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giovedì 7 luglio 2016

Il cloud: una miniera d'oro per gli investigatori digitali

Ormai da qualche anno i casi di criminalità economico-finanziaria, come di altra natura, si risolvono anche (se non soprattutto) grazie all'analisi dei dati e delle informazioni archiviate sui vari dispositivi informatici e sul cloud.


L'ultima sfida per gli investigatori digitali è proprio quella di analizzare con strumenti forensi l'ambiente virtuale, indefinito e illimitato, chiamato "cloud".
In buona sostanza il cluod è un ambiente messo a disposizione sulla rete internet da un provider nel quale l'utente, attraverso un account personale accessibile con password, può archiviare, trasmettere, elaborare o nascondere informazioni di qualsiasi genere e dimensione.

Oltre alle difficoltà di accesso a questi ambienti virtuali, l'investigatore digitale deve fare i conti con gli impedimenti legali e burocratici che limitano i suoi poteri d'indagine sui server ubicati in territori di altre giurisdizioni, rendendo altresì onerosa l'attività tecnica.

La battaglia tuttavia non è persa!
Infatti a disposizione degli investigatori digitali ci sono molteplici sistemi hardware e software in grado di fornire servizi leciti e tempestivi di accesso, estrazione, conservazione e analisi di questi archivi di file.
E ciò è possibile anche con riferimento ai contenuti dei vari social network, quali Facebook, Twitter, Instagram e Kik.

Non si ritiene di entrare nel dettaglio, ma l'accesso agli archivi cloud o ai profili personali sui social media avviene grazie all'analisi degli stessi dispositivi utilizzati per accedervi. Naturalmente ciò è possibile in un contesto di indagini penali in cui è possibile risalire alle credenziali e alle altre informazioni rilevanti contenute nei dispositivi, anche telefonici, grazie ad un'attività d'indagine informatica altamente specializzata.


venerdì 1 luglio 2016

Mario Draghi risponde ad AssoTAG (l'Associazione dei CT delle Procure)

Il Presidente di AssoTAG (Associazione Italiana dei Periti e dei Consulenti Tecnici nominati dall'Autorità Giudiziaria), Ing. Alfonso SCARANO, ha informato gli amministratori del blog che lo scorso 28 giugno 2016 il Presidente della Banca Centrale Europea, Prof. Mario Draghi, ha risposto alla lettera aperta a lui indirizzata sui rischi insiti nei derivati finanziari che non sono stati analizzati dall’attuale procedura di "Asset Quality Review".

Ing. Alfonso Scarano (Presidente AssoTAG)

Come i lettori più affezionati ormai sanno, il blog ha da sempre seguito l'attività associativa di AssoTAG, divulgandone le iniziative e le battaglie intraprese.
In particolare, il 16 febbraio scorso, l' Ing. Scarano, in qualità di Presidente di AssoTAG ha indirizzato all'attenzione di Mario Draghi la seguente lettera aperta:

Gentile Prof. Mario Draghi,
come analisti finanziari, operatori e professionisti del settore bancario e finanziario, desideriamo sollecitare l’attenzione Sua e dell’Istituzione che rappresenta sulla questione, ormai evidente, che nelle banche occorra fare chiarezza sui rischi insiti nei derivati finanziari che non sono stati puntualmente analizzati dall’attuale procedura di Asset Quality Review.

Certamente una banca può soffrire, anche drammaticamente, sia per causa di eccessi di crediti in sofferenza sia per prodotti derivati finanziari che producano perdite.

Dal punto di vista tecnico appare incomprensibile l’attuale discriminazione di trattamento tra la puntuale analisi dei rischi del credito commerciale da un lato e, dall’altro, la mancata puntuale analisi del rischio insito nei derivati finanziari in possesso delle banche, in particolare quelli di Classe 3.

Un'analisi dedicata a prodotti derivati e attività di livello 3 è resa anche attuale e necessaria per una verifica della normativa entrata recentemente in vigore sulla valutazione prudente di tali prodotti. E' infatti della massima importanza verificare se il capitale effettivamente accantonato dalle banche a fronte della possibile valutazione errata di tali attività finanziarie sia sufficiente ad assorbire le rettifiche di valore che effettivamente potrebbero verificarsi in caso di stress.

Emerge anche l’esigenza di un riferimento di modelli di valutazione che vengano dettati dall’autorità di controllo e non siano lasciati alla auto-valutazione interna della banca.

L’opportunità di una analisi del rischio dei derivati va a beneficio del mercato e del sistema bancario europeo, in modo che non diventi preda di incontrollabili forze speculative.

Bene se tale lacuna verrà colmata per impulso e sostegno dalla BCE, di concerto con le istituzioni coinvolte, con una opportuna e urgente analisi sul rischio dei derivati in possesso delle maggiori banche.

Questa analisi diventa anche più urgente per le nuove fattispecie configuratesi con il recente “bail-in”, per le quali sono resi solidali nel rischio con gli azionisti anche gli obbligazionisti subordinati e altri soggetti creditori, fino ad arrivare addirittura ai correntisti.

Rimanendo in attesa di un’azione concreta da parte delle Autorità di Controllo su queste delicate questioni, porgo cordiali saluti

ing. Alfonso Scarano 
Presidente AssoTAG - Associazione Italiana dei Periti e dei Consulenti Tecnici nominati dall'Autorità Giudiziaria.



Prof. Mario Draghi - Presidente della Banca Centrale Europea

In data 28 giugno 2016, Mario Draghi, per il tramite del suo Capo Divisione della Direzione Generale Comunicazione, dott.sa Valérie Saintot, ha risposto:

Egregio Ingegner Scarano,

con riferimento alla Sua e-mail del 16 febbraio, La informiamo di aver preso nota delle Sue considerazioni e ci scusiamo per il ritardo della risposta.

La vigilanza bancaria della Banca Centrale Europea (BCE) esamina costantemente la necessità di azioni correttive derivanti dalla valutazione approfondita del 2014, al fine di assicurare una valutazione prudente delle attività, ivi comprese quelle valutate al fair value sulla base di input non osservabili (cosiddette attività di livello 3).

Per gli enti significativi sottoposti alla vigilanza diretta della BCE, la valutazione dei rischi connessi alla detenzione di quote rilevanti di attività di livello 3 valutate al fair value rientra nel processo annuale di revisione e valutazione prudenziale. Tali rischi vengono tenuti sotto osservazione da parte dei Gruppi di vigilanza congiunti nell’ambito della loro ordinaria attività di vigilanza.

Con i più distinti saluti,

Valérie Saintot
Capo Divisione
Outreach Division
Direzione Generale Comunicazione

BANCA CENTRALE EUROPEA
tel. +49 69 1344 1300
E-mail: info@ecb.europa.eu
http://www.ecb.europa.eu
http://www.youtube.com/ecbeuro
https://twitter.com/ecb
https://twitter.com/ecb





lunedì 20 giugno 2016

Whistleblowing. Diventeremo tutti delatori?

Whistleblowing o whistlerblower.
Termini ormai utilizzatissimi negli ambienti aziendali, soprattutto negli ambiti preposti al controllo e alla vigilanza. 
Gli autori del blog, tra i primi a parlarne in Italia con un articolo risalente all'aprile 2013 (Il fraud manager), hanno da sempre ritenuto i canali informativi di tipo delatorio dei meri strumenti di contrasto, utili, non più di altri, ad identificare i comportamenti irregolari in azienda.

Strumenti validi solo in presenza di determinate condizioni aziendali di tipo ambientale, strutturale e organizzativo.



Ora l'argomento è assolutamente inflazionato, tanto che ai numerosi convegni sul tema non è infrequente ascoltare sedicenti "esperti" (peraltro palesemente improvvisati) perdersi nei dettagli più articolati e improbabili nell'intento di illustrare quanto sia complicato organizzare un efficacie sistema di whistleblowing, senza, naturalmente, il ricorso ad un consulente esterno.

Siamo agli albori di una nuova moda nel campo della consulenza aziendale?

Negli anni '90 l'argomento principe era il marketing e la promozione pubblicitaria, poi siamo diventati tutti esperti di "modelli 231", di "codici etici" e dei sistemi di controllo e mitigazione dei rischi di frode basati sul "C.O.S.O", poi parlavamo tutti di "bilanci sociali", ultimamente anche di "Climate change & sustainability" e di "integrated compliance"... e ora siamo tutti consumati conoscitori delle tecniche di segnalazione anonima di fatti potenzialmente illeciti o irregolari.

Non ha importanza se la normativa in Italia sia ancora in ampia evoluzione e che manchino linee guida chiare ed univoche. 
Non ha importanza se ci sono ancora importanti difficoltà interpretative, soprattutto in ragione delle disposizioni sulla tutela della privacy o sulla validità probatoria delle segnalazioni raccolte. 
Non ha importanza se i canali attraverso i quali si raccolgono le segnalazioni non assicurino il pieno anonimato dell'informatore o che "quello che fa il fischio... o la soffiata" (il whistleblower appunto) potrebbe anche incorrere nel reato di diffamazione.
Non ha importanza, infine, se questo istituto non abbia avuto i successi sperati in alcuni settori pesantemente intaccati da gravi fenomeni corruttivi.
Tutto ciò non ha importanza. 
Quello che conta davvero è riuscire a vendere in modo massivo il servizio professionale.

Senza contare che l'introduzione dei sistemi di whistleblowing dovranno prevedere numerosi - quanto mai redditizi - aggiornamenti (quando non realizzazione ex novo) di piani di prevenzione della corruzione, di programmi anti-frode, di modelli organizzativi ex dlgs 231/01 e di ogni altra procedura o policy aziendale legata, bene o male, alle attività anticorruzione.

Sarà la storia prossima a dimostrare se con il whistleblowing abbiamo scoperto il rimedio universale alla corruzione, o almeno l'equivalente dell'aspirina per mitigarla un poco.
Oppure se il whistleblowing, molto più banalmente, sia servito solo a gonfiare i conti economici delle grandi società di consulenza e dei più blasonati studi legali.

Visti i "successi" di altre note terapie vendute come risolutive, il dubbio resta. 


mercoledì 15 giugno 2016

Cercasi Computer & Digital Forensics Expert

Posizione di lavoro aperta:


Computer & digital forensics expert

DESCRIZIONE ATTIVITA’:
L'informatica forense (anche chiamata "computer forensics" o "digital forensics") è la scienza che studia l'individuazione, la conservazione, la protezione, l’acquisizione, l'estrazione, l'analisi e ogni altra forma di trattamento del dato informatico al fine di essere valutato in un processo giuridico (civile, penale, amministrativo, tributario o arbitrale) e studia, ai fini probatori, le tecniche e gli strumenti per l'esame metodologico dei sistemi informatici.
Si tratta di una disciplina relativamente recente (la sua nascita si colloca intorno al 1980 ad opera dei laboratori tecnici della FBI).
Con l'aumento dei crimini informatici e di quelli economico-finanziari, si rende necessaria un’applicazione integrale di questa disciplina.
Una nota e prestigiosa società investigativa operante nel settore "corporate & legal", ricercata un "computer & digital forensics expert" da inquadrare nell'ambito della propria struttura organizzativa con sede a Milano.


REQUISITI RICHIESTI:
Titoli preferibili:
Laurea magistrale in una delle seguenti materie:
·         informatica; 
·         ingegneria informatica; 
·         ingegneria elettronica;
·         fisica (con specializzazione nell'ambito informatico-statistico);
·         matematica (con specializzazione nell'ambito informatico).
Saranno considerati titoli di merito:
·         eventuali specializzazioni in Computer/Digital Forensics (corsi accademici e master post-laurea); 
·         corsi e certificazioni relativi alla Computer/Digital Forensics (corsi professionali). 

Capacità/Esperienze:
Al candidato sono richieste conoscenze approfondite a livello logico, architetturale e sistemistico relative a:
·         Sicurezza logica dei sistemi informativi; 
·         Architetture di rete; 
·         Architetture sistemi informativi;
·         Sistemi operativi Unix\MS Windows\Apple Mac Osx\IOS\Android;
·         Conoscenza di software investigativi quali: EnCase, Intella, Forensic Toolkit, Magnet IEF, dtSearch, X-Ways Forensic. Utilizzo dei dispositivi UFED (mobile forensics).
Saranno considerati titoli preferenziali:
·         3/4 anni di esperienza lavorativa nel campo della Computer Security;
·         3/4 anni di esperienza lavorativa nell'ambito dei team di Computer & Digital Forensics delle società di consulenza internazionali e "big4".

Completano il profilo:
·         ottima conoscenza dell’inglese parlato e scritto; 
·         disponibilità a trasferte; 
·         flessibilità di orario;
·         predisposizione alla formazione continua. 

I candidati possono inoltrare il CV aggiornato al seguente indirizzo di posta elettronica:
info.fraud.auditing@gmail.com


lunedì 6 giugno 2016

Sezioni Unite, il falso valutativo (di bilancio) è punibile. Ecco perché.

di Alberto Gabriele Piva *


Il 27 maggio i Giudici delle Sezioni Unite Penali hanno depositato le motivazioni della Sentenza emessa in data 31 marzo 2016, mettendo un primo punto fermo sulla questione del falso valutativo di bilancio chiudendo così la porta ad interpretazioni (sin troppo letterali) del riformato art. 2621 c.c..

A ben guardare le motivazioni della sentenza, sembra che i Giudici della Suprema Corte abbiano letto il blog "Fraud Auditing & Forensic Accounting".
Infatti, gli autori di questo blog sono rimasti piacevolmente sorpresi dal corpus delle motivazioni riportate nella sentenza; la quale inquadra sia il concetto di bilancio d’esercizio sia il processo che ne porta alla redazione secondo presupposti molto familiari ai nostri lettori.
Infatti, le Sezioni Unite ribadiscono che le valutazioni sono il presupposto della redazione di qualsiasi bilancio e non una sua tecnica di redazione evoluta (cfr. post “Il bilancio e le riformate false comunicazioni sociali” del 25/10/2015). 


Sul punto i Giudici affermano che «sterilizzare il bilancio con riferimento al suo contenuto valutativo significherebbe negarne la funzione e stravolgerne la natura […] per l'ottima ragione che bilancio non contiene "fatti", ma "il racconto" di tali fatti. Vale a dire: un fatto, per quanto "materiale", deve comunque, per trovare collocazione in un bilancio, essere "raccontato" in unità monetarie e, dunque, valutato (se si vuole apprezzato).» ed affermano perciò che «il redattore di tale documento non può non operare valutazioni» poiché «solo la traduzione in valuta consente una comparazione di entità eterogenee, quali possono essere, ad esempio, un immobile, un macchinario o una materia prima».

Anche sul concetto di “fatto materiale” le Sezioni Unite allineano (come più volte auspicato) le norme del art. 2621 c.c. alla prassi internazionale. 
Nello specifico, i Giudici della Cassazione affermano che il concetto di rilevanza «ha la sua origine nella normativa comunitaria […] che definisce rilevante l’informazione quando la sua omissione o errata indicazione potrebbe ragionevolmente influenzare le decisioni prese dagli utilizzatori, sulla base del bilancio dell’impresa» (cfr. concetto di materiality in IASB e FASB Meeting, Discussion Paper, luglio 2015, pag. 2 par. 5, in op. cit.). 

La "rilevanza" secondo la Cassazione «non è altro che la pericolosità conseguente alla falsificazione; il che suggella […] la natura, appunto di reato di pericolo (concreto) delle “nuove” false comunicazioni sociali».

Infine la sentenza offre una chiave di lettura del concetto di “non rispondente al vero” che, in analogia a figure esistenti in altri ambiti del diritto penale (es. falso ideologico), è ricondotto ad un principio fondamentale: l’atto valutativo comporta necessariamente un apprezzamento discrezionale del valutatore, ma si tratta di discrezionalità tecnica delimitata da parametri determinati, tecnicamente indiscussi (i.e. principi contabili).

Le implicazioni di questa sentenza sono molto importanti sia per coloro che redigono i bilanci sia per coloro che a vario titolo li controllano.
Infatti, tutti i “redattori” dei documenti contabili saranno chiamati a esplicitare rigorosamente (e non necessariamente solo in bilancio) i criteri ed i metodi di redazione, mentre i “controllori” dovranno esaminare le risultanze dei propri controlli in maniera più articolata abbandonando un approccio rigidamente e meccanicamente legato alle soglie quantitative di materialità. 
Questo implica un lavoro intenso da parte di tutti gli specialisti della contabilità e degli organi che li rappresentano a tradurre i principi in prassi operative condivise prima che la giurisprudenza sia costretta a dirimere un numero potenzialmente elevatissimo di contenziosi fondati solo sua legittima diversità di approcci metodologici.

La sentenza delle Sezioni Unite Penali della Cassazione “mette in riga” la disciplina del falso valutativo di bilancio riportandola nell'alveo della prassi condivisa dagli operatori. Questo riporta, come auspicato da tempo, l’attenzione degli operatori ad una maggiore cura nella redazione del bilancio. 
Gli autori, a chiusura di questa serie di articoli sul tema, sperano che questa sentenza contribuisca alla formazione di una cultura ampia e condivisa della trasparenza del mercato, primo vero pilastro della prosperità economica.

* Alberto Gabriele Piva 
Dottore Commercialista, Revisore Legale dei Conti e Certified Fraud Examiner



sabato 28 maggio 2016

Dove sono gli yacht dei clienti? Convegno a Milano 15.6.16 (su invito)


GRUPPO FEDERICO CAFFE'  


AssoTAG
(Ass. Italiana dei Periti e Consulenti Tecnici nominati dall'Autorità Giudiziaria)


organizzano un convegno dal titolo


"UNA NUOVA REPUTAZIONE PER BANCHE E CONTROLLORI BANCARI

Milano, 15 giugno 2016

Negozio Civico di ChiAmaMilano
Via Laghetto, 2
(dalle ore 14.30 alle ore 17.30)

PARTECIPAZIONE SU INVITO




Obiettivi
La caduta di reputazione del sistema bancario insieme a quella dei suoi regolatori e controllori è un fenomeno che sta diventando ogni giorno più importante.

Pare che i rapporti ispettivi di Banca d'Italia contenessero già tutte le informazioni negative sui soggetti bancari poi effettivamente falliti o che versano in gravi difficoltà.

Ci si chiede se le caratteristiche di intervento in attuazione da parte delle autorità di controllo non siano oggettivamente inadeguate a modificare la situazione. L’indicatore reputazionale può essere oggetto di specifica valutazione di valore aggiunto o perduto.

La tavola rotonda mira a discutere di questo con casi esemplari e interventi multidisciplinari e il suo obiettivo è di suggerire indicazioni che possano essere raccolte dal legislatore e dalle stesse Istituzioni di controllo.

L'incontro si svolgerà a porte chiuse ed è accessibile solo con invito e conferma di partecipazione
Per partecipare cliccare QUI


PROGRAMMA

Ore 14.30 - Apertura Lavori 

Filippo Barone - Giornalista Ballarò Rai3 - Il caso Banca Popolare di Vicenza

Paolo Mondani - Giornalista Report Rai3 - Il caso MPS

Marco Vitale - Banche: rifugio o rischio?

Giorgio Meletti - Banca d'Italia, CONSOB e i controlli

Salvatore Bragantini -  Dove sono gli yacht dei clienti?

Toni Muzi Falconi -  La reputazione degli organi di regolazione e controllo

Michele Tesoro -  La reputazione del settore bancario dal 2012 a oggi. Quale ruolo deve giocare la comunicazione?

Alfonso Scarano - Analista Finanziario Indipendente, Presidente AssoTAG - La reputazione nella valutazione economica d'impresa


Ore 17.00 - Conclusioni 


Modera l'evento Alfonso Scarano, Presidente AssoTAG

Per informazioni E-mail: info@assotag.org


Nota: il programma può subire aggiornamenti




lunedì 23 maggio 2016

Statistiche milanesi: nel 2015 fallimenti in calo

Nel corso del VI Seminario sulle procedure concorsuali riservato ai Giudici Delegati e ai Pubblici Ministeri, tenutosi tra il 20 e il 22 maggio scorsi sull'isola veneziana di San Servolo, sono stati presentati i risultati di un'analisi statistica sui fallimenti milanesi.
E il blog è in grado di illustrare quanto emerso.



Il dott. Roberto Fontana, Pubblico Ministero presso la Procura di Piacenza, nell'ambito delle sessioni di studio patrocinate dalla Scuola Superiore della Magistratura, ha illustrato ai numerosissimi presenti un risultato molto chiaro: i fallimenti registrati a Milano nel corso del 2015 sono in netta diminuzione rispetto al dato del 2014, almeno per quanto riguarda la dimensione del passivo.
Il medesimo fenomeno è osservabile a livello nazionale.

Una buona notizia quindi, visto che il dato del 2015 è tornato ai livelli registrati nel 2009!

Nel dettaglio, le procedure fallimentari milanesi nel 2015 hanno registrato un passivo complessivo pari a circa 1,1 miliardi di euro corrispondente a circa 1/3 del dato relativo al 2014 (pari a 3 miliardi di euro) e a più di 1/4 del totale passivo segnato nel 2013 (pari a 4,7 miliardi di euro).

L'analisi ha fatto emergere, peraltro, che l'anno più oscuro in fatto di sentenze dichiarative di fallimento è stato proprio il 2013.
In quell'anno, a livello nazionale, l'ammontare complessivo del passivo ammesso è stato pari a circa 50 miliardi di euro, la metà dei quali costituito da debiti verso l'erario e gli enti previdenziali.
L'analisi del dott. Fontana si è particolarmente concentrata su questo aspetto.
Infatti in molti casi l'azienda arriva al fallimento dopo 2-4 anni di "espedienti" che, di fatto, hanno la sola conseguenza di aggravare il dissesto, anche e soprattutto ai danni dello Stato.

Se si riuscisse ad intercettare in tempi rapidi questi casi, non di crisi ma di vero e proprio dissesto latente, si riuscirebbero a diminuire le esposizioni verso l'erario limitando oltretutto l'effetto domino sul sistema delle aziende fornitrici che altrimenti avrebbero più elevati crediti da svalutare e situazioni di crisi da gestire.

A tal proposito non sono mancati i suggerimenti per potenziare l'attività "pre-fallimentare" finalizzata a limitare gli aggravamenti dei dissesti.
La più importante di queste proposte di basa sull'analisi dei dati a disposizione dell'Amministrazione pubblica.

Si pensi ai molti registri, bollettini ed elenchi tenuti dalla PA, ricchi di informazioni utili a tracciare il profilo del "fallito latente".
Si possono quindi incrociare i dati relativi alle esecuzioni immobiliari e mobiliari, i dati forniti dalla centrale dei rischi o contenuti nel bollettino dei protesti ovvero le iscrizioni al ruolo. Naturalmente l'Agenzia delle Entrate ed Equitalia possono contribuire massivamente alla produzione dei dati e delle statistiche utili alle finalità appena richiamate.
Ma un'attività preventiva può attingere anche ad altre fonti quali l'andamento delle utenze con riferimento ad un determinato periodo di tempo ovvero da altri database già utilizzati per definire i profili comportamentali patologici.

Va rilevato inoltre che circa il 30% del passivo ammesso in sede fallimentare, si riferisce ai debiti verso banche quasi del tutto coperti da qualche forma di garanzia e privilegio.
A Milano nel 2015 tali debiti verso gli istituti di credito ammontano a circa 450 milioni di euro, contro il miliardo di euro segnato nel 2014.

Infine si rileva che in fatto di procedure concorsuali, i dati del passivo ammesso a livello nazionale corrispondono a circa 15 volte quelli registrati a Milano.


venerdì 13 maggio 2016

PwC pubblica la Global Economic Crime Survey 2016

Ancora una volta è una Big4 a tracciare con una survey globale, il quadro della situazione in tema di criminalità economica.

La PricewaterhouseCoopers (PwC), prestigiosa multinazionale che fornisce servizi professionali di revisione di bilancio e consulenza anche in ambito legale e fiscale, con un forensic department tra i più sviluppati in Italia, ha recentemente diffuso la Global Economic Crime Survey 2016 con un'edizione italiana tutta da leggere scaricabile cliccando QUI (per la versione internazionale cliccare QUI e QUI).

Dal sondaggio fatto a livello mondiale è emerso che il 36% delle aziende intervistate ha dichiarato di aver subito almeno una frode negli ultimi anni, in particolare, l’Africa risulta il paese con il più alto tasso di criminalità economica nel mondo: 57% nel 2016, contro il 50% del 2014.
Mentre in Italia circa un'azienda su cinque ha dichiarato di essere stata vittima di frodi economico-finanziarie.

I dati ottenuti hanno visto una lieve flessione nel trend di crescita dei fenomeni di criminalità economica, con tutta probabilità dovuta all'effetto combinato tra i benefici derivanti da una crescente sensibilizzazione in tema di prevenzione, contro una sempre maggiore difficoltà ad individuare le frodi a causa del crescente grado di sofisticazione delle tecniche utilizzate dai frodatori anche grazie all'utilizzo delle nuove tecnologie.

(click sull'immagine per ingrandire)

La ricerca di PwC conferma ancora una volta che in Italia la categoria di frode più diffusa rimane l’appropriazione indebita, che rappresenta il 70% circa delle frodi dichiarate (65% nel 2014), con un incremento del 5%.
Mentre il 23% delle aziende ha dichiarato di essere stata vittima di corruzione (13% nel 2014), in aumento del 10%. Al terzo posto permane il cybercrime, assestato al 20% dei casi.
Le frodi contabili, pari al 17% dei casi, sono in diminuzione rispetto al 22% del 2014; al quinto posto invece si attestano le frodi dell'area acquisti e appalti con il 13% dei casi segnalati dalle aziende interpellate.
Anche a livello mondiale l’appropriazione indebita resta il fenomeno di frode più diffuso, dichiarata dal 64% delle aziende, mentre è il cybercrime la seconda causa di frode globale con il 32% delle aziende colpite, rispetto al 24% del 2014.

Dalla survey di PwC emerge che meno della metà delle aziende italiane (il 47%) ha individuato l’evento fraudolento attraverso il sistema di controllo interno (in calo rispetto al 50% nel 2014) e in particolare tramite:
  • le attività dell’Internal Audit (17% dei casi);
  • i processi di monitoraggio delle transazioni sospette (7% dei casi);
  • i sistemi di Fraud Risk Management (10% dei casi);
  • la funzione security aziendale (nel 3% dei casi);
  • altre modalità residuali (10%).
Mentre il 24% delle frodi economico-finanziarie in Italia è intercettata dalle forze dell'ordine.

La survey fa emergere con chiarezza che c'è ancora molto da fare riguardo allo sviluppo di una cultura aziendale volta a favorire le segnalazioni, ad esempio tramite whistleblower (le cosiddette "soffiate" interne ed esterne), che si attestano al 13% dei casi di individuazione della frode, in forte calo rispetto al 35% del 2014.

Come segnale positivo si evidenzia la riduzione del numero di aziende che non ha mai svolto attività di Fraud Risk Assessment (24% nel 2016, contro il 25% del 2014 e il 37% del 2011).

Ancora una volta la survey di PwC evidenzia che negli ultimi due anni le frodi hanno causato perdite finanziarie enormi:
per il 7% delle aziende italiane le perdite sono comprese tra 5 e 92 milioni di €

(click sull'immagine per ingrandire)

Ma qual è l’identikit del frodatore italiano?
E' bene sottolineare innanzitutto che nel 43% dei casi a commettere la frode è un soggetto interno all'azienda. In particolare in Italia il frodatore interno è:
  • di sesso maschile;
  • laureato;
  • di età compresa tra i 31 e i 40 anni;
  • con una buona esperienza lavorativa alle spalle che va dai 3 ai 5 anni;
  • posizionato nel middle management.
Profilo nettamente diverso da quello indicato nella precedente edizione della survey di PwC del 2014, che fotografava il responsabile della frode come appartenere al senior management, in servizio in azienda da più di 10 anni, di sesso maschile, di età compresa tra i 41 e i 50 anni con un titolo di studio di scuola secondaria o laurea.

Infine si deve sottolineare il risultato certamente più significativo dell’edizione 2016, che è rappresentato dal 23% delle aziende italiane che hanno dichiarato di essere state vittime di fenomeni di corruzione, in aumento del 10% rispetto al 2014 e del 13% rispetto al 2011.


(click sull'immagine per ingrandire)




sabato 30 aprile 2016

Tecniche d'interrogatorio: i tranelli dell'FBI

Non vorremmo entrare nel merito di alcune tecniche d'interrogatorio che sarebbe molto meglio non rivelare, ma è ormai noto come la "psicologia giuridica" o la "psicologia investigativa" siano le scienze da cui si traggono regole e protocolli d'interrogatorio basate anche sul ricorso a trappole, inganni e tranelli al solo fine di ottenere una confessione o una ricostruzione più fedele della realtà dei fatti.

I più abili investigatori appartenenti alle forze di Polizia Giudiziaria ricorrono a regole empiriche, soprattutto basate sull'esperienza, con il risultato di massimizzare il numero di informazioni ottenute. Si tratta di personale altamente specializzato che riesce a capire quale sistema d'indagine è meglio adottare in base al profilo psicologico del soggetto e al contesto ambientale.

Una regola da tener presente è che chi interroga non deve avere fretta, non deve porsi un limite temporale o avere a breve un altro impegno. 
La fretta è cattiva consigliera negli interrogatori!
E' noto che i migliori risultati si sono ottenuti dopo ore di interrogatorio, anche notturno. 

Tra le varie tecniche d'interrogatorio sono contemplate anche quelle che ricorrono a tranelli e imbrogli, finalizzati ad ottenere una dichiarazione il più fedele possibile di quanto accaduto.

A tal proposito, sono noti in letteratura i tranelli psicologici che si insegnano nelle scuole di formazione dell’FBI.


Il più noto dei tranelli si chiama "knoweledge bluff". 
E' la tecnica più rappresentata nei film polizieschi. Si basa sul finto atteggiamento di chi interroga di saperne molto di più, comunicando dettagli verosimili e facendo credere all'interrogato di avere delle notizie da altre fonti, che in realtà non si hanno. E' una tecnica che, in alcune occasioni, è adottata anche dai fraud auditor quando vogliono ottenere informazioni riguardanti un fatto di frode aziendale interna.

Un'altra tecnica più estrema, è quella del "fixed line-up". Quando cioè si fa credere all'interrogato che altri testimoni (non esistenti) lo indicano come colpevole. In questo caso il risultato sarà maggiore tanto più se i finti testimoni appartengono all'ambiente del sospettato. 
Una versione molto simile è quella definita "reverse line-up", quando cioè al sospettato si fa credere che (falsi) testimoni lo accusano di reati ben più gravi di quelli di cui è accusato. In questo caso l'interrogato potrebbe ammettere il reato meno grave.

Altre varianti alle tecniche appena illustrate sono il "bluff on a split pair", cioè quando si mostra al sospettato un falso verbale di confessione di un ipotetico complice che ammette il reato fatto in concorso.

E come non citare la tecnica del "poliziotto buono e del poliziotto cattivo"? 
Non è nemmeno il caso di descrivere questa tecnica che tutti conoscono, basata sostanzialmente su un continuo cambiamento di approccio d'interrogatorio da quello più "brutale" a quello più "accondiscendente" e viceversa.


Ed infine c'è il notissimo "dilemma del prigioniero" che si studia addirittura in alcune facoltà italiane nei corsi di economia politica. 
Se gli imputati sono due, si potrebbe tentare di metterli l'uno contro l’altro, facendo credere a ciascuno che l’altro ha confessato, accusandolo di correità, e sfruttando quindi la reciproca mancanza di fiducia. 



giovedì 21 aprile 2016

Computer & digital forensics expert, cercasi


Posizione di lavoro aperta:


"Computer & digital forensics expert"


Descrizione attività:
L'informatica forense (anche chiamata "computer forensics" o "digital forensics") è la scienza che studia l'individuazione, la conservazione, la protezione, l'estrazione, l'analisi e ogni altra forma di trattamento del dato informatico al fine di essere valutato in un processo giuridico (in sede civile, penale, amministrativa, tributaria o arbitrale) e studia, ai fini probatori, le tecniche e gli strumenti per l'esame metodologico dei sistemi informatici.
Si tratta di una disciplina di recente formazione (la sua nascita si colloca intorno al 1980 ad opera dei laboratori tecnici della FBI).
Con l'aumento dei crimini informatici e di quelli economico-finanziari, si rende necessaria una applicazione integrale di questa disciplina.

Una nota e prestigiosa società investigativa per il settore "corporate", ricercata un "computer & digital forensics expert", cioè un professionista che già presta la sua opera (o che vuole intraprendere un percorso formativo ad hoc) nell'ambito dei reati informatici o del computer crime a supporto anche delle indagini in ambito economico-finanziario.

Requisiti richiesti:

Titoli preferibili:

Laurea magistrale in:
  • informatica; 
  • ingegneria informatica; 
  • ingegneria elettronica;
  • fisica (con specializzazione nell'ambito informatico-statistico);
  • matematica (con specializzazione nell'ambito informatico).
Saranno considerati titoli di merito:
  • eventuali specializzazioni in Computer/Digital Forensics (corsi accademici e master post-laurea); 
  • corsi e certificazioni relativi alla Computer/Digital Forensics (corsi professionali). 

Capacità/Esperienze:
Al candidato sono richieste conoscenze approfondite a livello logico\architetturale (non solo sistemistico) relative a:
  • Sicurezza logica dei sistemi informativi; 
  • Architetture di rete; 
  • Architetture sistemi informativi; 
  • DBMS; 
  • Sistemi operativi Unix\MS Windows\Apple Mac Osx\IOS\Android;
  • Conoscenza di almeno 2 di questi software: Encase, Intella, FTK, Magnet IEF, dtSearch, X-Ways, UFED. 
In alternativa alla specializzazione in Computer Forensics si richiedono alternativamente:
  • 2-3 anni di esperienza lavorativa nel campo della Computer Security;
  • 2-3 anni di esperienza lavorativa nell'ambito dei team di Computer Forensics delle società di consulenza internazionali e "big4".
Completa il profilo:
  • ottima conoscenza dell’inglese parlato e scritto; 
  • disponibilità a trasferte non solo in Italia; 
  • flessibilità di orario. 

I candidati possono inoltrare il CV aggiornato al seguente indirizzo di posta elettronica:



mercoledì 13 aprile 2016

Sezioni Unite: il falso valutativo (di bilancio) è punibile!


"Sussiste il delitto di
false comunicazioni sociali, 
con riguardo all'esposizione o 
all'ammissione di fatti oggetto 
di valutazione, se, in presenza 
di criteri di valutazione 
normativamente fissati o di 
criteri tecnici generalmente accettati, 
l'agente da tali criteri si discosti 
consapevolmente senza darne 
adeguata informazione giustificativa, 
in modo concretamente idoneo a
Indurre in errore i 
destinatari delle comunicazioni"


Questa è la massima provvisoria diffusa il 31 marzo 2016 in riferimento alla decisione presa dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione a firma del Dott. Giovanni Canzio (Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione dal 7 gennaio 2016).


Lo avevamo più volte auspicato con diversi articoli pubblicati negli ultimi mesi ed ora (sembra) che la logica giuridico-contabile abbia prevalso!
Con riferimento al nuovo assetto dei reati di false comunicazioni sociali (artt.  2621 e 2622) introdotti con la Legge n. 69/2015, ora si può pienamente affermare che il cosiddetto falso valutativo sarà punibile

Viene così risolta (si presume) una questione che il blog ha seguito da vicino, avendo sempre sostenuto che orientamenti opposti a quello sancito dalle Sezioni Unite, sarebbero stati del tutto incoerenti con la cultura tecnico-contabile nazionale ed internazionale, soprattutto se si considera che ormai sono sempre meno e poco significative le voci di bilancio non soggette a qualche forma di valutazione e stima (si veda l'ultimo nostro intervento dal titolo "False valutazioni di bilancio, sono reato. Anzi, no!").

Ora attendiamo le motivazioni della Sentenza.


lunedì 11 aprile 2016

Una nuova reputazione per banche e controllori bancari (Convegno)



GRUPPO FEDERICO CAFFE'  


AssoTAG
(Associazione Italiana dei Periti e Consulenti Tecnici nominati dall'Autorità Giudiziaria)


organizzano un convegno dal titolo


"UNA NUOVA REPUTAZIONE PER BANCHE E CONTROLLORI BANCARI

Roma, 26 aprile 2016 
c/o Fondazione Lelio & Lisli Basso 
Via Dogana Vecchia, 5
 
dalle ore 14.30 alle ore 17.30




Obiettivi
La crisi, anche reputazionale, che ha investito il sistema bancario pone numerose questioni che coinvolgono anche gli enti preposti alla sua regolazione. L'incontro mira a fornire un quadro più completo dei casi di crisi e a formulare proposte sulle più opportune modalità di intervento. 
Proposte che possano essere anche raccolte dai rappresentanti politici, presenti in sala.

In particolare ci si chiederà se le azioni delle autorità di controllo non siano oggettivamente inadeguate a modificare la situazione. 
Pare infatti che i rapporti ispettivi di Banca d'Italia contenessero già tutte le informazioni negative sui soggetti bancari poi effettivamente falliti o che versano tutt'ora in gravi difficoltà.

L'indicatore reputazionale può anch'esso divenire oggetto di specifica valutazione di valore aggiunto o perduto.

L'incontro si svolgerà a porte chiuse ed è accessibile solo con invito e conferma di partecipazione


PROGRAMMA

Ore 14.30 - Apertura Lavori 

Filippo Barone - Giornalista Ballarò Rai3 - Il caso Banca Popolare di Vicenza

Giovanna Boursier Giornalista Report Rai3 - Il caso Banca Etruria 

Michele Buono - Giornalista Report Rai3 - Il caso Unipol Fonsai 

Carlo Ceraso -  Giornalista - Il caso Banca Popolare di Spoleto 

Paolo Mondani - Giornalista Report Rai3 - Il caso MPS 

Marco Ricci -  Giornalista - Il caso Banca Marche


Ore 16.00 - Attività di controllo delle Authorities ed effetti reputazionali 

Umberto Cherubini - La supervisione bancaria e il problema dei prodotti finanziari opachi, Università di Bologna

Giorgio Meletti - Giornalista Il Fatto Quotidiano - Banca d'Italia, Consob e i controlli

Toni Muzi Falconi
- La reputazione degli organi di regolazione e controllo

Luca Poma -  Docente e Reputation consultant - La Reputazione delle organizzazioni come asset "tangibile "

Alfonso Scarano
- Analista Finanziario Indipendente, Presidente AssoTAG - La reputazione nella valutazione economica d'impresa


Ore 17.00 - Conclusioni 


Moderazione dell'evento a cura di Alfonso Scarano, Presidente AssoTAG-

Per confermare la partecipazione:
www.goo.gl/7VBXN5

Per informazioni E-mail: info@assotag.org


Nota: il programma può subire aggiornamenti



domenica 3 aprile 2016

Fraud interviewing techniques: la "tecnica peace"

In Italia le tecniche di interrogatorio trovano un limite giuridico nell'art. 188 del Codice di Procedura Penale, che dispone la non utilizzabilità, "neppure con il consenso della persona interessata, [di] metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti".

In passato abbiamo già affrontato l'argomento con un articolo dedicato alla "tecnica dell'imbuto", ma la materia è in costante evoluzione grazie ai contributi e agli studi multidisciplinari nei campi giuridici, criminologici, sociologici e della cosiddetta "psicologia investigativa" e/o cognitiva.


Naturalmente le tecniche d'interrogatorio introducono aspetti metodologici e procedurali diversi, in relazione alle finalità e al contesto che si sta perseguendo. In altre parole, le tecniche utilizzate dalle Polizie Giudiziarie saranno molto diverse da quelle adottate nell'ambito delle attività di forensic accounting e delle procedure preventive anti-frode (fraud auditing) nei contesti aziendali.
Così come le metodologie sono differenti a seconda della legislazione vigente.

Per tali motivi si stanno sviluppando studi dedicati esclusivamente alle investigazioni aziendali (le cd. "fraud interviewing techniques") in cui i termini e gli approcci sono pensati per essere utilizzati al fine di tutelare interessi e patrimoni aziendali.
Pertanto, in alternativa al termine "interrogatorio" è utilizzato il termine "intervista" e le procedure di assunzione delle informazioni sono mirate a garantirne una qualche utilizzabilità in sede legale.

In particolare, fra le tante tecniche utilizzate dai forensic accountant se ne può certamente menzionare una sviluppata in Inghilterra, la cosiddetta "intervista cognitiva", altrimenti conosciuta dagli addetti ai lavori come "tecnica PEACE".

Tale metodologia prevede che l'intervistatore utilizzi una sequenza di attività che devono necessariamente essere svolte in successione e nell'ordine previsto, che sono sintetizzate con l'acronimo "PEACE".
Vediamole in sintesi.

P-preparation - l'investigatore dovrà studiare il fascicolo d'indagine, i profili di rischio della sua attività e i soggetti oggetto di verifica. Dovrà analizzare il contesto aziendale in cui dovrà operare: la struttura, l'organizzazione, la dimensione, il mercato, i competitor, le procedure interne, l'ambiente di lavoro eccetera. Dovrà definire gli obiettivi della sua attività e scegliere le metodologie tecniche e i protocolli d'indagine da seguire.

E-engagé, explain - è la fase introduttiva (o d'ingaggio) del rapporto tra intervistatore e intervistato, del quale è necessario aver preventivamente raccolto tutte le informazioni disponibili (personali, aziendali, sociali).

A-account
- è la fase di acquisizione e organizzazione delle informazioni. Solitamente l'investigatore segue un protocollo di intervista adottando altre tecniche sviluppate per questa specifica fase, una delle quali è proprio la "tecnica ad imbuto". La scelta della tecnica di intervista è fatta sulla base delle informazioni acquisite in precedenza, dell'obiettivo dell'intervista e del profilo psicologico dell'intervistato.

C-close - in questa fase sono definiti e ricapitolati gli argomenti trattati. Le tecniche di chiusura dell'intervista possono prevedere una verbalizzazione, un semplice rinvio ad altra data, una produzione di evidenze documentali da parte dell'intervistato eccetera.

E-evaluate - è il momento delle valutazioni delle informazioni e dei dati raccolti. Può essere base per una nuova fase P-preparation, per successive e ulteriori interviste.

Ma la procedura, in quanto "cognitiva", dovrà dapprima essere finalizzata a ricreare il contesto storico/ambientale entro il quale l'evento fraudolento si è determinato (ad esempio, si dovranno ricostruire gli avvenimenti/motivazioni che hanno portato a falsificare il dato del fatturato oppure alla sottrazione di liquidità dalle casse aziendali), per poi chiedere al soggetto di riferire a riguardo.
Ogni ricordo e particolare che emergerà dall'intervista dovrà essere considerato come elemento di progresso nell'indagine.

In seguito si dovranno applicare le "tecniche di controllo" per certificare se quanto riferito è frutto di fantasia/immaginazione, di menzogna o di realtà.
Pertanto si chiederà di ricostruire il medesimo evento ma in ordine diverso da quello cronologico ovvero mutando la prospettiva della scena oppure ancora come se il fatto fosse visto da un'altra persona. Anche in questo caso sono moltissime le tecniche di controllo per verificare la bontà delle informazioni raccolte.

In generale, infine, valgono le regole di ogni buona intervista investigativa:
  1. acquisire le informazioni in modo formalmente ineccepibile;
  2. garantire la loro piena utilizzabilità in fase processuale/legale;
  3. puntuale rispetto delle norme giuridiche che riguardano le modalità di assunzione delle informazioni.



domenica 20 marzo 2016

Ostacolo alle attività dei revisori pubblici

Il 22 febbraio scorso la 5^ Sez. Penale della Suprema Corte di Cassazione ha pronunciato la sentenza n. 6884 in tema di ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza ex art. 2638 cod. civ..
Un articolo piuttosto conosciuto dai CT di difesa e accusa, in quanto molto "utilizzato" dagli organi inquirenti.

La Sentenza, in particolare, ha confermato la condanna a carico del Presidente del Consiglio di amministrazione e del Direttore generale di una società cooperativa trentina per non aver indicato nei bilanci d'esercizio una fideiussione e, soprattutto, per aver omesso la comunicazione ai revisori.

Ma i revisori dei conti sono da considerarsi "autorità pubblica di vigilanza"?
In questo caso sì.


La vigilanza sui conti delle cooperative trentine è disciplinata dalla Legge Regionale 9 luglio 2008, n. 5 e dal relativo Regolamento di attuazione, che attribuisce le funzioni di controllo ad un’autorità di revisione costituita dall'associazione di rappresentanza delle cooperative, la Federazione Trentina della Cooperazione.

La revisione, pertanto, è effettuata in base ai criteri fissati dalla Legge Regionale grazie ad una "Divisione Vigilanza" costituita ad hoc della Federazione Trentina della Cooperazione, in ossequio ai requisiti di autonoma e indipendenza dettati dalla legge regionale.

Alla luce dei sistemi di controllo e vigilanza sulle società cooperative previsti in Trentino, è stato violato l'art. 2638 Cod. Civ. per la mancata indicazione tra i conti d'ordine dei bilanci societari di una fidejussione di € 12,2 milioni rilasciata a favore di una controllata e per l'omessa informazione all'organo di revisione, ostacolando, di fatto, l'esercizio delle funzioni pubbliche di verifica e di controllo degli organi istituzionalmente preposti alla vigilanza sulla gestione economica delle cooperative trentine.


domenica 6 marzo 2016

Internal audit e obblighi antiriciclaggio

Una domanda che si sente porre assai frequentemente ai vari convegni sull'applicazione della normativa antiriciclaggio, riguarda il ruolo dell'Internal audit nella segnalazione di operazioni sospette.

In buona sostanza, l'Internal audit è tenuto a segnalare le operazioni sospette ex d.lgs 231/07?



Il 1° comma dell'art. 52 del decreto legislativo richiede che a vigilare sull'osservanza delle norme antiriciclaggio siano:
  • il collegio sindacale;
  • il consiglio di sorveglianza;
  • il comitato di controllo di gestione;
  • l'organismo di vigilanza ex d.lgs 231/01;
  • "tutti i soggetti incaricati del controllo di gestione comunque denominati".
Pertanto la norma  pone a carico delle funzioni organizzative aziendali istituzionalmente preposte alle attività di controllo e vigilanza, il compito di rispettare le disposizioni di cui al d.lgs 231/07.

Ma la funzione di Internal audit è assimilabile agli organi di controllo e vigilanza menzionati dalla norma?
Ovvero, l'Internal audit gode di quell'autonomia, di quell'indipendenza, di quella autosufficienza economica dagli organi amministrativi, necessaria a garantirgli la massima libertà d'azione?

La risposta è piuttosto ovvia, ed è no!

Infatti l'Internal audit, dipendendo funzionalmente dall'organismo amministrativo, non può essere assimilato ad un organo di vigilanza, proprio per la mancanza di quegli elementi distintivi,  tipici e caratteristici che invece dovrebbero qualificare una struttura di controllo.

Ma vi è un'altra motivazione meno empirica e più concettuale che porta ad escludere l'Internal audit dal novero dei soggetti obbligati alla segnalazione di operazioni sospette ai fini antiriciclaggio.

La ragione è da ricercarsi nello stesso compito attribuito dall'organo amministrativo alla funzione Internal audit: l'essere responsabile dell'aggiornamento e del corretto funzionamento dei sistemi di controllo interno.

Se si considerassero, come devono essere considerate, le procedure antiriciclaggio come una delle più importanti componenti di un efficiente ed efficacie sistema di controllo interno, allora non apparirebbe tanto strano escludere dagli organi utilizzatori dello stesso sistema di vigilanza, la struttura che ne tiene la manutenzione.

L'Internal audit è chiamato a garantire che il sistema antiriciclaggio funzioni correttamente e sia aggiornato ed adeguato ad intercettare le operazioni sospette da segnalare all'Unità di Informazione Finanziaria, mentre altre strutture saranno preposte ad utilizzare tali sistemi e procedure per effettuare materialmente le comunicazioni.

Se così non fosse ci troveremmo a negare un principio fondamentale nell'ambito delle attività di controllo e vigilanza: il concetto di "segregation of duties", di cui il blog si è già occupato nel dicembre scorso (link), ovvero il principio di segregazione o separazione dei compiti tra la funzione d'Internal audit e la funzione Antiriciclaggio.


domenica 28 febbraio 2016

False valutazioni di bilancio, sono reato. Anzi, no!

Avevamo cantato vittoria con troppo entusiasmo (link).

Pensavamo che la Corte di Cassazione avesse esaurito il proprio esercizio interpretativo in tema di false comunicazioni sociali (ex art. 2621 e 2622 cod. civ.) con la Sentenza n. 890 del 12 gennaio 2016 (la c.d. "sentenza Nappi").
Ci sbagliavamo.

Il cuore del pronunciamento della Corte dello scorso gennaio, infatti, andava a riscrivere una precedente decisione, di segno opposto, presa dalla Quinta Sezione Penale con Sentenza n. 33774 del 30 luglio 2015 (la c.d. "sentenza Crespi"), con cui si affermava l'irrilevanza penale della falsificazione delle poste valutative di bilancio.




Come addetti ai lavori ci pareva, infatti, del tutto logico ed evidente considerare gli enunciati valutativi di un bilancio come passibili di essere intaccati da falsità quando violino predeterminati criteri di valutazione, siano questi ultimi definiti da una buona dottrina o siano indicati normativamente o, ancora, siano frutto di un corretto e condivisibile metodo di ragionamento. 

I giuristi della Corte, con la sentenza del gennaio 2016, avevano enunciato un principio del tutto evidente: che "anche gli enunciati valutativi sono idonei ad assolvere ad una funzione informativa e possono quindi dirsi veri o falsi".

Tutto sembrava essere stato chiarito e ricollocato in un contesto di ragionevolezza.
A tutti i forensic accountant di esperienza, infatti, è noto come siano proprio le poste valutative ad essere "utilizzate" dai falsificatori di bilancio per i propri intenti fraudolenti.  

Sorprendentemente però il Supremo Collegio è riuscito a stupire con una nuova Sentenza presa lo scorso 22 febbraio 2016, la n. 6916.

Con  quest'ultimo pronunciamento si è tornati alla casella di partenza, statuendo che il falso nelle poste valutative non è previsto dalle norme sul reato di false comunicazioni sociali in quanto la norma fa riferimento ai soli "fatti materiali" e non alle più generiche informazioni o alle poste valutative.

I Giudici di Legittimità hanno dunque negato un orientamento a nostro avviso assolutamente coerente con la cultura contabile, depotenziando quasi del tutto la norma sulle false comunicazioni sociali, soprattutto se si considera che ormai sono sempre meno e poco significative le voci di bilancio non soggette a qualche forma di valutazione e stima.

Preferiamo non entrare nel merito delle assunzioni con cui la Corte, giustificando il proprio pronunciamento, arriva a considerare addirittura intrinsecamente opposte le nozioni di "fatto materiale" e di "valutazione", come se queste ultime fossero il frutto di mero e immateriale arbitrio e non di scrupolosi quanto di oggettivi e concreti processi di ragionamento logico-matematico. Arrivando al paradosso che se il falso riguarda esclusivamente una posta valutativa, la fattispecie non costituisce reato.

E il paradosso diviene amaramente evidente se si pensa che la quasi totalità delle poste dei bilanci delle società quotate sui mercati regolamentati accessibili a tutti i risparmiatori, sono determinate grazie a metodi di valutazione basati sul "valore equo" o "valore corrente" o "valore di mercato", in altre parole sul concetto di fair value. 

Alla luce di quanto affermato, auspichiamo un quarto - e questa volta definitivo - intervento della Suprema Corte, magari a Sezioni Unite, che sappia nuovamente sorprenderci favorevolmente.


giovedì 18 febbraio 2016

Sottrazioni di cassa? La Cassazione propone una soluzione

La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, nel dicembre 2014, ha emesso una sentenza di fondamentale importanza nella lotta agli illeciti commessi dal lavoratore che non riguardino il mero inadempimento della prestazione, bensì quando incidano sul patrimonio aziendale.

Si tratta della Sentenza n. 25674 emessa il 4 dicembre 2014, che, confermando un orientamento ormai consolidato, ritiene legittimi ed esenti da violazioni dello Statuto dei lavoratori, i controlli del datore di lavoro a mezzo di agenzia investigativa se diretti non a verificare il mero eventuale inadempimento contrattuale del lavoratore, ma illeciti riguardanti il patrimonio aziendale.


Il casus decisus riguardava una cassiera di un supermercato che aveva omesso di registrare la vendita di alcuni prodotti non facendoli passare sullo scanner per la lettura del codice a barre e si era intascata le relative somme.

Il datore di lavoro aveva verificato alcune differenze di magazzino confrontando i codici che si dovevano trovare in giacenza rispetto alle quantità vendute, grazie ad inventari fisici mirati. Si era avvalso pertanto di un'agenzia investigativa specializzata nell'ambito corporate, con lo scopo di documentare gli illeciti del lavoratore. Peraltro l'agenzia investigativa incaricata dal datore di lavoro, aveva accertato che tale comportamento era reiterato anche a distanza di alcuni giorni.

La Cassazione ha dato ragione al datore di lavoro, ritenendo legittimo il licenziamento intimato per giusta causa alla dipendente in seguito alle evidenze raccolte dagli investigatori,  che dimostravano con evidente chiarezza ciò che il datore di lavoro aveva solo sospettato. Un furto di cassa.

Nel caso di specie è stata ritenua non sproporzionata la sanzione del licenziamento per giusta causa, giustificata nella sua gravità dall'accertata reiterazione del fatto e delle funzioni particolarmente delicate e di responsabilità attribuite all'addetta alla cassa: elementi che fanno venir meno il legame fiduciario alla base del rapporto di lavoro subordinato.

Conseguentemente, la Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento sul presupposto che, nel caso in esame, si era "trattato di controlli diretti a verificare eventuali sottrazioni di cassa" e quindi con scopo di salvaguardia del patrimonio aziendale.

Per un approfondimento si veda quanto già pubblicato sul blog con riferimento alla "conta di cassa a rischio di frode".



domenica 7 febbraio 2016

Professionisti e attività antiriciclaggio: gli indicatori di anomalia

Dottori commercialisti, revisori dei conti, consulenti del lavoro, notai, avvocati, periti nelle materie contabili e tributarie ed altre categorie professionali sono chiamati quasi quotidianamente a valutare se una determinata operazione avente natura finanziaria o patrimoniale sia "sospetta" ai fini antiriciclaggio e/o finanziamento al terrorismo.




Il professionista deve cimentarsi pertanto, in una valutazione finalizzata a declinare come sospetta o non sospetta una determinata operazione o attività, in ragione della quale il proprio cliente gli richiede assistenza.

Con l'obiettivo di agevolare il professionista nelle procedure di valutazione del rischio di riciclaggio, il legislatore è intervenuto con il Decreto del Ministero della Giustizia del 16 aprile 2010 (pdf), fornendo una sorta di vademecum basato sugli "indicatori di anomalia", in presenza dei quali segnalare all'autorità preposta (l’Unità di Informazione Finanziaria, "UIF") l'operazione intaccata da profili di sospetto.

Si tratta di uno strumento operativo molto utile, dettagliato per categorie e fattispecie nell'Allegato 1 al Decreto, finalizzato a "ridurre i margini di incertezza connessi con valutazioni soggettive o con comportamenti discrezionali", in modo da rendere corretti e omogenei gli adempimenti antiriciclaggio o di contrasto al finanziamento al terrorismo.

Il legislatore, naturalmente, tiene a precisare nel testo del Decreto, che l'elencazione degli indicatori non è esaustiva in considerazione della continua evoluzione delle modalità di svolgimento di tali operazioni illegali, lasciando al professionista l'autonomia di identificare altri criteri più determinanti allo scopo.

Non è nemmeno corretto, tuttavia, segnalare l'operazione come sospetta solo se questa ricade in uno o più indicatori di anomalia. Infatti, la medesima operazione può essere giudicata come "non sospetta" dal professionista in presenza di ulteriori caratteristiche, comportamenti della clientela o elementi persuasivi in tal senso.

Corrono in aiuto del professionista anche gli Ordini di appartenenza con l'emissione periodica di linee guida aggiornate. Ad esempio, in data 28 luglio 2011 il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha emanato le proprie linee guida per l'adeguata verifica della clientela (pdf).

Torneremo a parlare su questo blog degli indicatori di anomalia entrando nel merito dei modelli e degli schemi di comportamento anomali e/o irregolari ai fini della segnalazione di operazioni sospette; per il momento si riportano nel seguito i principali riferimenti normativi con riferimento ad altri operatori economici non professionisti.
  • Decreto del Ministero dell'Interno del 25 settembre 2015 - Determinazione degli indicatori di anomalia al fine di agevolare l'individuazione delle operazioni sospette di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo da parte degli uffici della pubblica amministrazione (GU Serie Generale n.233 del 7-10-2015) (pdf);
  • Banca d'Italia, Delibera n. 61 del 30 gennaio 2013 - Provvedimento recante gli indicatori di anomalia per le società di revisione e revisori legali con incarichi di revisione su enti di interesse pubblico (pdf);
  • Decreto del Ministero dell'Interno del 17 febbraio 2011 - Determinazione degli indicatori di anomalia al fine di agevolare l’individuazione di operazioni sospette di riciclaggio da parte di talune categorie di operatori non finanziari (pdf) e successiva modificazione del 27 aprile 2012 (pdf);
  • Banca d'Italia, Delibera n. 616 del 24 agosto 2010 - Provvedimento recante gli indicatori di anomalia per gli intermediari (pdf).