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Visualizzazione post con etichetta Tecniche d'indagine. Mostra tutti i post
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giovedì 19 aprile 2012

Timeline analysis & Visual intelligence

Nell'ambito delle attività d’indagine riveste un ruolo rilevante l’analisi degli avvenimenti o delle operazioni finanziarie dal punto di vista cronologico.
Tale attività è denominata “timeline analysis”.
Negli incarichi di fraud auditing la "timeline analysis" è solitamente parte della cosiddetta "visual intelligence".
La "visual intelligence" è lo strumento di rappresentazione grafica di un determinato fatto e viene realizzata utilizzando particolari software che aiutano il fraud auditor a condurre gli accertamenti, procedendo passo dopo passo ed aggiungendo elementi nuovi allo schema.
Un po' come in un mosaico, tassello dopo tassello, si ricostruisce e raffigura l'evento fraudolento.
Gli applicativi utilizzati (alcuni ottimi per la loro versatilità e la facilità d'impiego), sono strutturati per rappresentare operazioni finanziarie, successioni di fatti, interazioni tra soggetti, legami societari, correlazioni tra avvenimenti, rapporti di dipendenza eccetera.
Grazie alla "visual intelligence", pertanto, anche l'evento più caotico può essere illustrato con relativa semplicità, nella sua globalità e dinamicità, evidenziandone lo scorrere dei fatti nel tempo e le interazioni tra le entità coinvolte.
Da questo punto di vista la "visual intelligence" ha lo scopo di raccontare una storia facilitandone la comprensione.
Si immagini infatti quanto sia difficoltoso, senza ricorrere a questo strumento, il dover descrivere in un'aula di tribunale, per fare un esempio, davanti a Giudici, PM, avvocati e consulenti di parte (come anche davanti ad un Consiglio di Amministrazione) una complicatissima operazione "back to back" portata a termine utilizzando prodotti finanziari derivati, strutturati da istituti bancari off-shore, pianificata da una società riconducibile ad un trust e gestita da fiduciari...
Il rischio per il fraud auditor è piuttosto evidente: creare confusione ed incomprensioni tra gli interlocutori, cadere in contraddizione, trascurare aspetti importanti; in altre parole, vanificare il lavoro fatto!
In queste circostanze dunque, le tecniche di "visual intelligence" aiutano certamente a descrivere in modo chiaro, corretto ed esaustivo ogni aspetto della vicenda.



venerdì 17 febbraio 2012

Intervista col frodatore (Parte II) - L’ascolto attivo

In base alle caratteristiche o alle finalità dell'interrogatorio, è bene assumere strategie di contatto o “ascolto attivo” allo scopo di massimizzare le informazioni acquisite.
Tali strategie variano molto in considerazione dei contesti nei quali si opera, generalmente, tuttavia, si tendono ad assumere le seguenti regole comportamentali:
  • mantenere il contatto visivo con l’interlocutore; 
  • osservare le espressioni facciali e il linguaggio del corpo; 
  • non trascurare la propria postura; 
  • dosare attentamente manifestazioni quali l'annuire o il mostrare solidarietà; 
  • adottare un tono di voce appropriato e composto; 
  • evitare i commenti su quanto si sta apprendendo; 
  • formulare domande opportune e chiare;
  • dimostrare di conoscere i fatti solo se ritenuto conveniente;
  • non polemizzare.
Se si tratta dell'interrogatorio di un testimone informato sui fatti ma non coinvolto nella frode, restio a fornire informazioni, ad esempio per eccessiva timidezza, per estrema riservatezza o per paura, lo si può facilitare attraverso appropriate tecniche di “rapport building”, quali ad esempio:
  • l’utilizzo di espressioni capaci di rompere il ghiaccio o di incoraggiare; 
  • l'ottenimento di un’atmosfera di collaborazione; 
  • la concessione di pause o di momenti di relax nel corso dell'intervista; 
  • il ricorso a frasi spiritose volte a ricercare un clima informale; 
  • l'evitare momenti di silenzio;
  • il formulare "domande aperte" solo quando il "clima" è disteso e favorevole. 

mercoledì 8 febbraio 2012

Intervista col frodatore

Nel corso delle attività di fraud auditing condotte all'interno delle aziende private, mi è capitato, in varie occasioni, di interrogare (probabilmente sarebbe meglio utilizzare il termine "intervistare") colui che si sospettava essere il responsabile della frode o un soggetto a lui vicino.
Questa è un'eventualità che va presa in considerazione in presenza di alcune circostanze specifiche, come ad esempio quando si ha la necessità di:
  • ottenere la conferma di un'ipotesi investigativa;
  • raccogliere nuovi elementi da vagliare;
  • reperire ulteriore documentazione di supporto alle evidenze investigative;
  • valutare la consapevolezza o la percezione del frodatore sul danno arrecato all'azienda;
  • raccogliere in modo formale una testimonianza (tramite la redazione di un verbale);
  • verificare eventuali collusioni o complicità.
Il confronto con la "persona informata sui fatti" è una tappa critica nel processo di fraud auditing e, pertanto, sarebbe un errore affrontarla con superficialità e scarsa concentrazione. Per tale ragione l'incontro deve essere pianificato nei minimi dettagli e con il contributo fondamentale dei consulenti legali. 

Innanzitutto è necessario definire l’obiettivo che si vuole raggiungere, in secondo luogo individuare il soggetto più indicato a fornire l’informazione ricercata ("soggetto target") e, infine, determinare il momento adatto in cui procedere. 
La volontà di ricorrere all'intervista, salvo casi specifici, deve essere concordata con il committente dell'incarico di forensic accounting, che deve concedere la formale autorizzazione.
Anche gli argomenti da trattare, le domande da porre, le tecniche di fraud interviewing da utilizzare e gli eventuali documenti da sottoporre all'intervistato, devono essere definiti con la massima precisione.

Solitamente questa fase di contatto tra chi indaga e chi è coinvolto nella frode, si snoda in due fasi differenti. Una prima fase, che si potrebbe definire "preparatoria", riguarda la definizione della strategia, dell'approccio e della forma dell'intervista, mentre la seconda fase, di natura prettamente "operativa", si traduce nella convocazione e intervista del soggetto. 

Ad esempio, se in presenza di un sospetto di frode on the book (frode contabile o di bilancio) commessa da un funzionario dell’ufficio amministrativo, l’obiettivo del fraud auditor fosse quello di appurare i meccanismi attraverso i quali sia stato possibile alterare il dato del fatturato, la procedura da adottare potrebbe essere simile alla seguente: 

FASE PREPARATORIA
  • assunzione delle "informazioni di contesto": organigramma dell'ufficio amministrativo, procedure operative adottate, caratteristica dei report prodotti dal sistema contabile, eccetera;
  • ottenimento di informazioni sul "soggetto target": data di assunzione, esperienze pregresse, eventi accaduti nel corso della vita lavorativa, presenza di conflitti con i colleghi o con l'azienda, avanzamenti di carriera, premi/bonus percepiti, eccetera;
  • acquisizione di informazioni sulle attività svolte presso l'ufficio amministrativo: ruoli e mansioni ricoperte, livelli di responsabilità, usi e consuetudini di lavoro, eccetera;
  • pianificazione dell'incontro: definizione delle domande e di chi le pone, del luogo dell'incontro e della forma di convocazione da utilizzare, identificazione dei tabulati contabili e delle prove documentali da condividere con l'intervistato, eccetera). 
FASE OPERATIVA
  • convocazione del soggetto;
  • conduzione dell'intervista mediante l'applicazione delle tecniche di fraud interviewing;
  • eventuale redazione di un verbale;
  • eventuale comminazione di sanzioni o di provvedimenti disciplinari.

Naturalmente l’approccio e le modalità di esecuzione dello scenario prospettato variano notevolmente da caso a caso.
Inoltre non bisogna dimenticare mai che il fraud auditor si può muovere solo all'interno di precisi, e non derogabili, paletti legislativi. In altre parole al fraud auditor non possono essere attribuite funzioni quali quelle esercitabili in via esclusiva dagli organi di polizia giudiziaria.

Per tali motivi non è possibile definire un criterio univoco o un protocollo standard di svolgimento dell’intervista col frodatore.
Ogni esperienza vissuta, infatti, rappresenta una storia a sé stante, con dettagli e condizioni notevolmente differenti.

martedì 24 gennaio 2012

C'è chi froda... prendendo un taxi

OVERTURE
Una volta giunto a destinazione il tassista si voltò verso il suo cliente e gli disse: "Signore, eccoci in piazza Garibaldi. Sono 8 euro". "Ecco qui!" rispose il passeggero e subito proseguì chiedendo: "Mi potrebbe fare una ricevuta? Ma non si preoccupi, la compilo io... non le voglio far perder tempo". "Grazie, lei è molto gentile Signore, buona giornata" rispose il tassista consegnando al suo cliente una ricevuta in bianco.
Una volta giunto nel suo ufficio, il manager compilò la ricevuta inserendo la data e l'importo della corsa. Scrisse: € 33,50.
Dopodiché completò l'opera con uno scarabocchio illeggibile nel posto adibito alla firma del tassista.
Come ogni mese, dei sui 29 anni di carriera, prese la ricevuta del taxi, la mise insieme alle altre spese di viaggio e richiese il rimborso alla sua azienda.
Un totale di 485,35 euro, di cui 305,50 euro a fronte di corse effettuate con il taxi.

ATTO I
Qualche anno dopo un giovane fraud auditor appena assunto dalla funzione di internal audit, fu incaricato, per farsi le ossa, di verificare le spese di viaggio presentate mensilmente dal management per ottenere il rimborso.
Era quella un'attività considerata da tutti i colleghi più anziani noiosa e umile, che nessuno voleva svolgere.
Il giovane si mise subito con entusiasmo a verificare la corrispondenza tra l'ammontare complessivo dei rimborsi mensili richiesti e la sommatoria delle singole pezze giustificative allegate (scontrini, ricevute, biglietti di viaggio, eccetera).
Questo primo controllo non fece riscontrare alcuna anomalia di rilievo.
Scorrendo però i giustificativi di spesa, il giovane notò una circostanza singolare.
Mentre le cene, i pranzi, i viaggi in aereo e in treno e i pernottamenti in albergo erano supportati da documentazione chiaramente prodotta da dispositivi elettronici quali i registratori di cassa, la totalità delle ricevute dei taxi apparivano compilate a mano!
"Questo potrebbe essere normale", pensò il giovane.
Ma dopo una più attenta analisi, osservò che raramente tali ricevute contenevano la data, il luogo di partenza e quello di destinazione, e ciò avrebbe meritato un ulteriore approfondimento...

ATTO II
Le ulteriori analisi portarono a focalizzare le verifiche proprio sul manager che qualche anno prima prese il taxi che lo portò in piazza Garibaldi.
Il giovane isolò tutte le ricevute che apparivano compilate con la medesima calligrafia o riportanti una firma (scarabocchio) molto simile.
Iniziò dunque ad elencare in un foglio elettronico tutte le ricevute ritenute "anomale", inserendo la data del viaggio e la città presso la quale la corsa era stata effettuata.
Da queste semplici attività risultò che molte delle ricevute sospette appartenevano ad un'unica organizzazione di tassisti, inoltre le ricevute allegate ai rimborsi sembravano far parte di uno stesso blocchetto (molte di esse riportavano una particolare lacerazione nel medesimo punto).
In seguito ad altre verifiche incrociate che il fraud auditor effettuò in collaborazione con l'ufficio personale, la segreteria del manager ed altre strutture aziendali, si individuarono numerose altre incongruenze.
Ad esempio che il manager non poteva aver utilizzato il taxi in quel giorno o in quella città in quanto impegnato in altri luoghi oppure che la spesa chiesta a rimborso non era coerente con il tragitto effettuato (aeroporto-ufficio oppure sede del cliente-ufficio).

EPILOGO
Da una superficiale ispezione presso l'ufficio del manager si accertò che quest'ultimo era in possesso di alcuni blocchetti di ricevute di taxi e, in particolare, di quello intaccato dalla lacerazione notata dal giovane fraud auditor.
I sospetti dunque furono confermati da riscontri oggettivi.
Ulteriori verifiche appurarono che quel manager disonesto si era intascato negli anni non meno di 20.000 euro a fronte di richieste di rimborso spese illegittime.

*   *   *

Peraltro mi sono sempre chiesto perché anche per le corse in taxi non si possa prevedere il rilascio di una ricevuta elettronica contenente i dati effettivi della prestazione (data, ora, luogo di partenza, luogo di destinazione, km percorsi, numero passeggeri, tariffa al km, costo complessivo del viaggio).
Ciò aiuterebbe da una parte a limitare i rischi di frode aziendale e dall'altra anche quelli legati all'evasione fiscale.


News:
Regione Liguria: spese pazze per i TAXI (25.6.14)



giovedì 12 gennaio 2012

Royalty audit investigation

Le più moderne strategie di sviluppo del business legato alla proprietà industriale si basano sul concetto di licensing, formula attraverso la quale il titolare di un profittevole asset immateriale (marchio, brevetto o altro bene intangibile) concede a una terza parte, il licenziatario, il diritto di sfruttarlo nei limiti contrattualmente previsti, in cambio di un corrispettivo economico, la royalty.
Un recente studio indica il licensing come la modalità più diffusa tra i metodi di investimento e commercializzazione di una risorsa di natura intellettuale.
I ricavi da royalty rappresentano una delle maggiori e più significative fonti di guadagno per le aziende impegnate nel campo della proprietà intellettuale: basti pensare che nel 2010 il ricavato da royalty nel solo mercato statunitense è risultato pari a 5,9 miliardi di dollari.
E’ dunque evidente come il titolare di una risorsa di tale rilevanza economica abbia il diritto di disporre in modo pieno ed esclusivo di essa, di poterla tutelare attraverso strumenti specifici e, qualora lo ritenga opportuno, di concederla in licenza. 



lunedì 14 novembre 2011

Bugiardo patologico o bugiardo abituale?


Nel corso delle attività di fraud auditing accade sempre più spesso di ascoltare dichiarazioni palesemente false rilasciate da soggetti verosimilmente coinvolti nella frode.
Ricordo in particolare quella volta che un manager al vertice di una nota società di trasporti, davanti a prove schiaccianti e inequivocabili che lo inchiodavano alle sue responsabilità, esibendo sicurezza e massima tranquillità, continuava fermamente a negare l’evidenza.
In un’altra occasione un responsabile amministrativo colto con le mani nel sacco, invitato dal Consiglio di Amministrazione a fornire la propria versione sui fatti accaduti, ha ammesso soltanto una modesta omissione di controllo ma non di essere il solo colpevole della frode.
La negazione ostinata, “ad oltranza” sarebbe meglio dire, di un fatto illecito dimostrato da evidenze documentali, da testimonianze o da prove informatiche, non è cosa rara! Soprattutto nei contesti aziendali quando le funzioni di internal audit o di fraud audit esibiscono al dipendente infedele le prove della frode.


Si tratta quindi di “bugiardi patologici”?
Per rispondere a questa domanda faccio riferimento al racconto di un esperto investigatore che ha lavorato parecchi anni per il Dipartimento di Giustizia della Nord Carolina.
Nella zona di sua competenza, Salisbury nella Contea di Rowan, si trovava un ospedale psichiatrico che assisteva i reduci di guerra con problemi mentali. In molte occasioni questi pazienti, durante le sporadiche uscite, si recavano presso la banca locale per prelevare somme di denaro dai conti a loro intestati.
Purtroppo però tali conti non esistevano affatto e i funzionari della banca si vedevano costretti a far intervenire le autorità di polizia per placare gli animi assai agitati dei falsi correntisti. Ascoltati dall’investigatore, questi soggetti erano realmente convinti di possedere grosse somme di denaro depositate presso la banca. Era la patologia di cui erano affetti a determinarne il comportamento!
Il racconto è utile per far comprendere come l’espressione “bugiardo patologico” non abbia molto senso. Infatti il “bugiardo” che mi capita di incrociare nel corso delle attività di fraud auditing, è quel soggetto che intende ingannare. Pertanto nel bugiardo è sempre presente l’elemento dell’intenzionalità, mentre con il termine “patologico” si stabilisce che il soggetto è del tutto inconsapevole di sostenere un fatto non vero.
La "patologia" appartiene alla materia medica, ma i bugiardi di cui parlo sono sanissimi!
I casi osservati nel corso della mia attività di fraud auditor sono riconducibili, piuttosto, al fenomeno assai più diffuso del “bugiardo abituale”. Si tratta di un soggetto abituato a ricorrere alla menzogna, all'inganno e alla simulazione. Lo fa deliberatamente, con frequenza e in modo naturale.

Se si volesse fare un esempio cinematografico, Leonardo Di Caprio ha interpretato sia il soggetto patologico convinto di vivere in una realtà diversa da quella reale, nel film Shutter Island di Martin Scorsese, sia il bugiardo abituale (o seriale) nel film Prova a prendermi diretto da Steven Spielberg.

venerdì 28 ottobre 2011

Fraud interviewing techniques - La "tecnica ad imbuto"

Nell’ambito delle attività di fraud auditing condotte da forensic accountant esterni all’azienda finalizzate a dimostrare un caso di white collar crime, sono frequenti i momenti di confronto con il top management, più o meno coinvolto nel fatto fraudolento.
Generalmente tali incontri sono pianificati in base a precise tecniche che aiutano l’investigatore ad ottenere le informazioni ricercate.
Esiste a tal proposito una disciplina teorico/pratica molto interessante che mira ad insegnare "le tecniche d’interrogatorio".
Una parte di questi insegnamenti, ad esempio, è dedicata al modo di porre la domanda.
Esistono numerose tipologie di domanda, ad esempio quella aperta o chiusa, di alternativa o provocatoria, comparativa o situazionale, a scelta multipla o riepilogativa, eccetera. 
L'intervista può articolarsi attraverso un mix di domande appartenenti a più tipologie tra quelle appena elencate, in base alla cd. "tecnica ad imbuto”.
La risposta ad una domanda aperta infatti può fornire informazioni utili ma rischia di assumere un grado di approfondimento superficiale o impreciso ed allora le eventuali lacune nella descrizione di un determinato fatto  possono essere colmate attraverso successive domande, con l’obiettivo di esaminare nel dettaglio uno specifico particolare.
Le tecniche di intervista “ad imbuto” sono molto usate nel contesto giudiziario in quanto forniscono un valido strumento per acquisire in modo graduale ma incalzante le informazioni di maggior utilità, scartando cioè argomenti marginali per concentrarsi sugli aspetti importanti.
 Generalmente tale approccio prevede:
  • una domanda aperta;
  • una serie di domande specifiche su particolari argomenti di interesse;
  • l’eventuale riformulazione di domande con riferimento alle risposte ritenute evasive, incoerenti, contradditorie e superficiali (ad esempio utilizzando le cd. “domande riepilogative”);
  • una serie di domande chiuse sugli elementi acquisiti, con il fine di consolidare il risultato.
L'utilizzo delle varie tipologie di domande deve continuare fino a quando si sono ottenute tutte le informazioni che l’interlocutore può fornire.
Un breve esempio di tecnica "ad imbuto" può essere la seguente:
Fraud Auditor: “Mi racconti meglio come sono effettuate le riconciliazioni bancarie”;
F.A.: “Con quale frequenza sono avvenute?”
F.A.: “Nell’ultimo mese, chi ha svolto tale attività?
F.A.: “Quali problematiche sono emerse?
F.A.: “Come avete risolto il problema?
F.A.: “Quindi lei intende dire che il problema permane, corretto?
F.A.: “Lei ha comunicato il problema? A Chi? Sarebbe in grado di dimostrare che la comunicazione è avvenuta?"

domenica 23 ottobre 2011

Chasing dirty money

L’introduzione di limiti alla circolazione del contante, l’obbligo di utilizzare la rete bancaria per effettuare determinate transazioni economiche e una maggiore vigilanza sugli istituti di credito, hanno certamente reso la vita un po’ più difficile ai riciclatori di denaro di provenienza illecita.
Dagli studi descritti in dottrina sappiamo che un processo di riciclaggio si compone essenzialmente di tre fasi: “placement”, “layering” e “integration”.
I casi di scuola, come pure le numerose esperienze maturate sul campo, ci insegnano che un sicario, per fare un esempio qualsiasi, ben difficilmente è remunerato, a fronte della “prestazione” fornita, attraverso un bonifico bancario.
Al contrario è più ragionevole pensare che la maggior parte delle transazioni illecite avvengano grazie al passaggio fisico di cartamoneta, contenuta, ad esempio, in anonime valigette transitanti di mano in mano. Affidarsi allo strumento di pagamento più tradizionale, il biglietto cartaceo appunto, assicura infatti l’anonimato, l’intracciabilità del flusso finanziario, la possibilità di frammentare la somma in importi più ridotti al fine di trasportarla comodamente e dislocarla in luoghi diversi. Questa è la fase di “placement”.
Una volta che il fondo illecito è collocato in un luogo sicuro, il problema da affrontare riguarda principalmente il suo impiego in attività lecite. E allora ci s’ingegna ad escogitare un sistema efficiente che faccia arrivare il denaro da un punto A ad un punto B, aggirando le normative antiriciclaggio e senza che A e B siano in nessun modo collegabili. Questa è la fase di “layering”. E sono vari i metodi grazie ai quali si attua l’attività di “layering dirty money”!!
Alcune tecniche di riciclaggio sfruttano le carenze di controllo esistenti presso le filiali bancarie “periferiche”, ubicate ad esempio nei Paesi ad elevato grado di corruzione, al fine d’introdurre la provvista illecita nel sistema; dopodiché le somme sono movimentate attraverso la rete bancaria.
Altri utilizzano complicate operazioni che implicano la sottoscrizione di prodotti finanziari creati ad hoc o di particolari polizze assicurative idonee a garantire l’anonimato sulla titolarità dei fondi.  Nei casi più sofisticati sono utilizzate strutture societarie operanti presso i centri finanziari cd. off-shore. Tornerò in futuro su questo argomento.
L’obiettivo è quello di frammentare la provvista iniziale in più rivoli, stratificarla, movimentarla, aggregarla e disaggregarla più volte e in tempi rapidissimi, facendola transitare in più conti correnti accesi presso banche diverse e continuando a trasformarla in valute differenti, mischiandola e camuffandola con fondi di provenienza lecita. Moving money, insomma!!
Una vera e propria “centrifuga monetaria” che implica anche l’utilizzo di pratiche interruttive del tracciamento del flusso bancario, ne è esempio classico il prelievo di contante presso una determinata banca e il contestuale deposito della medesima somma presso un altro istituto di credito.
Ma come in seguito ad ogni buon lavaggio i panni tornano puliti, così anche il denaro sporco dopo un vigoroso processo di riciclaggio torna a profumare...


Una volta ripulito, il denaro è depositato su conti correnti accesi anche presso le più autorevoli e blasonate istituzioni bancarie occidentali, pronto per essere reimpiegato nelle più disparate attività lecite. Questa è la fase di “integration”.


Ma quali possono essere le attività di contrasto al fenomeno di “cleaning money”?
Le risposte, sicuramente non esaustive (questo è solo un blog!), nei prossimi post…

venerdì 21 ottobre 2011

Following the money

Quando ho iniziato a svolgere il lavoro del fraud auditor, una delle regole auree che mi venivano suggerite era: "segui la traccia del denaro e scoprirai chi ha commesso la frode!!".
Infatti i primi incarichi che mi sono stati affidati avevano lo scopo di ricostruire i vari trasferimenti di denaro da un conto corrente ad un altro. 
L'obiettivo era quello di tracciare una catena formata da vari anelli, i c/c appunto, che univano un soggetto "A" ad un soggetto "B" tramite un flusso finanziario che transitava attraverso la rete bancaria.
Altri tempi.... oserei dire!


E' passato più di un decennio e quella modalità di indagine purtroppo non sembra più essere idonea a definire i legami tra i vari soggetti coinvolti in una frode.
Oggigiorno infatti è meno probabile riscontrare un legame economico diretto tra chi corrompe e chi è corrotto. 
Il corruttore "professionista" sa che disporre un bonifico a favore del corrotto sarebbe un gravissimo errore.
Nel corso di un'indagine dunque, la transumanza di denari tra conti correnti non è più il solo fenomeno da approfondire!
La corruzione assume, nello scenario attuale, forme diverse e si concretizza attraverso modalità apparentemente lecite, non necessariamente di natura economica (si parla quindi di "indebito vantaggio di qualsiasi natura").
Basti pensare agli avanzamenti di carriera non meritati o alle nomine a ruoli in totale assenza di specifiche competenze.
In questa ottica l'espressione "follow the money" non rappresenta più la sola tecnica regina per individuare i fenomeni di corruzione...