di interpretare la vera natura delle operazioni bancarie inserite a sistema.
In altre parole non è in grado di individuare quei trasferimenti di denaro frutto di situazioni contabili volutamente diverse da quelle reali.

Recentemente indagini molto complesse hanno scoperto che cittadini svizzeri avevano acquistato opzioni sul rublo per rivenderle a società collegate ai medesimi, aventi sede a Montecarlo.
Pertanto il venditore e l'acquirente coincidevano nella medesima persona.

Per la modalità di funzionamento delle opzioni, il soggetto che perde denaro a Lugano è lo stesso che li guadagna a Montecarlo.
In sostanza quindi il denaro riconducibile ad uno stesso soggetto si trasferisce dalla Svizzera a Montecarlo senza che il tracciamento bancario riesca a valutare in modo automatico questa operazione come sospetta.

Si immagini ora che si ripeta il medesimo schema tra Montecarlo e Dubai, tra Dubai e Macao, tra Macao e le British Virgin Islands e così via.

Il flusso finanziario potrebbe continuare frammentandosi e riunendosi in un continuo valzer finalizzato ad occultarne l'ammontare e la riconducibilità ad una persona fisica, nel suo transumare tra lidi ufficiali e destinazioni maggiormente protette grazie al segreto bancario...



lunedì 4 settembre 2017

Cercasi "computer & digital forensics manager"

settembre 2017



Posizione aperta:


"Computer & digital forensics manager"



Descrizione attività:
In sintesi l'informatica forense (o "computer forensics") è la scienza che studia l'individuazione, la conservazione, la protezione, l'estrazione, l'analisi e ogni altra forma di trattamento del dato informatico al fine di essere valutato in un procedimento giuridico (in sede civile, penale, amministrativa, tributaria o arbitrale) e studia, ai fini probatori, le tecniche e gli strumenti per l'esame metodologico dei sistemi informatici.
Si tratta di una disciplina di recente formazione (la sua nascita si colloca intorno al 1980 ad opera dei laboratori tecnici della FBI).
Con l'aumento dei crimini informatici e, soprattutto con una presa di coscienza da parte delle aziende che hanno finalmente cominciato a denunciare i crimini di cui sono vittime, si rende necessaria una applicazione integrale di questa disciplina.

La posizione ricercata si rivolge ad un "computer & digital forensics manager", cioè ad un professionista che già presta la sua opera nell'ambito della lotta ai reati informatici (o cybercrime). 
Le attività di computer forensics sono dirette non solo a tutte le categorie di computer, ma a qualsiasi attrezzatura o supporto elettronico con capacità/potenzialità di memorizzazione dei dati (ad esempio smartphone, sistemi di domotica, stampanti, sistemi di navigazione, flash memory e in generale tutto ciò che contiene dati memorizzati). 




Requisiti richiesti:

Titoli preferibili:
  • laurea in informatica; 
  • ingegneria informatica; 
  • ingegneria elettronica. 
Saranno prese in considerazione candidature con lauree in:
  • matematica; 
  • fisica. 
Saranno considerati titoli di merito:
  • eventuali specializzazioni in Computer Forensics (corsi accademici); 
  • corsi e certificazioni relativi alla Computer Forensics (corsi professionali). 

Capacità/Esperienze:
Al candidato sono richieste conoscenze approfondite a livello logico\architetturale (non solo sistemistico) relative a:
  • Sicurezza logica dei sistemi informativi; 
  • Architetture di rete; 
  • Architetture dei sistemi informativi; 
  • DBMS; 
  • Sistemi operativi Unix\MS Windows\Apple Mac Osx\IOS\Android;
  • cybercrime. 
In alternativa alla specializzazione in Computer Forensics si richiedono alternativamente:
  • 4-5 anni di esperienza lavorativa nel campo della Computer Security;
  • 4-5 anni di esperienza lavorativa nell'ambito dei team di computer forensics delle società di consulenza o big4.

Completa il profilo:
  • ottima conoscenza dell’inglese parlato e scritto; 
  • disponibilità a trasferte non solo in Italia; 
  • flessibilità di orario.
Alla risorsa ricercata sarà attribuita la responsabilità di sviluppare e gestire un laboratorio informatico e di coordinare 2-3 professionisti junior.

I candidati possono inoltrare il CV aggiornato al seguente indirizzo di posta elettronica:




mercoledì 2 agosto 2017

Il fantasma dell'Isola di Bouvet

Nella prefazione del libro "La cassaforte degli evasori" di Hervé Falciani, il giornalista de Il Sole 24 Ore, Angelo Mincuzzi, parla di uno dei 127.000 clienti della Hsbc Private Bank di Ginevra, finita nel 2009 al centro della famosa inchiesta svizzera.

Come si ricorderà, il 20 gennaio 2009 la Procura della Repubblica di Nizza eseguì una rogatoria internazionale disposta dalle autorità elvetiche, sequestrando nei dintorni di Mentone il computer dell'italo-svizzero Hervé Falciani, un ingegnere informatico impiegato per anni presso la sede di Ginevra di Hsbc.

Ma torniamo al tema, "il fantasma dell'Isola di Bouvet".

L'isola di Bouvet fa parte dei territori vulcanici sub-antartici ed è classificata tra i posti più remoti della Terra, basti pensare che il luogo abitato più vicino dista ben 2.200 km a nord-est in Sudafrica. 
  

Ha un'estensione di circa 58 km² ed è quasi interamente ricoperta da ghiacci. Non ha né porti né approdi ma solo un punto di ancoraggio ad un centinaio di metri dalla sua costa.

E' stata scoperta nel 1739 e fu subito catalogata come "isola fantasma" perché per molti mesi all'anno è avvolta di una coltre nebbiosa che ne nasconde i contorni e la cima dell'unica collina alta 780 metri; infatti alcune navi di passaggio spesso la scambiavano per un iceberg disperso nell'oceano.
Solo a partire dalla prima metà dell'800 l'isola iniziò a comparire nelle carte nautiche.


L'uomo ci mise piede per la prima volta nel 1822, per alcune ore. Mentre la prima vera spedizione esplorativa durò un mese e avvenne nel 1927.

L'isola è completamente disabitata, anche se nel 1977 la Norvegia ha istallato una stazione meteorologica automatica.
Il 22 settembre 1979 in un tratto di mare molto vicino all'isola successe un episodio molto misterioso che venne chiamato "incidente Vela". 
In particolare, alcuni satelliti di monitoraggio delle fonti radioattive scoprirono che quel giorno venne condotto un test nucleare, probabilmente dal Sudafrica o dallo Stato di Israele (nessuna nazione ha mai ammesso la responsabilità del test).

Ma che legame ci può essere tra questa isola misteriosa, inaccessibile e disabitata, al di fuori di ogni rotta commerciale e turistica, con la famosa "lista Falciani"?

Ebbene, potrà apparire incredibile, ma tra i 127.000 ricchi clienti di Hsbc, uno risulta residente niente po' po' di meno che sull'Isola di Bouvet!


L'analisi dei file archiviati nel computer di Falciani lasciò stupiti i medesimi investigatori per la quantità, le caratteristiche e la tipologia dei clienti residenti in tutto il mondo (molti in paesi sperduti nell'Oceano Pacifico) costituiti da persone fisiche, società anonime, fiduciarie, trust e società d'investimento domiciliate nei paradisi fiscali. 
Ma anche per le numerose, quanto mai misteriose, transazioni bancarie e per gli strumenti utilizzati per trasferire beni preziosi, denaro, opzioni, prodotti derivati e titoli.

Un archivio segreto si stava materializzando. 
Un archivio che avrebbe fatto tremare il mondo bancario svizzero e non solo...



giovedì 20 luglio 2017

Cacciatore di frodi: un manager chiave in azienda e sul web

Da sempre è stato uno degli obiettivi del blog. 
La sensibilizzazione del mercato del lavoro sulla professione del fraud auditor e del forensic accountant, l'assoluta utilità per le imprese di assumere questi professionisti al fine di ridurre il rischio di frode, ottenendo risparmi economici e benessere generalizzato per tutti i propri dipendenti. E non ultima, la necessità ormai improrogabile di formare nell'ambito universitario nuove generazioni di cacciatori di frodi aziendali.
In quest'ottica è stata rilasciata l'intervista pubblicata sul Sole 24 Ore lo scorso 17 luglio 2017, riportata qui di seguito.



domenica 16 luglio 2017

Frodi aziendali. Forensic accounting, fraud auditing & litigation


keep six honest serving-men (they taught me all I knew);
their names are What and Why and When and How and Where and Who.

L'incipit tratto da una famosa poesia di Rudyard Kipling, ben riassume lo spirito del libro "Frodi aziendali. Forensic accounting, fraud auditing e litigation", pubblicato nel luglio 2012 da Egea.
Cosa, Perché, Quando, Come, Dove, Chi. Sono termini semplici, qualunque. Ma per il fraud auditor codificano il campo d'azione e ne rappresentano il metodo. E' il repertorio base di chi è chiamato ad accertare il rispetto delle regole.
Ed è con il significato di fondo delle "Five Ws and one H" che gli autori, i professori Giuseppe PoglianiNicola Pecchiari e Marco Mariani, hanno voluto approcciare l'argomento.

Il libro è un vero e proprio manuale teorico-pratico strutturato con l'obiettivo di coniugare l'impostazione e le tematiche proprie della dottrina a quelle prettamente operative. Di descrivere, nei limiti del consentito, le più moderne tecniche investigative accanto alle più avanzate azioni preventive.
Il tutto condito dall'ampio ricorso ai casi aziendali, agli schemi di frode, ai grafici di flusso dell'illecito, tratti dai recenti scandali economico-finanziari e dall'esperienza professionale maturata nella lotta al cosiddetto "white collar crime".


Ma il volume, a mio avviso, non è solo un buon manuale utile allo studente come al professionista di esperienza.
E' anche una formidabile fonte di riflessione per chi vuole approcciare un fenomeno criminale endemico e generalizzato, soprattutto se lo si legge con un occhio ai fatti nostrani.
Questo aspetto è stato colto pienamente nella presentazione del testo curata da un fine studioso dei mercati finanziari illegali, quale il prof. Donato Masciandaro.

In uno Stato che si ritiene eticamente avanzato, le regole dovrebbero essere rispettate da ogni cittadino, a prescindere dall'intervento degli apparati investigativi e della Magistratura.
Ma il nostro sistema sembra essere ingabbiato in una evidente contraddizione. Se l'illecito economico-finanziario è considerato da molti come endemico, perché allora non si provvede a migliorare l'architettura legislativa in modo tale da rendere più incisiva l'azione preventiva e repressiva?
Naturalmente la domanda è più retorica che ingenua.

E per quanto tempo si dovrà ancora tollerare il fatto che un laureato in economia sia considerato idoneo a gestire situazioni aziendali complesse nonostante non abbia mai sentito parlare in termini scientifici di criminalità economica, se non in alcuni ristrettissimi ambiti accademici?

Evidentemente c'è ancora molto da fare, specialmente per impedire che il fenomeno illegale da "semplicemente" diffuso diventi strutturale del sistema economico-finanziario italiano.

A queste brevi riflessioni, accompagno di seguito qualche passaggio tratto della presentazione curata dal prof. Masciandaro.

"Frodi aziendali e finanziarie: da Enron a Madoff, cosa abbiamo imparato? 
Che è fondamentale studiare gli episodi di criminalità aziendale come percorso per capire se il mercato delle regole è ben funzionante. 
Il mercato delle regole: è una provocazione? A qualcuno potrà sembrare curioso, o addirittura scandaloso, accostare i due sostantivi. 
È uno scanda­lizzarsi che non deve meravigliare, in un Paese in cui la cultura del mercato è ancora priva di solide radici.

[...] In una società di mercato le regole sono il bene pubblico primario: non può esistere un sistema che consenta a ciascun individuo di provare a realizzare nel corso del tempo i propri obiettivi economici e finanziari senza un insieme di regole, condiviso e cogente.
Non può esistere mercato senza regole. [...] La frode economica e finanziaria diviene il termometro patologico di una cattiva architettura regolamentare. 
Dunque le regole sono l'asset indispensabile per uno sviluppo regolare dell'attività dei mercati. Di più: le regole come bene pubblico, di cui tutti possono fruire con reciproco beneficio senza dover pagare un prezzo correlato direttamente alla quantità consumata. 
[...] Cosa abbiamo imparato dagli episodi di frode? Una tesi molto in voga è stata quella della natura siste­mica delle crisi fraudolente, da contrastare con regole draconiane. Possiamo condividere questa impostazione, che porta a concludere che i comportamenti fraudolenti hanno oramai natura endemica? E, di conseguenza, che occorre sperare solo nella giustizia, vale a dire nell'apparato investigativo, inquirente e giudicante? 

Una simile tesi va respinta. 

Lo studio delle patologie - perché di questo si tratta - è di grande interesse, dovendo sempre avere il buon senso, prima di discutere dei massimi sistemi, di partire dai casi aziendali.

Cosa ci rivela l'analisi delle patologie? Usando una metafora, possiamo dire che, nell'economia di mercato, l'opportunismo, la temerarietà e la frode sono da sempre la moneta cattiva. Oggi come ieri esiste il rischio che tale cattiva moneta possa minacciare la moneta buona, rappresentata dagli scambi leali, responsabili e corretti. Ma esistono anche due potenti antidoti - regole e valori individuali - che possono essere efficaci, a patto che vengano somministrati con i corretti ingredienti e nelle giuste dosi.

[...] Opportunismo e temerarietà possono essere l'anticamera di condotte fraudolente vere e proprie. Ma di qui è corretto arrivare a concludere che oggi slealtà e frode sono divenute un tratto endemico del sistema economico e finanziario? Assolutamente no. Se si prova a trasformare gli episodi in dati, finora non sembra che l'evidenza empirica ci dica che oggi si è di fronte a una malattia di sistema, con la moneta cattiva che aumenta il suo peso relativo. Vero è che nell'analisi delle patologie non ci si può, né si deve, fermare ai dati emersi, perché i danni dei comportamenti sleali, temerari e illegali colpiscono non solo e non tanto i beni materiali quanto le dotazioni di quel bene - pubblico e intangibile - rappresentato dalla fiducia, che facilita proprio quello sviluppo degli scambi che i rischi di opportunismo, temerarietà e frode tendono a rallentare. 

Ma è proprio perché i mercati non possono esistere senza regole e fiducia e che si deve sottolineare come le società di mercato siano sempre riuscite - almeno finora - mediante errori e correzioni a superare le minacce della moneta cattiva, evitando che le patologie divenissero la fisiologia. 
La formula da applicare è chiara: correttezza e convenienza, pubblica e privata, sono due facce della stessa medaglia, se le regole sono disegnate e messe in atto in modo efficace. 

[...] se le regole sono mal concepite e/o applicate, quello che l'esperienza degli ultimi anni ci ha mostrato è che esiste un rischio sempre più alto che i cattivi esempi di gestione aziendale - dall'errore alla frode - possono causare il malfunzionamento di interi mercati, e per questa via danneggiare l'economia reale. La cattiva regolamentazione può divenire una tossina per la stabilità macroeconomica nel suo complesso. Valorizziamo perciò sempre di più lo studio delle patologie aziendali. 

[...] ancora troppo pochi si preoccupano di studiare i malati, anche per prevenire e curare eventuali epidemie, mentre ancora troppi preferiscono atteggiarsi a Savonarola dell'economia e del diritto, vaticinan­do mali incurabili e "pessime sorti e regressive" per l'economia di mercato".