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venerdì 28 ottobre 2011

Fraud interviewing techniques - La "tecnica ad imbuto"

Nell’ambito delle attività di fraud auditing condotte da forensic accountant esterni all’azienda finalizzate a dimostrare un caso di white collar crime, sono frequenti i momenti di confronto con il top management, più o meno coinvolto nel fatto fraudolento.
Generalmente tali incontri sono pianificati in base a precise tecniche che aiutano l’investigatore ad ottenere le informazioni ricercate.
Esiste a tal proposito una disciplina teorico/pratica molto interessante che mira ad insegnare "le tecniche d’interrogatorio".
Una parte di questi insegnamenti, ad esempio, è dedicata al modo di porre la domanda.
Esistono numerose tipologie di domanda, ad esempio quella aperta o chiusa, di alternativa o provocatoria, comparativa o situazionale, a scelta multipla o riepilogativa, eccetera. 
L'intervista può articolarsi attraverso un mix di domande appartenenti a più tipologie tra quelle appena elencate, in base alla cd. "tecnica ad imbuto”.
La risposta ad una domanda aperta infatti può fornire informazioni utili ma rischia di assumere un grado di approfondimento superficiale o impreciso ed allora le eventuali lacune nella descrizione di un determinato fatto  possono essere colmate attraverso successive domande, con l’obiettivo di esaminare nel dettaglio uno specifico particolare.
Le tecniche di intervista “ad imbuto” sono molto usate nel contesto giudiziario in quanto forniscono un valido strumento per acquisire in modo graduale ma incalzante le informazioni di maggior utilità, scartando cioè argomenti marginali per concentrarsi sugli aspetti importanti.
 Generalmente tale approccio prevede:
  • una domanda aperta;
  • una serie di domande specifiche su particolari argomenti di interesse;
  • l’eventuale riformulazione di domande con riferimento alle risposte ritenute evasive, incoerenti, contradditorie e superficiali (ad esempio utilizzando le cd. “domande riepilogative”);
  • una serie di domande chiuse sugli elementi acquisiti, con il fine di consolidare il risultato.
L'utilizzo delle varie tipologie di domande deve continuare fino a quando si sono ottenute tutte le informazioni che l’interlocutore può fornire.
Un breve esempio di tecnica "ad imbuto" può essere la seguente:
Fraud Auditor: “Mi racconti meglio come sono effettuate le riconciliazioni bancarie”;
F.A.: “Con quale frequenza sono avvenute?”
F.A.: “Nell’ultimo mese, chi ha svolto tale attività?
F.A.: “Quali problematiche sono emerse?
F.A.: “Come avete risolto il problema?
F.A.: “Quindi lei intende dire che il problema permane, corretto?
F.A.: “Lei ha comunicato il problema? A Chi? Sarebbe in grado di dimostrare che la comunicazione è avvenuta?"

mercoledì 26 ottobre 2011

Alphonse Gabriel Capone e il nuovo redditometro

Questa mattina le varie top news dei siti d'informazione online hanno illustrato alcuni meccanismi di funzionamento del “nuovo redditometro” progettato dall'Agenzia delle Entrate per stanare gli evasori fiscali.

L'Agenzia delle entrate ha presentato oggi a Roma il nuovo redditometro. Dalla barca al cavallo, dal pezzo di antiquariato all'iscrizione al circolo sportivo, passando per asili, spese per colf, o pay tv, sono circa cento le voci del nuovo strumento ritenuto fondamentale nella lotta all'evasione fiscale. "Con una procedura semplicissima - ha spiegato il direttore dell'Agenzia delle Entrate, Attilio Befera - i contribuenti potranno verificare la coerenza tra il livello di spesa il reddito dichiarato" (26.10.2011 - La Repubblica)

«Il nuovo redditometro non sarà utilizzato per accertamenti di massa. Sarà uno strumento di compliance». Dovrà supportare l'attività di accertamento del fisco sulle persone fisiche cercando di orientare i contribuenti a dichiarare al fisco un reddito "coerente" rispetto alla loro reale capacità di spesa” (26.10.2011 - Il Sole 24 Ore)

Dalle spese per gli asili nido, le scuole e i corsi di lingua straniera a quelle per le colf e gli elettrodomestici, dall'iscrizione al circolo sportivo e dai centri di benessere ai viaggi organizzati, dall'abbonamento telefonico all'Ipad: sono oltre 100 le voci di spesa che finiranno nel mirino del fisco con l'arrivo del nuovo redditometro” (26.10.2011 - AGI – Agenzia Giornalistica Italiana)

La nota contenuta sul sito di Borsa Italiana ci consente inoltre di avere un ulteriore elenco dei dati considerati dal fisco:

L'Agenzia riversa tutte le informazioni che dispone su un contribuente, a partire da quelle dell'anagrafe tributaria che tra poco saranno arricchite anche dai dati dello spesometro e quelle relative ai c/c per i quali, grazie all'ultimo decreto salva-spread, e' caduto il segreto bancario. E poi i dati Inps sulle pensioni e la previdenza integrativa, quelli del Pra sulle auto possedute e persino quelli che saranno acquisiti dalla Guardia di finanza attraverso apposite campagne sul territorio. Le voci prese in considerazione dal redditometro saranno oltre 100, compresi gli investimenti in titoli, oro, derivati, buoni postali, le spese in asili nido, hotel, viaggi, centri benessere, pay tv e chi piu' ne ha piu' ne metta. Il software, in base a tutte le informazioni, dira' quanto il contribuente dovrebbe dichiarare al Fisco” (26.10.2011 - Borsa Italiana)

L’idea è buona e la logica è chiara: se un individuo può permettersi spese incoerenti con i propri guadagni deve dimostrare quali siano le sue fonti di reddito, evidentemente alternativo a quello ufficiale.
A livello teorico il metodo scelto dal fisco italiano non sembra essere debole, in quanto ricava le sue informazioni nell'oceano di database, server o dossier contenenti migliaia di dati di carattere economico/finanziario che ci riguardano.

Questa strategia ha un suo fondamento storico.
Si pensi al film al film The Untouchables di Brian De Palma, e al loro eroico sforzo per portare alla sbarra per frode fiscale Alphonse Gabriel Capone, detto "Al Capone".

Non riuscendo ad incastrare il principale boss mafioso di Chicago, l’Internal Revenue Service, poi divenuto Bureau of Internal Revenue Service, istituì un pool di agenti federali coordinati dal mitico Eliot Ness.
Si trattava di un gruppo di super esperti forensic accountanttax fraud examiners e investigatori sul campo specializzati nelle intercettazioni telefoniche e nei pedinamenti, incorruttibili e coraggiosi 

Eliot Ness

Lavorando alacremente e rischiando più volte la vita, Eliot Ness e il suo fedelissimo team, ottennero diverse testimonianze ed evidenze documentali comprovanti che Al Capone aveva speso circa 300.000 dollari dell’epoca, in automobili, abiti costosi ed altri beni di lusso, pur non avendo alcun bene a sé intestato.

Gli “intoccabili” analizzarono centinaia di transazioni bancarie e ogni più piccolo indizio che collegasse Al Capone alla sua rete di attività lecite verso le quali, attraverso prestanome, aveva riciclato i milioni di dollari ricavati tramite le scommesse clandestine, il commercio illegale di alcolici e il contrabbando di armi.

Questi primi forensic accountant ce la fecero e Al Capone fu rinviato a giudizio per frode fiscale e condannato a 11 anni di reclusione (trascorsi prima nel carcere di Atlanta e poi ad Alcatraz) e ad una ammenda di 80.000 dollari. 

Alphonse Gabriel Capone

Fu il trionfo delle indagini di natura economico-finanziaria.
Furono dunque i forensic accountant a porre fine alle scorribande di uno dei più pericolosi criminali di tutti i tempi!


martedì 25 ottobre 2011

Manager anti frode, sale la domanda


Contro il boom di falsi e le truffe le aziende cercano nuove competenze

Un po' è per colpa del web, che alimenta gli hacker alla caccia dei segreti aziendali. In più ci sono i social network, i blog e i forum d' ogni tipo, che inducono a parlare (troppo) dell' impresa in cui si lavora e di ciò che produce. Ma soprattutto il problema viene da chi fa della copiatura dei prodotti altrui la sua ragione di business. Un mix che causa una crescita esponenziale di due reati che stanno colpendo pesantemente le aziende: la contraffazione e la pirateria commerciale. E la dimensione del boom è evidenziata da un delta di tre cifre: +164%. Tanto infatti è l' incremento delle condanne per quei reati tra il 2000 e il 2008, il dato più recente misurato dal «Laboratorio frodi», una nuova collaborazione tra Sda Bocconi e PricewaterhouseCoopers.
L' indagine fa suonare un fragoroso allarme per le aziende svelando che la crescita del pericolo non riguarda solo le contraffazioni, ma si allarga a tutti i crimini economico-finanziari, con un numero di condanne lievitato del 36%. In particolare i reati fallimentari rappresentano il 40% delle condanne, seguiti dall' appropriazione indebita con il 21%. Le frodi contabili ed extracontabili, invece, pesano per il 4% e i fenomeni corruttivi per il 7%.

domenica 23 ottobre 2011

Chasing dirty money

L’introduzione di limiti alla circolazione del contante, l’obbligo di utilizzare la rete bancaria per effettuare determinate transazioni economiche e una maggiore vigilanza sugli istituti di credito, hanno certamente reso la vita un po’ più difficile ai riciclatori di denaro di provenienza illecita.
Dagli studi descritti in dottrina sappiamo che un processo di riciclaggio si compone essenzialmente di tre fasi: “placement”, “layering” e “integration”.
I casi di scuola, come pure le numerose esperienze maturate sul campo, ci insegnano che un sicario, per fare un esempio qualsiasi, ben difficilmente è remunerato, a fronte della “prestazione” fornita, attraverso un bonifico bancario.
Al contrario è più ragionevole pensare che la maggior parte delle transazioni illecite avvengano grazie al passaggio fisico di cartamoneta, contenuta, ad esempio, in anonime valigette transitanti di mano in mano. Affidarsi allo strumento di pagamento più tradizionale, il biglietto cartaceo appunto, assicura infatti l’anonimato, l’intracciabilità del flusso finanziario, la possibilità di frammentare la somma in importi più ridotti al fine di trasportarla comodamente e dislocarla in luoghi diversi. Questa è la fase di “placement”.
Una volta che il fondo illecito è collocato in un luogo sicuro, il problema da affrontare riguarda principalmente il suo impiego in attività lecite. E allora ci s’ingegna ad escogitare un sistema efficiente che faccia arrivare il denaro da un punto A ad un punto B, aggirando le normative antiriciclaggio e senza che A e B siano in nessun modo collegabili. Questa è la fase di “layering”. E sono vari i metodi grazie ai quali si attua l’attività di “layering dirty money”!!
Alcune tecniche di riciclaggio sfruttano le carenze di controllo esistenti presso le filiali bancarie “periferiche”, ubicate ad esempio nei Paesi ad elevato grado di corruzione, al fine d’introdurre la provvista illecita nel sistema; dopodiché le somme sono movimentate attraverso la rete bancaria.
Altri utilizzano complicate operazioni che implicano la sottoscrizione di prodotti finanziari creati ad hoc o di particolari polizze assicurative idonee a garantire l’anonimato sulla titolarità dei fondi.  Nei casi più sofisticati sono utilizzate strutture societarie operanti presso i centri finanziari cd. off-shore. Tornerò in futuro su questo argomento.
L’obiettivo è quello di frammentare la provvista iniziale in più rivoli, stratificarla, movimentarla, aggregarla e disaggregarla più volte e in tempi rapidissimi, facendola transitare in più conti correnti accesi presso banche diverse e continuando a trasformarla in valute differenti, mischiandola e camuffandola con fondi di provenienza lecita. Moving money, insomma!!
Una vera e propria “centrifuga monetaria” che implica anche l’utilizzo di pratiche interruttive del tracciamento del flusso bancario, ne è esempio classico il prelievo di contante presso una determinata banca e il contestuale deposito della medesima somma presso un altro istituto di credito.
Ma come in seguito ad ogni buon lavaggio i panni tornano puliti, così anche il denaro sporco dopo un vigoroso processo di riciclaggio torna a profumare...


Una volta ripulito, il denaro è depositato su conti correnti accesi anche presso le più autorevoli e blasonate istituzioni bancarie occidentali, pronto per essere reimpiegato nelle più disparate attività lecite. Questa è la fase di “integration”.


Ma quali possono essere le attività di contrasto al fenomeno di “cleaning money”?
Le risposte, sicuramente non esaustive (questo è solo un blog!), nei prossimi post…

venerdì 21 ottobre 2011

Il fraud risk assessment non e' per i manager

Ripropongo l'articolo scritto di Nicola Pecchiari pubblicato sulla rivista "Via Sarfatti 25 - Il quotidiano della Bocconi" il 19 luglio 2011.
Mi trovo completamente d'accordo con le osservazioni formulate dal professore in quanto rispecchiano le esperienze maturate sul campo durante gli incarichi di fraud auditing. Ma quale credibilità possono avere mappature dei rischi di frode realizzate dallo stesso management, quando questo, come dimostrano le indagini empiriche, è spesso coinvolto in prima persona nella commissione delle frodi?



Following the money

Quando ho iniziato a svolgere il lavoro del fraud auditor, una delle regole auree che mi venivano suggerite era: "segui la traccia del denaro e scoprirai chi ha commesso la frode!!".
Infatti i primi incarichi che mi sono stati affidati avevano lo scopo di ricostruire i vari trasferimenti di denaro da un conto corrente ad un altro. 
L'obiettivo era quello di tracciare una catena formata da vari anelli, i c/c appunto, che univano un soggetto "A" ad un soggetto "B" tramite un flusso finanziario che transitava attraverso la rete bancaria.
Altri tempi.... oserei dire!


E' passato più di un decennio e quella modalità di indagine purtroppo non sembra più essere idonea a definire i legami tra i vari soggetti coinvolti in una frode.
Oggigiorno infatti è meno probabile riscontrare un legame economico diretto tra chi corrompe e chi è corrotto. 
Il corruttore "professionista" sa che disporre un bonifico a favore del corrotto sarebbe un gravissimo errore.
Nel corso di un'indagine dunque, la transumanza di denari tra conti correnti non è più il solo fenomeno da approfondire!
La corruzione assume, nello scenario attuale, forme diverse e si concretizza attraverso modalità apparentemente lecite, non necessariamente di natura economica (si parla quindi di "indebito vantaggio di qualsiasi natura").
Basti pensare agli avanzamenti di carriera non meritati o alle nomine a ruoli in totale assenza di specifiche competenze.
In questa ottica l'espressione "follow the money" non rappresenta più la sola tecnica regina per individuare i fenomeni di corruzione...


mercoledì 19 ottobre 2011

Oggi il fraud auditor parla italiano

Negli ultimi quindici anni è andata sviluppandosi anche nel panorama italiano una figura professionale già consolidata negli altri sistemi economici occidentali e soprattutto nel mondo anglosassone, quella del fraud auditor o del forensic accountant.

In buona sostanza si tratta di un esperto chiamato a svolgere attività investigative di natura economico-finanziaria e contabile allorché si rivelino, o si paventino, casi di frode aziendale. Questa professione è stata introdotta in Italia negli anni ‘90 grazie principalmente alle accounting firm multinazionali.

In quel periodo infatti, alcune di queste furono chiamate a svolgere accurate analisi tecniche finalizzate alla ricostruzione di intricate operazioni illecite nell’ambito delle indagini promosse dalla Magistratura milanese.

Fin da subito è apparso chiaro che questa tipologia d’incarico doveva necessariamente essere affrontata da personale altamente specializzato e qualificato, mediante il ricorso ad un approccio significativamente diverso rispetto a quello utilizzato, ad esempio, dalla revisione contabile.

All’epoca l’investigazione economico-finanziaria svolta da professionisti non era certo una branca conosciuta o diffusa in Italia e in molte occasioni per portare a termine le consulenze si dovevano arruolare specialisti provenienti dall’estero.

Chi ha avuto l’opportunità di vivere quelle straordinarie esperienze può di sicuro confermare la passione e l’entusiasmo con cui si affrontavano le problematiche tecniche, le difficoltà dovute alla complessità delle strutture societarie da indagare presenti presso diverse giurisdizioni e l’apprendimento di procedure del tutto nuove nella gestione dei dati e della documentazione oggetto d’analisi.

Così negli anni presso le “big 4” sono nati i dipartimenti “risk & compliance” specializzati nell’offerta di una variegata gamma di servizi aventi carattere investigativo quali: forensic accounting, fraud auditing & investigation, dispute resolution & litigation, computer forensics, intellectual property protection, fraud risk management, corporate intelligence, contract compliance ecc..

Fin da subito i servizi offerti dai “forensic deparment” sono stati apprezzati dal settore privato e soprattutto da quegli studi legali che necessitavano di consulenze tecniche altamente qualificate a supporto delle varie azioni da questi promosse.

Grazie al continuo aumento della domanda di tali servizi specialistici, in anni recenti il mercato si è sviluppato ulteriormente con la nascita di diverse realtà consulenziali di piccole e medie dimensioni, molte delle quali esclusivamente dedicate all’esercizio dell’attività forensic. Ciò ha prodotto da una parte l’incremento dell’offerta su tutto il territorio nazionale e dall’altra la proliferazione di professionisti variamente specializzati.

Sta quindi diventando quanto mai necessario potenziare ancor di più le competenze degli operatori del settore attraverso una formazione specifica e organizzata, curata da personale competente e di sicura esperienza. In questa ottica sarebbe auspicabile la diffusione già nel contesto universitario e post-universitario di corsi in materie quali “forensic accounting” e “fraud auditing”, primariamente rivolti agli studenti di economia e giurisprudenza. Posto che le conoscenze preliminari della contabilità e del diritto sono essenziali in questa professione, la disciplina in esame dovrebbe essere presente anche nei corsi di Laurea specialistica, Master di specializzazione e, naturalmente, nella formazione post-universitaria rivolta ai professionisti iscritti agli Albi, quali commercialisti e avvocati.

Quella del fraud auditor deve peraltro essere una professione autonoma rispetto a quelle che tradizionalmente già operano in Italia, in quanto richiede l’integrazione di competenze multidisciplinari in materie giuridiche, organizzative, contabili, nonché in tema di governance, di controllo interno e di fraud risk management (realizzazione e gestione dei modelli di prevenzione del rischio di frode).

Un ruolo centrale è inoltre assunto dalla competenza in materia informatica (computer forensics), diventata ormai imprescindibile per chi esercita l’attività di fraud auditing.

Oggigiorno, infatti, i dati sensibili sono archiviati quasi esclusivamente in formato elettronico, pertanto le evidenze maggiormente indicative di un comportamento illecito sono individuabili sempre più spesso attraverso il recupero dei file cancellati, l’analisi del comportamento dell’utente in base alle tracce lasciate sulle dotazioni informatiche e l’esame dei messaggi di posta elettronica (ovviamente le acquisizioni informatiche devono avvenire secondo protocolli che ne garantiscano l’autenticità e l’inalterabilità, nel rispetto delle normative vigenti).

Inoltre, tra le principali abilità di cui il fraud auditor d’esperienza è dotato c’è certamente quella del sapersi “muovere” in contesti aziendali sempre diversi, a volte molto complessi ed articolati, applicando con padronanza le tecniche investigative più adatte all’ambiente in cui il fenomeno criminale è stato perpetrato.

Al fine di garantire una piena ricostruzione dell’evento illecito, il fraud auditor è tuttavia consapevole che la sola tecnica non basta; a questa si deve associare un approccio volto allo spirito critico, il cosiddetto scetticismo professionale, con riguardo ad ogni elemento acquisito nel corso delle indagini.

La frode è spesso il frutto di una fervida fantasia criminale mirata a sfruttare le debolezze dei sistemi di controllo mediante l’adozione di schemi originali, i quali, proprio perché accuratamente progettati e realizzati, non sono “intercettati” dai modelli di fraud prevention meno evoluti.

Per tale motivo il fraud auditor non può svolgere un incarico professionale attraverso procedure rigide e standardizzate, ma al contrario deve essere in grado di “calarsi” nella realtà in cui opera e agire dosando in modo virtuoso la tecnica e le capacità maturate con l’esperienza. Questo tipo d’approccio manifesta in modo evidente il suo potenziale quando è applicato nella ricostruzione di fattispecie illecite particolarmente complesse, ad esempio, a beneficio delle difese legali (indagini difensive) con la finalità di attestare le operazioni effettuate ed altri fatti rilevanti.

Analogamente si assiste al continuo incremento della domanda di “forensic due diligence”, quando è necessario individuare potenziali perdite latenti dovute a frodi in capo alle società oggetto di acquisizione.

Inoltre le tecniche di fraud auditing e di corporate intelligence si sono rivelate essenziali nei procedimenti arbitrali e nei contenziosi tra aziende al fine di dimostrare i comportamenti fraudolenti della controparte, come pure nella tutela dei marchi attraverso le cosiddette “royalty audit”, mirate ad accertare il corretto pagamento delle royalty da parte dei licenziatari.

Infine non sono da trascurare i notevoli contributi che il fraud auditor può fornire ai dipartimenti di internal audit, ad esempio nel condurre una mappatura più rigorosa dei rischi di frode e nel progettare modelli di prevenzione dei comportamenti fraudolenti sempre più efficaci. Tanto che, dopo aver utilizzato in outsourcing servizi di fraud auditing, alcune imprese hanno deciso di istituire al proprio interno uffici specializzati in questo tipo di attività.

s.m.